Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 3

Canto 3

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CANTO TERZO



 [1]

C
hi mi darā la voce e le parole

     Conuenienti a ſi nobil ſuggetto?
     Chi l’ale al verſo pſtera che vole
     Tanto ch’arriui all’alto mio concetto?
     Molto maggior di quel furor che ſuole
     I5en hor couien che mi riſcaldi il petto,
     Ch queſta parte al mio Signor ſi debbe
     Che canta gli aui onde l’origine hebbe.

 [2]
Dí cui ſra tutti li Signori illuſtri,
     Dal ciel ſortiti a gouernar la terra:
     No vedi o Phebo che ’l gra modo luſtri
     Piū glorioſa ſtirpe o i pace o in guerra,
     Ne che ſua nobiltade habbia piū luſtri
     Seruata, e ſeruara s’in me non erra
     Quel prophetico lume che m’inſpiri:
     Fin ch d’intorno al polo il ciel s’aggiri.

 [3]
E volendone a pien dicer gli honori:
     Biſogna non la mia ma quella cetra:
     Con che tu dopo i Gigatei furori
     Renderti gratia al regnator de l’Etra
     S’inſtrumenti hauro mai da te migliori
     Atti a ſculpire in coſi degna pietra
     In queſte belle imagini diſegno
     Porre ogni mia fatica ogni mio igegno.

 [4]
I.euando in tanto queſte prime rudi
     Scaglie n’andrò co lo ſcarpello inetto,
     Forſè ch’anchor con piū ſolerti ſtudi
     Poi ridurrò queſto lauor perfetto,
     Ma ritorniamo a quello a cui ne feudi
     Potran’ne vlberghi aſiicurare il petto
     Parlo di Pinabello di Maganza
     Che d’uccider la donna hebbe ſperaza.

 [5]
Il traditor penſo che la donzella
     Foſſe ne l’alto precipitio morta
     E can pallida faccia laſcio quella
     Triſta: e per lui contaminata porta,
     E torno preſto a rimontare in fella,
     E come quel e’ hauea l’anima torta
     Per giuger colpa a colpa, e fallo a fallo
     Di Bradamante ne meno il cauallo

 [6]
Laſcian coſtui che mentre all’altrui vita
     Ordiſce inganno, il ſuo morir procura,
     E torniamo alla Donna: che tradita
     Quaſi hebbe a vn tépo e morte e ſepoltura
     Poi che’lla ſi leuo tutta ſtordita:
     C hauea percoſſo in ſu la pietra dura,
     Dentro la porta andò, ch’adito daua
     Ne la feconda assai piū larga caua.

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 [7]
La ſtanza quadra e ſpatiofa pare
     Vna deuota e venerabil chieſa
     Che ſu colonne alabaſtrine e rare
     Con bella architettura era fuſpefa,
     Surgea nel mezo vn ben locato altare
     C hauea dinanzi vna lampada acceſa,
     E quella di ſplendente e chiaro ſoco
     Redea gra lume, all’uno e all’altro loco

 [8]
Di deuota humilta la donna tocca,
     Come ſi vide in loco ſacro e pio,
     Incomincio col core e con la bocca,
     Inginocchiata a mandar prieghi a Dio,
     Vn picciol’vſcio in tato ſtride e crocea
     Ch’era all’incotro, onde vna dona vſcio
     Diſcita e ſcalza: e ſciolte hauea le chiome
     Che la Donzella ſaluto per nome.

 [9]
E diſſe o generoſa Bradamante
     Non giunta qui ſenza voler diuino,
     Di te piū giorni m’ha predetto inante
     Il prophetico ſpirto di Merlino,
     Che viſitar le ſue reliquie fante
     Doueui per inſolito camino,
     E qui ſon ſtata accio ch’io ti riueli
     Quel c’han di te giā ſtatuito i cieli,

 [10]
Queſta e l’antiqua e memorabil grotta
     Ch’edifico Merlino il ſauio Mago,
     Che ſorſè ricordare odi tal’hotta,
     Doue ingannollo la Donna del lago,
     Il ſepolchro e qui giū, doue corrotta
     Giace la carne ſua, doue egli vago
     Di fodisfare a lei, che glil ſuaſe
     Viuo corcoffi e morto ci rimaſe.

