La Faoniade/Parte seconda/Ode seconda. A i numi infernali

Parte seconda - Ode seconda. A i numi infernali

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Ode seconda.

A I NUMI INFERNALI.


Saffo, dopo avere in vano ricercato il suo Faone, ne chiede notizia agli Dei infernali, ed implora il loro ajuto.


     Se i Numi dell’Empireo
Sono a’ miei prieghi immoti,
Divinità dell’Erebo,
A voi rivolgo i voti.
     Non vi sorprendra, o pallide
Ombre del cupo inferno
Che imbelle donna premere
Osi le vie d’Averno.
     Sol fu concesso agli uomini
Calcar lo stigio campo:
La prima io son, che incognite
Feminée orme vi stampo.

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     La prima io son, che intrepida
Mi appresso al vostro trono:
lo la fanciulla Lesbia,
Saffo infelice io sono.
     Non io de’ vostri taciti
Regni a turbar la pace,
Qual già Teséo, qual Ercole,
Scendo con destra audace.
     Al pari anch’io del Tracio
Figlio del saggio Apollo,
Tra voi potea discendere
Colla mia cetra al collo;
     Ma forza ed arti abbomino;
Il solo Amor mi è guida;
A Radamanto, ad Eaco
La mia ragion si affida.
     I voti miei proteggere,
Piacciati, o giusto Dite:
E voi, tremendi giudici,
Le mie querele udite.
     Poichè lasciommi il perfido
Faon romita amante,
Tra selve, e luoghi inospiti
Trassi la vita errante.

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     Qual forsennata e stupida,
In questa parte e in quella,
Vado, ritorno, e misera
Non so di lui novella.
     In van per monti indomiti
Vò di Faone in traccia:
In van per lui del pelago
Sprezzai l’orribil faccia.
     Forse di morte vittima
Quì cadde infra gli estinti:
Fors’ei tra questi aggirasi
Più incogniti recinti.
     Là, dove i rei si straziano
Con nuovo atroce scempio,
Fra i più malvagi spiriti
Si troverà quell’empio.
     Gli Dei punir lo vollero
Del mio tradito affetto:
Il cor gli rode e lacera,
L’Angui-crinita Aletto.
     Gran Re, per me dischiudasi
La tenebrosa soglia,
Fa che dal nero carcere
Il mio Faon si scioglia.

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     Io non pavento gli aspidi,
Non le chimere e i mostri:
Io scenderò negli orridi
Caliginosi chiostri.
     Amor mi è guida, e impavida
Me rese oltre il costume:
L’alme a sua voglia e timide,
E rende audaci il Nume.
     Dal più profondo baratro
Meco il trarrò, se vuoi:
Ma non vietar, si fissino
I miei ne’ lumi suoi.
     So, che al cantor di Tracia:
Fu il rimirar funesto
Decreto ineseguibile
Per un amante é questo.
     No: non sapría resistere
Il mio possente ardore:
A lui n’andrieno rapidi,
Gli occhi, le braccia, e ’l core.
     Ma voi tacete!.... E un rauco
Suon dalle vie profonde,
» Faone è in braccio a Rodope,»
Odo che a me risponde.