Memorie storiche della città e del territorio di Trento/Parte seconda/Capo XIV

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CAPO XIV.
Memorie Storiche dall’anno 1539
fino all’anno 1600.

Cristoforo Madruzzi nacque nel Castello della sua famiglia in Madruzzo poche miglia distante da Trento il dì 5 Luglio 1512. Egli fece i suoi studj in Bologna insieme con Ugone Boncompagni, Alessandro Farnese, Ottone de Truxes, e Stanislao Osio, i quali tutti furono poi egualmente che il Madruzzo innalzati alla dignità di Cardinali. Egli studiò anche in Padova con insigne profitto, commendato perciò con somme lodi nell’Historia Gimnasii Patavini di Nicolò Comneno Papadopoli. Egli era Canonico di Salisburgo e di Bressanone, Canonico di Trento e Decano, allorchè con unanimi suffragi fu dal Capitolo eletto Vescovo e Principe di Trento il dì 5 Agosto 1539. Egli fu poi confermato da Papa Paolo III.; ma merita d’essere qui trascritta la supplica, che per ottenere la pontificia conferma indirizzò a Paolo III. il Cardinal Alessandro Farnese soprannomato. «Pater Beatissime. Tridentina Ecclesia cum vacaret nuper per obitum bo. me. Bernardi tit. S. Stephani in Cœlio Monte Præsbyteri Cardinalis, Venerabiles atque prudentes Viri Canonici dictæ Ecclesiæ rite initis suffragiis elegerunt in Episcopum una omnium voce [p. 120 modifica]et uno consensu R. P. D. Christophorum de Castro Madrutii Decanum et Canonicum ejusdem Ecclesiæ. Itaque Sanctitas Vestra vivæ vocis oraculo mihi mandavit, ut adhibita omni cura et diligentia investigarem, cujusmodi sit illa Ecclesia, et quibus moribus, et qua vita sit ipse Electus, atque in hoc Sacro loco breviter referrem.»

«Hæc igitur ex juratis testibus potui comperire. Tridentum est Urbs in decima Regione Italiæ, ut vero nunc appellant in Comitatu Tyrolis, tam nobilissima et ditissima, quam et loco et operibus munitissima, quæ paret Episcopo non solum in spiritualibus, sed etiam in temporalibus cum multis oppidis et vicis .... De moribus et vita honestissima ipsius Electi inter ceteros ipse possum esse testis locupletissimus; una enim multum familiariter fuimus in Bononiensi Gimnasio, ubi in tanta Scholasticorum licentia tam modeste, tam temperanter, tam solerter se gerebat, ut et multum proficeret, et omnibus esset propter elegantiam morum, et propter singularem humanitatem charissimus. Addamus ad hæc bona studio comparata, legitimorum parentum, ac totius generis vetustam nobilitatem. Addamus summam totius corporis dignitatem, quæ omnia tantæ prudentiæ juncta sunt in homine vix XXVII. ætatis annum agente, ut jam pro Romanorum Rege Legationis munus ad Venetos sapientissime obierit. Quare scire omnes [p. 121 modifica]possumus, qui ita in teneriori ætate se gesserit, quid de eo sit in maturiore sperandum. Supplicat igitur ....» Prese egli il possesso del Principato di Trento li 2 Settembre 1539.

L’anno 1541 venne dalla Germania in Trento l’Imperator Carlo V., ove fu dal nostro Vescovo Cristoforo Madruzzo accolto nel Castello di sua residenza col più grande onore e magnificenza, e trattato per alcuni giorni con regal pompa. In tal occasione vennero in Trento ad incontrare l’Imperatore il Marchese del Vasto con molta nobiltà milanese, e vennero ancora Ercole II. Duca di Ferrara, ed Ottavio Farnese Duca di Camerino, accolti e trattati splendidamente essi pure dal nostro Principe Vescovo Madruzzo.

L’anno 1542 Cristoforo Madruzzo fu eletto o postulato Vescovo ed Amministratore del Vescovato e Principato di Bressanone, e nello stesso anno li 2 Giugno creato fu pure Cardinale ma riservato in petto, e poi pubblicato li 28 Novembre 1543.