 [11]
Col corpo morto il viuo ſpirto alberga
     Sin ch’oda il ſuon de l’angelica tromba
     Che dal ciel lo badiſea: o che ve l’erga
     Secondo che farā coruo o colomba:
     Viue la voce: e come chiara emerga
     Vdir potrai da la marmorea tomba,
     Che le paffate e le ſuture coſe
     A chi gli domando ſempre riſpofe.

 [12]
Piū giorni ſon ch’in queſto cimiterio
     Venni di remotiſſimo paeſe,
     Perch circa il mio ſtudio alto myſterio
     Mi faceſſe Merlin meglio paleſe,
     E perche hebbi vederti deſiderio
     Poi ci ſon ſtata: oltre il diſegno vn meſe
     Che Merlin che ’l ver ſempre mi pdiffe,
     Termine al venir tuo queſto di ſiſſe.

 [13]
Staſſi d’Amon la ſbigottita ſiglia
     Tacita e ſiſſa al ragionar di queſta,
     Et ha ſi pieno il cor di marauiglia
     Che non fa s’ella dorme o s’ella e deſta
     E con rimeſſe e vergognoſe ciglia
     (Come quella che tutta era modeſta)
     Riſpoſe di che merito ſon io?
     Ch’antiueggian propheti il venir mio?

 [14]
E lieta de l’inſolita auentura
     Dietro alla Maga ſubito ſu moſſa,
     Che la conduſſe a quella ſepoltura
     Che chiudea di Merlin l’anima e l’oſſa,
     Era quella arca d’una pietra dura
     Lucida e terſa e come ſiamma roſſa,
     Tal ch’alia ſtanza: ben che di ſol priua
     Daua ſplendore il lume che n’ufeiua.

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 [15]
O che natura ſia d’alcuni marmi
     Che muouin l’ombre a guiſa di facelle:
     O ſorza pur di ſuffumigi e carmi
     E ſegni impreſſi all’oſſeruate ſtelle:
     Come piú queſto veriſimil parmi:
     Diſcopria lo ſplendor più coſe belle,
     E di ſcultura: e di color ch’intorno
     Il venerabil luogo haueano adorno.

 [16]
A pena ha Bradamante da la ſoglia
     Leuato il pie ne la ſecreta cella,
     Che ’l viuo ſpirto da la morta ſpoglia
     Con chiariſſima voce le fauella,
     Fauoriſca Fortuna ogni tua voglia
     O caſta e nobiliſſima Donzella
     Del cui ventre vſcira il ſeme fecondo
     Cħ honorar deue Italia e tutto il mōdo.

 [17]
L’antiquo ſangue che venne da Troia
     Per li duo miglior riui in te commiſto:
     Produrra l’ornamēto, il fior la gioia
     D’ogni lignaggio c’habbi il Sol mai viſto
     Tra l’Indo: e ’l Tago: e ’l Nilo: e la Dāoia
     Tra qꝫſto e ’n mezo Antartico: e Caliſto:
     Ne la progenie tua con ſommi honori,
     Saran Marcheſi Duci e Imperatori.

 [18]
I Capitani e i Cauallier robuſti
     Quindi vſcirā: che col ferro e col sēno
     Ricuperar tutti gli honor vetuſti
     De l’arme inuitte alla ſua Italia denno,
     Quindi terran lo ſcettro i Signor giuſti
     Cħ cōe il ſauio Auguſto e Numa fenno:
     Sotto il benigno e buon gouerno loro
     Ritorneran la prima eta de l’oro.

 [19]
Accio dunque il voler del ciel ſi metta
     In effetto per te: che di Ruggiero
     T’ha per moglier fin’da principio eletta
     Segue animoſamente il tuo ſentiero,
     Che coſa non ſará che s’intrometta
     Da poterti turbar queſto penſiero
     Si che nō mādi al primo aſſalto in terra
     Quel rio ladro ch’ogni tuo bē ti ſerra.

 [19]
Tacque Merlino hauendo coſi detto:
     Et agio all’opre de la Maga diede
     Ch’a Bradamante dimoſtrar l’aſpetto
     Si preparaua di ciaſcun ſuo herede,
     Hauea de ſpirti vn gran numero eletto
     Non ſo ſe da l’inferno o da qual fede,
     E tutti quelli in vn luogo raccolti
     Sotto habiti diuerſi e varii volti.

