Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 3
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CANTO TERZO
[1]
Conuenienti a ſi nobil ſuggetto?
Chi l’ale al verſo pſtera che vole
Tanto ch’arriui all’alto mio concetto?
Molto maggior di quel furor che ſuole
I5en hor couien che mi riſcaldi il petto,
Ch queſta parte al mio Signor ſi debbe
Che canta gli aui onde l’origine hebbe.
[2]
Dí cui ſra tutti li Signori illuſtri,
Dal ciel ſortiti a gouernar la terra:
No vedi o Phebo che ’l gra modo luſtri
Piū glorioſa ſtirpe o i pace o in guerra,
Ne che ſua nobiltade habbia piū luſtri
Seruata, e ſeruara s’in me non erra
Quel prophetico lume che m’inſpiri:
Fin ch d’intorno al polo il ciel s’aggiri.
[3]
E volendone a pien dicer gli honori:
Biſogna non la mia ma quella cetra:
Con che tu dopo i Gigatei furori
Renderti gratia al regnator de l’Etra
S’inſtrumenti hauro mai da te migliori
Atti a ſculpire in coſi degna pietra
In queſte belle imagini diſegno
Porre ogni mia fatica ogni mio igegno.
[4]
I.euando in tanto queſte prime rudi
Scaglie n’andrò co lo ſcarpello inetto,
Forſè ch’anchor con piū ſolerti ſtudi
Poi ridurrò queſto lauor perfetto,
Ma ritorniamo a quello a cui ne feudi
Potran’ne vlberghi aſiicurare il petto
Parlo di Pinabello di Maganza
Che d’uccider la donna hebbe ſperaza.
[5]
Il traditor penſo che la donzella
Foſſe ne l’alto precipitio morta
E can pallida faccia laſcio quella
Triſta: e per lui contaminata porta,
E torno preſto a rimontare in fella,
E come quel e’ hauea l’anima torta
Per giuger colpa a colpa, e fallo a fallo
Di Bradamante ne meno il cauallo
[6]
Laſcian coſtui che mentre all’altrui vita
Ordiſce inganno, il ſuo morir procura,
E torniamo alla Donna: che tradita
Quaſi hebbe a vn tépo e morte e ſepoltura
Poi che’lla ſi leuo tutta ſtordita:
C hauea percoſſo in ſu la pietra dura,
Dentro la porta andò, ch’adito daua
Ne la feconda assai piū larga caua.
[7]
La ſtanza quadra e ſpatiofa pare
Vna deuota e venerabil chieſa
Che ſu colonne alabaſtrine e rare
Con bella architettura era fuſpefa,
Surgea nel mezo vn ben locato altare
C hauea dinanzi vna lampada acceſa,
E quella di ſplendente e chiaro ſoco
Redea gra lume, all’uno e all’altro loco
[8]
Di deuota humilta la donna tocca,
Come ſi vide in loco ſacro e pio,
Incomincio col core e con la bocca,
Inginocchiata a mandar prieghi a Dio,
Vn picciol’vſcio in tato ſtride e crocea
Ch’era all’incotro, onde vna dona vſcio
Diſcita e ſcalza: e ſciolte hauea le chiome
Che la Donzella ſaluto per nome.
[9]
E diſſe o generoſa Bradamante
Non giunta qui ſenza voler diuino,
Di te piū giorni m’ha predetto inante
Il prophetico ſpirto di Merlino,
Che viſitar le ſue reliquie fante
Doueui per inſolito camino,
E qui ſon ſtata accio ch’io ti riueli
Quel c’han di te giā ſtatuito i cieli,
[10]
Queſta e l’antiqua e memorabil grotta
Ch’edifico Merlino il ſauio Mago,
Che ſorſè ricordare odi tal’hotta,
Doue ingannollo la Donna del lago,
Il ſepolchro e qui giū, doue corrotta
Giace la carne ſua, doue egli vago
Di fodisfare a lei, che glil ſuaſe
Viuo corcoffi e morto ci rimaſe.
