Giovanni Brevio

XVI secolo novelle Letteratura Novelle Intestazione 25 novembre 2011 25% Da definire


pagina 1:

M. Ermete Bentivogli innamorato di monna Camilla de' Garisendi, dopo averla lungamente amata, non giovandogli molte prodezze per lei fatte, trovatala una sera a caso ad una festa , con nuova arte induce lei acconsentire alle voglie sue.

Chiarito malagevole sia, gentili et amorose donne , il difendersi dalle tentazioni carnali, in una novella mi piace di raccontarvi : acciò che per lo innanzi più arrendevoli siate alla battaglie de' vostri fedeli et valorosi amanti , non aspettando che il diavolo vi tolga il lume dell' intelletto : sperando nell' infinita misericordia di colui, il quale con infallibile raggio ne fu creatore dell' universo: avendo per costante the egli non sia tanto severo et crudele, quanto dicono i frati ; i quali con molto sudore •' affaticano in confortare altrui, a far quello che eglino con ogni studio procacciano di non fare. Non dico già che il peccare meriti essere lodato ; ma si dico io bene quel peccato esser più degno di iscusazione et di per Sono, al qual meno si può contrastare. Et chi negherà Io stimolo della carne , chiamato da San Paolo l'Angelo di Satanasso, non esser più potente et più fiero d'ogni altro ? et il peccato per lui commesso, non come gli altri peccati fanno, penitenza, dolore , infamia, noja et molie volte la vituperosa morte arrecare, ma infinito diletto et dolcezza estrema apportare? Quelli nimici più malagevoti sono da esser fuggiti, che più forti sono, et che più vicini ci stanno: et qual nimico è più forte et a noi più presso sta di questo ? Certo nessuno ; esso •i sta giorno et notte con esso noi, et non solo nelle letta, nelle camere et alle tavole , ma nelle piazze , nelle chiese , nel mare , nelle fortune et pericoli , nelle infirmiia et nella morte istessa. Ottre a ciò tante et tali sono le insidie del lusinghevole amore, che impossibile é il poter resistere alle forze sue. Esso vi combatte in vari modi, ora rappresentando a' dolcissimi occhi vostri un giovane di vago et delicato aspetto, ora un uomo robusto et forte, talora alle castissime orecchie vostre pervenire facendo il nome d'un fedele et valoroso amante, et alle volte d'un gagliardo et leggiadro cavaliere ; et a quelle, che più dure et più rubelle gli sono , in altra forma mostrandoti, come nella presente novella vi fia mostrato. Onde debbiamo credere il peccato della carne appresso Dio esser più degno di mercè d' ogni altro, et forse, come dicono li Franceschi , che e', non sia nel numero de' peccati mortali.

Fu adunque in Bologna un gentile uomo de' Bentivogli, chiamato messer Ermete, gagliardo et valoroso molto, il quale essendo innamorato d'una bella et vaga donna, lungo tempo ogni opera fece, che a gentile et prode cavaliere s' appartenga di fare, per acquistare la grazia di lei : ma tutto in vano. Onde egli quasi disperata impresa parendogli avere alle mani, del tutto se ne levò, et a cacciare , a giurare , ad uccellare et ad altri piaceri si diede , sperando per quella via poter la noia et la passione d' amore levarsi d'addosso. Ora avvenne, colà di gennaio essendo , che in casa de' Pepoli una sera si fece una bella festa et onorevole molto r alla quale essendo ite messer Ermete, per avventura vi trovò monna Camilla de' Garisendi, che cosi aveva nome la donna che egli amava : perchè tutto sentendosi mutare, et in lui un cotale spiritello d' amore svegliandosi, dopo averla alquanto amorosamente gfetata, et gli occhi suoi con gli occhi di lei più volte essendosi incontrati, di nuovo fuoco racceso, deliberò di danzar con esso lei : et là, dove ella sedeva, andatosene, fattale una bella riverenza, lei a ballare invitò. Monna Camilla , che tutto quel tempo veduto non l’ aveva , tutta nei volto cambiatasi, graziosamente levatasi, a ballar con esso lui cominciò. A messer Ermete, tuttavia ballando , andavano molie cose per la mente ; ricordavasi le ambasciate fattele fare, le promesse , le giostre et prodezze per amor di lei fatte ; onde soavemente et dolcemente mirandola, ut appresso la bella et delicata mano stringendole , et ella altresì mirando et strignemio lui, sì andò la cosa, che tale si rizzò, che si stava a giacere : perchè avendo ben considerato le cose da luì per addietro per amor di lei fatte niente avergli giovate , prese per partito di tentar quella via che non mai o rade volte suole fallire, come che le donne tutte per esser buone et sante reputate se ne facciano schife, et ne siano, come gli asin dei popponi: perchè accortamente messole in mano messer Cresci, quella con la sua per buona pezza tenne stretta. La donna tutta arrossita non poteva et non ardiva lasciarlo per tema di non essere scoperta; et sentendolo sodo et bene ad ordine , quasi che di soverchia dolcezza non isvenne. Messer Ermete accortosi che a monna Camilla piaceva il lavorio, a' fatti aggiunse le parole , et dopo averle ricordato la lunga sua servitù , et lo ardentissimo amore, che egli portato le aveva, umilmente la pregò che lui per suo amadore accettasse. Monna Camilla, la quale s' aveva posto in cuore di non consentirgli giammai, dalle dolcissime parole di M. Ermete pietosa fatta , promise di farlo contento ; et posto ordine di trovarsi insieme il giorno seguente in casa A' una lor comare, cosi fecero , ove beta» mente et dolcemente per gran pezza goderono del loro amore , avendosi ben mille volte monna Camilla pentita d'essergli stata per lo passato ai crudele. Et essendo l’ ora oggi mai tarda, posto tra loro ordine come per P avvenire avessero a darsi bel tempo, M. Ermete si parti. La comare , che molte volte lungo tempo aveva pregata monna Camilla che consentisse alle voglie di M. Ermete, et avevala sempre trovata dura et ostinata, volle intender da lei chi loro avesse cosi accordati : alla quale monna Camilla , mandato fuori un grande sospiro, altro non rispose, se non : comar mia, il diavol m'ha accecata : et volendo ella intender chi questo diavolo stato fosse , intieramente tutto il fatlo le narrò. Perchè il giorno seguente la comare, come le donne fanno, ad una altra sua comare lo disse, et quella ad un' altra , in maniera che in pochi di ne fu ripiena tutta Bologna di questo diavolo ; et tra le donne ne nacque un proverbio ; il quale gran tempo da altri che da loro non fu inteso , ne si sarebbe per avventura ancora scoperto , se questo carnasciale pas sato M. Giulio de' Carbone»! non ne fosse stato cagione ; il quale ad una festa in casa del cavaliere de' Catanei volle, ballando con monna Lucrezia de' Conti di Canedolo, che '1 diavolo l'accecasse ; di che ella acr cortasi, la mano tirata a sè, finito '1 ballo a sedere andatasi, quella sera più non volle ballare. Et essendo oonvitata , presente il marito, per la seguente sera, con rigida viso negò d' andarvi. Onde essendo dal marito dimandata per che cagione andar non vi volesse, la cosa tutta gli raccontò. Il marito, che '1 più avveduto nomo del mondo non era, non sapendo forse quanto mal sicuro sia il mostrar V ossa a' cani, volle che ella v' andasse ; et datole uno anello , nel quale era legato un diamante in punta , le commise che se M. Giulio la mazza dalle mele in mano le ponesse, ella, volto l'anello con la punta verso la palma , quella strignesse senza rispetto alcuno ; perciocchè egli con molti de' suoi parenti et amici vi sarebbe, et non si dubitasse di cosa veruna* Andata dunque M. Lucrezia alla festa, et cedendola Messer Gialio tutta bella et gio [ocr errors]