 [21]
Poi la Donzella a ſè richiama in chieſa
     La doue prima hauea tiralo vn cerchio:
     Che la potea capir tutta diſtefa:
     Et hauea vn palmo á_chora di ſup̱chio,
     E perche da li ſpirti non ſia offeſa
     Le fa d’un gran pentacolo coperchio,
     E le dice che taccia e ſtia a mirarla
     Poi ſcioglie il libro e coi demoni parla.

 [22]
Eccoui ſuor de la prima ſpelonca
     Ch gēte ītorno al ſacro cerchio igroſſa,
     Ma come vuole entrar la via l’è tronca
     Come lo cinga ītorno muro e foſſa,
     In quella ſtanza oue la bella conca
     In ſe chiudea del gran Propheta l’oſſa
     Entrauan l’ombre: poi c’haueā tre volte,
     Fatto dintorno: lor debite volte,

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 [23]
Se i nomi e i geſti di ciaſcun vo dirti
     (Dicea l’incantatrice a Bradamante)
     Di queſti c’hor per gl’incantati ſpirti
     Prima che nati ſien: ci ſono auanti:
     No ſoveder quādo habbia da eſpedirti
     Che non baſta vna notte a coſe tante,
     Si ch’io te ne verro ſcegliendo alcuno
     Secondo il tēpo: e che ſara oportuno,

 [24]
Vedi quel primo che ti raſſimiglia
     Ne bei ſembianti e nel giocodo aſpetto,
     Capo in Italia fia di tua famiglia
     Del ſeme di Ruggiero in te concetto:
     Veder del ſangue di Potier vermiglia
     Per mano di coſtui la terra aſpetto,
     E vendicato il tradimento e il torto
     Cōtra q̄i cħ gli haurano il padre morto.

 [25]
Per opra di coſtui fara deſerto
     Il Re de Longobardi Deſiderio,
     D’eſte: e di Calaon per queſto merto
     Il bel domino haura da ’l ſommo īperio,
     Quel cħ glie dietro e il tuo nipote Vberto
     Honor de l’arme e’del paeſe Heſp̱io
     Per coſtui contra Barbari difeſa
     Piū d’una volta ſia la ſanta Chieſa

 [26]
Vedi qui Alberto inuitto capitano
     Ch’ornera di Trophei tanti Delubri,
     Vgo il figlio e con lui: che di Milano
     Fara l’acquiſto e ſpieghera i Colubri,
     Azzo e quell’altro a cui reſtera ī mano
     Dopo il fratello: il regno de gl’Inſubri,
     Ecco Albertazzo il cui ſauio conſiglio,
     Torra d’Italia Beringario e il figlio.

 [27]
E ſara degno a cui Ceſare Othone
     Alda ſua ſiglia in matrimonio aggiūga,
     Vedi vn’altro Vgo: o bella ſucceſſione
     Che dal patrio valor non ſi diſlunga,
     Coſtui ſara: che per giuſta cagione
     A i ſuperbi Roman l’orgoglio emunga
     Che ’l terzo Othone. e il Pontefice tolga
     De le mā loro e ’l graue aſſedio ſciolga.

 [28]
Vedi Folco che par ch’ai ſuo germano
     Ciò che ī Italia hauea tutto habbi dato,
     E vada a poſſedere indi lontano
     In mezo agli Alamāni vn gran ducato,
     E dia alla caſa di Sanfogna mano,
     Che caduta ſara tutta da vn lato,
     E per la linea de la madre herede
     Con la progenie ſua la terra in piede.

 [29]
Queſto e’ hor a nuiviene e il ſecōdo Azzo
     Di corteſia piū che di guerre amico
     Tra dui ſigli, Bertoldo, & Albertazzo,
     Vinto da l’un ſara il ſecondo Henrico
     E del ſangue Tedeſco horribil guazzo
     Parma vedra per tutto il campo aprico,
     De l’altro la conteſſa glorioſa
     Saggia e caſta Matilde ſara ſpoſa.