Al suo avvenimento al Principato di Trento egli fu onorato dal celebre Cardinale Reginaldo Polo d’una nobilissima lettera di congratulazione, che leggesi nel libro Monumenta Ecclesiæ Tridentinæ. In esso libro leggesi pure un’altra lettera di congratulazione, che gli scrisse il Doge della Repubblica veneta, nella quale gli attesta la sua gioja per l’elezione, ch’erasi fatta di lui, «nedum, [p. 122 modifica]dice egli, ob præclarum virtutis tuæ, ingeniique lumen, sed etiam quod Cristiana Respublica hoc præcipue tempore talibus viris et subsidiis magnopere indigeat.»

Sul finire dell’anno 1545 ebbe principio il celebre Concilio di Trento, e vi fu proseguito per due anni con otto sessioni; ma rimasto sospeso per timor della peste, che credevasi manifestata in Trento, fu esso trasferito a Bologna. Ritornò dopo quattro anni nuovamente in Trento per Bolla del Papa Giulio III., ed interrotto poi nuovamente per varj avvenimenti fu in fine conchiuso e terminato li 4 Dicembre 1563. A questo Concilio intervennero gli ambasciatori e ministri d’una gran parte delle primarie Potenze d’Europa, e l’ambasciatore cesareo, che tra essi tenea il primo luogo, fu Sigismondo de Thunn della linea di Castel Thuun. A questo Concilio intervennero tredici Cardinali Legati, Cardinali non Legati quattro, ventinove Ambasciatori de’ Principi, tre Patriarchi, trentatre Arcivescovi, dugento e trentatre Vescovi, quindici Abbati, dodici Generali di Ordini religiosi, Dottori o Teologi centoquarantacinque.

Il dì 13 Luglio 1546 il Cardinal Cristoforo col corteggio d’una fioritissima nobiltà andò ad incontrare fino a Roveredo il Cardinal Alessandro Farnese, che veniva come pontificio Legato al Concilio, e che colà trovavasi infermo per una terzana, come narra [p. 123 modifica]il Cardinal Pallavicini nella sua storia del Concilio di Trento (L. 8. C. 7. N. 1.). Lo stesso storico racconta inoltre, che essendo giunta a Matarello, terra quattro miglia distante da Trento, l’armata pontificia composta di dodici mila fanti e di ottocento cavalli oltre altri cinquecento volontari, la quale veniva in virtù d’un precedente trattato spedita in Germania dal Pontefice Paolo III. in soccorso dell’Imperator Carlo V. nella guerra, che questi era per muovere contro i Principi protestanti, che avevano abbracciato il luteranismo, nè volevano abbandonarlo, racconta, dico, che il Cardinal Cristoforo Madruzzo diede in Matarello uno splendido convito ad Ottavio Farnese comandante supremo dell’armata, ed a tutti i generali ed ufficiali dell’armata medesima, e ad altri signori, che al numero ascendevano di seicento. Egli fè pur distribuire nello stesso tempo il pranzo a tutti i soldati del pontificio esercito. Fu lo stesso Cardinal Cristoforo Madruzzo quegli, che nell’anno precedente dall’Imperator Carlo V. era stato mandato in Roma al Pontefice Paolo III. a fine di negoziare con esso e conchiudere il trattato, con cui il Papa erasi obbligato di mandare all’Imperatore la suddetta armata in Germania, come narra il celebre Robertson nella sua Storia del Regno dell’Imperatore Carlo quinto (Lib. 8), ove riferisce pure distesamente tutti gli articoli di quel trattato.

[p. 124 modifica]Il Cardinal Cristoforo l’anno 1548 fu onorato dell’incombenza di portarsi in Genova, e di ivi congiungere in matrimonio l’Arciduca Massimiliano figlio di Ferdinando Re de’ Romani colla Principessa Maria figlia dell’Imperator Carlo V., ove li congiunse effettivamente con solenne pompa nel palazzo del celebre Andrea Doria il mese di Luglio dello stesso anno.

