Novelle (Sercambi)/Novella LII

Novella LII

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LII


Dormita la brigata colla savia vendetta fatta per Aristotile fine alla mattina, e levati e fatto dire la messa, lo preposto parlò a tutti quelli che hanno officio di comprare e d’aparecchiare, sonare e cantare e ballare: comandò che oggimai si tegna l’ordine principiato, senz’altro dire. E voltosi all’altore disse che dicesse una piacevole novella fine che alla città di Spoleti seranno giunti: «Al quale vo’ che la nostra giornata sia faccendo di quel viagio du’ posate, acciò che la brigata possa prendere un po’ di piacere»; là u’ comandò che le vivande fussero aparecchiate. L’altore, che disposto era a ubidire, disse che sarè’ fatto; e voltosi alla brigata disse:


DE HYPOCRITA ET FRAUDATORE

<Di> frate Calandrino con Narda.


Della città Iesi si partì sotto nome d’acattare per la badia di Vallembrosa, uno vestito di panno scuro e gran parlatore, e diliberò venire in Toscana, là u’ pensava trovare molte simpliciotte femmine, e massimamente in quello di Firenze Pistoia Lucca e Pisa. E doppo il predicar fatto innel contado di Firenze et a Pistoia, venne innel contado di Lucca faccendosi nomare frate Calandrino. E domandato in che parte si tenea mercato, fulli ditto in più parti, ma sopratutto era quello del Borgo a Mozzano, al quale gran parte della Garfagnana e delle sei miglia colà concorrea. Di che, udendo frate Calandrino che al Borgo era il mercato, subito andò là, e giunse a l’oste di Giovannetto da Barga abitante innel Borgo, e quine posò suo’ arnesi. [p. 234 modifica]

Avea questo Giannotto una donna nomata Narda et una figliuola nomata Bontura; il qual frate disse a Narda quando serà il mercato. Narda disse che serè’ lo dì seguente. Lo frate disse che facesse che lui e ’l compagno che seco avea fusseno ben serviti e paghisi bene. Narda disse: «Comandate, che ci ha delle galline e de’ capponi assai». Lo frate dice: «Mentre che ci ha de’ capponi non ci dare galline». Narda tutto fa e falli godere.

Venuto la mezidima, ch’è il dì del mercato, notifica il frate che ogni persona vada a udire la sua predica e fa sonare la campana, asegnando che chi a tal predica va serà perdonato colpa e pena. Sonato la campana, le genti circustanti e quelli che venuti erano al mercato divotamente stenno a udire la predica.

Frate Calandrino, che sapea l’arte della birba, doppo il predicare disse che si facesse bene alla badia di Valombrosa, ma ben dicea: «Se fusse alcuno uomo che avesse ucciso alcuno suo compare, non faccia limosina; e simile, se neuna donna avesse morto o compare o commare, non faccia limosina, però che l’abate non l’aciterà». Ditto questa parola, ognuno fe’ offerta in quantità; alla quale offerta fu Bontura figliuola di Narda ostiera, e dèlli uno tovagliuolo da volto dicendo che quello mettesse alla faccia di Nostra Donna a Valembrosa. E una sorella della ditta Narda offerse uno tovaglione grande da stufa, dicendo che quello offería all’abate acciò che i preti di quel luogo si possino asciugare quando sono lavati per andare a dire l’officio divino.

Tornato frate Calandrino allo ostello con molti denari panno lino e biada et altre cose, disse a Narda: «Pàrti che possiamo godere?» Narda, che sì vede guadagnare: «Voi potete ben spendere al buon guadagno faite». E così la mezedima si diè buon tempo tutto ’l dì.

La sera giunseno, quasi in sulla cena, del mese di magio, due meretrici e belle e giovane, le quali andavano al bagno a Corsena. E giunte a l’albergo di Giovannetto dove era frate Calandrino volendo bere per caminare al bagno dove pensavano trovare guadagno, frate Calandrino, che avea già fatto aparecchiare di buoni capponi per cenare, vedendo quelle fanciulle disse loro se la sera volessero quine riposare che volentieri le riceverè’ per la loro [p. 235 modifica]bellezza a cena et anco ad albergo. Coloro disseno: «Noi siamo <contente>».

E restate, frate Calandrino afretta che la cena fusse aparecchiata. Et aparecchiata la cena, cenarono. E poi lo benedetto frate, ricordandosi di san Grigorio che tra du’ giacea, disse a Narda: «Io come spirituale persona vo’ stasera costoro meco inne’ letto dormano, per ii rispetti: l’uno si è perch’è limosina d’albergare il povero, e costoro son povere, che non hanno casa; l’altra, per carità, ch’è bene, se io potesse convertirle, a usare di questa misericordia». Narda disse: «Ben fate, ma credo che pogo vi ubidiranno». Lo frate disse: «Io farò quanto potrò, poi facciano quello vogliano». E menòle in camera: e lui entrato innel letto, nel mezzo si puose avendone ii d’intorno.

