Novelle (Sercambi)/Novella L

Novella L

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Novella XLVIIII Novella LI
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L


L>a giusta vendetta per Vergilio fatta ha molto consolata la brigata intanto che tutta la notte senza dar volta dormirono. La mattina levati, il preposto al suo exercizio colli altri dienno luogo fine a sera. E veduto il preposto li artifici d’ogni mestieri, e tanti che li parea che mai quello che colle lor mani facceano a tutto ’l mondo fusse vastevole, e sopra questo molto pensando, andava immaginando quello dovea esser Roma di tali arti quando facea più di c migliaia d’uomini da cavallo e du’ tanto per popolo, stimando l’altra parte del mondo non esser di tanti artifici ripiena.

E in su tali ragionamenti venne l’ora della cena: le mense poste, la brigata a sedere asettata, le vivande buone, la volontà del mangiare migliore, con gran piacere cenarono. E cenato, il preposto parlò dicendo: «Oh, quanto dé esser contento colui che colle suoi braccia guadagna la sua vita e della sua famiglia meglio che quelli che del sudore de li altri si pascano! Per certo io ho considerato oggi li artefici di Roma, e di vero io veggo loro allegri più che altre generazioni di genti che veduti ci abia; e non penso che questo avegna per molta robba che eliino abiano, né per stato né per vanagloria, ma io stimo, e così è, che loro non hanno a fare ragione con Dio di loro arti, ma col poco si contentano». E voltosi a l’altore comandandoli che una novella per la sera dica sperando al partire di Roma a poghi dì, l’altore ubidendo disse: [p. 221 modifica]


DE PRUDENTIA IN CONSILIS

<Di> monna Cicogna, che lo figliuolo andò col padre in
consiglio


N>el tempo che Roma reggeva a senato, prima che altra legge si facesse, quelli che erano di consiglio menavano quando erano richiesti a’ consigli li loro figliuoli piccoli per vezzi, come molti matti oggi fanno che vorenno che uno suo figliuolo di iii o iiii anni stia in banca a sedere con omini vecchi (e quanti ne sono stati e sono innella nostra città di Lucca che a ugni ora quando seranno richiesti in palagio a stretti consigli vi menano uno fanciullo che dirà: «Babbo, io vo’ cacare». Et essendo il padre al consiglio stretto dirà: «Aspettate fine che io ho menato a cacare il mio figliuolo». E per questo modo i comuni sono consigliati!).

Divenne, uno Romano nomato Simone avendo uno suo figliuolo nomato Merlino, auto di una sua donna nomata madonna Cicogna, la quale di continuo dal figliuolo volea sapere quello che inne’ consigli di Roma s’era fatto, lo fanciullo tutto dicea. Avenne un giorno che ’l ditto Simone fu richiesto per istretto consiglio fusse a palagio. Simone con Merlino suo figliuolo andò al consiglio, e quine praticato alcuna cosa molto stretta, fu per lo senato ordinato, acciò che spandere tal secreto non si potesse, che ognuno giurasse sotto pena della testa che il consiglio non si apaleserè’; e tal sacramento fu dato al padre di Merlino. Merlino fanciullo, udendo il comandamento e vedendo il sacramento fatto, subito si puose in cuore di non dirlo alla madre.

E licenziato il consiglio e Merlino tornato a casa, madonna Cicogna sua madre domandando Merlino che s’era fatto in consiglio, Merlino dice: «Madre, e’ non s’osa dire». La madre disse: «Io lo vo’ da te sapere». Merlino dice: «Madre, non vogliate sapere, però che a mio padre è stato dato in sacramento sotto pena della testa che il consiglio non si apalesi. E pertanto io non vel direi mai». Madonna Cicogna, che hae la volontà bestiale, disse: «O tu me lo di’ o io ti batterò per modo mel dirai». Merlino disse: «Madre, voi dovreste amare la vita di Simone vostro marito. [p. 222 modifica]Per certo se questo consiglio s’apalesa, lui è condannato alla morte; e pertanto io non vel direi».

Monna Cicogna, che poco si cura del marito, per adempiere il suo desìo prese Merlino e con una isferza lo batte; e niente da lui può sapere. Ultimamente, vedendo monna Cicogna che per quel battere non potea sapere il consiglio, spogliando il figliuolo, dicendo: «O io t’ucciderò o tu il consiglio mi dirai»; e cominciòlo a battere fortemente. Lo fanciullo sostiene. Monna Cicogna non resta, ma multiplicando tanto ch’e’ sangue per tutto versa, dicendoli: «Io ti convegno uccidere»; Merlino, che non può più sostenere, dice «Madre mia, poi che io veggo la vostra volontà, vi prego che per amor del mio padre non dobbiate il consiglio appalesare et io vel diròe». E la madre dice: «Dìmelo». Merlino savio dice: «Madonna, il senato ha deliberato che ogni Romano debba prendere tre mogli per multiplicare il popolo. Ben vi dico che questo tegnate secreto».

La Cicogna, come più tosto potéo ritrovatasi con molte cicognine, tale consiglio narrò. E tanto fu lo dire che più di vi mila donne insieme si trovarono deliberando andare al sanato e dire che tal consiglio non piacea loro. E così insieme al sanato n’andarono e fenno madonna Cicogna capovana d’andare come maestra dinanti al sanato; e così, in torma come le pecore senz’ordine, quelle cicognine seguitando la cicogna magiore.

