Novelle (Brevio)/Al lettore
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DIONISIO PEDAGOGO
AL LETTORE.
Que’ libri che a un tempo contentano il desiderio degli studiosi, e confortano la noja de’ disoccupati, sono sempre così diligentemente riprodotti per mezzo delle stampe, ch’egli è da maravigliare come niuno pensasse mai ad offerire al pubblico una nuova edizione delle Novelle del Brevio, venute in luce una sola volta l’anno 15451. E sì che il Brevio non è l’ultimo de novellatori; e fu uomo di non mezzane lettere; e a’ suoi dì in molto pregio avuto dal Berni, dal Casa, dal Bembo, dal Guidiccioni, e perfino da quel solenne disprezzatore di tutti, Pietro Aretino. Vero è che di lui non ragionarono nè il Tiraboschi, nè il Corniani: ma forse que’ gravi e timorati uomini, poichè videro essere il Brevio presso che dimenticato, non vollero, rimettendolo in grido, crescere con iscandalo altrui il novero de prelati poco onesti. Sì bene io stupisco come di lui abbia voluto tacere quell’ab. Cardella che ultimo compendiò la storia dell’italiana letteratura; perchè sendo ei cosi spasimato delle Novelle del Batachi e del Casti, avrebbe trovato, per la prossimità degli argomenti, molto da commendare anche nel Brevio; e sarebbe stato per avventura sorpreso da quelle stesse illusioni che parer gli facevano d’assistere alle scene descritte da que’ due novellieri dilettissimi suoi.
Ma quell’eruditissimo e pazientissimo ingegno del Mazzucchelli (e dio voglia che i dotti dell’Ateneo di Brescia traggano a termine l’opera di lui, e ch’abbiano omeri da sì grave carico), quell’erudito ingegno, io dico, del Mazzucchelli raccolse già tutto quanto sapere potè del Brevio2 Il quale fu cittadino viniziano, e fiorì intorno alla metà del secolo XVI. Vuolsi ancora ch’ei fosse canonico di Ceneda, e gran cortigiano. Volgarizzò un’Orazione d’Isocrate, quella del Governo de’ Regni a Nicocle re di Cipri, che fu più volte stampata. Sue Poesie e sue Lettere leggonsi sparse in varie Raccolte. Ma l’opera sua, se non migliore, certo per l’utilità dell’argomento più desiderabile, rimase finora inedita; la quale è un Trattato della creanza de’ Prelati: e Pietro Aretino, uomo saputo in questo materie e desideroso dell’emenda del prossimo, sollecitava con ogni stimolo il Brevio perchè la volesse pubblicare. Ove piaccia alla fortuna che quel manuscritto mi venga alle mani, io mi farò stretta coscienza di offerirtelo, o lettore; se non che forse v’ebbero tali, cui tornò utile che il fuoco lo consumasse.
Troverai fra queste Novelle anche quella piacevolissima di Belfagor arcidiavolo, che certamente avrai letta fra l’opere del Machiavelli. E fu già quistione a qual dei due fosse da aggiudicare così faceta invenzione. Certo è che quella del Segretario fiorentino non venne in luce se non quattro anni dopo la stampa delle Novelle del Brevio; per lo che non può costui essere manifestamente incolpato di plagio. Ma di vero nè il Machiavelli la tolse al Brevio; però che servasi della sua l’autografo in un codice della Magliabecchiana (n.º 335); forse veduto dal Giunti quando nel 1549 stampando la Novella del Machiavelli disse, di volerla restituire al fattor suo. Oltrechè il Machiavelli era morto intorno a diciotto anni prima che il Brevio pubblicasse quel suo opuscolo: non un solo anno, come dice Apostolo Zeno, e il Mazzucchelli troppo confidentemente riporta. Anche il Ginguenè volle cimentarsi in tanta contesa (però che gli stranieri invaniscono di poter mostrare ch’e’ videro addentro le cose della nostra letteratura meglio che noi medesimi), e asseri che il Doni aveva difinita la disputa, e rivendicato la novella del Belfagor al Machiavelli. Ma chi legga quelle parole del Doni vedrà che nè al Viniziano nè al Fiorentino ei la volle accordare; ma piuttosto dare ad intendere che fosse sua propria: simile a quel re della favola che voleva per sè le più grasse provincie, lasciando agli altri i pericoli e la gloria della conquista. Anche lo Straparola profittò della lite, e pose con alcun mutamento allo stile cotesta novella fra le sue. Il Sansovino pure la raffazzonò al modo suo, e posela fra le Cento Novelle stampate il 1561: fu però tolta dall’edizione del seguente anno. Egli è possibile che il Brevio vedesse il manuscritto del Machiavelli, e sperandosi forse che non si tosto sarebbe pubblicato, volesse trarne una lode per sè; ed io sarei più profano dello Zeno, il quale non poteva sospettare il Brevio capace di plagio per essere lui Prelato nella Corte Romana. Ancora egli è possibile (poichè infine le ragioni che hanno suggerita questa novella sono vecchie quanto le nozze de due primi parenti) che sì il Brevio come il Machiavelli togliessero a raccontare una fola che correva per le bocche del volgo. Il che, al nostro avviso, può essere perdonato al Machiavelli, il quale aveva moglie, e, com’altri crede, sviata; ma non può essere perdonato al Brevio che era prete; e a lui per avventura sarebbe doluto se manco mariti fossero venuti a casa il diavolo per li dispetti della moglie.
Che che vogliasi credere, tu leggila per tuo diporto; ma se tu sei accasato non la raccontare, nè la leggere alla donna tua, perchè è contro gentilezza usare malignità verso chi n’è paruta degna di partecipare ai beni ed ai mali della nostra povera vita.
Sopra tutto poni ben mente ch’io non ti do queste Novelle, affinchè tu profitti de scurili argomenti onde sono intessute, per isfiorare il pudore dagli animi giovanili e fare fascino all’innocenza; ma solo per soddisfare all’amor tuo verso il bello nostro idioma, eper darti un libretto accomodato al tenore di vita che a te e a tutti del BEL PAESE è pur forza condurre. E qual altro libro poteva essere più acconcio a miei cittadini di un libro di Novelle? Doveva io dar loro ammaestramenti morali? Ma gl’Italiani sono già da assai tempo specchio di morali virtù, e segnatamente di pazienza. Offerir loro massime di mesta politica? Ma a taluno pare che ciò sarebbe come concedere a Ferraù la bella Climene dopo che Rinaldo ebbegli fatto quel brutto sfregio. Forse tu avresti desiderato Istorie, o ch’io tifacessi volgare qualche nervoso libro straniero; ma cotali opere, o mię benvoluto, ti terrebbono troppo desto, e tu hai bisogno di dormire. Chiudi dunque gli occhi, e quando ti è pur forza di tenerli aperti, girali su queste innocue facezie; il che sarà di spasso a te, e di pericolo a niuno.