Nello stesso anno 1548 il Cardinal Cristoforo fu incaricato dall’Imperator Carlo V. d’andare in Ispagna per ricevervi il Real Principe Don Filippo suo figlio, ed accompagnarlo nel suo viaggio, che far doveva per l’Italia nelle Fiandre. Il Cardinale accompagnò dunque in tutto il viaggio l’augusto Principe Don Filippo, il quale, allorchè giunse in Trento, il che avvenne il 24 Gennaio 1549, vi fu accolto colla più sontuosa e magnifica pompa. Le feste, i giuochi, i finti combattimenti militari, gli archi trionfali, le varie iscrizioni, che vi si leggevano, altre in latino, altre in ispagnuolo, i fuochi artificiali, gli addobbamenti in tutte le contrade della città, per le quali passava, i superbi conviti, i suoni musicali, e le danze, che si videro incessantemente nei cinque giorni, che egli si trattenne con tutta la sua Corte in Trento, vengono prolissamente descritti dal Mariano pag. 359 e segg. Il Cardinal Cristoforo accompagnò poscia il Real Principe, che partì da Trento li 29 Gennajo, fino al suo arrivo in Brusselles.

[p. 125 modifica]L’anno 1551 il Principe Don Filippo ritornando dalle Fiandre pervenne in Trento il dì 6 Giugno, ove fu incontrato da’ Padri del Concilio, e nuovi onori gli furono resi, e nuove feste gli si diedero dal Cardinal Cristoforo in tutti quei giorni, che vi si trattenne.

Il Real Principe Don Filippo divenuto essendo per la rinunzia fattagli dall’Imperator Carlo V. suo padre Re delle Spagne nominò l’anno 1555 il Cardinal Cristoforo Madruzzo Governatore dello Stato di Milano, ch’egli resse e governò pel corso di tre anni con somma lode. Egli fu poi nominato dal Papa Pio IV. Legato e Governatore della Marca d’Ancona.

Arrivarono in Trento l’anno 1565 due Arciduchesse d’Austria figlie dell’Imperator Ferdinando I., l’una destinata sposa di Alfonso II. Duca di Ferrara, e l’altra di Francesco de’ Medici Principe di Firenze. Il Duca Alfonso li 20 Novembre inviò a Trento il Cardinale Luigi d’Este suo fratello accompagnato dal Cardinal di Correggio, e da una nobilissima comitiva a sposare l’Arciduchessa in suo nome, ma insorsero, come scrive il Muratori 1 «dispute di precedenza per esservi giunto prima in persona il Principe di Firenze con pretendere per ciò, che seguisse lo sposalizio suo avanti a quello del [p. 126 modifica]Duca di Ferrara. Si incagliò quindi, dice egli, l’affare, e invano si adoperò per accomodare la contesa il Santo Cardinale Carlo Borromeo speditovi dal Papa col titolo di Legato per onorare quelle nozze.» Dovettero dunque fermarsi in Trento le due Principesse colle lor Corti, fino che venne da Vienna la decisione dell’Imperator Massimiliano II., il quale ordinò, che lo sposalizio delle due Arciduchesse si facesse negli Stati dei mariti loro destinati.

L’anno 1567 li 14 Novembre il Cardinal Cristoforo rassegnò il Vescovato di Trento nelle mani del Papa S. Pio V. in favore di Lodovico Madruzzo suo nipote. Egli pose fine alla gloriosa sua vita li 5 Luglio 1578 in Tivoli, ove erasi recato a cangiar aria presso il Cardinal d’Este, ed ivi fu sepolto, ma poi fu il suo corpo trasportato in Roma, e tumulato nella Cappella della famiglia Madruzzo esistente nella Chiesa di S. Onofrio. Egli visse sessantasei anni, e morì nello stesso giorno in cui nacque, cioè il dì 5 Luglio.

