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canto secondo | 25 |
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Non come volſe Pinabello auenne
De l’Innocente giouane la ſorte,
Perche giū diroccando a ferir venne
Prima nel fondo il ramo ſaldo e ſorte,
Ben ſi ſpezzo: ma tanto la ſoſtenne
Che ’l ſuo fauor la libero da morte,
Giacque ſtordita la Dózella alquanto,
Come io vi ſeguiro ne l’altro canto.
CANTO TERZO
[1]
Conuenienti a ſi nobil ſuggetto?
Chi l’ale al verſo pſtera che vole
Tanto ch’arriui all’alto mio concetto?
Molto maggior di quel furor che ſuole
I5en hor couien che mi riſcaldi il petto,
Ch queſta parte al mio Signor ſi debbe
Che canta gli aui onde l’origine hebbe.
[2]
Dí cui ſra tutti li Signori illuſtri,
Dal ciel ſortiti a gouernar la terra:
No vedi o Phebo che ’l gra modo luſtri
Piū glorioſa ſtirpe o i pace o in guerra,
Ne che ſua nobiltade habbia piū luſtri
Seruata, e ſeruara s’in me non erra
Quel prophetico lume che m’inſpiri:
Fin ch d’intorno al polo il ciel s’aggiri.
[3]
E volendone a pien dicer gli honori:
Biſogna non la mia ma quella cetra:
Con che tu dopo i Gigatei furori
Renderti gratia al regnator de l’Etra
S’inſtrumenti hauro mai da te migliori
Atti a ſculpire in coſi degna pietra
In queſte belle imagini diſegno
Porre ogni mia fatica ogni mio igegno.
[4]
I.euando in tanto queſte prime rudi
Scaglie n’andrò co lo ſcarpello inetto,
Forſè ch’anchor con piū ſolerti ſtudi
Poi ridurrò queſto lauor perfetto,
Ma ritorniamo a quello a cui ne feudi
Potran’ne vlberghi aſiicurare il petto
Parlo di Pinabello di Maganza
Che d’uccider la donna hebbe ſperaza.
[5]
Il traditor penſo che la donzella
Foſſe ne l’alto precipitio morta
E can pallida faccia laſcio quella
Triſta: e per lui contaminata porta,
E torno preſto a rimontare in fella,
E come quel e’ hauea l’anima torta
Per giuger colpa a colpa, e fallo a fallo
Di Bradamante ne meno il cauallo
[6]
Laſcian coſtui che mentre all’altrui vita
Ordiſce inganno, il ſuo morir procura,
E torniamo alla Donna: che tradita
Quaſi hebbe a vn tépo e morte e ſepoltura
Poi che’lla ſi leuo tutta ſtordita:
C hauea percoſſo in ſu la pietra dura,
Dentro la porta andò, ch’adito daua
Ne la feconda assai piū larga caua.