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atto terzo. — sc. vii. 163

Con pugni e calci, se fa resistenzia:
Il Nebbia ed io menaremo la giovane.
Bruno.Non più parole: innanzi, valentuomini.
Trappola.(Oimè! chi son costoro che ci vengono
Dietro in tal fretta?)
Corbo.                                        Mercadante, fermati:
Che roba è questa?
Trappola.                                 Non accade intenderlo
A te, ch’i’ non te n’ho da pagar dazio.
Corbo.Tu non ne dêi nè bolletta nè polizza
Aver pigliata, e pensavi menarcela
Di contrabbando. S’hai bolletta, mostrala.
Trappola.Guardami a basso, e l’anello ritrovaci
Da bollar: che bolletta?
Corbo.                                        Non trovandoti
Bolletta, cadi in frodo.
Trappola.                                      Non si pigliano
Di simil cose bollette nè pagasi
Dazio, ove più del guadagno è la perdita.
Corbo.Perdita ben dicesti, chè perduta la
Hai per voler fraudar il dazio. Lasciala.
Trappola.A questo modo credete levarmela?
Corbo.Lasciala, ti dico io.
Bruno.                                  Lasciala.
Riccio.                                                  Tagliagli,
Se non la lascia, il braccio
Trappola.                                               Si assassinano
Dunque così li forestieri in Sibari?
Nebbia.Eulalia, andiamo a trovar il tuo Erofilo.
Corbo.Cacciagli un occhio, se non tace.
Bruno.                                                      Spezzagli
Il capo.
Trappola.              Ajuto ajuto; soccorretemi,
Cittadini.
Rosso.                Che fate, che tagliatagli
Già non avete la lingua?
Bruno.                                          Difendesi
Coi denti.
Rosso.                 Tien, finch’io piglio quel ciottolo,
E tutti ad un ad un, quanti n’ha, svellogli.
Trappola.A questa guisa, ribaldi, levatami
Avete la mia femmina?