Narda ostessa, che ha veduto il frate con quanta carità ha coloro ricevute et udito per che cagione l’ha seco innel letto messe, parendoli meraviglia disse: «Per certo io saprò l’opere di costui». E perché il suo letto era solo d’una taula diviso dal suo, stando in niscolto udiva tutto. E come posta si fu a udire, disse il frate a quella più di tempo: «Io vo’ sapere come hai imparato l’arte che meni tanto tempo: quanto innel luogo comune se’ stata?» Ella disse: «Provate, frate, e vedrete se io hoe perduto il tempo mio». Frate Calandrino montò a bestia e di buona soma la caricò perch’era grasso. E disposto la soma, disse: «Per certo tu hai bene speso il tempo tuo, però che ben sai l’arte che più di c tuoi pari che provate ho». E voltosi alla più giovana, disse: «A te non si richiede saper tanto quanto a questa ch’è più di tempo di te». Lei rispuose: «Frate, alcuna volta le giovane sanno di questo fatto meglio che le vecchie». Frate Calandrino disse: «Ben vo’ provare». E saglitogli in sul corpo e la bestia menando talora con mano e talora col piè, giunse al suo disiato luogo. Lo frate disse: «Io per me non saprei dicernere qual di voi fusse meglio amaestrata, di vero ciascuna è buona e perfetta. Omai diamo a dormire, e prima che di qui ci partiamo, determineremo un’altra volta la quistione».

Narda, che udiva, talora isbavigliando udendo e sentendo quello che ’l frate con quelle du’ faceano, sentendo dover dormire, [p. 236 modifica]a dormir si puose disposta di tutto sentire. E passato il tempo del dormire, frate Calandrino, vedendo già il lume chiaro, di nuovo le ripascéo della vivanda malcotta. E levatosi Narda e tutto sentito, volse vedere che modo tenea il frate a mandarle via. E udendo dire alla prima: «Io sento che andate al bagno: io voglio che abi questo bello tovagliuolo il quale una giovana mi diè, acciò che quando ti lavassi la faccia tu e tua compagna per parere più bella al bagno vi possiate asciugare. E a te do questo tovaglione, che quando arete servito altri come avete servito me <e> per star nette enterete innel bagno, e con questo tovaglione v’asciugherete quel dolce fiore che tra le cosce portate»; Narda, che tutto ode, disse fra sé: «Costui è frate da comunicar vacche!» E pensò alla figliuola et alla soro dir quello che fatto avea de’ tovagliuoli dati; e simile pensò al frate dire alquante parole di vergogna.

Le giovanette partite, lo frate rimaso, Narda subito la mattina alla figliuola et alla soro disse a chi il frate avea dati i tovagliuoli. Or loro confuse, Narda tornata a casa e già ora di desnare, desnando insieme lo marito e ’l frate et ella, disse Narda: «O frate, prima che io vi desse denari né cosa del mondo, considerato quello che io so di voi, io mi lasserei innanti ardere». Lo frate disse: «Odi, Narda, et io metterò teco una buona cena di ii capponi che se verrai a udire la mia predica, che tu mi darai limosina; e se non me la dai, io vo’ pagare ii cene». Narda disse: «Io sono contenta, ma io ti dico che non vo’ esser sforzata». Lo frate dice: «Io sono contento, ma tu mi prometterai di non partire infine a tanto che io arò tutta la mia predica ditta». E così ciascuno promisse, e Giovannetto fu pagatore della moglie e del frate, dando l’ordine che domenica mattina se ne faccia la prova.

Venuta la domenica, sonata la campana per la predica, le genti venute, tante che tutto ’l mercato coprìano, lo frate predica. Et ultimamente, venendo alla lemosina, disse che li omini stessero diseperati dalle donne; e così fu. E messo uno tappeto in terra, disse: «A chi vuol far limosina alla badia di Valembrosa si dica quello che altra volta si disse; e più, dirò che qualunqua donna avesse fatto fallo al suo marito, che non dia limosina però che ’l [p. 237 modifica]santo abate non l’acetterè’». Le donne, come sentinno tal parola, chi non avea denari si levava la benda di capo et in sul tappeto la gittava.

Narda, che vede a furia le femmine dare offerta, dice fra se medesma: «Se io non offerisco (perdo il mio onore, se io offerisco) perdo la cena». E deliberato pure l’offerire, si misse mano alla borsa e trassene uno denaio, e quasi fu la deretana, e offerse. Lo frate disse: «Tu l’hai <perduta>». Racolto la robba e tornato all’ostello, Narda disse: «Per certo omai vi cognosco». <Disse lo frate>: «Questa cena serà omai la migliore che mai io facesse».

E da quell’ora innanti, mai a sì fatti frati Narda non diè né consigliò che altri desse, ma il contrario sempre fe’.

Ex.º lii.