[11]
Col corpo morto il viuo ſpirto alberga
Sin ch’oda il ſuon de l’angelica tromba
Che dal ciel lo badiſea: o che ve l’erga
Secondo che farā coruo o colomba:
Viue la voce: e come chiara emerga
Vdir potrai da la marmorea tomba,
Che le paffate e le ſuture coſe
A chi gli domando ſempre riſpofe.
[12]
Piū giorni ſon ch’in queſto cimiterio
Venni di remotiſſimo paeſe,
Perch circa il mio ſtudio alto myſterio
Mi faceſſe Merlin meglio paleſe,
E perche hebbi vederti deſiderio
Poi ci ſon ſtata: oltre il diſegno vn meſe
Che Merlin che ’l ver ſempre mi pdiffe,
Termine al venir tuo queſto di ſiſſe.
[13]
Staſſi d’Amon la ſbigottita ſiglia
Tacita e ſiſſa al ragionar di queſta,
Et ha ſi pieno il cor di marauiglia
Che non fa s’ella dorme o s’ella e deſta
E con rimeſſe e vergognoſe ciglia
(Come quella che tutta era modeſta)
Riſpoſe di che merito ſon io?
Ch’antiueggian propheti il venir mio?
[14]
E lieta de l’inſolita auentura
Dietro alla Maga ſubito ſu moſſa,
Che la conduſſe a quella ſepoltura
Che chiudea di Merlin l’anima e l’oſſa,
Era quella arca d’una pietra dura
Lucida e terſa e come ſiamma roſſa,
Tal ch’alia ſtanza: ben che di ſol priua
Daua ſplendore il lume che n’ufeiua.
[15]
O che natura ſia d’alcuni marmi
Che muouin l’ombre a guiſa di facelle:
O ſorza pur di ſuffumigi e carmi
E ſegni impreſſi all’oſſeruate ſtelle:
Come piú queſto veriſimil parmi:
Diſcopria lo ſplendor più coſe belle,
E di ſcultura: e di color ch’intorno
Il venerabil luogo haueano adorno.
[16]
A pena ha Bradamante da la ſoglia
Leuato il pie ne la ſecreta cella,
Che ’l viuo ſpirto da la morta ſpoglia
Con chiariſſima voce le fauella,
Fauoriſca Fortuna ogni tua voglia
O caſta e nobiliſſima Donzella
Del cui ventre vſcira il ſeme fecondo
Cħ honorar deue Italia e tutto il mōdo.
[17]
L’antiquo ſangue che venne da Troia
Per li duo miglior riui in te commiſto:
Produrra l’ornamēto, il fior la gioia
D’ogni lignaggio c’habbi il Sol mai viſto
Tra l’Indo: e ’l Tago: e ’l Nilo: e la Dāoia
Tra qꝫſto e ’n mezo Antartico: e Caliſto:
Ne la progenie tua con ſommi honori,
Saran Marcheſi Duci e Imperatori.
[18]
I Capitani e i Cauallier robuſti
Quindi vſcirā: che col ferro e col sēno
Ricuperar tutti gli honor vetuſti
De l’arme inuitte alla ſua Italia denno,
Quindi terran lo ſcettro i Signor giuſti
Cħ cōe il ſauio Auguſto e Numa fenno:
Sotto il benigno e buon gouerno loro
Ritorneran la prima eta de l’oro.
[19]
Accio dunque il voler del ciel ſi metta
In effetto per te: che di Ruggiero
T’ha per moglier fin’da principio eletta
Segue animoſamente il tuo ſentiero,
Che coſa non ſará che s’intrometta
Da poterti turbar queſto penſiero
Si che nō mādi al primo aſſalto in terra
Quel rio ladro ch’ogni tuo bē ti ſerra.
[19]
Tacque Merlino hauendo coſi detto:
Et agio all’opre de la Maga diede
Ch’a Bradamante dimoſtrar l’aſpetto
Si preparaua di ciaſcun ſuo herede,
Hauea de ſpirti vn gran numero eletto
Non ſo ſe da l’inferno o da qual fede,
E tutti quelli in vn luogo raccolti
Sotto habiti diuerſi e varii volti.