Iosa, dopo averla alquanto vagheggiata , facendosi a credere ch' ella s! morisse di voglia di danzar con esso lui, come quella che maliziosamente ne' sembianti lo mostrava , a ballar la invitò : et quando tempo gli parve, in mano le misse il diavolo: Monna Lucrezia, secondo l’ ordine del marito , volto l’ anello , la mano strinse et tirò a sè in modo , che per la pena , la quale in quelle parti è intollerabile, M. Giulio tramortito cadde. Per lo quale accidente la festa turbata , et intesa la cagione , monna Giulia de' Marascotti voltasi alle compagne , disse : alla buona , che monna Lucrezia non s' è voluta lasciar accecar dal diavolo. Questa parola udita fu da molti giovani che d' intorno alle donne stavano , i quali per addietro mai non l’ avevano intesa , come che gran voglia ne avessero : dì che tra loro ne fu riso molto : et essendo la festa finita, tutti a casa se ne andarono, fuori che M. Giulio, il quale. •1 per lo dolore , come eziandio per tema del marito et de' parenti di monna Lucrezia, portato entro una camera; nel letto fu posto; ne di quella casa sì parti, se non dopo faita la pace. Monna Lucrezia , a cui pareva una bella opera aver fatta, (u da tutte le savie donne tenuta pazza. Adunque, donne mie rare, non aspettando che il diavoi vi aceiechi, graziosamente vi farete incontro agli amanti vostri, quegli amorosi piaceri pigliando che la benigna fortuna vi mette [ocr errors]

NOVELLA I,X

M'esser Antonio Bagaroto ama monna Lucrezia , la quale di lui non cu• rancio, con uno amico del detto Af. Antonio segretamente del loro amore si gode : finalmente per mezzo del detto amico è posto in grazia di lei, et ne divenne possessore.

Nob ilissime et graziosissime donne, non è dubbio alcuno che se alle leggi amorose riguardar vorremo , conosceremo quelle essere tali et di tanta potenza, che non solamente quelle dell'amistà, ma molte volte le divine rompono : onde io estimo che siccome infinite sono le insidie dello ingannevole amore, cosi senza fine meritino esser lodati coloro, i quali rielle fiamme sue strabocchevolmente caduti col freno della ragione , le santissime leggi dell' amicizia osservando, hanno i loro focosi desideri et non sani pensieri temperati : il che come un gentile et valoroso giovane , ardentissimamente amando , facesse , intendo di raccontarvi.

in Padova, antichissima et nobilissima «I •

città, fu già un cavaliere per virtù et nobiltà di sangue riguardevole molto ; il quale giovane et ricco essendo, quasi tutto '1 suo in cortesia, in donare et mettere tavola splendidamente spendeva. Ora avvenne che «gli dello amore d' una bellissima donna vedova fieramente s' accese : la quale perciocchè giovane multo il vedeva, poco di lui le caleva ; ma cauta et accorta molto essendo, con un grande amico di iui, gentile uomo Vicentino, che M. Vincenzo da Schio era detto , segretamente si sollazzava: non essendo del loro amore consapevole persona alcuna . fuori che una sua fante et un compagno dello Schio. 11 cavaliere dopo lo aver più modi et vie di acquistar la grazia di lei ternate in vano, male dello amore della donna cambiato veggendosi, viveva il più dolente uomo del mondo,; onde avvenne che una sera, di state estendo , non curandosi egli si per lo caldo, •che grandissimo era, sì eziandio per la pascione che «gli mentiva , di girsene al letto, postosi nella corte della casa sua a .sedere., sopra l'amore di M. Lucrezia pro

