Parte II

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Parte I Parte III
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PARTE SECONDA.

SCENA PRIMA.

Pelarina e Volpiciona.

Volpiciona. Ma con tanti riguardi

Vuoi lasciarti scappar la tua fortuna.
Pelarina. Voi dite ben: peliamolo, peliamolo,
Giacchè il gonzo è caduto;
Ma non pensate a tutto.
Quand’ei donato avrà, vorrà ch’io doni,
Che non son così buoni
Gli uomini al giorno d’oggi
Le speranze a pagar: la splendidezza
Fan divenir mercato,
E voglion coi regali aver comprato.
Volpiciona. S’io non sapessi, o figlia,
Quanto in uscir da perigliosi incontri
Prudente e scaltra sei,
Credimi, a un rischio tal non t’esporrei;
E poi per tua custodia
Non son io sempre desta?
Pelarina. Ma tutta la mia pena or non è questa.
Tascadoro pelato,
Almen dell’amor suo vorrà parlarmi;
Io non voglio annoiarmi
No1 con quel babbuin2i; soffrir nol posso.
Volpiciona. Tutto ha il rimedio suo, fuor che quest’osso.
Diamogli, quando vien, quella pelata
Che abbiam premeditata;
E poi con una burla,

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Ch’io penso, gli faremo un tal spavento,

Ch’ei mai più di vederti avrà ardimento.
Pelarina. Or ben, con questo patto
A secondarvi io sieguo.
Volpiciona.   Ho preparato
Già l’abito per me.
Pelarina.   Ma il mio prendeste,
Che far pagar volete a quel buon uomo?
Volpiciona. Sì, quel che l’impresario3 di Mazorbo 4
Già ti donò.
Pelarina.   Ma poi quel personaggio
Che fingerete in Venezian linguaggio,
Sosterrete voi bene?
Volpiciona. Sai pur, che quando io voglio
La Veneta adoprar favella amata,
Su queste pietre cotte io sembro nata.
Pelarina. Ma se mai vi scoprisse?
Volpiciona.   Eh, non v’è dubbio.
Pelarina. Or dunque a prepararvi
Andate.
Volpiciona.   Sì, ma Tascadoro viene;
Resto un poco.
Pelarina.   Adescarlo5 or mi conviene.

SCENA II.

Tascadoro e dette.

Tascadoro. Or non ho più paura

Di non esser amato.
Pelarina.   (Oh che figura!)
Volpiciona. (Oh che animal!)

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Tascadoro.   Da parigin vestito,

D’oro e gemme guernito,
Con il piede in cadenza,
Col capo in iscorruccio6,
Nel favellar gentile e rispettoso,
Eccovi in Tascadoro un amoroso.
Pelarina. Bravissimo! Voi siete
Così bene attillato 7,
Che incantata m’avete. (Oh bestia!)
Volpiciona.   (Oh matto!8)
Tascadoro. Non vel diss’io che stupirete?
Pelarina.   Andate. (a Volpiciona
Volpiciona. Lasciami un po’ goder.
Tascadoro.   Voi sospirate?
(È cotta). Ah cara bella,
Viva Diana stella...
Pelarina.   Oh Dio! Non più,
Che a questo vago oggetto e sì galante
Resa abbastanza io son tenera amante.

Con quel vezzo, con quel moto9
Voi sembrate il bel Narciso.
     (Oh che folpo10, che merlotto!)
     Ah che il cor m’avete ucciso.
     Ite a far quel che sapete.
     Tutta vostra sì m’avrete.
     (Monta qui, che vedrai Pisa).
     Ma il cappello in questa guisa
     Più gradito a me vi fa.
          Ora posso star su l’aria
          Di cantante ma primaria,
          Che un sì vago cavaliero
          Da bracciero — a me farà 11.

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Tascadoro. O cara, o grande, o amabile lezione,

Da voi poc’anzi a me insegnata!
Volpiciona.   Io vado
A scrìver una lettera; tu intanto,
O figlia, il cavalier va rallegrando
Con qualche scherzo: a te lo raccomando.
Pelarina. È ben raccomandato;
E so ben io di rallegrarlo il modo.
Volpiciona. Bene: addio.
Tascadoro.   Restiam soli? Or sì ch’io godo.