[21]
Poi la Donzella a ſè richiama in chieſa
La doue prima hauea tiralo vn cerchio:
Che la potea capir tutta diſtefa:
Et hauea vn palmo á_chora di ſup̱chio,
E perche da li ſpirti non ſia offeſa
Le fa d’un gran pentacolo coperchio,
E le dice che taccia e ſtia a mirarla
Poi ſcioglie il libro e coi demoni parla.
[22]
Eccoui ſuor de la prima ſpelonca
Ch gēte ītorno al ſacro cerchio igroſſa,
Ma come vuole entrar la via l’è tronca
Come lo cinga ītorno muro e foſſa,
In quella ſtanza oue la bella conca
In ſe chiudea del gran Propheta l’oſſa
Entrauan l’ombre: poi c’haueā tre volte,
Fatto dintorno: lor debite volte,
[23]
Se i nomi e i geſti di ciaſcun vo dirti
(Dicea l’incantatrice a Bradamante)
Di queſti c’hor per gl’incantati ſpirti
Prima che nati ſien: ci ſono auanti:
No ſoveder quādo habbia da eſpedirti
Che non baſta vna notte a coſe tante,
Si ch’io te ne verro ſcegliendo alcuno
Secondo il tēpo: e che ſara oportuno,
[24]
Vedi quel primo che ti raſſimiglia
Ne bei ſembianti e nel giocodo aſpetto,
Capo in Italia fia di tua famiglia
Del ſeme di Ruggiero in te concetto:
Veder del ſangue di Potier vermiglia
Per mano di coſtui la terra aſpetto,
E vendicato il tradimento e il torto
Cōtra q̄i cħ gli haurano il padre morto.
[25]
Per opra di coſtui fara deſerto
Il Re de Longobardi Deſiderio,
D’eſte: e di Calaon per queſto merto
Il bel domino haura da ’l ſommo īperio,
Quel cħ glie dietro e il tuo nipote Vberto
Honor de l’arme e’del paeſe Heſp̱io
Per coſtui contra Barbari difeſa
Piū d’una volta ſia la ſanta Chieſa
[26]
Vedi qui Alberto inuitto capitano
Ch’ornera di Trophei tanti Delubri,
Vgo il figlio e con lui: che di Milano
Fara l’acquiſto e ſpieghera i Colubri,
Azzo e quell’altro a cui reſtera ī mano
Dopo il fratello: il regno de gl’Inſubri,
Ecco Albertazzo il cui ſauio conſiglio,
Torra d’Italia Beringario e il figlio.
[27]
E ſara degno a cui Ceſare Othone
Alda ſua ſiglia in matrimonio aggiūga,
Vedi vn’altro Vgo: o bella ſucceſſione
Che dal patrio valor non ſi diſlunga,
Coſtui ſara: che per giuſta cagione
A i ſuperbi Roman l’orgoglio emunga
Che ’l terzo Othone. e il Pontefice tolga
De le mā loro e ’l graue aſſedio ſciolga.
[28]
Vedi Folco che par ch’ai ſuo germano
Ciò che ī Italia hauea tutto habbi dato,
E vada a poſſedere indi lontano
In mezo agli Alamāni vn gran ducato,
E dia alla caſa di Sanfogna mano,
Che caduta ſara tutta da vn lato,
E per la linea de la madre herede
Con la progenie ſua la terra in piede.
[29]
Queſto e’ hor a nuiviene e il ſecōdo Azzo
Di corteſia piū che di guerre amico
Tra dui ſigli, Bertoldo, & Albertazzo,
Vinto da l’un ſara il ſecondo Henrico
E del ſangue Tedeſco horribil guazzo
Parma vedra per tutto il campo aprico,
De l’altro la conteſſa glorioſa
Saggia e caſta Matilde ſara ſpoſa.