 [30]
Virtu il ſara di tal Connubio degno,
     Ch’a quella eta non poca laude eſtimo,
     Quaſi di meza Italia in dote il regno,
     E la Nipote hauer d’Henrico primo,
     Ecco di quel Bertoldo il caro pegno
     Rinaldo tuo, c’haura l’honor opimo
     D’hauer la Chieſa de le man riſeoſſa
     De l’empio Federico Barbaroſſa.

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 [31]
Ecco vn’ altro Azzo, & e ql ch Verona
     Haura in poter: col ſuo bel tenitorio
     E fará detto Marcheſe d’Ancona,
     Dal quarto Othóe, e dal ſcd’o Honorio
     Lungo fará s’ io moſtro ogni perſona
     Del ſangue tuo, e’ haura del Cofiſtorio
     Il confalone, e ſio narro ogni impreſa
     Vinta da lor per la Romana Chieſa.

 [32]
Obizovedi, e Folco, altri Azi altri Vghi
     Ambi gli Hérichi il figlio al pſe a cato
     Duo Guelfi di q Tuo Vmbria ſuggiughi
     E veſta di Spoleti il Ducal manto,
     Ecco ch ’l ſague eie gra piaghe aſciughi
     D’ Italia afflitta: evolga in riſo il pianto,
     Di coſtui pio (e moſtrolle Azzo qnto)
     Onde Ezellin ſia rotto, preſo, eſtinto.

 [33]
Ezellino immaniſſimo Tyranno
     Che ſia creduto figlio del Demonio,
     Fara troncando i ſudditi tal danno
     E diſtruggendo il bel paeſe Auſonio,
     Che pietoſi apo lui ſiati faranno
     Mario, Svila, Neron, Caio, & Antonio,
     E Federico Imperator fecondo
     Fia p qſto Azzo rotto, e meſſo al fondo

 [34]
Terra coſtui con piú felice ſcettro
     La bella terra, che ſiede ſu ’l fiume
     Doue chiamo con lachrymoſo plettro
     Phebo il ſigluol e’ hauea mal retto il lume,
     Qn ſu piato il fabuloſo elettro
     E Cigno ſi veſti di bianche piume,
     E queſta di mille oblighi mercede
     Gli donerá PApoſtolica fede.

 [35]
Doue laſcio il ſratel Aldrobandino
     Che per dar al Pontefice ſoccorſo
     Cotra OthO quarto, e il capo Ghibellío
     Che fará preſſo al Campidoglio corſo
     Et haura preſo ogni luogo vicino
     E poſto a gli Vmbri: e alli Picei il morſo
     Ne potèdo pſtargli aiuto ſenza
     Molto theſor, ne chiederá a Fiorenza.

 [36]
E non hauedo gioia, o miglior pegni
     Per ſicurta daralle il ſrate in mano
     Spiegherá i ſuoi vittorioſi ſegni
     E romperá l’eſercito Germano
     In ſeggio riporrá la chieſa, e degni
     Dará ſupplicii ai Conti di Celano
     Et al ſeruitio del ſommo Paſtore
     Finirá gli anni ſuoi nel piú bel fiore.

 [37]
Et Azzo il ſuo ſratel laſciera herede
     Del dominio d’Ancona, e di Piſauro,
     D’ ogni citta che da Troento ſiede
     Tra il mare e l’Apenin ſin all’Iſauro,
     E di grandezza d’ animo, e di fede,
     E di virtú, miglior che géme, & auro,
     Che dona e tolle ogn’ altro ben Fortuna
     Sol in virtú non ha poſſanza alcuna.

 [38]
Vedi Rinaldo in cui non minor raggio
     Splenderá di valor, pur che non ſia
     A tanta eſſaltation del bel lignaggio
     Morte o Fortuna inuidioſa e ria,
     Vdime il duol ſin q da Napoli haggío
     Doue del padre allhor ſtatico ſia
     Hor Obizo ne vieti che giouinetto
     Dopo l’auo fará Principe eletto.

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 [39]
Al bel dominio accreſcera coſtui
     Reggio giocòdo e Modona feroce
     Tal fará il ſuo valor: che Signor lui
     Domanderanno i populi a vna voce,
     Vedi Azzo feſto vn de ſigliuoli ſui
     Confalonier de la Chriſtiana croce,
     Haura il Ducato d’ Andria con la ſiglia
     De) fecondo Re Carlo di Siciglia.