Egli governò saggiamente il Principato di Trento e col più grande applauso di tutti i suoi sudditi. Egli promulgò varie leggi o costituzioni chiamate dal suo nome Cristoforine, che trovansi inserite nello Statuto di Trento, intorno alla forma di procedere ne’ giudizj sì civili che criminali, ed intorno agli onorarj dovuti a’ giudici, avvocati, e notai. Tra gli splendidi edifizj da esso eretti si [p. 127 modifica]annoverano meritamente il Castel Nano nella Naunia da lui rifabbricato quasi da’ fondamenti, antica sede della sua nobilissima famiglia, ed il magnifico Palazzo poco distante dalla città di Trento verso l’Adige chiamato comunemente il Palazzo delle Albere, ornato sulle mura d’esimie pitture; ma se la vita del Cardinal Cristoforo fu costantemente gloriosa per gli onori e le alte dignità, delle quali fu decorato, ella non fu già egualmente felice; perchè due acerbissime sventure gli convenne provare. Scrive il Muratori all’anno 1552, che «veleggiando quaranta galee sotto la condotta di Andrea Doria da Genova alla volta di Napoli per difesa di quel regno, entro le quali s’imbarcarono tremila fanti tedeschi, sette di esse furono depredate e condotte a Costantinopoli dal Corsaro Dragut, in una delle quali era il Colonnello Madruzzo fratello del Cardinal di Trento.»

Non fu però il Colonnello Madruzzo fratello del Cardinale quello che rimase prigioniero, ma furono due di lui nipoti, come rilevasi da più lettere di Ercole Duca di Ferrara scritte da lui al Cardinal Cristoforo, le quali leggonsi registrate tutte per intero nel volume terzo delle Notizie istorico-critiche della Chiesa di Trento pag. 331 e segg. Da queste lettere vedesi, quanto interesse il Duca Ercole dimostrasse per la liberazione dei due prigionieri nipoti del Cardinale, ed in qual guisa siasi ottenuto dopo lunghi maneggi il loro riscatto. Sono osservabili in una di queste [p. 128 modifica]lettere le seguenti espressioni del Duca: «Se V. S. Illustrissima e Reverendissima pensasse di haver al Mondo persona alcuna, che le fosse più Servitor di Hercole de Este, mi seria il maggior torto del Mondo, et harei da dolermi, perchè in vero è certissimo et affettionatissimo Servitor di V. S. Illustrissima. Il Duca di Ferrara.»

L’altra sventura che amareggiò la vita del Cardinal Cristoforo Madruzzo, più acerba ancor della prima perchè irreparabile, fu la morte di Aliprando Madruzzo suo fratello, giovine delle più alte speranze, e che godeva in sommo grado la grazia e l’amore dell’Imperator Carlo V. Egli morì nella città di Ulma nell’età di soli venticinque anni, dalla qual città fu il suo corpo trasportato nel Castel Madruzzo, e poi sepolto nella Cappella della sua famiglia, ch’è nella Chiesa parrocchiale di Calavino, ove eretto gli fu un monumento colle seguenti iscrizioni, che anche oggidì vi si leggono, ma che io ho creduto di dover qui trascrivere; perchè senza di ciò niuno forse o ben pochi de’ miei leggitori potrebbero averne contezza.

D. O. M.


«Hiliprandus Madrucij, Avij, et Brentonici Baro, et Dominus, qui, si ætatem aspicias, peracerbus, si facta satis maturus occubuit. A puero usque ad XVII. annum in Gallia, et Italia litteras didicit, eodem anno et sequente sub Carolo V. Invictissimo, et [p. 129 modifica]Ferdinando Rege Romanorum in Pannonia contra Turcas Tribunicia potestate strenue functus est: bis deinde apud Belgas contra Regem Gallorum Tribuni Germanorum Militum supremum munus fortiter gessit: item contra eumdem Regem in Subalpinis datis, asceptisque virtute bellica crebris vulneribus, novissime eadem præditus potestate contra eos Germanos, qui a Cæsare defecerant, facinoribus editis maximis vix ostensus terris acerbo funere ereptus est. Obijt Ulmæ die XII. Feb. MDLVII. annus natus quinque et viginti, inde cura suorum in Patriam delatus magno omnium mæaerore, et lacrimis hic positus est.»

H


Impositum quum te pheretro miserande Madruti
Cerneret illacrymans Cæsar, circumque videret
Et spolia, et victis erepta ex Hostibus arma,
Et modo victrices juxta mærere phalanges,
Quantum (inquit) tua mors nostris inimica triumphis
Letitiæ, decorisque adimit, spes quanta futuri
Tecum Aliprende cadit! sed non tua vivida virtus,
Ut te huc aspicerem, tua non promiserat ætas,
Sed fore, qui Solimis mecum, atque Oriente subacto
Barbaricis Regum spolijs, et mille tropheis
Olim magna tui decorares Templa Tridenti.
Invidis mors tanta tibi. Vos nobile corpus
Ferte Ducis vestri juvenes, et reddite Matri
Exanimi, sed et hæc miseræ solatia ferte,
Se tantum peperisse virum, qui Cæsaris usque
Et Comes, et bene gestarum pars maxima rerum
Cæsaris ex animo nullo delebitur ævo.