[30]
Virtu il ſara di tal Connubio degno,
Ch’a quella eta non poca laude eſtimo,
Quaſi di meza Italia in dote il regno,
E la Nipote hauer d’Henrico primo,
Ecco di quel Bertoldo il caro pegno
Rinaldo tuo, c’haura l’honor opimo
D’hauer la Chieſa de le man riſeoſſa
De l’empio Federico Barbaroſſa.
[31]
Ecco vn’ altro Azzo, & e ql ch Verona
Haura in poter: col ſuo bel tenitorio
E fará detto Marcheſe d’Ancona,
Dal quarto Othóe, e dal ſcd’o Honorio
Lungo fará s’ io moſtro ogni perſona
Del ſangue tuo, e’ haura del Cofiſtorio
Il confalone, e ſio narro ogni impreſa
Vinta da lor per la Romana Chieſa.
[32]
Obizovedi, e Folco, altri Azi altri Vghi
Ambi gli Hérichi il figlio al pſe a cato
Duo Guelfi di q Tuo Vmbria ſuggiughi
E veſta di Spoleti il Ducal manto,
Ecco ch ’l ſague eie gra piaghe aſciughi
D’ Italia afflitta: evolga in riſo il pianto,
Di coſtui pio (e moſtrolle Azzo qnto)
Onde Ezellin ſia rotto, preſo, eſtinto.
[33]
Ezellino immaniſſimo Tyranno
Che ſia creduto figlio del Demonio,
Fara troncando i ſudditi tal danno
E diſtruggendo il bel paeſe Auſonio,
Che pietoſi apo lui ſiati faranno
Mario, Svila, Neron, Caio, & Antonio,
E Federico Imperator fecondo
Fia p qſto Azzo rotto, e meſſo al fondo
[34]
Terra coſtui con piú felice ſcettro
La bella terra, che ſiede ſu ’l fiume
Doue chiamo con lachrymoſo plettro
Phebo il ſigluol e’ hauea mal retto il lume,
Qn ſu piato il fabuloſo elettro
E Cigno ſi veſti di bianche piume,
E queſta di mille oblighi mercede
Gli donerá PApoſtolica fede.
[35]
Doue laſcio il ſratel Aldrobandino
Che per dar al Pontefice ſoccorſo
Cotra OthO quarto, e il capo Ghibellío
Che fará preſſo al Campidoglio corſo
Et haura preſo ogni luogo vicino
E poſto a gli Vmbri: e alli Picei il morſo
Ne potèdo pſtargli aiuto ſenza
Molto theſor, ne chiederá a Fiorenza.
[36]
E non hauedo gioia, o miglior pegni
Per ſicurta daralle il ſrate in mano
Spiegherá i ſuoi vittorioſi ſegni
E romperá l’eſercito Germano
In ſeggio riporrá la chieſa, e degni
Dará ſupplicii ai Conti di Celano
Et al ſeruitio del ſommo Paſtore
Finirá gli anni ſuoi nel piú bel fiore.
[37]
Et Azzo il ſuo ſratel laſciera herede
Del dominio d’Ancona, e di Piſauro,
D’ ogni citta che da Troento ſiede
Tra il mare e l’Apenin ſin all’Iſauro,
E di grandezza d’ animo, e di fede,
E di virtú, miglior che géme, & auro,
Che dona e tolle ogn’ altro ben Fortuna
Sol in virtú non ha poſſanza alcuna.
[38]
Vedi Rinaldo in cui non minor raggio
Splenderá di valor, pur che non ſia
A tanta eſſaltation del bel lignaggio
Morte o Fortuna inuidioſa e ria,
Vdime il duol ſin q da Napoli haggío
Doue del padre allhor ſtatico ſia
Hor Obizo ne vieti che giouinetto
Dopo l’auo fará Principe eletto.
[39]
Al bel dominio accreſcera coſtui
Reggio giocòdo e Modona feroce
Tal fará il ſuo valor: che Signor lui
Domanderanno i populi a vna voce,
Vedi Azzo feſto vn de ſigliuoli ſui
Confalonier de la Chriſtiana croce,
Haura il Ducato d’ Andria con la ſiglia
De) fecondo Re Carlo di Siciglia.