fondamente pensando, ri venne inesser Lodovico cW conti di Panego , il quale perciocchè questo suo amore sapeva, et molto suo amico era, quivi veniva per racconsolarlo; et dopo l'avere alquanto de' suoi amori insieme ragionato, disse il conte: se voi, cavaliere , volete entrare in casa di M. Lucrezia, io vi ci condurrò et porrovvì dentro ; et come, disse il cavaliere, mi ci metterete ? Dirullovi, rispose il conte : passando io testè dinanzi alla casa di lei, et l’ uscio toccando, m' avvidi che non era colle chiavi serrato : onde a me dà il cuore «T entrarvi ; andianci , chi sa che ventura fia la nostra ? Che ci nocerà il tentare ? La fortuna le più delle volte è favorevole et aiutatrice degli audaci. Era il conte uno de' più leggiadri et gagliardi giovani di Padova, et appresso di chiaro ingegno , piacevole molto et costumato essendo, quasi tutto il tempo spendeva ne' fatti delle donne; ne v' era finestra o muro per alto che si fosse , che o con iscala di corda o con lancia egli su non vi salisse, nè uscio si ben serrato , pur che puntellato non fosse, I

che egli o con grimaldelli, o con trapani, O con altri simili stromenti , de' quali infinita copia sempre aveva per usare in simili accidenti, non aprisse. 11 cavaliere adunque piena fede prestando alle parole del conte, prode et valoroso uomo conoscendolo , in pie levatosi, presa una ranternuzza di quelle che si serrano in guisa che lume non rendono, passo passo ragionando verso la casa di monna Lucrezia presero il cammino ; et quivi giunti, avendo il conte con uno de' suoi ferri il saliscendo della porta le* vato , et quella aperta , entro se ne errarono , et prima bene spiato se nella entrata vi fosse persona, l'uscio serrato et lo chiavistello messovi , in sala se ne andarono ; nella qual pervenuti, videro entro un buco del muro , il qual molto grosso era , un lume ; et innanzi postavi una mezza pietra in maniera che '1 lume appena si vedeva. Il che vedendo il conte, che accorto et avveduto molto era, sospicò che in casa fosse, o dovesse venir chi che sia ; perchè mandato il cavaliere giù alla porta , gli commisse<che. egli attendesse,se vi venisse persona , o se udisse segno alcuno , et egli colla lanternuzza in sala rimasosi , con un de suoi ferri l'uscio d'una camera , che dirimpetto la scala era , aperto et entro passato, vide sopra il letto di quella tre persone che profondamente dormivano ; et queste erano due fanti di monna Lucrezia et uno uomo , che l’ una di quelle in braccio si teneva ; onde cheto cheto partitosi, ad un' altra camera se n' andò ; il cui uscio , che che si fosse la cagione , non potendo c sì di leggieri aprire, egli ebbe per costante quella esser la camera della donna ; perchè il desiderio d' entrarvi maggiore venendogli, et co' suoi ferri et colle ginocchia quanto più poteva pienanamente s'affacativa per aprirla. Il cavaliere, che giù alla porta per buona pezza avea -dimorato, già le cinque ore udite avendo 'dubitando no '1 giorno quivi lo cogliesse , -venuto in sala, et al conte accostatosi, lui .pregò che se n' andassero , et mentre che -egli lo sollecitava, avvenne che monna Lucrezia per lo frugar che '1 conte fatee-va all' uscio, si svegliò , et due volte • «5

