Novelle (Sercambi)/Novella LI
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LI
La dilettevole novella ditta del fanciullo romano contentò molto la brigata per la notte. E la mattina disse il preposto alla brigata che il giorno ognuno desse pensieri a fornire tutto loro perdono et orazioni, però che lo seguente di di Roma si doveano partire. E ditto, ognuno <andò> a dar fine alle loro perdonanze, lo preposto a comprender le cose meravigliose <de’ Romani> e le statue rotte delli loro dii antichi.
E questo li fu magiore amirazione che cosa che veduto avesse, con dire che si fatti savi omini com’eran quelli antichi Romani non avessero cognoscimento che solo uno Dio si volea e dovea adorare; e massimamente cognoscendo ogni cosa venire dal cielo, doveano almeno per tal rispetto al cielo aver la loro <anima> intenta; m’a l’idoli di marmo e di metallo poneano i loro cuori. Dicendo fra sé il preposto: «Ben erano quelli Romani ingannati dal dimonio dello ’nferno che non voleano cognoscere la via della verità». E più, si meravigliava che, poi che Cristo incarnò, e’ più tempo tali idoli adoravano e credeano, perseguitando li cristiani e molti faccendone per tormenti morire.
E mentre che in tali pensieri stava, il di trapassò; e venuta la sera, le brigate raunate, le vivande aparecchiate, cenarono di buona voglia perché ciascuno avea adempiuto il suo perdono. Lo preposto doppo la cena disse a l’altore che la sera dicesse una bella novella acciò che la brigata per conforto tutta la notte posino, e che la mattina possano esser levati. L’altore disse che sarà fatto; e voltosi, parlò dicendo:
DE FALSITATE MULIERIS
Di Aristotile e monna Orsina, donna di Allesandro Magno,
e di Viola
Al tempo che Allesandro signore su tutto regnava, prima che Cristo incarnasse, ebbe il ditto Allesandro per suo maestro uno filosofo maestro di filosofia nomato Aristotile, il quale, amaestrando Allesandro, più tempo steo con lui.
Divenne che il ditto Allesandro prese per moglie una donna barbara bellissima e gentile chiamata madonna Orsina, e costei prese senza che mai Aristotile veduta l’avesse. E menatala, Aristotile, come la vidde, comprese questa madonna Orsina esser di compressione molto calda e lussuriosa e vaga dell’uomo.
Allesandro, che giovano era e gagliardo e di cuor gentile, vedendo madonna Orsina bellissima, con lei più che a tanto signore non si convenìa usava, et ella più s’accendea in tanta caldezza che in men di uno mese alquanto Allesandro fu della persona indebilito. Vedendo Aristotile quello che Allesandro, poi che la la donna prese, era divenuto, subito parlò ad Allesandro dicendo: «Poi che tu m’hai eletto tuo maestro e guidatore della sanità e buoni costumi, ti dico che non vuogli — per saziar quella cosa che mai saziar non si può se non come lo inferno che mai non si dé saziare — , tu vogli perire, e tutti i tuoi sottoposti teco perisseno. E pertanto, oltra li altri consigli che t’ho dati, ti do questo: <poi> che dè’ lusuriare, tanta lusuria far non debbi, né vogli prendere a contentare chi mai contentare si potéo. E tu come savio omai prendine il migliore».
Alesandro, che mai dal consiglio d’Aristotile non si partìo, colla sua né con altra donna usava se non per modo che a lui alcun male far non potea. Madonna Orsina, che vede che Allesandro avea restato il cavalcare senza speroni, disse: «Messere, perché sete restato di non cavalcare come di principio me cavalcasti? E qual cagione ve n’ha rimosso?» Allesandro disse: «Donna, io sono principo del mondo, et ho a combattere et affanarmi in cose d’armi, e conviemmi tutte le miei brigate rinfrancare; trovandomi debile, parenno pecore, et io con loro». Madonna Orsina dice: «Come, non eravate voi quando mi menaste principo come ora, e di cavalcarmi senza speroni non restavate dì e notte, et ora più giorni della semana me ne fate patire dicetto?» Allesandro dice: «Donna, sempre ho volsuto vivere per consiglio de’ savi, e pertanto ho trovato che mentre che io <mi> sono atenuto al consiglio d’Aristotile filosofo e mio maestro, sempre m’è colto bene; e pertanto ora lui m’ha ditto questo modo tegna. E dicoti che se altro o niente vorrai che io faccia, tu serai meco in contumacia».