[40]
Vedi in vn bello & amicheuol groppo
De li Principi illuſtri leccellenza
Obizo: Aldrobandin: Nicolo Zoppo:
Alberto d’amor pieno e di clemenza,
10 tacerò per non tenerti troppo
Come al bel regno aggiugerá Faueza:
E co maggior fermezza Adria ch valſe
Da ſé nomar l’indomite acque falſe,
[41]
Come la terra il cui produr di roſe
Le die piaceuol nome in Greche voci
E la Citta ch’in mezo alle piſcoſe
Paludi: del Po teme ambe le ſoci
Doue habitan le genti diſioſe
Ch’ el mar ſi turbi, e ſieno i venti atroci
Taccio d’Argenta di Lugo: e di mille
Altre cartella: e populoſe ville.
[42]
Ve Nicolo che tenero fanciullo
11 popul crea Signor de la ſua terra:
E di Tideo fa il penſier vano e nullo
Che contra lui le ciuil’arme afferra,
Sara di queſto il pueril traſtullo
Sudar nel ferro e trauagliarſi in guerra:
E dalo ſtudio del tempo primiero
Il fior riufeira d’ogni guerriero.
[43]
Fara de ſuoi ribelli vſcire a voto
Ogni diſegno: e lor tornare in danno,
Et ogni ſtratagema haura ſi noto
Che fará duro il poter fargli inganno,
Tardi di qſto s’ auedra il terzo Otho
E di Reggio, e di Parma aſpro Tyráno,
Che da coſtui ſpogliato a vn tempo ſia
E del dominio: e de la vita ria.
[44]
Haura il bel Regno poi ſemp augumèto
Senza torcer mai pie dal camin dritto,
Ne ad alcuno fará mai nocumento
Da cui prima no ſia d’ ingiuria afflitto,
Et e per queſto il gran Motor contento
Che non gli ſia alcun termine preferitto,
Ma duri proſperádo in meglio ſempre
Fin che ſi volga il ciel ne le ſue tempre.
[45]
Vedi Leonello e vedi il primo Duce
Fama de la ſua etá l’inclyto Borſo,
Che ſiede in pace: e piú triopho adduce
Di quanti in altrui terre habbino corſo
Chiuderá Marte oue non veggia luce
E ſtringera al furor le mani al dorſo
Di queſto Signor ſpledido ogni intento
Sara che ’l popul ſuo viua contento.
[46]
Hercole hor vie ch’al ſuo vici rinfaccia
Col pie mezo arſo e co quei debol paſſi,
Come a Budrio col petto, e con la faccia
Il campo volto in ſuga gli fermaſſi
No pche in pmio poi guerra gli faccia
Ne per cacciarlo ſin nel Barco paſſi
Queſto e il Signor di cui no ſo eſplicarme
Se ſia maggior la gloria o i pace o í arme
[47]
Terran Puglieſi: Calabri e Lucani:
De geſti di coitili lunga memoria,
La doue riaura dal Re de Cathalani
Di pugna ſingular la prima gloria,
E nome tra gl’inuitti capitani
S’ acquieterá con piú d’una vittoria,
Haura per ſua virtú la Signoria
Piú di trenta anni a lui debita pria
[48]
E quanto piú hauer obligo ſi poſſa
A principe, ſua terra haura a coſtui,
Non perche ſia de le paludi moſſa
Tra campi ſertiliſſimi da lui:
Non perche la fará con muro e ſoſſa
Meglio capace a cittadini ſui:
E l’ornara di templi: e di palagi
Di piazze di theatri e di mille agi.