SCENA III.

Pelarina e Tascadoro.

Pelarina. Tanto godete?

Tascadoro.   In libertà vedermi
Con voi, empie12 di gioia il seno mio.
Pelarina. Almen potessi anch’io
Col riso accompagnar la vostra gioia!
Tascadoro. Che avete? che v’annoia?
Non basta a rallegrarvi
Il vedermi sì lindo e sì garbato?
Pelarina. (Che schiocco!) Ah tormentato
Da troppo fiera angoscia è questo core.
Tascadoro. Perchè? Mio dolce amore 13,
Dite a me la cagion.
Pelarina.   Voi, voi la siete.
Tascadoro. Io! come?
Pelarina.   Sì: nel dirmi che godete
Brillar faceste, oh cielo! agli occhi miei
Il vostro vago anello
Che mi fè ricordar d’un che perdei,
Simile appunto a quello.

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Tascadoro. (Oh infausta somiglianza!

Maledetta lezion!) Io vuò14 riporlo
Nel taschin più nascosto,
Acciò più nol vediate.
Pelarina. Ah prima almen lasciate,
Mio caro Tascadoro,
Ch’io lo contempli: io spero
Consolarmi così per un momento.
Tascaporo. (Ahimè!) No, che il vederlo è più tormento.
Credetemi...
Pelarina.   Ah crudel!
Tascadoro.   Oh Dio! Prendete,
Vostro conforto ei sia; non lagrimate,
Ch’io mi sento morir.
Pelarina.   Voi mel donate?
Tascadoro. Io dissi...
Pelarina.   Grazie, grazie.
Tascadoro.   A contemplarlo...
Pelarina. Sì, sì, per vostro amore
Sempre il contemplerò: come è mai bello!
Come giusto mi va!
Tascadoro.   (Povero anello!
Per me sei morto già).
Pelarina.   Ma che vi turba?
D’esser meco qui solo,
È pur la libertade a voi sì cara.
Tascadoro. Sì. (Mai più solo. Oh libertade amara!
Ma non si perda in tutto). Or Pelarina
Non mi sarà crudele.
Pelarina. (Ecco la mosca che s’accosta al mele).
Mio bel sol, che sereni i giorni miei,
Tu sei pur mio.
Tascadoro.   Sì, sì, mia bella Venere.
Pelarina. Ah caro!

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Tascadoro.   Oh che contento!

(Dell’anello il brucior già più non sento).
Pelarina. Così allegro vi voglio.
Tascadoro. E amorosa così vi brama il core.
Pelarina. (Un nuovo segno or ti vuò dar d’amore).
Tascadoro, vi lascio.
Tascadoro.   Che? Partite?
Pelarina. Alla conversazion del conte Cimbano
A mezz’ora di notte io sono attesa.
Tascadoro. Oh, oh, dunque v’è tempo.
Tutte le mostre mie
Fan15 di ventitré ore un quarto meno.
Pelarina. È ver, ma che disdetta a una mia pari
È il non aver cinque orologi almeno!
Tascadoro. Cinque? Che dite mai?
Pelarina. Cinque, nè sono assai:
Un da scena, un da casa,
Un da conversazione, il quarto al letto.
Tascadoro. (Ahi, si fa brutto il tempo). E il quinto poi?
Pelarina. Quanto alla tavoletta
Possa il quinto giovar, vedete voi.
Tascadoro. Eh, superflui son tutti;
E l’ultimo che dite anzi è proibito,
Acciò la virtuosa non s’affanni
Ad abbigliarsi in fretta,
E si faccia aspettar così al teatro.
Pelarina. Eh non scherzate. È debito preciso
Sempre del protettore
Il provvederli.
Tascadoro.   Or favelliam d’amore.
Pelarina. Pria di parlarne più, debbo insegnarvi
Come all’amata il vero amor ragioni.
Tascadoro. No, no, da voi non voglio altre lezioni 16.
Pelarina. Dunque partite.

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Tascadoro.   Ah che non posso.

