Memorie storiche della città e del territorio di Trento/Parte seconda/Capo I

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Parte seconda - Prefazione Parte seconda - Capo II
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MEMORIE STORICHE

DELLA

CITTÀ E DEL TERRITORIO

DI TRENTO.





CAPO I.
Memorie Storiche dall’anno 1027
fino all’anno 1184.



Il Vescovo Udalrico, al quale l’Imperatore Corrado il Salico l’anno 1027 donò il temporale dominio del Ducato, Marchesato o Contado di Trento, fu il primo, che alla episcopale dignità aggiunse in Trento anche la suprema autorità di principe e di sovrano in tutta l’estensione della vasta sua Diocesi. Il dominio temporale del Vescovo Principe di Trento comprendeva tutti i luoghi e tutte le terre situate alla destra ed alla sinistra dell’Adige incominciando dalla Chiusa di Verona fino alla Chiusa di Bressanone. Udalrico morì li 25 Febbraio 1055. Ad Udalrico succedette Attone, e ad Attone Enrico, il quale [p. 2 modifica]ottenne dall’Imperatore Arrigo IV. l’anno 1082 la solenne donazione per se e pei suoi successori in perpetuo del Marchesato di Castellaro posto tra il Veronese ed il Mantovano, come attesta il solenne documento di donazione del detto anno 1082, che leggesi per intero nel volume terzo delle Notizie istorico-critiche della Chiesa di Trento pag. 158. Al nostro Vescovo Enrico appartiene una lettera del Pontefice Gregorio VII. diretta Fratri et Coepiscopo Tridentino, in cui egli si duole, di non avere peranco ricevuta da lui alcuna risposta dopo la sentenza pronunziata contro l’Imperatore Arrigo, e l’invita e lo stimola a volere ad servitium Beati Petri mandargli de’ suoi soldati, e spedirglieli coll’opera della celebre Contessa Matilda. Questa lettera viene riportata per intero nel libro Monumenta Ecclesiae Tridentinae pag. 22.

Al Vescovo Enrico succedette Bernardo, o come da altri vien chiamato, Burcardo, il quale regnò poco tempo essendo morto l’anno 1084. A Burcardo succedette Adalberone prima Canonico d’Augusta. Egli morì l’anno 1101, e regnò quindi diciasette anni.

L’anno 1106 fu eletto Vescovo Gebardo, o come da altri chiamasi, Geabardo, e fu consacrato il 21 Ottobre dello stesso anno dal Papa Pasquale II. nel Concilio di Guastalla. V’ha di questo Vescovo un diploma dei 14 Luglio 1111 seguito in Villa Bauzani riguardo alla Valle di Fiemme, nel quale si [p. 3 modifica]determina la somma delle contribuzioni, che pagar doveva annualmente quella Valle a’ gastaldioni o ministri del Vescovo, e si determina la forma di rendere la giustizia, come altresì la somma delle pene pecuniare, che dovevano esser imposte a’ delitti, monumento insigne tra tant’altri della rozzezza e barbarie del secolo, che il leggitore potrà vedere nel citato libro Monumenta Ecclesiæ Tridentinæ pagina 23.

Noi non abbiamo di quei rimoti ed oscuri tempi altre notizie se non che al Vescovo Gebardo succedette Adalpreto I., e ad Adalpreto I. Altemanno di nobilissima prosapia traendo la sua origine dagli antichi Conti di Baviera. Egli fu eletto nel mese d’Agosto dell’anno 1124.

L’anno 1136 venne in Trento con possente esercito l’Imperatore Lotario III., ed ito in Italia, e ritornato poi l’anno 1137 in Trento, quì solennizzando la festa di S. Martino cadde infermo. Ciò nonostante avendo egli voluto continuare il viaggio, in una vilissima casa all’imboccatura dell’Alpi passò, come scrive il Muratori1, all’altra vita, miseriam humanæ conditionis memoriam relinquens. Il suo corpo venne poscia trasportato in Sassonia.

Il Vescovo Altemanno ristaurò la Chiesa cattedrale di S. Vigilio, e nell’anno 1145 [p. 4 modifica]insieme con Pelegrino Patriarca d’Aquileia e col Vescovo di Concordia la consacrò collocandovi le reliquie di S. Vigilio, e dei santi martiri Ananiensi Sisinnio, Martirio, ed Alessandro. Egli trasportò pure a Trento dalla terra, come allora chiamavasi, di Majano presso il lago di Toblino il corpo di Santa Massenza madre di S. Vigilio, e il collocò nella Cattedrale sotto l’Altare, che in di lei onore fece erigere.