[49]
Non perche da gli artigli de l’audace
A ligero Leon terra difeſa:
Non perche quando la Gallica face
Per tutto haura la bella Italia acceſa,
Si ſtara ſola col ſuo ſtato in pace
E dal timore: e da i tributi illeſa:
Non ſi per queſti & altri beneſici
Saran ſue genti ad Hercol debitrici
[50]
Quanto che dará lor l’inclyta prole
Il giuſto Alſonſo e Hippolyto béigno
Che faran quai l’antiqua fama ſuole
Narrar de ſigli del Tindareo cigno,
Ch’ alternamente ſi priuan del Sole
Per trar l’un l’altro de l’aer maligno,
Sara ciaſcuno d’effi e pronto e ſorte
Laltro ſaluar con ſua perpetua morte.
[51]
Il grande amor di queſta bella coppia
Renderá il popul ſuo via piú ſicuro
Che ſé per opra di Vulcan: di doppia
Cinta di ferro: haueſſe intorno il muro.
Alſonſo e quel che col ſaper accoppia
Si la bontá: ch’ai ſecolo ſuturo
La gente crederá che ſia dal cielo
Tornata Aſtrea doue può il caldo e il gielc
[52]
A grande vopo gli ſia l’eſſer prudente
E di valore aſſimigliarſi al padre,
Che ſi ritrouera con poca gente,
Da vn lato hauer le Venetiane ſquadre,
Colei da l’altro che piú giuſtamente
Non ſo fe deura dir matrigna o madre:
Ma fe pur madri-: a lui poco piú pia
Che Medea a i ſigli o Progne ſtata ſia
[53]
E quante volte uſcira giorno o notte
Col ſuo popul fedel ſuor de la terra:
Tante ſconfitte e memorabil rotte
I Lira a nimici o per acqua o per terra:
Le genti di Romagna mal condotte
Cotra i vicini e lor giá amici: in guerra:
Se n’ auedranno: infanguinando il ſuolo
Che ferra il Po Santemo e Zanniolo,
[54]
Nei medeſmi confini anco ſaprallo
Del gra paſtore il mercenario Hiſpano
Che gli haura dopo co poco internatio
La Hall ia tolta: e morto il Cartellano:
Quando l’haura giá preſo: e p tal fallo
Non ſia dal minor fante al Capitano
Che del raquiſto: e del preſidio vcciſo
A Roma riportar poſſa l’auifo.
[55]
Coſtui fará col ſenno e con la lancia
C’haura l’honor nei capi di Romagna:
D’hauer dato all’efercito di Francia
La gran vittoria contra Iulio e Spagna,
Nuoteranno i deſtrier fin’ alla pancia
Nel ſangue huma p tutta la campagna.
Ch’a ſepelire il popul verrá manco
Tedeſco, Hiſpao, Greco, Italo, e Fráco,
[56]
Quel ch’in Pontificale habito imprime
Del purpureo capei la ſacra chioma:
E il liberal: magnanimo: ſublime:
Gran Cardinal de la Chieſa di Roma:
Hippolyto: ch’a proſe: a verſi: a rime
Dará materia eterna in ogni idioma:
La cui fiorita etá vuol il ciel iuſto
C habbia ú Marò coevn’ altro hebbe Auguſto
[57]
Adornerá la ſua progenie bella
Come orna il Sol la machina del modo:
Molto piú dela luna e d’ogni ſtella
Ch’ogn’ altro lume a lui ſemp e ſecòdo.
Coſtui co pochi a piedi: e meno in fella
Veggiovſcir meſto: e poi tornar iocódo
Che quindici galee mena captiue
Oltra mill’altri legni alle ſue riue.
[58]
Vedi poi l’uno e l’altro Sigiſmondo
Vedi d’Alfonfo i cinque ſigli cari,
Alla cui fama oſtar: che di ſé il mondo
Non empia: i monti no potrá ne i mari:
Gener del Re di Frácia Hercol ſecodo
E l’un: qſt’ altro (accio tutti gl’impari)
Hippolyto e, che nò con minor raggio,
Che ’l zio: riſplédera nel ſuo lignaggio.