schiaritasi, tacque : il che udendo colore -che di fuori erano , sperando lei tantosto dover venir ad aprir loro la camera, stette r cheti ; et dopo lo aver alquanto in vano aspettato, di nuovo l'uscio toccarono. La donna che altra porta, et con altri ferri frugar si sentiva , poco di loro curandosi , non si mosse : perchè temendo il cavaliere , come quegli che sommamente l’ amava , che essendo egli quivi da lei veduto , ella non s' adirasse, pregò il conte ad andarsene ; et così spenta la loro lanternuzza , le scale cominciarono a scendere : et appena al mezzo giunti essendo, il conte fermatosi disse : deh debbiamo noi andar senza nulla aver fatto ? Per certo gran vitupero fia il nostro , se così se n' aneliamo : i.i, se a voi piace, poichè con monna Lucrezia non avete avuto ventura, sì provarò io la mia con una delle fanti. Il cavaliere , come che mal volentieri lo facesse, pure per compiacergli disse , eh' egli v' andasse che lo attenderebbe ; et ad una gianwettina ch' pgli aveva in mano appoggiamosi , appiè delle scale si mise a sedere, il come nella sala tornato , et nella camera entrato , al letto accostatosi, il braccio stendendo per metter la mano addosso ad una di loro , per 8 rte sopra il viso dell'uomo la pose ; il quale destatosi et quella prestamente presa, disse : compare , è egli otta d' andarsene ? Il conte dell' error suo avvedutosi , pianamente rispose : sì, compare, andiamo. Allora Camillo , che così si nominava colui, che colle fanti era nel letto , prese sue calze et giubbone , cominciò a vestirsi , aspettandolo il conte che di conoscer chi egli fosse desiderava. Dall' altra parte lo Schio, che con monna Lucrezia era, avendo due volie udito toccar l’ uscio delia camera, facendosi a creder quello essere stato Camillo che chiamato l’ avesse , perchè se n' andassero , già ad ordine postosi , presa con un, dolce back» licenzia , dalla donna sua si partì ; et dinanzi alla camera delle fanti passando, et quella aperta vedendo , estimando Camillo giù alla porta esser ito ad attenderlo, le scale cominciò a scendere , et quasi alla fine giunto, udì il cavaliere, che lui il conte esser credendo in pie si levava ; perchè egli disse : com. pare, sete voi costì ? Le qua! parole udendo il cavaliere, ricordandosi ch'egli et il conte non si chiamavano compare, et appresso quella non esser la voce del conte conoscendo , la punta della giannettina verso lui volta, disse : sì che io ci sono, vien giù. Perchè tuttavia scendendo lo Schio et al buio essendo, egli per sorte percosse col braccio ritto nella punta della giannettina; perchè punger sentendosi, volle gridare ; ma il cavaliere di ciò avvedutosi, disse che egli non gridasse, che lo ammazzerebbe. Onda lo Schio ciò udendo , dubitando non costui de' parenti della donna fosse, et d' esser quivi morto temendo, umilmente lo pregò che andar ne lo lasciasse. Il cavaliere allora chiaramente alla voce riconosciutolo , perciocché suo grandissimo amico era, per nome chiamatolo, disse che ei non temesse, perciocchè egli era Antonio Bagaroto suo amico ; et questo detto , strettamente s' abbracciarono, quivi facendo la più dolce pace del mondo. Lo Schio «he molte volte con monna Lucrezia dello amore del cavaliere ragionato aveva , sapendo quanto egli ardentemente l’ amava , et appresso da lei avendo inteso le giostre, r armeggiare , et le altre feste et prodezze per lui per amor di lei fatte, di lui che gentile et virtuoso cavaliere era, pietà prendendolo , volle allora allora nella camera di lei menamelo , promettendogli di giunta ch'egli per lo innanzi con esso lei non sì impaccerebbe giammai, anzi liberamente gliele lascierebbe godere. Il cavaliere ciò udendo, alle divine bellezze et a laudevoli costumi della donna pensando, et al desiderio ardentissimo ch' egli d'averla nelle braccia aveva, et alla ventura che la fortuna innanzi mandata gli aveva , considerando | M sentiva struggere, come la neve al sole, per la voglia ch' egli aveva d' andarvi , et più volte fu per accettar il partito : pure d' alto et nobile animo essendo , tutto in sè raccoltosi, i concupiscibili et torti appetiti alla ragione sommettendo, et sè medesimo vincendo, quelle grazie allo Schio che per lui maggiori si potevano, rendendo, ali non v'andare deliberò, sì veramente che egli contento che Io Schio alla partita sua di Padova, sapendo lui di breve doversene andare , gliele concedesse. La qual cosa lo Schio graziosamente promisse di fare, et dimandatolo se quivi solo fosse, et inteso esservi il conte di Panego, et essere andato alla camera delle fanti, temendo dello scandalo che agevolmente tra lui et Camillo nascer poteva , quanto piuttosto poterono amendui verso la camera s' avviarono. Camillo , il quale già vestitosi, et dalla innamorata Sua commiato preso, de' piaceri la sotte avuti col conte ragionando , le scale scendeva , uditi costoro che loro incontro venivano , fermatosi, et al conte voltosi, disse : Compare , odi tu quel che io ? Costoro che incontro nei vengono, per avventura saranno di famigliari di casa et ci scopriranno : però direi che noi addietro tornando per lo tetto n' andassimo. Il conte sapendo giù a terreno il cavaliere esser cimaso ad attenderlo , lui esser credendo , rispose : non temere compare, andiam pure. Camillo che già coloro avvicinarsi sentiva, presso che adirato voltossi per tornare addietro et disse : tu se' ostinato et pazzo, e' ci saranno testè addosso , i' me ne voglio andare : et partir volevasi ; ma il conte per la mano presolo, quella stretta tenendo, non Io lasciava. In questo sopraggiunto lo Schio et il cavaliere udendo lo bisbiglio che costoro facevano, disse Io Schio : Compare sta cheto, io sono lo Schio. Camillo ciò udendo et sognar parendogli, disse: come che tu sei lo Schio? Et se tu se' desso , chi è costui che vien meco, et hammi per la mano, et chi è teco ? Non ti curare , disse allora Io Schio, e' sono amici nostri, et tosto li conoscerai , et chetamente della casa usciti, al campo degli Eremitani se n'andarono; quivi sopra 1" erba fresca a seder postisi , lungamente de' loro amorosi diletti con gran piacere di tutti quattro, ma più dello Schio et di Camillo, che le loro donne avevano la notte in braccio tenute, ragionarono ; et già il nuovo giorno appressandosi , alli loro ragionamenti fin ponendo, chi qua et chi là, tutti alle loro case tornando, »' andarono a riposare. Lo Schio indi a

pochi dì , essendo dal padre chiamato, et la promessa al cavaliere attenere volendo, prima posto ordine con monna Lucrezia , come ciò slavesse a fare, lui nelle braccia di lei caramente coricò : la qual dolcemente abbracciandolo , di senno maturo et 9 alta speranza conoscendolo, tutto '1 tempo che egli stette in Padova , lietamente godette et ebbe caro ; che così Iddio faccia a me dell'amor mio godere. Frate "Niccolo predica alla Guardacciucila , vienegli rotto *l capo dagli abitanti di quella : et di morir dubitando , fa voto a Santo Antonio di Padova , et è liberato ; straccia le cappe et /asse prete.

Alla illustrissima signora Beatrice Pia degli OUzzi.

Lorenzo de' Medici, madonna Beatrice , il quale per la grandezza et infinite virtù sue meritò d'esser chiamato magnifico: titolo che a re, non ha guari di tempo , si soleva dare, come che oggidì, colpa del guasto mondo, infiniti et di quegli eziandio che di ben picciolo cominciamento sono , se ne siano fatti tiranni : pochi nondimeno essendo quegli, cui esso meritevolmente si convenga. Anzi tanto è ita l'ambizione de'mortali crescendo, che non pur questo , ma quello ancora del chiarissimo, dello illustre et illustrissimo, dello eccellente et eccellentissimo , et del reverendissimo altresì , non è chi si vergogni d' usurpare. Et hacci di quegli che