V’hanno di questo Vescovo due diplomi, l’uno dato in Curia de Archo, silicet in Caminata Episcopali, col quale concede agli abitanti di Riva la facoltà di fabbricare un castello per loro sicurezza salva domo et omni honore Episcopi in eodem Castro et extra Castrum, ed un altro degli 8 Novembre 1144, con cui pronunziò sentenza sopra varie controversie insorte per confini tra le due comunità sue suddite d’Arco e di Riva. Questi due documenti posson vedersi nel volume secondo delle Notizie istorico-critiche della Chiesa di Trento pag. 382 e 389. Egli morì li 27 Marzo 1149 reduce dalla Palestina, ove era andato a visitare, come costumavasi in quei tempi, il Santo Sepolcro.

V’ha nel corpo del Diritto canonico, cioè nel Decreto di Graziano un canone, il quale incomincia: Quoties frater noster Tridentinus Episcopus, ed esso è pure registrato nelle Decretali al titolo De purgatione canonica. Questo canone secondo la nota [p. 5 modifica]cronologica, ch’è quella dell’anno 1131, corrisponde al tempo del nostro Vescovo Altemanno, e in esso dicesi, ch’egli fu più volte accusato d’aver conferito simoniacamente ad un cotal Prete Paolo Ecclesiam Sancti Petri de Pado pro quatuor modiis frumenti; ma quest’accusa dee credersi non altro essere stata che l’opera della più indegna calunnia; poichè i più autentici documenti, che leggonsi nel libro Monumenta Ecclesiæ Tridentinæ, attestano, che Altemanno fu un piissimo Vescovo, ed inoltre liberalissimo di sue ricchezze a più monasteri e più chiese, ond’è impossibile il credere, ch’egli potesse acciecarsi a segno di conferire o vendere una chiesa parrocchiale per quattro moggia di formento. Egli fu assolto attestando con suo giuramento, e nelle forme allora prescritte da’ canoni la falsità dell’accusa.

Ad Altemanno succedette Arnoldo, e ad Arnoldo Ebrardo o Everardo, il quale morì li 18 Giugno dell’anno 1156. Egli decise una pericolosa lite, che agitavasi tra il comune del Blegio, e quel di Rendena nelle Giudicarie, e di lui v’ha pure un documento dei 4 Aprile 1155, nel quale si determina, che gli abitanti di Riva pagar debbano al medesimo ed a’ di lui successori in perpetuo «pro unaquaque domo in festo S. Michaelis XII. nummos Veronensis Monete per singulos annos.» In esso leggesi inoltre, che «Ipsi etiam Ripenses juvabunt Episcopum retinere Portum [p. 6 modifica]» ubicumque voluerit», e si stabilisce in fine il modo, con cui gli abitanti di Riva servir debbano al Vescovo ed a’ suoi successori in caso di guerra per totum Episcopatum. Questo documento può leggersi per intero nel volume secondo delle Notizie istorico-critiche pag. 398.

Successor di Everardo fu Alberto o Adalpreto II., ovvero come ora il chiamiamo, sant Adalpreto, il quale fu eletto Vescovo li 17 Settembre dell’anno 1156. Non ci è noto, di qual paese, nè di qual famiglia egli fosse, nè quale carica, o qual dignità egli avesse prima della sua elezione, ma certo è, ch’egli godeva in sommo grado la grazia dell’Imperatore Federico, il quale l’anno 1167 gli diede in feudo il castello di Garda col suo distretto, alla qual donazione l’Imperatore pose la seguente condizione: «Ne ei liceat illud infeudare, aut vendere, vel impignorare, vel aliquo modo ab Ecclesia Tridentina alienare. Ad majorem quoque cautelam Burgenses in Castro Gardæ ad ejus custodiam locabit, qui non erunt Lombardi de Verona, vel de aliqua Civitate Marchiæ, vel Lombardiæ, sed solummodo erunt fideles ad Episcopatum Tridentinum pertinentes.» Questo documento trovasi per intero registrato nel volume secondo delle Notizie istorico-critiche pag. 442. Ardeva allora la guerra tra l’Imperator Federico, e le città collegate di Lombardia e della Marca di Verona, le quali volevan reggersi [p. 7 modifica]colle lor proprie leggi, e co’ proprj magistrati a guisa di città libere e di repubbliche; e quindi fu che l’Imperatore alla donazione del castello di Garda appose la condizione suddetta; perchè Trento non era punto nel numero delle città sollevate d’Italia.