[p. 130 modifica]Abbiamo accennato più sopra, che il Cardinal Cristoforo Madruzzo rassegnò in favore di Lodovico Madruzzo suo nipote il Vescovato di Trento; ma egli il rassegnò nominandolo soltanto suo Coadiutore ed Amministratore cum futura successione. Lodovico nacque in Trento l’anno 1532. Egli studiò insieme con Federico suo fratello prima nell’Università di Lovanio e poi di Parigi con tale profitto, che nella sola età di ventidue anni fu inviato dal Pontefice Pio IV. all’Imperator Ferdinando, ed alla Dieta de’ Principi dell’Impero convocata in Augusta, ov’egli recitò un’orazione funebre in lode del defunto Imperatore Carlo V. sì dotta, e sì elegante ed ornata, che meritò l’ammirazione di tutta quell’augusta Assemblea. Terminata la Dieta egli fu dall’Imperator Ferdinando inviato ambasciatore al Re di Francia per congratularsi con esso lui della vittoria, che aveva riportata contro gli eretici del suo regno e ribelli chiamati Ugonoti.

L’anno 1561 egli fu creato Cardinale, ma dopochè egli fu eletto Coadjutore ed Amministratore del Principato di Trento, e ne ebbe preso il possesso, una gravissima procella fu suscitata contro di lui, per cui si vide costretto a partirsi da Trento, ed a viver esule dal suo Stato in Roma per più anni. Il Serenissimo Arciduca d’Austria Ferdinando volle far rivivere contro Trento le antiche pretensioni de’ Conti del Tirolo, fondate [p. 131 modifica]sopra le cessioni o convenzioni del Vescovo Egnone e del Vescovo Enrico, delle quali abbiam fatto cenno più innanzi. Queste cessioni erano state già prima la cagione di gravissimi torbidi, e di occupazioni armate del Vescovato di Trento fatte dai Serenissimi Conti del Tirolo, le quali cessarono poi, come abbiam detto a suo luogo; ma la questione della sovranità sopra il Vescovato di Trento si riaccese e si rinnovò più che mai tra il suddetto Serenissimo Arciduca Ferdinando ed il Cardinale Lodovico Madruzzo. Erasi questi indotto l’anno 1567 a sottoscrivere un atto, con cui prometteva di non pretendersi più in avvenire, nè nominarsi Principe di Trento, ma di voler riconoscere per tale e per suo proprio Principe il Serenissimo Arciduca. Protestarono dappoi il Cardinale ed il Capitolo contro la nullità di quest’atto per varie ragioni; il che diede motivo ad una nuova occupazione fatta dalle armi tirolesi della città e del Principato di Trento. Il Cardinale si portò in Roma a fine d’implorare il patrocinio ed il favore del Papa S. Pio V., e ad un tempo stesso inviò il suo Cancelliere aulico Felice degli Alberti de Enno alla Dieta de’ Principi dell’Impero a fine di difendere innanzi ad essa contro il Serenissimo Arciduca, e perorar la sua causa. Il Papa S. Pio V. s’interessò vivamente in favore del Cardinal Lodovico, e scrisse iteratamente le più fervide lettere all’Imperatore [p. 132 modifica]Massimiliano II., ed agli Elettori e Principi cattolici dell’Impero, affinchè al Cardinale Lodovico renduto fosse il godimento e possesso del suo Principato. Egli scrisse pure allo stesso Arciduca Ferdinando, e gli inviò in pari tempo il Cardinal Borromeo onde indurlo, se fosse stato possibile, e persuaderlo a fare la restituzione suddetta. Possono leggersi queste lettere del Papa S. Pio V. nel volume terzo delle Notizie istorico-critiche pag. 450 e segg. L’Imperator Massimiliano avocò a se come capo supremo dell’Impero il possesso della sovranità controversa, e mandò in Trento due amministratori cesarei incaricati di govemare il paese coll’autorità imperiale fino che decisa fosse la questione nelle forme legali. Fu agitata la causa con vicendevoli scritti pel corso di parecchi anni innanzi alla Dieta de’ Principi dell’Impero, ed uscì poi la suprema sentenza, con cui fu deciso, che il Cardinale Principe Vescovo di Trento essendo pronto a rinnovare le convenzioni ed obbligazioni contratte verso i Serenissimi Conti del Tirolo dai due Principi Vescovi Giorgio de Hach e Giovanni Hinderbach debba essere ristabilito nel possesso e governo del suo Principato rimosso ogni sequestro, ed in esso debba esser mantenuto usque ad legitimam causa principalis decisionem. Questa sentenza fu pronunciata il 1.mo Ottobre 1576 in Concilio Imperii.