per avventura alle lettere vostre non faranno risposta, perchè nella soprascritta non averete dato loro titolo di chiarissimo, di illustre, o simili cose ; facendosi a credere d' esser tali, quali i titoli dagli ambiziosi et adulatori uomini loro dati li dimostrano. Ma riguardisi nelle loro opere, et apertamente vedrassi , come di gran lunga s'ingannino questi cotali. Ora per più lungamente non deviare dal proposito nostro , tornando là onde ci dipartimmo4 dico che Lorenzo de' Medici soleva talora per motteggio dire che gli uomini si dev<-ssero srhiftare dalia parte d' innanzi de' buoi, da quella di dietro de' muli , et dall' una et dall' altra de' frati. Perciò che i primi colle corna ferivano ; i secondi co' calci percolavano : i frati veramente colla lingua trafigge vano, colle mani rubavano et con altro facevano onta et vergogna : quello che con la parte di dietro si facessiro , m' è uscito di mente ; ma egli diceva pur cosi. Come adunque un frate da alcuni mugnai per avergli sino al vivo trafitti, bene pagato ne fosse, in una picciola novella mi piace di raccontarvi : alla qual venendo , dico che egli fu, non è ancora lungo tempo passato , un frate de' vostri Carpigiani dell' ordine dei Minori , giovane, et per avventura più ardito che scienziato, il quale di divenire un grande predicatore desiderando, prima per isgrossarsi una quaresima in una villa , un' altra in altra , come tutto dì veggiamo fare a' frati, predicando n' andava. Ora avvenne che essendo egli ito a predicare una quaresima alla Guardacciuola , villa posta sopra Po , più da mugnai che d' altra generazione abitata , venuto il santissima giorno della ressurrezione di Jesu Cristo , lume et salvezza de l’ universo , essendosi più volte il parocchi no, come quegli che la scellerata et disonesta vita de' suoi popolani odiava , seco doluto , che egli de'lor vizii , c< me si conveniva , lord sgridato non avesse, volendo il buon frate Niccolo , che così era detto il frate , soddisfare al Sere , acciocché alla partita sua egli una buona pietanza gli desse , prosata una sua favola il dopo desinare, tendati tutto il popolo nella chiesa ratinato , nel mezzo della predica quella rompendo, cosi loro a dire incominciò : divotissimi miei , perciocchè io vi veggio presso che tutti addormentati, o sia per lassezza d' animo per li digiuni et fatiche di questi giorni passati, o per la mutazion de' cibi , o forse, il che è più agevole a credere , per avere di soverchio mangiato et beuto ; io intendo con una piacevole novelletta ad un pari vostro già avvenuta , svegliarvi , et anche agli animi vostri qualche allegrezza recare , acciocchè , siccome venerdì passato per la passione et morte del figliuol di Dio v' affliggeste , cosi oggi per esser egli da morte a vita ressuscitato , vi consoliate. Dico adunque che egli fu, non ha gran tempo , in una villa simile a questa quasi tutta di mugnai , come voi siete piena, un buon uomo de' più vecchi del luogo , et di quegli cui voi le bisogne vostre mettete tra le mani. Il quale un giorno di domenica, sendosi tutti gli uomini della villa , per far il loro consiglio , sotto una fronzuta quercia ratinati, dopo spacciati