[59]
Fraceſco il terzo: Alſonſi glialtri dui
Ambi ſon detti: hor come io diſſi prima
S’ ho da moſtrarti ogni tuo ramo: il cui
Valor la ſtirpe ſua tanto ſublima:
Biſognera che ſi riſchiari e abbui
Piú volte pria il ciel: ch’io te li eſprima,
E fará tèpo hormai: qn ti piaccia:
Ch’ io dia licétia all’obre: e ch’io mi taccia
[60]
Coſi con volunta de la Donzella
La dotta incantatrice il libro chiuſe
Tutti gli ſpirti allhora ne la cella
Sparirò in fretta: oue eran l’oſſa chiuſe:
Qui Bradamante: poi che la fauella
Le ſu conceſſa vſar: la bocca ſchiufe:
E domado chi ſon li dua ſi triſti
Ch tra Hippolyto: e Alſonſo habbiamo vi:
[61]
Vernano ſoſpirando: e gliocchi baffi
Parean tener d’ogni baldanza priui:
E gir lontan da loro io vedea i paſſi
Dei ſrati: ſi che ne pareano ſchiui,
Parue ch’a tal domanda ſi cangiaſſi
La Maga in viſo: e ſé de gliocchi riui
E grido: ah sfortunati a quanta pena
Lungo inſtigar d’huomini reivi mena.
[62]
O bona prole o degna d’ Hercol buono
Non vinca il lor fallir voſtra bontade:
Di voſtro ſangue i miſeri pur ſono:
Qui ceda la iuſtitia alla pietade,
Indi ſoggiunſe con piú baffo ſuono:
Di ciò dirti piú inanzi non accade:
Statti col dolcie in bocca: e no ti doglia
Ch’amareggiare al ſin non te la voglia,
CAXTO TERZO
[63]
Toſto che ſpunti in ciel la prima luce
Piglierai meco la pili dritta via:
Ch’ai lucente cartel d’acciai conduce:
Doue Ruggier uiue in altrui balia,
Io tanto ti faro compagna e duce
Che tu ſia ſuor de l’aſpra ſelua ria,
T’ inſegnero poi che faren ſu ’l mare
Si ben la uia: che non potreſti errare.
[64]
Quiui l’audace giouane rimaſe
Tutta la notte: e gran pezzo ne ſpeſe
A parlar con Merlin: che le ſuaſe
Renderli toſto al ſuo Ruggier corteſe,
Laſcio dipoi le ſotterranee caſe
Che di nuouo ſplendor l’aria s’accefe:
Per un camin gra ſpatio oſcuro e cieco:
Hauendo la ſpirtal femina ſeco.
[65]
E riuſciro in un burrone aſcofo
Tra monti inacceſſibili alle genti,
E tutto ’l di ſenza pigliar ripoſo
Saliron balze: e trauerſar torrenti.
E perche men l’andar foſſe noioſo
Di piaceuoli e bei ragionamenti:
Di quel che ſu piú conferir ſoaue:
l’aſpro camin facean parer men graue:
[66]
D’ i quali era perho la maggior parte
Ch’ a Bradamante uien la dotta maga
Moſtrado co che aſtutia: e co qual arte
Proceder’ de: ſé di Ruggiero e vaga,
Se tu ſoſſi (dicea) Pallade o Marte
E conduceſſi gente alla tua paga
Piú ch no ha il’Re Carlo e il Re Agrámatc
NO durereſti cètra il Negromate
[67]
Che oltre che d’ acciar murata ſia
La Rocca ineſpugnabilc: e tant’alta:
Oltre che ’l ſuo deſtrier ſi faccia via
Per mezo l’aria: oue galoppa e ſalta,
Ha lo ſcudo mortai: che come pria
Si ſcopre: il ſuo ſplédor ſi gliocchi aſſalta
La viſta tolle: e tato occupa i ſenſi:
Che come morto rimaner conuienſi.
[68]
E ſé ſorſè ti penſi che ti vaglia
Combattendo tener ferrati gliocchi
Come potrai ſaper ne la battaglia
Quando ti ſchiui: o l’auerſario tocchi?