Le obbligazioni dei due Vescovi Giorgio [p. 133 modifica]de Hach e Giovanni de Hinderbach, che dopo quest’epoca dovevansi rinnovare da ogni Principe Vescovo, pria che prendesse il possesso del temporale dominio del suo Vescovato, contenevano in sostanza, che i Principi Vescovi di Trento non possano giammai intraprendere alcuna guerra senza presaputa e consenso de’ Serenissimi Conti del Tirolo: che a questi e alle loro milizie debbano sempre tenersi aperte le città, i castelli, e le fortezze tutte del Principato di Trento ad ogni loro bisogno, dovendo i Capitani e Luogiotenenti del Principe Vescovo prestare su di ciò giuramento al Serenissimo Conte del Tirolo: che il Serenissimo Conte abbia il diritto di nominare un Capitano, accetto però a’ Principi Vescovi, il quale abbia perpetuamente la custodia e le chiavi del Castello del Buon-Consiglio, della città di Trento, e delle sue Torri sempre però in nome del Principe Vescovo, a cui debba egli prestare giuramento di fedeltà: che i Principi Vescovi debbano restare uniti con perpetua e fedele alleanza ai Serenissimi Conti del Tirolo contro qualunque nemico, i quali dall’altro canto promettono ai Principi Vescovi ed a’ loro sudditi una perpetua protezione e difesa: che in caso di guerra e di estere invasioni i Principi Vescovi debbano concorrere alla comune difesa col loro contingente di danajo e di truppe: che finalmente in caso di rottura o inimicizia tra i Serenissimi Conti ed i Principi [p. 134 modifica]Vescovi i sudditi trentini non possano prestare ajuto nè all’una nè all’altra parte, ma osservar debbano un’intera neutralità: e siccome non sarebbe stato possibile, che i Principi Vescovi privi in tal guisa dell’ajuto de’ proprj sudditi facessero la guerra ai Serenissimi Conti del Tirolo senza il soccorso d’estere potenze, in tal caso fu stabilito, che tutti i sudditi del Vescovato debbano essere fedeli al Serenissimo Conte, e ad esso ubbidire anche contro il proprio Principe, e contro quelle potenze che lo assistessero, restando per questo tempo e per questo caso sciolti dal giuramento di fedeltà, con cui erano tenuti al loro natural Principe.

Tali furono in sostanza le obbligazioni, che avevano contratte i due Vescovi Giorgio de Hach e Giovanni Hinderbach verso i Serenissimi Conti del Tirolo, e che vennero dalla Dieta dell’Impero colla sua sentenza dell’anno 1576 approvate, e riguardate come valide. Quanto alle altre precedenti del Vescovo Egnone e del Vescovo Enrico, i quali avevano con esse rinunziato la sovranità del Vescovato di Trento col trasferirla ne’ Conti del Tirolo, che il Cardinal Lodovico diceva essere nulle e di niun valore, e che il Serenissimo Arciduca pretendeva, che fossero valide, la Dieta dell’Impero non proferì su questa questione alcun giudizio, ma ne riservò la decisione fino a più ampia cognizione di causa nel petitorio ordinando però, che intanto il [p. 135 modifica]Cardinal Lodovico fosse ristabilito nel possesso e governo del suo Principato, ed in tutti gli onori e diritti, di cui godevano gli altri Principi e Stati immediati dell’Impero Romano Germanico. La causa nel petitorio non venne poi più promossa da’ Serenissimi Conti del Tirolo, i quali lasciarono sempre dopo quell’epoca, salve le convenzioni suddette, i Vescovi Principi di Trento nel tranquillo possesso del loro Principato, e nel pieno esercizio di tutti i diritti sovrani fino alla secolarizzazione de’ Principati ecclesiastici avvenuta l’anno 1804.