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loro affari, cosi loro disse : fralegli mici, io ho più volte voluto dirvi che noi gran senno faremo , se d' avere un santo dell' arte nostra procacciaremo. Io ho udito piuvicare al prete nostro et comandarci che noi festeggiare dobbiamo la festa di Santo Alò , che ferrava i buoi , i cavagli, gli asini , et quegli medicava : quella di Santo Uomo Buono , che fue sarto et faceva i farsetti a San Quintino , ne' quali egli diceva la messa; et altresì quella di Santo Cosimo et Damiano fratrgli, che erbolai furono. Ma che vo io raccontandogli minutamente ? Recandogli tutti in uno sino agli avvocati che sono i maggior ladri dei mondo , hanno Santo Ivone , il quale dicono che fue avvocato. Et de magnai che tanti sono stati et oggi siamo , per la cui arte gli altri uomini vivono, non v' ha santo veruno. Noi abbiamo testè Berto ruugnajo, il quale oltre che egli è vecchio molto et cagionevole della persona , egli cadde a questi di, come ognun di voi dee sapere , et ruppesi una coscia f onde per quello che m'ha dette il Pasino medico nostro, egli sì morrà ; perciò prima che egli si muoia , direi, che noi mandassimo supplicando al vescovo nostro, che egli fare ne lo voglia santo. Berto è stato un buon compagno et ha sempre vivuto bene alle spese degli amici suoi : oltre a ciò è stato de' più onorevoli del-i V arie nosira , destro et aitante della persona : et ricordami che egli portava due sacca di grano in collo ; onde io non dubito che '1 vescovo non ci conceda questa grazia ; et quando egli per amor di noi non lo v< glia fare , si gli doneremo per comune un vitello , et farà Ilo , come fece Biasio del Gallo, che gli donò un paio di capponi , et tue dispensato di potere ammogliarsi con la Rossa di Cecco dal Gallo* sua cugina carnale; et detto sin qui, si tacque. Al popolo tutto piacque molto il parlar di Malgragno , che così aveva nome quel buon vecchio. Perchè accostatisi al consiglio di lui , di pari volere deliberarono di mandare al vescovo loro ; et così fecero. Il vescovo, intesa la loro dimanda , fra -è. ^medesimo si sentiva quasi che »coppiar delle risa : pure con viso un cotai poco rigidetto disse che vi penserebbe. I mugnai, indovinandosi ciò esser avvenuto perciò che colle mani a cintola n' erano iti , dissero che gli donerebbono un vitello , et che egli facesse loro la grazia. H che "udendo messer lo vescovo, rispose che pregassero Iddio, che Berto morisse , che egli santo bene et volentieri Io farebbe. SI veramente che bisognava che dopo la morte di lui facessero fare un processo sopra la vita sua , et glielo portassero, et del rimanente lasciassero fare a Hui. Tornati adunque gli anibasciadori et al loro comune raccontato ciò che dal vescovo avevano ottenuto , avvenne che non molto dopo , entrando lo spasimo nella coscia a Berto , egli si morì. Et bucinavasi che i mugnai l’ avevano aiutato a morire , sperando che egli far lor dovesse delle grazie. Morto adunque Berlo , et santo di brieve devendo esser fatto , tra li mugnai quistion cadde , dove l’ avessero a seppellire ; perciocchè il metterlo nel cimitero non pareva che si convenisse ; et dall' altra parte sepoltura alcuna onorevole non avendo, oltre che v' aveva di quegli che una chiesa a nome di San Berto volevano che si facesse , dubbiosi stavano di ciò, che del corpo di lui far dovessero. Et per avventura non si sarebbono ancora accordati, ae il loro parrocchiano non vi si fosse interposto , il quale fattili venire nella chiesa, così lor disse : figliuoli miei, io mi ricordo aver letto nel libro del catalogo de' Santi, come venendo a morte Santo Tiziano ve' scovo di Uderzo , i parenti suoi , udita la novella, quivi sconosciuti subitamente vennero : et imbolarono il corpo di San Tiaiano, et a Città Nuova , già Eraclia detta loro patria , nel portavano : ma essendosene avveduti quelli che n' avevano la cura, armati uscirono loro addosso. Et mentre gli Eracliani per tema no '1 popolo tutto di Uderzo , il quale già quivi traeva a furore, U corressero, d' andarsene pensavano , apparve loro un vecchio in vista grave et venerabile molto. 11 quale fatte riporre le armi, et paceficatili, volle che il corpo di San Tiziano fosse posto sopra d' un earro, et giuntivi due animali et quelli punti alla lor voglia, li lasciassero andare , et ove si fermassero , quivi al santo corpo la sepoltura fatta fosse. Et ciò volle Iddio che in questa maniera si facesse per più chiaramente manifestare de'miracoli suoi, come che v' abbia di quegli che altramente questo miracolo raccontino. Giunti adunque ad un carro una vacca et un vitello figliuolo di quella, et sopra postovi il santo corpo , li lasciarono andare ; i quali a CeBeta nel portarono , ove onorevolmente il corpo di San Tiziano fue seppellito , et allora il vescovato da Uderzo a Ceneta si trasmutò. Cosi adunque dico che far debbiate ancor voi, acciocchè dove a Dio parrà che il corpo di Berto meriti d'essere seppellito , ivi si seppellisca. Anzi direi che non sopra d'un carro, ma per più umiltà sopra l’ asino suo, de' fatti suoi consapevole , et col quale egli parte della vita sua ha trapassata , sì mettesse là. Agli uomini tutti parve che questo buon consiglio fosse , perche preso il corpo di Berto, et quello sopra l'asino suo ben legato, postogli sotto la coda un buon fascio di pruni, Io lasciarono andare , et essendo già buona pezza passata, parendo loro che l’ asino già fermato essersi devesse, a cercar di lui si misero : ordinato tra loro prima che il corpo di Berto tocco non fosse, se gli uomini della villa tutti non venissero a levamelo. Nè guari stette che ragghiar l’ asino udendo , tutti ratinati insieme col Sere et con la croce quivi trassono, et trovarono l’ asino col corpo di Berto mugnaio sott' una bella et orrevole forca essersi fermato ; et qui si tacque. 1 mugnai dalla Guardacciuola , i quali tutti mutoli con grandissima attenzione erano stati ad ascoltare la novella , già dentro a' lor petti rallegrandosi d' avere un santo, vedendo che frate Niccolo più oltre non parlava , così addentro trafigger sentendosi, tutti ad un tratto della chiesa usciti, chi sassi, chi zolle prendendo , a frate Niccolo ruppero la testa in maniera , che egli come morto per mano et per piedi in casa del prete ne fue portato, et morir credendosi, a Santo Antonio di Padova votatosi, per miracolo del santo foe liberato : et di notte tempore dalla Guardacciuola fuggitosi, in Carpi si ricoverò. Ove indi a pochi di essendogli le cappe fratesche a noia venute , fattosi dispensare et quelle stracciate , prete rimase, et credesi che egli divenisse un uom da bene.

NOVELLA IV.

Madonna Lìsahetta vedova rimasa, del figlinolo s' innamora , il quale d'una fanciulla servente della madre fieramente innamorato, con lei trovar credendosi , con la madre si giace , et quella impregnata , ne nasce una figliuola, delia quale il figliuolo , fratello , padre et marito ne diviene.

Graziose el amorose donne , grandissimo per cerio è il numero de' cattivelli amanti r ma non minore, a giudicio mio, è quello, degli accidenti et de' maravighosi effetti dello ingannevole amore , de' quali come che il mondo tutto oggi ne sia pieno , non estimo però disdicevole il raccontarne uno , non ha guari di tempo avvenuto ; la guai cosa fo io volentieri non solamente per racconsolare gli animi vostri , ma eziandio per iscusazione vostra appresso i severi et troppo spigolistri uomini, li quali nelle opere vostre con rigido viso guardando, quelle molto più. agramente di ciò che loro si converrebbe riprendono, come se voi di carne et d' ossa non foste, et oltre,

