La casa del poeta/Il sicario
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IL SICARIO
Nessuno, fra quelli che sapevano del suo terribile mestiere, e più o meno si erano serviti o contavano di servirsi di lui, lo chiamava con questo nome; anzi tutti lo consideravano, almeno superficialmente, come un giustiziere; perchè in realtà egli non si prestava alle richieste esecuzioni se non in casi eccezionali, quando cioè si trattava di una giusta vendetta o di levar di mezzo un individuo nocivo alla pace di un uomo o di una famiglia.
E studiava minutamente, se non profondamente, la causa, prima di venire ad una decisione irrevocabile: senza scrupoli superiori, senza principî religiosi, senza superstizioni.
Egli non credeva in Dio, nè in una vita futura: non credeva nella giustizia ufficiale, anzi la sua prima esecuzione era stata per conto suo, dopo aver perduto una causa che da piccola era diventata grande, che dalla pretura era finita in cassazione e lo aveva rovinato. E la ragione era da parte sua. La sua casa era stata messa all’asta, i suoi mobili venduti: egli si morsicava le mani per la rabbia, per il dolore dell’ingiustizia, e il suo sangue si era placato solo nel veder scorrere quello del suo persecutore.
Diventato assassino, l’autorità giudiziaria non lo aveva punito, neppure ricercato: quindi gli era rimasto un senso quasi ironico, se non cinico, della libertà che ha l’uomo di farsi giustizia da sè.
Una sera, nei primi tempi di miseria e di avvilimento, ubbriaco di vino e di amarezza, aveva parlato di questa sua convinzione ad un amico che si lamentava con lui di essere a sua volta perseguitato e minacciato di rovina e di morte da un suo avversario.
— Toglilo di mezzo: non c’è altro.
Ma l’amico era un debole, un pauroso: e lo disse, aggiungendo però che se avesse trovato qualcuno disposto ad aiutarlo non gli sarebbe dispiaciuto.
L’ubbriaco domandò:
— Quanto offri?
E si guardarono negli occhi come devono guardarsi i demoni.
*
Adesso, dopo molti anni e molte prove ben riuscite, si presentava un caso speciale.
L’uomo, che si era ricostruito una fortuna e spesso viaggiava commerciando in cavalli, capitò un giorno da una vedova, giovane ancora e di una bellezza inquietante e proterva. L’abitazione di lei sorgeva in mezzo ad una nuvola azzurrognola di oliveti, a mezza costa del monte sul cui cocuzzolo il paesetto bigio pareva germogliato dalla pietra stessa: ed ella era tanto ricca che, in quel luogo dove gli uomini cavalcavano sugli asini, possedeva persino cavalli da vendere.
Andarono a vederli, nel prato in pendìo, sul cui verde, quasi nero per l’ombra del poggio sovrastante, essi pascolavano, bianchi, duri, squadrati e come abbozzati nel marmo. Erano infatti solide bestie da fatica, e l’uomo, dopo averli guardati in bocca e palpati da tutte le parti, ne rimase soddisfatto.
Rientrati nella casa, dopo il contratto la donna offrì da bere: un vino forte e profumato che l’uomo, sebbene bevitore, non conosceva ancora e che forse per questo gli accese subito il sangue. In realtà erano la presenza e i modi della donna che lo eccitavano: poichè ella lo guardava in modo strano, coi grandi occhi neri e gialli, tempestosi, non lusinghieri, anzi come animati da una luce di odio e di diffidenza.
E la ragione, poichè egli parlava invece bonario e amico, gliela spiegò lei senz’altro.
— Voi rassomigliate straordinariamente ad una persona che io conosco e che forse anche voi conoscete: il mugnaio giù dell’oleificio a vapore. Siete forse parenti?
— Mai visto, mai conosciuto, mai sentito nominare — rispose l’uomo, con pacata ironia. — E voi?
— Io? Pur troppo l’ho conosciuto. Mi ha truffato in mille modi.
— Questo non è lusinghiero per la mia rassomiglianza. E spero che voi non mi sogguardiate così, nel timore che io gli rassomigli anche nei precordi.
— Sì, sì, — ella disse ridendo, rassicurata; — i vostri occhi sono diversi: sono quelli di un galantuomo.
Egli non li abbassò; poichè, di fronte a lei, si sentiva non solo galantuomo, ma anche, almeno per il momento, generoso ed amico.
Allora ella cominciò a raccontare le truffe del mugnaio, che, secondo la legge, non erano neppure truffe, perchè ella gli aveva prestato denari senza interessi nè cambiali, ed egli non pensava a restituirli.
— Anche l’olio delle mie olive egli si è tenuto, l’inverno scorso, con la promessa di farmelo vendere bene: e lo ha venduto, sì, maledizione a lui, ma a suo profitto.
— Ma, scusate una domanda indiscreta; voi non avete uomini, dico parenti, col fegato sano, per farvi rispettare?
— Io non ho nessuno: io non sono del paese: ho qualche parente del povero mio marito, ma questi uccellacci, che stanno su al paese, mi odiano perchè il defunto mi ha lasciato la sua roba. Essi sono i primi a rallegrarsi quando una disgrazia mi capita.
L’uomo sorseggiava il suo vino e diventava pensieroso: il suo antico istinto di giustiziere si ridestava, in forma però nobile, quasi tenera. Domandò:
— Ma in che veste si presentava l’amico?
— Ah, è una lunga storia — ella disse con un gesto vago; — ve la racconterò un’altra volta, se ci rivedremo.