Ma per ſuggire il lume ch’abbarbaglia
E glialtri incanti di colui far ſciocchi,
Ti moſtrero vn rimedio: vna via preſta,
Ne altra in tutto ’l modo e ſé no queſta,
[66]
Il Re Agramante d’Africa, vno annello
Che ſu rubato in India a vna Regina
Ha dato a vn ſuo Baro detto Brunello:
Che poche miglia inanzi ne camina:
Di tal virtú, che chi nel dito ha quello
Contra il mal de gl’incanti ha medicina,
Sa de ſurti e d’inganni Brune! quanto
Colui che tien Ruggier ſappia d’ icáto.
[67]
Queſto Brunel ſi pratico e ſi aſtuto,
Come io ti dico: e dal ſuo Re mandato:
Accio che col ſuo ingegno: e co l’aiuto
Di queſto annello: in tal coſe prouato:
l’i (niella Rocca doue e ritenuto
Traggia Ruggier: che coſi s’è vantato
li hi coſi pmeſſo al ſuo Signore
A cui Ruggiero e piú d’ognaltro a core
[71]
Ma perche il tuo Ruggiero a te fol’habbia
E nò al Re Agramate ad obligarſi,
Che tratto ſia de l’incantata gabbia,
T’ inſegnero il remedio che de vſarſi:
Tu te n’ andrai tre di lungo la ſabbia
Del mar: ch’e horamai pſſo a dimoſtrarfi,
Il terzo giorno in vn’ albergo teco:
Arriuera coſtui e’ ha l’annel ſeco.
[72]
La ſu a ſtatura: accio tu lo conoſca,
Non e fei palmi: & ha il capo ricciuto,
Le chiome ha nere: & ha la pella ſoſca:
Pallido il viſo: oltre il douer barbuto:
Gliocchi gonſiati: e guardatura loſca:
Schiacciato il naſo: e ne le ciglia hirſuto
l’habito, accio ch’io lo dipíga Itero,
E ſtretto e corto: e ſembra di corriero.
[73]
Con eſſo lui t’ accadera ſoggetto
Di ragionar di quelli incanti ſtrani
Moſtra d’hauer (eòe tu haura’ in effetto)
Diſio chel mago ſia teco alle mani,
Ma non monſtrar che ti ſia ſtato detto
Di quel ſuo annel: che fa gl’incanti vani
Egli t’ offerirá moſtrar la via
Fin alla rocca: e farti compagnia.
[74]
Tu gli va dietro: e come t’ auicini,
A quella rocca: ſi ch’ella ſi ſcopra:
Dagli la morte: ne pietá t’ inchini
Che tu no metta il mio còſiglio in opra
Ne far ch’egli il penſier tuo s’indouini:
E c’habbia tempo che l’annel lo copra:
Perche ti ſpariria da gliocchi toſto
Ch’ i bocca il ſacro ánel s’ haueſſe poſto
[75]
Coſi parlando giunſero ſui mare
Doue pſſo a Bordea mette Garonna
Quiui non ſenza alquanto lagrimare
Si diparti l’una da l’altra donna,
La ſigliuola d’ Amon che per ſlegare
Di prigione il ſuo amante non alfonna:
Camino tanto che venne vna ſera,
Ad vno albergo oue Brunel prim’era.
[76]
Conoſce ella Brunel come lo vede:
Di cui la ſorma hauea ſculpita in méte,
Onde ne viene: oue ne va: gli chiede
Quel le riſponde: e d’ ogni coſa mente,
La Donna giá preuiſta non gli cede
In dir menzogne: e ſimula vgualmente
E patria: e ſtirpe: e fetta: e nome: e feſſo,
E gli volta alle ma pur gliocchi ſpeffo.
[77]
Gli va gliocchi alle man ſpeffo voltado
In dubbio ſempre eſſer da lui rubata,
Ne lo laſcia venir troppo accoſtando,
Di ſua condition bene inſormata,
Stallano inſieme in queſta guiſa: quádo
l’orecchia da vn rumor lor ſu ítruonata
Poi vi diro Signor che ne ſu cauſa
C’hauro fatto al cantar debita pauſa.