B *

a ciò dalla natura molto più delicate et fragili che eglino non sono formate. Ma se questi cotali con ragionevole occhio sè medesimi et li lor fatti misurassero , sema dubbio alcuno , più dolci et più compassionevoli giud ci sarebbonp , nè cosi frettolosamente , anzi strabocchevolmente correrebbono a biasimare et a vituperare ogni atto et cenno vostro per minimo che si sia , facendosi a credere che il dire et fare ciò che e' vogliono , sia loro conceduto et istia bene, et clie voi debbiate starvi a guisa di statove. Non nego già che d' immortai loda non siano degne quelle donne et quegli uomini altresì, li quali con l'acqua della onestà i focosi et lascivi appetiti carnali ammorzando , onestamente, et se non castamente , almeno cautamente menano la vita loro ; ma se ben considerar vorremo, quanta sia la forza del concupiscibile amore, quanti gli stimoli suoi , et quanta l’ umana fragilità ; eonchiuderemo quelle donne , le quali da ardentissimo desiderio amoroso spinte nei suoi lacci traboccano , piuttosto esser degne

di compassione che di severa sentenza. Come adunque una gentile et valorosa donna smisuratissimamente amando, ai suoi amorosi desideri desse fine , mi piace di narrarvi. Nella nostra città, d' accidenti d'amore più copiosa assai d'ogni altra che oggi nel mondo sia , fu , non è ancora molto tempo passato, una nobile donna et bella nominata Lisabetta , la quale d'un suo marito vedova rimasa, un figliuolo aveva senza più , d'eia d' un quindeci anni, bellissimo et leggiadrissimo quanto alcuno altro fosse in Vinegia , del quale la madre sì fieramente di carnale et lascivo amore era innamorata , che ella mai bene alcuno non aveva, se non tanto quanto il figliuolo vedeva , o di lui pensava , et tanto più malagevole a tollerare era questo amore alla gentile donna, essendo ella onestissima, quanto men se le conveniva scoprirlo. Onde di giorno in giorno crescendo le bellezze et i lodevoli costumi del figliuolo, cresce, vano parimente le amorose fiamme nei cuore della madre, la qual conoscendo questo suo desiderio non solamente esser disonestissimo , ma eziandio contra le leggi et divine et umane , al me' che poteva ,. struggendosi come la neve al sole , et coneumandosi, quelle pazientemente in pace sopportava, spesse fiate della sorte sua cogliendosi, et sè slessa in cotal guisa riprendendo : ahi poverina a te Lisabetta , che è quello a che tu con tanta sollecitudine hai volto l’ animo ? or parti che ti si convenga a questo modo amare ? tu hai infinite volle chiuse le orecchie a' dolcissimi prieghi d' infiniti valorosi amanti per servare la tua onestà , et ora a carnalmente amare il proprio figliuolo ti se' condotta , peccato certamente vie più grave che l'odiare il padre et la madre. Dei lu adunque lasciarti alla libidine trasportare ? Aprì ben gli occhi dell'intelletto , et le medesima riconosci : or che direbbe il mondo se ciò si risapesse giammai ? Non ne saresti lu per tutto il tempo della vita tua biasimata et mostrata a dito? Certo sì: adunque in le stessa raccogliendoti, scaccia da te questi scellerati et noiosi pensieri, dà luogo alla sagio ne et tempera i desideri non sani ;j et volgendo la mente tua altrove , et col freno della ragione reggendoti , rompendoì lacci et le catene di questo sconvenevole et abbominevole amore , ad onestamente amarlo t come le leggi naturali vogli >no , ti disponi. Dall' altra parte d' amore combattuta et del figliuolo ricordandosi, cosi dicendo a se medesima rispondeva : ahi misera me , che colpa n' ho io di questo amore? Mi sono io innamorata per elezione? mai no , i cieli m' hanno forzata a così fattamente amarlo , et se le stelle cosi vogliono , che ne posso io ? esse hanno più forza di noi , ad esse sono gli uomini et le cose tutte di questo mondo soggette, esse troppo più possono di quello che noi mortali possiamo: come adunque posso io, femmina essendo, dalle forze loro difendermi ? Come è possibile che io non ami il mio figliuolo, et ch' io non brami d'averlo di continovo nelle braccia ? Certamente questo non sarà giammai : perchè debbono le leggi vietarmi l’ amarlo ? perchè non è lecito a noi che la madre pigli il figliuolo per marito , et il padre la fir (Imola come altrove ? Misera me, perchè non sono io nata in que' luoghi ; adunque mi dee nocer l’ esser nata in queste parti ? Poi di nuovo riprendendosi, pregava Iddio che di tale amore la liberasse; ma quantunque volte ella il figliuolo vedeva , di nuove et vie più ardenti fiamme si raccendeva. In questa guisa adunque con simiti et più altre ragioni lungo tempo più et più volte sè medesima accusando et iscusando la innamorata donna di continove lagrime et lamenti pascendosi, in misera et infelice vita si dimorava , aspettando che , o la morte di lei, o il tempo, d'ogni co6a consumatore , alla sua gravissima et mortalissima piaga amorosa trovasse ri* medio. Ma amore che rade volte i suoi fedeli lascia perire , non passarono molti giorni appresso , le mostrò una via per la quale ella segretissimamente poteo adempiere il desiderio suo. Aveva madonna Lisabetta una fanciulla bella et vaga molto , che alla camera et alla persona di lei solamente serviva, la qual Girolamo , che così aveva nome il figliuolo , focosamente