Madonna Orsina tacette e niente disse, e pensò quello Aristotile pagare per lo fallo che le parea che avesse commesso. Et ordinò che una sua cameriera giovana e bella nomata Viola andasse a Ristotile innello studio o vero innella sua camera, la quale era innel palagio d’Allesandro, comandandole che a niente consentisse ad Aristotile, ma dando buone parole lo facesse entrar in ruzzo, (come talora entrano questi vecchi, che quello che non puonno fare sì diceno). E così comandò madonna Orsina a Viuola. <Viola> maestra di gusmini, disse: «Madonna, lassate fare a me».
Pensa ora, lettor’e voi che udite, quanto senno fu quello di Aristotile a esser condutto da una cavestrella che anco li sapea la camicia di piscio, come molte oggi se ne troverè’!
Viola, avuto dalla imperadrice, cioè da madonna Orsina, il comandamento di ubidirla e consentito, entrata Viola innella camera d’Aristotile con motti d’amore salutandolo, Aristotile meravigliandosi disse che volea dire. Viuola disse: «Messer, io sono venuta a voi a imprendere alcuno amaestramento mentre che madonna Orsina dorme». Aristotile, lassato lo studio, disse: «O perché tu anco non dormi?» Disse Viola: «Perché il mio dormire non serè’ utile né a me né ad altri». E questo dicea con un vezzoso parlare, quasi ridendo. Aristotile, che vede costei bellissima e sola tanto parlar vezzoso, senza sospetto si cominciò a riscaldare, ben che poco caldo avere potea; e perch’era molto di tempo, pur la immaginazione e ’l vedere e l’udire Viola con dolci motti parlare, lo facea esser voluntaroso: e volsela prendere.
Ella come amaestrata e maliziosa veggendolo già preso, disse: «O Aristotile, io so e veggo che voi m’amate et ogni cosa fareste per me, et io così farei per voi, ma io sono stata tanto a novellare con voi ch’è l’ora che io debbo esser apresso a mia donna venuta, e per avale non posso il vostro e mio dovere adempiere, e però piacciavi star contento. Et in segno di buono amore, questo vi posso fare: che un bacio voi mi diate; e se il tempo il patisse, io farei il vostro e ’l mio volere; ma penso che madonna si vorrà levare». Aristotile, che ode, tutto desideroso s’acostò a Viuola: e subito ode gridare, dicendo: «Viuola, vieni a madonna». Viuola dice: «Aristotile, basciami, e domane serò qui a voi e daremo l’ordine a tutto». Aristotile acostatosi a Viuola e baciatola, Viuola si parte; Aristotile rimane con allegrezza sperando dare compimento al desiderio.
Madonna Orsina, sentito da Viuola tutto l’ordine dato, disse a Viuola: «Viuola, farai domane quello ti dico: tu anderai ad Aristotile, e dirai che tu sii contenta che elli abia a fare con teco, ma dilli che tutti quelli del tuo sangue, prima che siano state svergognate hanno cavalcato x passi quello che prima ha a fare con loro. Et io farò arai una sella et una briglia e con quelle aconcerai Aristotile e darai l’ordine d’esser con lui innel giardino dirieto alla mia camera, dicendo che quando io sono a dormire vegna; e tu alora li metterai la sella e la briglia e monterai a cavalcioni e così lo fà andare x passi». Viuola, che ode madonna Orsina, disse: «Madonna, io saprò tutto fare, e penso condurlo colle miei parole a far ciò che io vorrò».
Lo giorno sequente, madonna Orsina fe’ Allesandro richiedere che li piacesse venire alla sua camera doppo desnare perch’ella volea alquanto seco parlare. Allesandro, auta l’ambasciata, disse che volentieri anderè’, non sapendo la cagione. Madonna Orsina, essendo certa che Allesandro dovea a lei venire, disse a Viuola che andasse a fornire l’ambasciata con Aristotile.
Viuola subito andò in camera ad Aristotile e disseli che al tutto era disposta di fare la sua volontà, ma tanto li volea dire che se lui avea l’animo di oservare la costuma del suo lignagio, ella starà contenta che seco usi, altramente non potrà né elli né altri di lei poter aver efetto. Aristotile disse: «Che costuma hanno li tuoi parenti?» Disse Viuola: «Che colui che prima svergogna neuna di noi dé essere prima x passi cavalcato e poi hanno di noi piacere». Disse Aristotile: «Cotesto farò io bene, ma come aremo sella e briglia?» Disse Viuola: «Io prenderò quella che mia madre adoperò la prima volta che coll’uomo si congiunse». Aristotile disse: «Falla presta». Disse Viuola: «Io l’ho messa innel giardino, che oggi quando madonna dormirà vi voglio dar piacere». Aristotile allegro disse: «Et io sono contento». Viuola partita, e tutto a madonna Orsina disse, et ordinò ciò che bisognava.