Pelarina.   Andarne
Saprò ben io.
Tascadoro.   Fermate. (Oh ciel!) S’ascolti
Un vero amante al fin come si scopre.
Pelarina. D’un verace amator parlano l’opre.
Tascadoro. E gli orologi miei parlar dovranno?
Creder nol so.
Pelarina.   Poneteli in mia mano,
E parlar li udirete.
Tascadoro.   Eccoli. A questo patto
Ve li consegno, e ad ascoltar m’appresto.
(Che parlar assassino, o Giove, è questo!)
Pelarina. Parlan così: sentite. È Tascadoro
Il cor di Pelarina;
Languisce la meschina
Perchè troppo l’adora...
Tascadoro. Seguite, o cari, via parlate ancora;
Siete suoi, già son vinto.
Pelarina. Non parlan più, perchè vi manca il quinto.
Tascadoro. Or via mo, siate buona, e se m’uccise...

SCENA IV.

Volpiciona da Canacchiona17, e detti.

Volpiciona. Merli bei da camise 18,

E cordoni de seda a un soldo al brazzo.
E i xe de quell’andar19i),
Chi no li vuol, li lassa star.
Tascadoro. Vien qui costei che grida?
Pelarina.   Sì: godrete.
È allegra assai, rider farebbe i marmi.

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Tascadoro. (E il diavolo or la porta a disturbarmi).

Volpiciona. Ghe n’ho de cremesini,
De lattesini20 e bei:
Creature 21, comprei a un soldo al brazzo.
E i xe de quell’andar,
Chi no li vuol, li lassa star.
Pelarina. (Brava mia madre!) O Canacchiona, addio.
Volpiciona. Fazzo de reverenza a vu sustrissime22.
Tascadoro. Schiavo, schiavo.
Volpiciona.   Quanti anni e quanti mesi? 23
Disè, steu ben, fia mia?
Pelarina.   Sto ben.
Volpiciona.12 Godo; ve vedo
Con un bel zentilomo in compagnia.
Tascadoro. Oh cara donna, quanto mi piacete!
Pelarina. (S’è gonfiato in udir bel gentiluomo).
Volpiciona. Che sìelo benedìo! Quanto che godo
Co vedo zoventù che se vuol ben!
Vardè là che tochetto 24!
La fa cascar el cuor. Questo xe ’l tempo
De star allegramente,
Che in vecchiezza se xe boni da gnente.

Che bel contento do ciere belle
     Veder ch’el giubilo d’amor le tocca.
     Le me par giusto do tortorelle,
     Che fa la ronda, se chiappa in bocca,
     Sbatte le ale co quel sestin25.
Godè la macchina26 fin che sè zoveni,
     Putti galanti,
     Bei cuori amanti,
     La vostra barca via che la vaga,

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     E i vecchi staga27—sotto el camin.

Tascadoro. Com’è gustosa!

Pelarina.   Non vel dissi?
Volpiciona.   Oh bona!
Diga chi vuol, mi son la Canacchiona.
Pelarina. Ditoni, che di bello
Portato avete?
Volpiciona.   Un cao, ma su la giusta 28.
L’è un andriè29 superbo.
Tascadoro. Eh, sarà antico.
Pelarina.   E poi roba portata...
Volpiciona. No, da donna onorata. Uh se savessi,
El xe d’una patrona...
Basta... el gh’è stà donao,
Ma no la vuol che in casa i ghe lo veda,
E acciò che fazza bezzi,
Za mezz’ora in scondon30 la me l’ha dao.
Pelarina. Vediamolo, vediamolo.
Tascadoro.   (Perduto
Questo tempo è per me senz’alcun frutto). 31
Pelarina. Per mia fè ch’egli è vago.
Volpiciona. Credo de sì; l’è un drappo a tutta usanza,
E po basta saver ch’el vien de Franza.
Tascadoro. Di Francia?
Pelarina.   E sarà vero? 32
Volpiciona. Sì ben, de Franza: no vedè che mina33?
Tascadoro. (Chi sa s’egli nè men vide Fusina!34)
Volpiciona. Oe, l’è una bona spesa
Si 35 ve sentì de farla;
L’è longo, grando, ricco, el fa fegura,
E per vu el ve anderave una pittura.

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Pelarina. Dite ben: quanto è ’l prezzo?

