La Faoniade/Parte seconda/Ode terza. Il sogno

Parte seconda - Ode terza. Il sogno

../Ode seconda. A i numi infernali ../Ode quarta. A Venere IncludiIntestazione 15 dicembre 2022 75% Da definire

Parte seconda - Ode seconda. A i numi infernali Parte seconda - Ode quarta. A Venere
[p. 360 modifica]

Ode terza.

IL SOGNO.


     Dal nereggiante e tacito
Sen della madre antica,
De’ sogni e del silenzio
Sorgea la bruna amica;
     E svolazzando ombrifera
Sulla terraquea mole,
Tutti invadea gli spazj
Che abbandonava il Sole.
     Gioje e piacer si provano
Sotto il suo grato ammanto;
Felici amanti giacciono
De’ loro amati a canto.
     Le ingrate piume vedove
Sola di pianto io bagno:
L’ardor, che il sen mi lacera,
È il solo mio compagno.

[p. 361 modifica]

     Questo, se veglio, m’agita
Con mille affanni veri:
Se dormo, tetre immagini
Dipinge a’ miei pensieri.
     Oggi dell’atra Leucade,
Chiuse le luci appena,
Amor mi offerse all’anima
La formidabil scena.
     Già di seder pareami
Su quel temuto scoglio,
Che suol dell’uom proteggere
E suol punir l’orgoglio.
     E in giù volgendo attonito
Lo sguardo alla marina,
Scopriva inevitabile
La mia fatal ruina.
     Morte vegg’io, che rigida
Si appresta al duro assalto,
E vuol sua preda accogliermi
Nel periglioso salto.
     Questo a me dice, è il termine
D’un disperato affetto:
Vieni: Te ancor mia vittima
Insiem coll’altre accetto.

[p. 362 modifica]

     In così dir di Cefalo 1
Il tristo fin mi addita:
E l’infelice Calice, 2
Cui tolse Amor la vita.
     A vista sì terribile,
Di morte alla minaccia,
In petto il cuor comprimesi,
E per timor si agghiaccia.
     Faone, ei stesso, il barbaro
Autor del mio tormento,
Vidi, insultando assistere
Al mio fatal cimento.
     De’ miei deliri il perfido
Par che si rida, e pare,
Che già veder vorrebbemi
Sommersa in seno al mare.
     Stanca di più resistere
A colpo sì funesto,
Già disperata e rapida
Al passo rio mi appresto.
     Quando vezzosa giovane
Mi appare in sulla sponda,
Cui bagna il piè la placida
Appena mobil’onda.

[p. 363 modifica]

     Copre sue membra candide
Verde succinta veste,
Che a breve manto accoppiasi
Di bel color celeste.
     Odo a me lieto giungere
Della sua voce il suono:
«Io son la Dea de’ miseri,
»Dice; la Speme io sono.»
     Chi a me si affida, impavido
Ascenda pur la rocca,
Ch’io sosterrollo provida,
Quando nel mar trabocca.
     Tu sai, qual restò libero
Dal doppio suo periglio
Di Pirra amante misero 3
Del gran Prometeo il figlio:
     Lor sorte vicendevole
Cangiossi in quell’istante:
La fredda Pirra accendesi,
Egli non è più amante.
     Questo rammenta, e intrepida
Disciogli il volo ardito:
Amor ti vegga, e mordasi
Pieno di rabbia il dito.

[p. 364 modifica]

     A i detti, e al volto amabile
Della celeste Diva,
Un non so che in me destasi,
Che il cor rinfranca e avviva.
     Al passo irrevocabile
Già m’abbandono, e ormai....
Quando, al tremor scuotendomi,
Apro atterrita i rai.
     Le larve e i sogni fuggono
Con lei che mi consola:
Amor sen ride, ed invido
La mia speranza invola.

Note

  1. [p. 381 modifica]A questo poemetto dobbiamo la notizia della morte di Cefalo; mentre gl’istorici dicono, che si buttasse dalla rupe Leucadia; ma non parlano dell’esito del suo salto. Veggansi le notizie istoriche poste in fine di quest’opera.
  2. [p. 381 modifica]Calice, amante di Evatlo, disperata della di lui indifferenza si precipitò dal monte Leucadio, e morì. Stesicore ha scritto un poema su tale avvenimento. Veggasi presso Ateneo lib. XV. cap. III.
  3. [p. 381 modifica]Ovidio nella citata sua epistola a Faone si appropria questo passo di Saffo, lo che mi riconferma nell’esposta idea.

         Heinc se Deucalion Pirrhœ succensus amore
         Misit, et illæso corpore pressit aquas.
    Nec mora; versus Amor tetigit lentissima Pirrhœ
         Pectora; Deucalion igne levatus erat.