*
Si rividero; poichè egli trovò molte scuse per tornare da lei. Ella lo riceveva arcigna, sempre più arcigna e diffidente a misura che egli si mostrava più amico e disinteressato; e per quanto egli ritornasse sull’argomento del mugnaio, ella non raccontava la lunga storia promessa. Ma egli l’aveva già indovinata. Un giorno disse:
— Ho finalmente conosciuto il mio sosia. Di belle cose si vanta, a vostro riguardo.
Ella scattò, lunga e tesa, con le mani simili ad artigli: e parve buttarsi sull’uomo per graffiarlo, mentre egli rideva e apriva le braccia come per accoglierla sul suo petto e consolarla.
Allora ella si piegò sul camino acceso, prese un tizzone ardente e segnò con esso una croce di fuoco sul pavimento. Disse con voce rauca:
— Nessuno sapeva ciò che egli è stato veramente per me; ma poichè adesso egli se ne vanta, giuro a Dio che andrò a mettere fuoco alla sua casa.
— Calma, calma — disse l’uomo, disarmandola del tizzone: — adesso parleremo: datemi da bere.
Agitata, ella andò a pigliare il vino; sedettero accanto al fuoco, poichè il tempo era già freddo, ed ella raccontò la lunga storia di amore, di tradimento e di rapina.
— Egli ha profittato di me perchè sono donna sola e senza difesa. In ultimo, dopo avermi spremuto come un limone, disse che, sì, avrebbe mantenuto la promessa di matrimonio, ma a patto che io gli facessi donazione di tutto il mio. A tal punto è arrivato questo assassino; ma adesso tocca a me.
L’uomo si alzò, depose il bicchiere sulla tavola, tornò a sedersi accostando la sedia a quella di lei. Si sentiva tutto caldo di generosità. La donna gli piaceva, per il suo stesso odio, per l’ardore che, più che dalle sue parole, sgorgava dai suoi gesti e dagli occhi terribili: e perchè non si lamentava, non chiedeva aiuto, ma proponeva di vendicarsi da sè. Le domandò, sottovoce, accostando il viso al viso di lei:
— Se io facessi qualche cosa per voi, sareste contenta?
Ella trasalì: lo guardò negli occhi: ed egli ricordò gli occhi del suo primo mandante.
*
Quel giorno stesso fece una prima esplorazione intorno all’oleificio. Era una semplice costruzione nera, coi muri quasi trasudanti olio; dentro si sentiva il rombo della macchina che sgretolava le olive. Un grosso cirro di fumo usciva dalla ciminiera e il rigagnolo nero e grasso dei rifiuti sboccava da un buco accanto alla porta. Tutto era triste intorno ai dirupi brulli, e sulla china sotto l’edificio, sparsa di pietre vulcaniche: si sentiva, quasi, che l’uomo appollaiato lì col suo mestiere non poteva essere un uomo di buoni sentimenti.
Anche i contadini allampanati e neri, coi lunghi baffi spioventi, che scendevano con gli asini carichi di sacchi di olive, avevano una figura grottesca e sinistra: o era il negoziante di cavalli che vedeva così, tutto brutto, perchè brutti erano i suoi pensieri?
In fondo, questa volta egli non era convinto: sentiva di essere spinto da una specie di fatalità, e lontano dalla presenza della donna e dal fascino sensuale ch’ella esercitava su di lui, il suo odio irragionevole contro il mugnaio si spegneva.
Ad ogni modo, per curiosità, volle conoscere davvero il suo sosia. La scusa non gli mancava: voleva acquistare un barile d’olio. Entrò dunque nel frantoio e domandò del padrone. E provò un senso di gioia quando un vecchio che badava alla macchina gli rispose che il padrone era malato.
Egli s’interessò subito a questa malattia.
— Mah! È salito l’altro giorno al paese e dice che ha bevuto un bicchiere di vino con un forestiere. Tornato qui ha cominciato a sentir dolori e vomitare. Egli crede di essere stato avvelenato: oggi però si sente meglio.
— Si può vedere?
Glielo fecero vedere. Stava sdraiato vestito su un lettuccio, in una camera ingombra di orci d’olio e di cestini d’olive verdi: intorno al polso aveva attortigliato un rosario; sul tavolino accanto, davanti a una statuina della Madonna, ardeva una lampadina votiva.
Il mercante di cavalli non trovò neppure la grande rassomiglianza pretesa dalla vedova. Il mugnaio, forse per il suo male e per la barba non rasa che gli anneriva le guance, pareva più vecchio di lui, con gli occhi chiari e freddi, quasi del colore delle olive intorno. Fuori della finestra si vedeva, nel tramonto freddo, un paesaggio biancastro e pietroso che sembrava disegnato col gesso su una lavagna: e il mercante doveva ricordarsi di tutto questo come del quadro più tetro ch’egli avesse veduto nella sua vita.
*
La sua figura vi campeggiò solo per pochi minuti, ed egli scambiò solo qualche frase col mugnaio malato: poi se ne andò col cuore libero, perchè, dopo aver provato per la prima volta in vita sua una sensazione misteriosa di paura, quasi fosse penetrato in un luogo inumano dove regnavano, invisibili, i mostri peggiori della fatalità, aveva deciso di non impicciarsi oltre negli affari della vedova.
Tre giorni dopo fu arrestato. Il mugnaio era morto, avvelenato davvero, gridando, nel delirio delle sue ultime ore, che il forestiere col quale aveva bevuto su al paese era lo stesso venuto a contrattare un barile d’olio.
Invano il mercante provò il contrario: la giustizia degli uomini, che inconscia lo aveva spinto nella via del delitto, inconscia lo punì per il solo delitto che egli non aveva commesso.