Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/66


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Coſtui fará col ſenno e con la lancia
     C’haura l’honor nei capi di Romagna:
     D’hauer dato all’efercito di Francia
     La gran vittoria contra Iulio e Spagna,
     Nuoteranno i deſtrier fin’ alla pancia
     Nel ſangue huma p tutta la campagna.
     Ch’a ſepelire il popul verrá manco
     Tedeſco, Hiſpao, Greco, Italo, e Fráco,

[56]
Quel ch’in Pontificale habito imprime
     Del purpureo capei la ſacra chioma:
     E il liberal: magnanimo: ſublime:
     Gran Cardinal de la Chieſa di Roma:
     Hippolyto: ch’a proſe: a verſi: a rime
     Dará materia eterna in ogni idioma:
     La cui fiorita etá vuol il ciel iuſto
     C habbia ú Marò coevn’ altro hebbe Auguſto

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Adornerá la ſua progenie bella
     Come orna il Sol la machina del modo:
     Molto piú dela luna e d’ogni ſtella
     Ch’ogn’ altro lume a lui ſemp e ſecòdo.
     Coſtui co pochi a piedi: e meno in fella
     Veggiovſcir meſto: e poi tornar iocódo
     Che quindici galee mena captiue
     Oltra mill’altri legni alle ſue riue.

[58]
Vedi poi l’uno e l’altro Sigiſmondo
     Vedi d’Alfonfo i cinque ſigli cari,
     Alla cui fama oſtar: che di ſé il mondo
     Non empia: i monti no potrá ne i mari:
     Gener del Re di Frácia Hercol ſecodo
     E l’un: qſt’ altro (accio tutti gl’impari)
     Hippolyto e, che nò con minor raggio,
     Che ’l zio: riſplédera nel ſuo lignaggio.

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Fraceſco il terzo: Alſonſi glialtri dui
     Ambi ſon detti: hor come io diſſi prima
     S’ ho da moſtrarti ogni tuo ramo: il cui
     Valor la ſtirpe ſua tanto ſublima:
     Biſognera che ſi riſchiari e abbui
     Piú volte pria il ciel: ch’io te li eſprima,
     E fará tèpo hormai: qn ti piaccia:
     Ch’ io dia licétia all’obre: e ch’io mi taccia

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Coſi con volunta de la Donzella
     La dotta incantatrice il libro chiuſe
     Tutti gli ſpirti allhora ne la cella
     Sparirò in fretta: oue eran l’oſſa chiuſe:
     Qui Bradamante: poi che la fauella
     Le ſu conceſſa vſar: la bocca ſchiufe:
     E domado chi ſon li dua ſi triſti
     Ch tra Hippolyto: e Alſonſo habbiamo vi:

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Vernano ſoſpirando: e gliocchi baffi
     Parean tener d’ogni baldanza priui:
     E gir lontan da loro io vedea i paſſi
     Dei ſrati: ſi che ne pareano ſchiui,
     Parue ch’a tal domanda ſi cangiaſſi
     La Maga in viſo: e ſé de gliocchi riui
     E grido: ah sfortunati a quanta pena
     Lungo inſtigar d’huomini reivi mena.

[62]
O bona prole o degna d’ Hercol buono
     Non vinca il lor fallir voſtra bontade:
     Di voſtro ſangue i miſeri pur ſono:
     Qui ceda la iuſtitia alla pietade,
     Indi ſoggiunſe con piú baffo ſuono:
     Di ciò dirti piú inanzi non accade:
     Statti col dolcie in bocca: e no ti doglia
     Ch’amareggiare al ſin non te la voglia,