Giunte le donne romane al palagio del sanato di Roma, mandonno a dire che voleano al consiglio parlare. Essendo già comossa tutta Roma, omini e donne, per sentire quello che volea dire lo raunamento che fatto avea madonna la Cicogna coll’altre cicognine, giunto il consiglio in palagio, e Simone marito di monna Cicogna disse: «O senato, che vuol dir questo?» Il senato e l’altro consiglio disseno: «Noi non sappiamo»; e raunato il consiglio, deliberonno mandare a dire a quelle smemorate che a piè del palagio gridavano d’esser udite.

Et andato uno cancellieri a dire loro quello voleano, disse la maestra delle poco savie: «Noi vogliamo sapere se il senato e ’l suo consiglio ha fatto legge che debia esser nostro danno, e vogliamo sapere perché». Lo cancillieri, avuto la imbasciata, et [p. 223 modifica]al sanato et al consiglio disse quello che le donne poco savie romane aveano chiesto. <Il sanato e ’l consiglio> disseno che per loro si mandasse. E così il cancellieri andò a loro e disse che al sanato andassero a dire la loro ragione e che volentieri seranno udite: «Ma perché nel palagio non potreste capere, tanto sete quelle che la volontà più che la ragione v’ha mosse, che bene è che alquante ne lassiate collo errore loro che non vegnano». Monna Cicogna disse: «Voi dite bene»; et elesse quelle che come lei aveano il cuore magno a potere non che uno uomo saziare ma molti non vastarè’ loro.

E con ardore giunseno al sanato et al consiglio, dicendo prima madonna Cicogna e poi raffermando l’altre in questo modo: «Sanato e voi del consiglio, a noi è venuto a notizia che non molti giorni è che ordinaste in consiglio che ciascuno Romano possa e debia prendere iii mogli, qual più li piace. E pertanto noi a questo consiglio non fummo richieste e però la legge fatta non vale. E se pur voleste udir le ragioni, vi dichiamo che non tanti omini Rom’ha che la sesta parte delle donne romane contentassero loro voluntà, et anco le donne pasciute non si sarenno. E pertanto vi dichiamo che se i nostri mariti desiderano aver in mogli e di questo non ne sanno rendere ragione, ora che siamo innel consiglio dichiamo che a noi ne siano tanti conceduti di mariti che abastanza ci abbiano contente. E per questo modo crescerete Roma di gente d’arme più che se’ nostri mariti prendesseno iii mogli per ciascuno».

Lo sanato e ’l consiglio, udendo perché le donne romane aveano fatto tale raunamento et udendo dire che di ciò per lo sanato s’era deliberato, volendo sapere onde questo era venuto, rivoltosi a monna Cicogna, dissero che ’l consiglio volea sapere da lei onde aveano che tal consiglio era stato fatto, meravigliandosi che lei tal consiglio possa avere saputo. Monna Cicogna dice: «Merlino mio figliuolo l’ha ditto». Il sanato e ’l consiglio, stretti insieme con Simone padre di Merlino, dicendo che volea dir questo, Simone dice niente sapere, ma mandisi per Merlino e tutto dirà. Lo senato subito mandò per Merlino, che il giorno per esser ito [p. 224 modifica]alla scuola il padre al consiglio non l’avea menato. E questo fue perché tal consiglio non fu con ordine.

Venuto Merlino al sanato et al consiglio e dittoli quello che la madre avea ditto de’ mariti tre, Merlino ridendo disse: «Io vi dirò tutto». E racontò al senato che la madre volea che a lei dicesse quello che in nel consiglio era fatto: «E doppo molte battiture e sangue versato, vedendo la sua volontà, per non apalesare il vostro segreto diliberai dire ch’era deliberato che ogni Romano tre moglie potesse prendere, impromettendomi di non dirlo a persona. Et ora veggo ch’ella a tutto Roma l’ha palesato. Non che in Roma, ma a tutto ’l mondo mia madre l’arè’ fatto palese».

Lo senato udendo il savio Merlino e saputo la ragione, in presenzia di quelle mattacce dissero: «E noi deliberiamo che non più <di> una se ne possa tenere; perché veggiamo che mal se ne con tenta una, mal se ne contenterè’ tre». Le donne gridarono: «Voi dite vero e ciascuna di noi tutto ’l dì il prova, ché i nostri mariti al x non ci contentano, e per altro modo ci convien talora di vivande strane l’apetito <saziare>».

Partite le cicogne romane contente, rimaso el senato e ’l consiglio, disseno: «O consiglieri e voi savi Romani, quanta confusione ha riceuto oggi Roma, e solo per apalesare alle donne le cose secrete! E pertanto è bene che s’ordini che innel consiglio neuno entrar possa né esser menato se tale non fusse richiesto. Ma perché Merlino è stato savio et ha sostenuto tormento per salvare l’onore del senato, dico che sempre in ogni ora Merlino possa senza esser richiesto inne’ consigli intrare, e a tutti li altri sia espresso comandamento di non intrare».

E così si fermò che neuno il quale non fusse richiesto al consiglio in quello entrar non potesse, salvo Merlino.

Ex.º l.