 [40]
Vedi in vn bello & amicheuol groppo
     De li Principi illuſtri leccellenza
     Obizo: Aldrobandin: Nicolo Zoppo:
     Alberto d’amor pieno e di clemenza,
     10 tacerò per non tenerti troppo
     Come al bel regno aggiugerá Faueza:
     E co maggior fermezza Adria ch valſe
     Da ſé nomar l’indomite acque falſe,

 [41]
Come la terra il cui produr di roſe
     Le die piaceuol nome in Greche voci
     E la Citta ch’in mezo alle piſcoſe
     Paludi: del Po teme ambe le ſoci
     Doue habitan le genti diſioſe
     Ch’ el mar ſi turbi, e ſieno i venti atroci
     Taccio d’Argenta di Lugo: e di mille
     Altre cartella: e populoſe ville.

 [42]
Ve Nicolo che tenero fanciullo
     11 popul crea Signor de la ſua terra:
     E di Tideo fa il penſier vano e nullo
     Che contra lui le ciuil’arme afferra,
     Sara di queſto il pueril traſtullo
     Sudar nel ferro e trauagliarſi in guerra:
     E dalo ſtudio del tempo primiero
     Il fior riufeira d’ogni guerriero.

 [43]
Fara de ſuoi ribelli vſcire a voto
     Ogni diſegno: e lor tornare in danno,
     Et ogni ſtratagema haura ſi noto
     Che fará duro il poter fargli inganno,
     Tardi di qſto s’ auedra il terzo Otho
     E di Reggio, e di Parma aſpro Tyráno,
     Che da coſtui ſpogliato a vn tempo ſia
     E del dominio: e de la vita ria.

 [44]
Haura il bel Regno poi ſemp augumèto
     Senza torcer mai pie dal camin dritto,
     Ne ad alcuno fará mai nocumento
     Da cui prima no ſia d’ ingiuria afflitto,
     Et e per queſto il gran Motor contento
     Che non gli ſia alcun termine preferitto,
     Ma duri proſperádo in meglio ſempre
     Fin che ſi volga il ciel ne le ſue tempre.

 [45]
Vedi Leonello e vedi il primo Duce
     Fama de la ſua etá l’inclyto Borſo,
     Che ſiede in pace: e piú triopho adduce
     Di quanti in altrui terre habbino corſo
     Chiuderá Marte oue non veggia luce
     E ſtringera al furor le mani al dorſo
     Di queſto Signor ſpledido ogni intento
     Sara che ’l popul ſuo viua contento.

 [46]
Hercole hor vie ch’al ſuo vici rinfaccia
     Col pie mezo arſo e co quei debol paſſi,
     Come a Budrio col petto, e con la faccia
     Il campo volto in ſuga gli fermaſſi
     No pche in pmio poi guerra gli faccia
     Ne per cacciarlo ſin nel Barco paſſi
     Queſto e il Signor di cui no ſo eſplicarme
     Se ſia maggior la gloria o i pace o í arme

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 [47]
Terran Puglieſi: Calabri e Lucani:
     De geſti di coitili lunga memoria,
     La doue riaura dal Re de Cathalani
     Di pugna ſingular la prima gloria,
     E nome tra gl’inuitti capitani
     S’ acquieterá con piú d’una vittoria,
     Haura per ſua virtú la Signoria
     Piú di trenta anni a lui debita pria

 [48]
E quanto piú hauer obligo ſi poſſa
     A principe, ſua terra haura a coſtui,
     Non perche ſia de le paludi moſſa
     Tra campi ſertiliſſimi da lui:
     Non perche la fará con muro e ſoſſa
     Meglio capace a cittadini ſui:
     E l’ornara di templi: e di palagi
     Di piazze di theatri e di mille agi.