Il Vescovo Adalpreto li 5 Aprile 1171 Tridenti in Castro Boni Consilii pronunziò sentenza tra le comunità di Mori e di Nago per le controversie tra di esse insorte intorno al monte Bordino, la qual sentenza leggesi nel citato volume secondo pag. 452. Egli morì ucciso con un colpo di lancia da Aldrighetto Signore di Castelbarco presso Roveredo gli 8 Marzo 1177. La storia in quei rozzi e lontani tempi non ci ha tramandata alcun’altra notizia intorno a quest’avvenimento, salvo che uno scrittore posterior di più secoli cioè il Sansovino nel suo libro delle Famiglie illustri d’Italia scrisse, che il Vescovo di Trento "era venuto per torre lo Stato al Castelbarco". Il Castelbarco non possedeva legittimamente alcuno Stato; perchè lo Stato apparteneva al Vescovo di Trento in virtù delle donazioni imperiali, ed il Castelbarco doveva lui riconoscere per suo principe e sovrano; ma i piccoli signori in quei tempi, che reguli o tiranni chiamavansi, non era cosa rara, che negassero ubbidienza a’ proprj principi, e movesser loro pur guerra. I Signori di Castelbarco non ebbero legittimo dominio de’ castelli e delle terre, che [p. 8 modifica]possedevano nella Valle Lagarina, se non dopo che ne furono legalmente a titolo di feudo investiti da’ Vescovi Principi di Trento, e la prima investitura, che conceduta fu a questa famiglia, è solo dell’anno 1198. Delle violenze e delle scelleraggini, che commettevano i piccoli signori in quella età, ne abbiamo non pochi altri esempi sì nel nostro, come in altri paesi, de’ quali non ne accennerò che un solo. L’anno 1158 due cardinali legati pontificj, che recavansi in Germania, accolti in Trento dal nostro Vescovo Adalpreto, e da lui accompagnati pel tratto atesino furono da due Conti di Eppen assaltati, svaligiati, e posti in prigione insieme col Vescovo medesimo, che pur era il loro signore, se non che venne poco dopo a liberarli un Duca di Baviera, il quale castigò anche, come convenivasi, que’ nobili masnadieri2.

Qualunque sia stata la causa della uccision di Adalpreto, egli ebbe tosto dopo sua morte pubblico culto come santo e come martire; del che fanno testimonianza parecchi antichi documenti, ed esiste ancora una vecchia lapide presso Roveredo con questa iscrizione: Locus Martirii Beati Adalpreti Episcopi Tridenti. Questa lapide diede a’ nostri giorni occasione o motivo al ch. Abate Girolamo Tartarotti di esaminare in un suo libro intitolato Memorie antiche di Rovereto, se [p. 9 modifica]vera fosse la santità e vero il martirio del Vescovo Adalpreto, ed egli non dubitò d’affermare, che Adalpreto non poteva dirsi realmente nè santo, nè martire, e che il culto qualunque prestatogli dopo sua morte non era che un effetto della semplicità e dell’ignoranza de’ tempi. Questo libro, tostochè uscì alla pubblica luce, destò grave rumore in Trento, e poco appresso si videro comparire le opere di tre diversi scrittori, i quali presero a vendicare acremente la santità ed il martirio del beato Adalpreto. Rispose loro l’Abate Tartarotti con un nuovo suo libro intitolato Apologia delle memorie antiche di Rovereto, nel quale egli sostenne nuovamente l’opinion sua, e fece vedere, quanto egli fosse in ingegno ed in sapere superiore a’ suoi avversarj, i quali con forze troppo ineguali contro di lui combattevano. Ma l’Abate Tartarotti avrebbe usato miglior senno, se avesse lasciato in pace, e non punto turbato le ceneri di S. Adalpreto, come non doveva turbar nè pur quelle di S. Romedio nella Naunia, ed è da dolere, che il tempo, ch’egli ha speso su tali argomenti, non sia stato da lui impiegato intorno ad oggetti più importanti e più utili, come ha fatto con altre dottissime sue opere. Io non mi farò ad esaminare le ragioni, che furono addotte in detti libri prò e contro la santità ed il martirio del Vescovo Adalpreto, poco importando alla gloria d’un paese, se uno de’ suoi antichi Vescovi sia stato santo e [p. 10 modifica]martire o non lo sia stato; ma dirò bensì che il culto di S. Adalpreto fu dimostrato essere antichissimo, e questo culto dopo le insorte dispute si accrebbe ancora, e divenne più generale e solenne3.