Volpiciona.  El costa assae
A chi l’ha fatto far; ma chi lo vende,
Con puoco l’ha acquistao, ghe preme i tràiri36
Presto, e in t’una parola
Per cento zecchinati anca i lo mola37.
Pelarina. Per così poco?
Tascadoro.   Che? Cento zecchini
Buon mercato vi par?
Pelarina.   Anzi buonissimo
AI merito del drappo: a farlo nuovo
Ne vorrebbon ducento, e sol mi pesa
D’esser di soldo or scarsa,
Nè poter perciò far sì buona spesa.
Tascadoro. Gettereste il denaro.
Volpiciona.   Anca sti torti
Vu fe a sto zentilomo? In so presenzia
Tremè de bezzi?38 Nol xe minga un tegna39,
Nè manco qualche arsura 40,
Da no ve contentar de sta freddura 41.
Tascaporo. V’aspetta il conte Cimbano
Alla conversazion: vi lascio, addio.
Pelarina. Così presto, cuor mio,
Mi volete lasciar?
Votriciona. Via, no ve fe nasar42.
Tascadoro.   (Amor mi tiene,
Ma la borsa è in periglio).
Pelarina. Timor già non avreste,
Ch’io v’obbligassi a far questa spesetta.

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Tascadoro. Eh so ben...

Volpiciona.   Poveretta,
L’avè mortificarla.
Pelarina. Oh non son poi di quelle,
Che studian di pelar or questo or quello.
Tascadoro. (Gli orologi lo san, lo sa il mio anello).
Pelarina. E poi non ho tal merito...
Tascadoro.   Che dite?
Volpiciona. Via mo, xe ben vergogna,
Che ve fe sfregolar 43.
Tascadoro.   Ma non udite,
Ch’ella non vuol ch’io spenda?
Pelarina. Sì, son io che non voglio.
Tascadoro.   Udiste?
Volpiciona.   Eh via,
No siè tanto testarda;
Lasse ch’el ve lo compra 44.
Tascadoro.   (Oh che maliarda!)
Pelarina. Nol permetterò mai.
Tascadoro.   (Or sì respiro).
Volpiciona. Eh, deme pur i bezzi,
E lassè che la diga.
Tascadoro.   Io sarei pronto,
Ma se è lei che non vuol...
Pelarina.   Quando si tratta
Di compiacervi alfin...
Tascadoro.   Ma se badate...
Pelarina. No, no, non vi sdegnate,
Ricevo il don, contategli il denaro.45
Tascadoro. (Ah per te, borsa mia, non vi è riparo).
Volpiciona. (Pur in gabbia è ’l merlotto).
Pelarina. Favor sì generosi
Son legami amorosi

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Al mio core per voi.

Tascadoro. Qual mi darete poi
Dolce pegno d’amor perch’io vi creda?
Volpiciona. Ma i zecchini?
Tascadoro.   Son qui.
Volpiciona.   Via, che li veda.
Pelarina. Spicciatela, che presto
Se ne anderà.
Tascadoro.   (Sorte crudel!) Prendete,
E andate.
Volpiciona.   Xeli coito?
Tascadoro. Sì, e son ruspidi ancora.
Volpiciona. E ben, si qualche gran anca i calasse,
No vardo tanto per suttilo.
Pelarina.   Or vado
Alla conversazione.
Tascadoro. Eh non partite: al vostro amore appresso...
Pelarina. Olà: comandi a me? Vuò46 andarvi adesso.
Tascadoro.   Col Conte, mia vita,
  Non tanto frequente
  Vedervi vorrei.
Pelarina.   Or ben insolente
  Chiamarvi potrei.
Volpiciona.   Un abito solo
  No compra47 una donna.
Pelarina.   Sel crede lo sciocco.
Tascadoro.   Deh siate più buona.

Volpiciona. a due (Oh povero alocco!)
Pelarina.
Tascadoro.   Che ardire è mai questo?

Pelarina.   Tacete, ha48 ragion.
Volpiciona.   Volè troppo presto
  Vu far da paron.

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Tascadoro.   Oh cospetto di bacco baccone!

  Tascadoro, che ha dato un tesoro,
  Si strapazza? si tratta così?
Pelarina.   Un mezzo regalo
  A me si rinfaccia?
Tascadoro.   Che mezzo?