Gli Stati, che sono troppo deboli per resistere alla potenza de’ loro vicini, per respingere le aggressioni e difendere il lor territorio, sono obbligati per la loro conservazione a collegarsi con uno Stato più possente e più forte, che li copra colla sua protezione, e li difenda colla sua potenza. Tal era precisamente la situazione dei due Vescovi Principi di Trento Giorgio de Hacb e Giovanni Hinderbach. Decaduti dalla loro antica possanza, e smembrato in gran parte il lor territorio, e diminuite le loro rendite per le tante investiture feudali accordate dai loro antecessori, attorniati dalla potenza dei Duchi di Milano, non men che da quella della Repubblica veneta, che aveva già estese le sue conquiste non solo sopra Riva presa ai Duchi di Milano, ma ben anche sopra Roveredo ed una gran parte della Val Lagarina, essi avrebber [p. 136 modifica]perduto più volte senza il patrocinio e l’ajuto del loro possente avvocato il Serenissimo Conte del Tirolo i proprj dominj. Quindi le convenzioni, ch’erano state stipulate dai due Vescovi Giorgio de Hach e Giovanni de Hinderbach, furono dall’augusta assemblea dell’Impero dichiarate con ragione valide, e considerate come utili egualmente ad ambe le parti contraenti.

I patti e le convenzioni suddette, che furono poi rinnovate dal Cardinal Lodovico egualmente che da tutti i suoi successori, non può negarsi, che scemavano notabilmente la sovranità de’ Principi Vescovi di Trento, perchè seco portavano secondo il detto de’ Pubblicisti imminutionem imperii; ma ne abbiamo di ciò molti esempi tra principi e popoli sì antichi che moderni, e tale fu a cagione d’esempio la condizione, che ai Cartaginesi nella seconda guerra Punica imposta fu dai Romani: Bellum neve in Africa, neve extra Africam injussu Populi Romani gererent2. Anche nell’Impero Romano Germanico non era cosa nuova, che un Principe o Stato dell’Impero esercitasse una qualche parte de’ diritti sovrani nel territorio d’un altro, come con più esempi dimostra Burcardo Struvio nella sua opera intitolata Jus publicum (cap. 26 § 5 per tot). Viene chiamato da’ maestri del diritto pubblico Fœdus inequale quello, [p. 137 modifica]in cui un principe o un popolo è obbligato alterius majestatem comiter colere; ma tutti si accordano nell’insegnare, che il principe o popolo confederato sebbene inferiore nella lega, ed obbligato a rispettare la maestà dell’altro, rimane tuttavia pienamente sovrano e libero in tutto ciò che nella lega medesima non è compreso. I Principi Vescovi di Trento colle confederazioni contratte coi Serenissimi Conti del Tirolo avevano bensì scemata e diminuita una parte delle prerogative della loro sovranità in quanto ai diritti maestatici esterni, cioè in quanto al diritto della guerra e della pace, ma in quanto ai diritti maestatici interni, e per rapporto ai proprj sudditi, come altresì in quanto agli esterni medesimi, in tutto ciò che nella confederazione suddetta non comprendevasi, ritenevano illesa ed in tutta la sua integrità la suprema podestà appartenente ad un principe e Stato immediato dell’Impero, che non rimaneva sminuita se non negli articoli e punti espressamente nominati. Tal è la dottrina di Grozio, di Puffendorfio, e di tutti gli scrittori di diritto pubblico, i quali concordemente insegnano, che sebbene un principe o un popolo siasi posto sotto il patrocinio e protezione d’un altro, ed abbia a questo accordate sopra di se alcune prerogative o diritti, con tutto ciò il principe cliente quoad reliqua, quæae nominatim concessa non sunt, summam retinet potestatem, ed in particolare riguardo [p. 138 modifica]al Principato di Trento trattarono delle convenzioni stipulate tra i Conti del Tirolo ed i Principi Vescovi di Trento per la mutua loro difesa molti scrittori alemanni, e tra di essi il Peffingero (ad Vitriar. illust. Lib. I. tit. 15 pag. 361), Viguleio Undio (Metropol. Salisburg. Tom. 2 pag. 307), Gian Giacomo Mascovio ed altri, i quali tutti convengono nell’affermare nihil hæc superioritati territoriali Tridentini Episcopi obesse quoad ea, quæ pactionibus comprehensa non sunt, eumque esse S. R. Imperii Principem ac Statum immediatum. Tal era finalmente anche la espressa volontà dei Serenissimi Conti del Tirolo medesimi, i quali dopo aver esatto col mezzo de’ proprj Commissarj in occasione d’ogni nuova elezione da tutti i sudditi del Vescovato di Trento il così detto giuramento delle Compattate annunziavano loro, che dovessero poi in tutto il resto ubbidire al proprio Vescovo Principe come a loro natural signore.