Venuta l’ora, Allesandro andò a madonna Orsina et in camera con lei trovòsi. E Viuola andò ad Aristotile dicendo: «Omai è tempo». Aristotile desideroso andò innel giardino. Viuola, aparecchiato la sella e la briglia, e messal’a Aristotile, e su sagliendo, Aristotile cominciò a fare i passi.
Madonna Orsina, che di tutto era amaestrata, prendendo per la mano Allesandro li disse: «Io vi voglio mostrare Aristotile quanto sa consigliar voi che meco non usiate se non a punti di stelle e lui a ogni ora tal mestieri cerca di fare, e per più aver suo agio, con Viuola innel giardino si riposa. Andiamol’a vedere». Allesandro, che questo ode, andò in sul portico e vidde Aristotile esser da Viuola cavalcato. Parendoneli male, disse: «O Ristotile, u’ è il senno tuo?» Aristotile, che ode la voce di Allesandro, alzò la testa e vidde Allesandro e la donna, e disse: «Il mio senno è innel culo di Viola».
E subito levatosi, per vergogna della terra si partìo et andò in una città dov’era uno signore nomato Cosmal, il quale, come vidde Aristotile, subito faccendoli reverenzia li disse: «Che buone novelle?» Aristotile disse: «Se tu mi vuoi prometere di non apalesarmi a persona, io da te non partirò che io t’arò fatto tanto onorare che sempre ne sarai lodato». Cosmal, che disiava aver buono consiglio, sapendo il senno di Aristotile, subito disse: «Maestro, comandate et io ubidiròe». Aristotile disse: «Et io non ti vo’ comandare, ma de’ buoni exempli ti farò maestro».
Cosmal, lieto che Aristotile rimane con lui, secretamente come Aristotile vuole lo tiene. E ’l primo comandamento che Aristotile insegna a Gosmal si fu che alla sua donna e famiglia si facesse ubidire. E poi seguitò a l’altre cose le quali qui non si diceno; ma ben dico che la fama di Cosmal per tutto era lodata di buono e giusto regimento.
Madonna Orsina dice ad Alesandro: «Ora potete comprendere che è di stare al consiglio di uno matto e smemorato che a una fanciulla s’ha lassato ingannare». E tutta la novella li narrò. Allesandro, doloroso della vergogna che Aristotile ricevuto avea, et apresso che lui non sapea dove fusse capitato, e non potendo da neuna parte poter sentire di lui, stimò per dolore si fusse ucciso, E di questo portava singularissimo dolore; e così dimora. Madonna Orsina, parendoli avere fatto assai ad avere svergognato il savio Aristotile, come matta stava allegra quando vedea Allesandro stare malinconoso, dicendo ella fra sé: «Ormai non riprenderà Allesandro di quel fatto, né anco me, se piú ne tenesse». E per questo modo stando, madonna Orsina richiedea Allesandro di quel fatto più ch’Allesandro far non volea, però che non ostante che Aristotile partito si fusse, nondimeno li suoi amaestramenti oservava, e dicea <a> Orsina: «Taci, che io da’ consigli d’Aristotile io non mi debbo partire». Madonna Orsina, che avea la rabia al culo, pensò potere il suo apetito in parte contentare: e trovò uno giovano bello, il quale in modo di femmina per sua cameriera tenea, e per questo modo si facea battere la lana del tristo montone.
Dimorando le cose ditte più tempo, venne volontà ad Alesandro d’andare innella città dove Cosmal dimorava perché di sua vertù molto avea sentito; e mandòli a dire che lo spettasse uno giorno nomato, che lui volea quine essere. Cosmal, avuto la lettera del suo signore, subito ad Aristotile la porta, dicendo che ’l consigliasse di quello che dovea fare intorno all’onore et a l’altre cose di Allesandro. Aristotile, che avea sentito che monna Orsina poco si curava che Allesandro con lei giacesse e che di nuovo avea prese alcune servigiali, stimò quello ch’era.