amava , et ella In! ; ma per . tema della madre , la quale di questo loro amore aveva presa qualche sospezione, et del figliuolo ingelosita èssendo, gli occhi molto loro addosso teneva, non avevano potuto venire a conchiusione veruna , ma con cenni et co' sguardi tanto , et talora , ma però di rado , con qualche bacio cosi via là alla sfuggita, la lor vita passavano , aspettando che la benigna fortuna desse loro occasione di poter metter ordine di dar compimento alle loro voglie amorose. Et mentre che l’ uno et l’ altro de' cattivelli amanti in questa guisa la loro vita disiosamente passavano , avvenne che una sera colà , di gennaio essendo , avendosi posto in cuore Girolamo di parlare ad Elena , che così era chiamata la damigella, et sapendo lei esser nella camera della madre, attese che ella n' uscisse , et nello uscire fattolesi allo incontro , cosi al buio senza altrimenti motto farle , l’ un de' bracci al collo gittatole , lei baciar volle ; il che sentendo Elena , come che troppo bene conoscesse chi colui fosse che ciò faceva , pur temendo non esser quivi colta , et fuggir volendo , et Girolamo quanto più poteva strettamente tenendola , et ella resistenza facendo, avvenne che madonna Lisa betta udio questo stroppicio , et chetamente le pianelle de' piedi trattesi, ti sulla porta della camera venutasi , udì il figliuolo che Elena con istanza pregava che quella notte istessa sulle sei ore volesse andare ad attenderlo entro una stanza a terreno che nella casa era , la quii cosa Elena dopo non molte preghiere promise di fare , et l’ un l’ altro dolcemente baciatisi , chi qua , chi là se n andarono. A madonna Lisabetta , ciò avendo udito , parve che amore et la_ fortuna le avessero posto innanzi la via per la quale ella p tesse dar fine a quello che sopra ogni altra cosa desiderava , perchè quando tempo le parve , fattasi venire la Elena , et datole un paio di maniche a cucire, le quali ella studiosamente struscile aveva , le commise che per quanto avesse cara la vita non s' andasse al letto , nè quindi si dipartisse , se prima il lavorio fornito, non avesse; et sembiante facendo d' andare a dire sue orazioni, come era suo costume di fare, entro una camera , nella quale , per una porta che nella sua era, vi si passava, entratasi, et l'uscio serrato et Io chiavistello messovi , alquanto profondamente sopra quello che fare intendeva , pensando si stette : poi d'amore, contra il quale umana forza non vale , costretta et vinta, per una scala che di quella camera nella stanza a terreno si scendeva , andatasene , quivi ad attender il figliuolo si mise , il quale non molto dopo venutovi , lei Elena esser credendo, dolcemente abbracciò, et molto più caramente nelle braccia della madre fu ricevuto , et quivi così alla mutola l’ uno dell'altro quel piacere et quella dolcezza , della quale senza dubbio nessuna è maggiore, pigliando , per buona pezza si stettero ; poi con parole sommesse et rotte , il che M. Lisabetta , per non esser dal figliuolo conosciuta, con arte faceva , dato ordine per la vegnente notte, si dipartiro. Ora avvenne che continovando questa dimestichezza , M. Lisabetta ingravidò ; perchè appressandosi il tempo de! partorire, andatasene in villa , quivi una bella figliuola partorì, et segretamente datala a nodrire, a casa se ne ritornò , et non guari dopo data la Elena per moglie ad un servitore d' un parente suo , il quale a Corfù per Bailo n'andava, a buon viaggio ne la mandò. Tndi a due anni sembiante facendo di voler pigliar una fanciulla dalla pietà , et quella, nella casa sua per l’ amor di Dio allevare, come nella nostra città tuttodì veggiamo fare , mandata per la figliuola, quella prese et con grandissima diligenza fece governare) come cosa da lei non meno che la propria vita amata. Giulia adunque, che cosi chiamavasi la figliuola , ben nodrita essendo, in bellezze et in costumi tanto crebbe , che maravigliosa cosa era a vederla , et già da marito venuta , avendola più volte Girolamo molto ben considerata , et istranamente piacendogli, ferventissimamente l'a* Bava. Della qual cosa madonna Lisabetta) si venne accorgendo , et con istrettissima guardia la teneva ; di che Girolamo nfi viveva pessimamente contento. Onde co

noscendo egli apertamente, per la custodia che di Giulia la madre faceva , esser impossibile di poter condurre questo suo amore al desiderato fine , del tutto disperandosene , seco medesimo deliberò , che che avvenir se ne devesse , di pigliarla per moglie. Perchè un giorno entratosene là dove la madre sola si stava , dopo averle scoperto l’ ardentissimo amore che egli alla Giulia portava, I' animo et intenzione sua le apri, et in somma , quanto più calda* mente poteva , pregandola che alle voglie di lui consentisse , la madre ciò udendo , tutta stordì , et pregò il figliuolo che a questa cosa non pensasse , dicendo che dove egli volesse ammogliarsi, non gli man. cherebbono de' primi partiti della città, et delle donne belle nobili et ricche ; allegando la Giulia non esser sua pari ; ci che nè roba , ne danari, nè parentado non aveva ; aggiugnendo che grandissima vergogna , non pur di luì, ma di lei ancora et di tutto il loro parentado sarebbe quando essi ciò facessero, et in fine quanto più poteva, pregandolo che egli se ne rima

resse. Ma Girolamo più innamorato che consigliato, di nuovo pregando la madre , «t a' preghi le lagrime aggiugnendo, disse che egli si morrebbe per la passione, ove questa cosa negata gli fosse : et sì bene seppe et dire et fare , che la madre temendo no'l figliuolo infermasse, troppo bene conoscendo quanto di forza in un animo gentile l'amorose fiamme avessero, amando meglio d' avere il figliuolo vivo et sano con qualche vergogna et carico di coscienza , che morto od infermo con pilli onorevole moglie et senza peccato , contento che egli la Giulia per sua donna prendesse, et indi a pochi dì, perciocchè amore a Girolamo i cintolini strigneva , comunicata la cosa co' parenti, et quelli fatti venire a casa , come è usanza della patria nostra, le nozze si fecero belle et orrevoli molto, ei ancora vivon tutti, che Iddio lasce loro lungamente godere. Cotal fine adunque , donne mie care , ebbe l’ amore di madonna Lisabetta , la quale , come che nel principio della novella mia , avendo rispetto alle forze d' amore et alla umana fragilità, abbia iscusata , nondimeno estimo non esser alcuna di voi di così debole intelletto , che considerando quanto grave ail' anima et vituperevole al corpo il mescolarsi nel proprio sangue si sìa , non solamente non biasimi , ma infinitamente ne sia schiva ; la qual cosa vi con. fono io a fare , quanto più semplicemente et puramente per voi si può menando la vita vostra, quegl' amori cercando che dalla natura benigna madre et maestra della vita nostra vi si mettono innanzi.

[da continuare]