 [49]
Non perche da gli artigli de l’audace
     A ligero Leon terra difeſa:
     Non perche quando la Gallica face
     Per tutto haura la bella Italia acceſa,
     Si ſtara ſola col ſuo ſtato in pace
     E dal timore: e da i tributi illeſa:
     Non ſi per queſti & altri beneſici
     Saran ſue genti ad Hercol debitrici

 [50]
Quanto che dará lor l’inclyta prole
     Il giuſto Alſonſo e Hippolyto béigno
     Che faran quai l’antiqua fama ſuole
     Narrar de ſigli del Tindareo cigno,
     Ch’ alternamente ſi priuan del Sole
     Per trar l’un l’altro de l’aer maligno,
     Sara ciaſcuno d’effi e pronto e ſorte
     Laltro ſaluar con ſua perpetua morte.

 [51]
Il grande amor di queſta bella coppia
     Renderá il popul ſuo via piú ſicuro
     Che ſé per opra di Vulcan: di doppia
     Cinta di ferro: haueſſe intorno il muro.
     Alſonſo e quel che col ſaper accoppia
     Si la bontá: ch’ai ſecolo ſuturo
     La gente crederá che ſia dal cielo
     Tornata Aſtrea doue può il caldo e il gielc

 [52]
A grande vopo gli ſia l’eſſer prudente
     E di valore aſſimigliarſi al padre,
     Che ſi ritrouera con poca gente,
     Da vn lato hauer le Venetiane ſquadre,
     Colei da l’altro che piú giuſtamente
     Non ſo fe deura dir matrigna o madre:
     Ma fe pur madri-: a lui poco piú pia
     Che Medea a i ſigli o Progne ſtata ſia

 [53]
E quante volte uſcira giorno o notte
     Col ſuo popul fedel ſuor de la terra:
     Tante ſconfitte e memorabil rotte
     I Lira a nimici o per acqua o per terra:
     Le genti di Romagna mal condotte
     Cotra i vicini e lor giá amici: in guerra:
     Se n’ auedranno: infanguinando il ſuolo
     Che ferra il Po Santemo e Zanniolo,

 [54]
Nei medeſmi confini anco ſaprallo
     Del gra paſtore il mercenario Hiſpano
     Che gli haura dopo co poco internatio
     La Hall ia tolta: e morto il Cartellano:
     Quando l’haura giá preſo: e p tal fallo
     Non ſia dal minor fante al Capitano
     Che del raquiſto: e del preſidio vcciſo
     A Roma riportar poſſa l’auifo.

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 [55]
Coſtui fará col ſenno e con la lancia
     C’haura l’honor nei capi di Romagna:
     D’hauer dato all’efercito di Francia
     La gran vittoria contra Iulio e Spagna,
     Nuoteranno i deſtrier fin’ alla pancia
     Nel ſangue huma p tutta la campagna.
     Ch’a ſepelire il popul verrá manco
     Tedeſco, Hiſpao, Greco, Italo, e Fráco,

 [56]
Quel ch’in Pontificale habito imprime
     Del purpureo capei la ſacra chioma:
     E il liberal: magnanimo: ſublime:
     Gran Cardinal de la Chieſa di Roma:
     Hippolyto: ch’a proſe: a verſi: a rime
     Dará materia eterna in ogni idioma:
     La cui fiorita etá vuol il ciel iuſto
     C habbia ú Marò coevn’ altro hebbe Auguſto

 [57]
Adornerá la ſua progenie bella
     Come orna il Sol la machina del modo:
     Molto piú dela luna e d’ogni ſtella
     Ch’ogn’ altro lume a lui ſemp e ſecòdo.
     Coſtui co pochi a piedi: e meno in fella
     Veggiovſcir meſto: e poi tornar iocódo
     Che quindici galee mena captiue
     Oltra mill’altri legni alle ſue riue.

 [58]
Vedi poi l’uno e l’altro Sigiſmondo
     Vedi d’Alfonfo i cinque ſigli cari,
     Alla cui fama oſtar: che di ſé il mondo
     Non empia: i monti no potrá ne i mari:
     Gener del Re di Frácia Hercol ſecodo
     E l’un: qſt’ altro (accio tutti gl’impari)
     Hippolyto e, che nò con minor raggio,
     Che ’l zio: riſplédera nel ſuo lignaggio.