Ma ritornando al Cardinal Lodovico Madruzzo, regolate nella guisa, che abbiam detto, le cose coll’Arciduca Ferdinando Conte del Tirolo, fece egli ritorno in Trento, e riprese il possesso del suo Principato. Egli ottenne poscia dall’Imperatore Rodolfo II. la solenne investitura delle Regalie come Principe e Stato sovrano del Sacro Romano Impero data al suo Inviato in Praga li 13 Giugno 1579. Nello stesso anno 1579 sotto la data Tridenti [p. 139 modifica]in Arce Boni Consilii XI. Septembris il Cardinal Lodovico promulgò una legge o costituzione, ch’è inserita nello Statuto di Trento col titolo Moderatio Affictuum et Censuum. Egli fece fabbricare al ponte di S. Lorenzo due Torrioni alle due rive dell’Adige, ed attaccarvi una grande catena, la quale tiravasi ogni sera da una all’altra sponda a fine d’impedirvi la navigazione in tempo di notte, e prevenire ogni contrabbando. Egli celebrò un sinodo diocesano, nel quale molte utili costituzioni promulgò pel mantenimento della religione cattolica, e della disciplina ecclesiastica, le quali pubblicate furono colle stampe l’anno 1594. Egli fu onorato di molte legazioni pontificie, e singolarmente fu dal Papa Gregorio XIII. inviato come Legato a Latere ad una gran Dieta dell’Impero convocata in Augusta per la guerra, che dovea moversi contro il Turco. Egli era uno de’ più dotti Cardinali del suo tempo, e godeva in sommo grado la stima del Re di Spagna Don Filippo, dal quale era stato innalzato alla dignità di Vicerè di Napoli, dignità che il Cardinale ricusò di accettare pei continui dolori podagrici, a cui era soggetto, e che non gli avrebbero permesso d’adempiere degnamente i doveri della carica, a cui era stato nominato. Egli morì in Roma li 2 Aprile 1600, e fu sepolto nella Cappella della famiglia Madruzzo esistente, come abbiam detto, nella Chiesa di S. Onofrio, ove stava pure sepolto [p. 140 modifica]il Cardinal Cristoforo suo zio. Una orazion funebre in sua lode compose Nicolò Inama egregio letterato di quel tempo, che rese pubblica colle stampe in Trento l’anno 1600, e nel libro intitolato Monumenta Ecclesiæ Tridentinæ pag. 219 moltissimi altri scrittori veggonsi citati, che hanno tessute le lodi e gli encomi del Cardinal Lodovico.

Durante la di lui vita l’anno 1575 fu funestissimo a Trento essendovi penetrata la peste, che spopolò la città ed il suo territorio, e poi si dilatò e fece stragi in altre terre e città di Lombardia.

Il successore del Cardinal Lodovico fu Carlo Madruzzo nato l’anno 1562. Essendo il Cardinal Lodovico già carico d’anni, ed oppresso dalla continua sua malattia di podagra, il Papa Clemente VIII. col consenso del Capitolo di Trento creò Carlo Madruzzo Coadjutore ed Amministratore cum futura successione del Vescovato di Trento, del quale parleremo nel seguente capo.

Note

  1. Annali d’Italia anno 1565.
  2. Liv. Lib. XXX. 37.