E subito spirato da Dio, disse: «O Cosmal, sopratutto dispuoni a fare onore a Lesandro et a’ suoi se tutto ciò che hai spendere dovessi, però che tutto fi’ ben speso; apresso, fà che la tua donna e famiglia e tutti di casa, senza replicare, a uno dire t’ubidiscano. E come Alesandro serà venuto, doppo l’onore a lui fatto, e desnato, lui ti domanderà come li omini tuoi si contentano e come ti sono ubidenti, e tu risponde prima che altro ti dica: «Vi vo’ far la prova se’ miei sottoposti a me sono ubidenti». E farai in sua presenzia la donna le servigiali le cameriere e tutti della tua casa subito a uno parlare, tutti, presente Allesandro, spogliar nudi; e comandando prima alla donna tua e poi a li altri, faccendo prima la richiesta di tutti, così di donne come di omini». E molte cose li disse che non sono di bisogno a tal novella notare.
Cosmal messo tutto in efetto come Aristotile li disse, venuto Allesandro presso alla città, Cosmal co’ suoi baroni andato incontra, e con quanto onore si può fu ricevuto. E desnato, Allesandro domandò Cosmal come i suoi sudditi li erano ubidenti. Cosmal disse: «Io vel mosterrò». E subito mandato per la donna e per tutti di casa, avendone la scritta in mano e faccendone richiesta, trovò tutti esser quine. Cosmal disse: «Donna, e voialtre, nude vi spogliate in presenzia di tutti». La donna subito così fe’. Allesandro, ciò vedendo, disse fra sé: «Questo non farè’ la mia donna». Apresso Cosmal disse a tutti li omini che quine erano che si spogliasseno; e così fu fatto. E tanto stenno nude, fine che Cosmal piacque.
Disse Allesandro: «Ben è che omai le facci rivestire». Cosmal comandò che si rivestissero, e fue fatto. Alesandro disse: «Deh, dimmi, Cosmal, per cui consiglio vivi?» Cosmal disse: «Per consiglio di Aristotile». «Or come! È Aristotile vivo?» Cosmal disse: «Signorsì». «E dove sta?» «Io non so, ma ben potrei sapere d’ove capitò quando qui apparìo. E allora mi diè certo ordine il quale sempre ho servato: e prima m’acomandò che alla mia famiglia mi faccia ubidire e poi a tutti li altri». Allesandro, udendo che Aristotile era vivo, ebbe gran piacere, e disse a Cosmal che di lui investigasse, però che volea che a lui tornasse. Cosmal disse: «Lui mi disse che mentre che madonna Orsina con voi stesse, che mai innanti non vi verrè’, tanto fu la vergogna che per lei sofferse; nondimeno io penso quando il richiederete, lui verrà a voi».
Allesandro, che ha desiderio di ritornare a casa, dicendo fra sé: «Cosmal è un piccolo signore e fassi tanto ubidire in casa sua, et io che sono signore del mondo non serò sì tosto ubidito dalla mia donna e famiglia»; e pensò, subito come fusse a casa, far fare la richiesta di tutti e comandare che nudi si spoglino. E prese cumiato da Cosmal avendolo molto acomandato; e così ritornò Allesandro al suo palagio.
Come fu giunto, fe’ la richiesta di tutti. E venuti, comandato che Orsina si spogli, ella cominciò a dire: «Or che vuol dire questo? Imperadore, sete impazzato che volete che alla presenzia delli omini mi spogli? Or perché non mel dite in camera, tra voi e me?» Allesandro dice con mal viso: «Io ti dico che subito ti spogli!». La ’mperadrice per paura spogliatasi, Allesandro comandò a l’altre donne e damigelle che nude si spogliassero; e per paura ognuna si spogliò, salvo la cameriera di madonna Orsina. Allesandro disse: «E tu perché non ti spogli?» Ella trovando certa scusa come alcuna volta trovano le donne, dicendo: «Io ho il mio male delle calende», Allesandro disse: «Spogliati!». Ella, costretta dal timore, si spogliò; e’, trovato costui esser maschio il quale colla imperadrice si giacea, non potendo tal puzza sostenere, lui e la donna fe’ morire.
Aristotile, sentendo la giustizia fatta della donna malvagia e della cameriera, scrisse ad Alesandro che lui era al suo comando. Allesandro, auto lettera d’Aristotile, subito mandò per lui e più che mai l’amò et onoròllo. E per questo modo il savio Aristotile si vendicò della malvagia Orsina per lo suo sottile intelletto e sapienzia.
Ex.º li.