 [59]
Fraceſco il terzo: Alſonſi glialtri dui
     Ambi ſon detti: hor come io diſſi prima
     S’ ho da moſtrarti ogni tuo ramo: il cui
     Valor la ſtirpe ſua tanto ſublima:
     Biſognera che ſi riſchiari e abbui
     Piú volte pria il ciel: ch’io te li eſprima,
     E fará tèpo hormai: qn ti piaccia:
     Ch’ io dia licétia all’obre: e ch’io mi taccia

 [60]
Coſi con volunta de la Donzella
     La dotta incantatrice il libro chiuſe
     Tutti gli ſpirti allhora ne la cella
     Sparirò in fretta: oue eran l’oſſa chiuſe:
     Qui Bradamante: poi che la fauella
     Le ſu conceſſa vſar: la bocca ſchiufe:
     E domado chi ſon li dua ſi triſti
     Ch tra Hippolyto: e Alſonſo habbiamo vi:

 [61]
Vernano ſoſpirando: e gliocchi baffi
     Parean tener d’ogni baldanza priui:
     E gir lontan da loro io vedea i paſſi
     Dei ſrati: ſi che ne pareano ſchiui,
     Parue ch’a tal domanda ſi cangiaſſi
     La Maga in viſo: e ſé de gliocchi riui
     E grido: ah sfortunati a quanta pena
     Lungo inſtigar d’huomini reivi mena.

 [62]
O bona prole o degna d’ Hercol buono
     Non vinca il lor fallir voſtra bontade:
     Di voſtro ſangue i miſeri pur ſono:
     Qui ceda la iuſtitia alla pietade,
     Indi ſoggiunſe con piú baffo ſuono:
     Di ciò dirti piú inanzi non accade:
     Statti col dolcie in bocca: e no ti doglia
     Ch’amareggiare al ſin non te la voglia,

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CAXTO TERZO

 [63]
Toſto che ſpunti in ciel la prima luce
     Piglierai meco la pili dritta via:
     Ch’ai lucente cartel d’acciai conduce:
     Doue Ruggier uiue in altrui balia,
     Io tanto ti faro compagna e duce
     Che tu ſia ſuor de l’aſpra ſelua ria,
     T’ inſegnero poi che faren ſu ’l mare
     Si ben la uia: che non potreſti errare.

 [64]
Quiui l’audace giouane rimaſe
     Tutta la notte: e gran pezzo ne ſpeſe
     A parlar con Merlin: che le ſuaſe
     Renderli toſto al ſuo Ruggier corteſe,
     Laſcio dipoi le ſotterranee caſe
     Che di nuouo ſplendor l’aria s’accefe:
     Per un camin gra ſpatio oſcuro e cieco:
     Hauendo la ſpirtal femina ſeco.

 [65]
E riuſciro in un burrone aſcofo
     Tra monti inacceſſibili alle genti,
     E tutto ’l di ſenza pigliar ripoſo
     Saliron balze: e trauerſar torrenti.
     E perche men l’andar foſſe noioſo
     Di piaceuoli e bei ragionamenti:
     Di quel che ſu piú conferir ſoaue:
     l’aſpro camin facean parer men graue:

 [66]
D’ i quali era perho la maggior parte
     Ch’ a Bradamante uien la dotta maga
     Moſtrado co che aſtutia: e co qual arte
     Proceder’ de: ſé di Ruggiero e vaga,
     Se tu ſoſſi (dicea) Pallade o Marte
     E conduceſſi gente alla tua paga
     Piú ch no ha il’Re Carlo e il Re Agrámatc
     NO durereſti cètra il Negromate

 [67]
Che oltre che d’ acciar murata ſia
     La Rocca ineſpugnabilc: e tant’alta:
     Oltre che ’l ſuo deſtrier ſi faccia via
     Per mezo l’aria: oue galoppa e ſalta,
     Ha lo ſcudo mortai: che come pria
     Si ſcopre: il ſuo ſplédor ſi gliocchi aſſalta
     La viſta tolle: e tato occupa i ſenſi:
     Che come morto rimaner conuienſi.