Abbiam fatto cenno più sopra dei piccoli signori o reguli di quell’età. Tutti gli storici ci attestano il tirannico e crudel governo, che generalmente in Europa i vassali facevano de’ loro sudditi in quegli infelici tempi. Se tale fosse anche quello dei Signori di Castelbarco verso il popolo della Valle Lagarina e degli altri vassalli della Chiesa di Trento, non ci [p. 11 modifica]è noto, perchè la storia non ne dà di ciò alcuna contezza; ma un importante documento abbiamo dell’ingiusto governo, che faceva de’ Perginesi il loro signore, nel qual documento leggesi, che nel 1166 la comunità del borgo di Pergine insieme con tutti i villaggi, che ne dipendono, aveva contratta una lega offensiva e difensiva colla città o repubblica di Vicenza contro il loro signore, o a dir meglio si era sottomessa alla signoria di quella città colla riserva però d’alcuni diritti, e coi patti e colle condizioni in esso documento espresse, documento che vien rapportato interamente nel volume terzo delle Notizie istorico-critiche della Chiesa di Trento, quantunque Pergine non appartenesse allora al temporale dominio de’ Vescovi di Trento.

Ma ritornando alla serie de’ nostri Princi Vescovi dopo la morte d’Adalpreto eletto fu nel mese di Luglio 1177 a suo successore Salomone Decano della Cattedrale. Egli intervenne nello stesso anno 1177 al famoso congresso o abboccamento in Venezia tra il Papa Alessandro III., e l’Imperatore Federico, destinato a finire le funeste contese, da cui erano stati sì lungamente agitati il Sacerdozio e l’Impero. Tra i personaggi, che in quest’occasione recaronsi a Venezia, onde render omaggio ai due supremi capi della Chiesa e dell’Impero leggesi in una Cronaca della Casa Barbaro di Venezia, che vi venne pure col corteggio o seguito di trenta persone [p. 12 modifica]Salomone Vescovo di Trento. Essendo stato in tal occasione riguardo alla guerra, che ardeva tra lo stesso Imperator Federico, e le città collegate d’ltalia patuita e giurata una tregua di sei anni, vedesi a quest’atto o documento sottoscritto tra gli altri Salomon Episcopus de Tridento, come si legge nell’opera Antiquitates Italiæ medii ævi4

Salomone ottenne dall’Imperator Federico il diritto di batter monete, et jus de ponte, seu de navigio, come attesta il diploma riferito dall’Ughelli nell’Italia sacra, che porta la data V. Idus Febbruarii anni 1182. Morì Salomone li 30 Dicembre 1183.

Note

  1. Annali d’Italia anno 1137.
  2. Muratori Annali d’Italia anno 1158.
  3. Io ho detto nella prima Parte delle mie Memorie Storiche intorno a S. Romedio, che il celebre Abate Tartarotti nel suo libro intitolato Apologia delle Memorie antiche di Rovereto pag. 315 e segg. disse con tutta ragione, che la vita di S. Romedio pubblicata colle stampe dal Prete Pietro Tecini Dottore e Prior dell’Eremo, nella quale si narrano molte prodigiose e stupende cose di questo Santo, e particolarmente intorno alla sua venuta in Trento montato su d’un orso in luogo di cavallo insieme co’ due suoi servitori a visitar S. Vigilio, ed alla campanella del Duomo, che di per se stessa suonando annunziò a S. Vigilio la di lui morte ed altre tali cose, ella non è che un impasto di favole, e d’imposture. Niuno però dee credere, che queste favole ed imposture fossero opera del Priore Tecini; poichè questi miracoli trovavansi riferiti da più altri Scrittori, ch’egli cita esattamente, o erano appoggiati ad antichissime tradizioni; nè dobbiam maravigliarci, se il pio autore li registrasse nella vita, ch’egli scrisse in onore del suo Santo. Il Priore di S. Romedio Tecini era uno dei più distinti ecclesiastici della Diocesi di Trento. Egli potrà dunque essere tacciato soltanto di pia credulità comune a tant’altri nel tempo, in cui egli scriveva.
  4. Tom. IV. col. 285.