Volpiciona. a due Silenzio.
Pelarina.
Tascadoro.   Che Canacchionaccia!

Volpiciona.   No femo bordello.
Pelarina.   Oibò, che viltà!
Tascadoro.   Almen per l’anello
  Un po’ di pietà.


Fine della Seconda Parte.


Note

  1. Ed. Zatta: Giammai.
  2. Nelle vecchie stampe: babuin.
  3. Edd. Valvasense, Tevernin e Savioli: impressario.
  4. Isoletta della laguna di Venezia.
  5. Edd. Valv., Tev. e Sav.: addescarlo.
  6. Nelle antiche stampe c’è qui il punto fermo.
  7. Nelle stampe del Settecento attilato.
  8. Nell’ed. Zatta, per ragione della rima: Oh mato!
  9. Ed. Zatta: molto.
  10. Forma dialettale, per polpo.
  11. Segue nelle vecchie stampe: Con quel etc.
  12. Ed. Zatta: s’empie.
  13. Ed. Zatta: Perchè mio dolce amore?
  14. Ed. Tevernin: ; ed. Zatta: vo a.
  15. Ed. Zatta: Fanno.
  16. Nell’ed. Valvas. è stampato, qui e sempre: lezzioni.
  17. Pronunciasi Canaciona: merciaiola ambulante, forse famosa a Venezia. Ricordo che canachion nel gergo furbesco veneziano significa deretano: v. Boerio.
  18. Camicie.
  19. Di quella fatta: v. Boerio, Dizionario del dialetto Veneziano.
  20. Celesti: v. Boerio.
  21. Detto amichevolmente, significa: miei cari, anime mie: v. Boerio.
  22. Abbreviato per vossignorie illustrissime. Qui è detto scherzosamente.
  23. Sottinteso: che non ci vediamo?
  24. Significa bella giovane: Boerio. - V. vol. XIII, p. 305, n. 2 e vol. XVIII, p. 451.
  25. Diminutivo e vezzeggiativo di sesto; significa bel vezzo: v. Boerio.
  26. Manca questa locuzione nel Dizion. del Boerio. Macchina significa amante: vol. II della presente edizione, pag. 204, n. c; e 491, n. e; e vol. VIII, pag. 132, n. b.
  27. Se ne stiano.
  28. Un capo prezioso: v. vol. VII, pag. 456, n. a; e vol. XVIII, pag. 27, n. 4.
  29. Per andrienne.
  30. Di nascosto.
  31. Ed. Zatta: fruto.
  32. Nelle vecchie stampe, anche nello Zatta, c’è punto fermo.
  33. Mostra, comparsa: v. G. Patriarchi, Vocabolario Veneziano e Padovano. - Spicco: v. Boerio.
  34. Fusina o Lizza Fusina, primo luogo d’approdo in terraferma, alle foci della Brenta, per i Veneziani che andavano a Padova: vol. IV della presente ed., pag. 275, n. a.
  35. Ed. Zatta: Se.
  36. Ed. Zatta: traeri. Il tràiro o tràgiaro o anche traero e traro, d’antica origine tedesca, già in uso nel Cinquecento, valeva 5 soldi veneti, cioè la quarta parte d’una lira: vol. II, pag. 430, n. 2; vol. XIII, pag. 369, n. 3; vol. XVIII, pag. 292, n. b e 406, n. a. Cfr. Boerio; F. Mutinelli, Lessico Veneto, e altri.
  37. Lo cedono.
  38. Tremate per i denari? temete per la spesa? Manca tale espressione nel Boerio.
  39. Avaraccio: v. Boerio.
  40. Uno spiantato: v. Patriarchi e Boerio.
  41. Qui significa: cosa da poco prezzo.
  42. Non vi fate burlare: vol. XII, pp. 164, 191, 483 e vol. XIII, pp. 343 e 348, Cfr. Patriarchi, p. 84, e Boerio.
  43. Pregare e ripregare: v. Patriarchi.
  44. Ed. Valvasense: crompa.
  45. Ed. Zatta: denaro.
  46. Ed. Zatta: Vo.
  47. Ed. Valvasense: crompa.
  48. Edd. Tevernin e Savioli Tacete a ragion.