 [68]
E ſé ſorſè ti penſi che ti vaglia
     Combattendo tener ferrati gliocchi
     Come potrai ſaper ne la battaglia
     Quando ti ſchiui: o l’auerſario tocchi?
     Ma per ſuggire il lume ch’abbarbaglia
     E glialtri incanti di colui far ſciocchi,
     Ti moſtrero vn rimedio: vna via preſta,
     Ne altra in tutto ’l modo e ſé no queſta,

 [66]
Il Re Agramante d’Africa, vno annello
     Che ſu rubato in India a vna Regina
     Ha dato a vn ſuo Baro detto Brunello:
     Che poche miglia inanzi ne camina:
     Di tal virtú, che chi nel dito ha quello
     Contra il mal de gl’incanti ha medicina,
     Sa de ſurti e d’inganni Brune! quanto
     Colui che tien Ruggier ſappia d’ icáto.

 [67]
Queſto Brunel ſi pratico e ſi aſtuto,
     Come io ti dico: e dal ſuo Re mandato:
     Accio che col ſuo ingegno: e co l’aiuto
     Di queſto annello: in tal coſe prouato:
     l’i (niella Rocca doue e ritenuto
     Traggia Ruggier: che coſi s’è vantato
     li hi coſi pmeſſo al ſuo Signore
     A cui Ruggiero e piú d’ognaltro a core

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 [71]
Ma perche il tuo Ruggiero a te fol’habbia
     E nò al Re Agramate ad obligarſi,
     Che tratto ſia de l’incantata gabbia,
     T’ inſegnero il remedio che de vſarſi:
     Tu te n’ andrai tre di lungo la ſabbia
     Del mar: ch’e horamai pſſo a dimoſtrarfi,
     Il terzo giorno in vn’ albergo teco:
     Arriuera coſtui e’ ha l’annel ſeco.

 [72]
La ſu a ſtatura: accio tu lo conoſca,
     Non e fei palmi: & ha il capo ricciuto,
     Le chiome ha nere: & ha la pella ſoſca:
     Pallido il viſo: oltre il douer barbuto:
     Gliocchi gonſiati: e guardatura loſca:
     Schiacciato il naſo: e ne le ciglia hirſuto
     l’habito, accio ch’io lo dipíga Itero,
     E ſtretto e corto: e ſembra di corriero.

 [73]
Con eſſo lui t’ accadera ſoggetto
     Di ragionar di quelli incanti ſtrani
     Moſtra d’hauer (eòe tu haura’ in effetto)
     Diſio chel mago ſia teco alle mani,
     Ma non monſtrar che ti ſia ſtato detto
     Di quel ſuo annel: che fa gl’incanti vani
     Egli t’ offerirá moſtrar la via
     Fin alla rocca: e farti compagnia.

 [74]
Tu gli va dietro: e come t’ auicini,
     A quella rocca: ſi ch’ella ſi ſcopra:
     Dagli la morte: ne pietá t’ inchini
     Che tu no metta il mio còſiglio in opra
     Ne far ch’egli il penſier tuo s’indouini:
     E c’habbia tempo che l’annel lo copra:
     Perche ti ſpariria da gliocchi toſto
     Ch’ i bocca il ſacro ánel s’ haueſſe poſto

 [75]
Coſi parlando giunſero ſui mare
     Doue pſſo a Bordea mette Garonna
     Quiui non ſenza alquanto lagrimare
     Si diparti l’una da l’altra donna,
     La ſigliuola d’ Amon che per ſlegare
     Di prigione il ſuo amante non alfonna:
     Camino tanto che venne vna ſera,
     Ad vno albergo oue Brunel prim’era.

 [76]
Conoſce ella Brunel come lo vede:
     Di cui la ſorma hauea ſculpita in méte,
     Onde ne viene: oue ne va: gli chiede
     Quel le riſponde: e d’ ogni coſa mente,
     La Donna giá preuiſta non gli cede
     In dir menzogne: e ſimula vgualmente
     E patria: e ſtirpe: e fetta: e nome: e feſſo,
     E gli volta alle ma pur gliocchi ſpeffo.

 [77]
Gli va gliocchi alle man ſpeffo voltado
     In dubbio ſempre eſſer da lui rubata,
     Ne lo laſcia venir troppo accoſtando,
     Di ſua condition bene inſormata,
     Stallano inſieme in queſta guiſa: quádo
     l’orecchia da vn rumor lor ſu ítruonata
     Poi vi diro Signor che ne ſu cauſa
     C’hauro fatto al cantar debita pauſa.