L'elemento germanico nella lingua italiana/I

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Imbecherare, inebbriare, subornare, corromper uno; dargli il vino (Firenzuola, Varchi). Secondo alcuni questo vb. sarebbe una corruzione di imbeverare, il che non mi pare verosimile; perchè imbeverare, se pure esiste, non potrebbe avere dato luogo ad imbecherare, essendo affatto irregolare il cangiamento del v in ch. Il Tramater pensò al vb. t. bekehren, convertire, rivolgere. Ma anche questa etim. mi pare assurda per senso e per forma: pel senso, perchè bekehren, spiegherebbe tutt’al più i sensi traslati e derivati di imbecherare, cioè quelli di “subornare, indettare”, e non il primitivo e fondamentale di “inebbriare”; per la forma poi, perchè per la possibilità della formazione di un tal vb. sarebbe necessario che l’it. avesse già posseduto il vb. t. bekehren, il che non è mai stato. Quindi credo piuttosto col Delatre che siasi svolto dal nome [p. 262 modifica] Becher, bicchiere, pronunciato alla tedesca. Ammessa questa derivazione, che mi pare ravvalorata dal fatto che l’it. tolse dal nome t. Becher anche Pecchero, il signif. di imbecherare sarebbe propriamente quello di “imbicchierare, imboccare”, e quindi figuratamente quello di “imbeccare, indettare”. Deriv.: imbecherato.

Ingaggiare, ingaggiarsi, convenire con pegno specialmente in cose di guerra e di cavalleria, intraprendere, cominciare (Novellino, Cino, G. Villani). Nel mlt. s’incontra invadiare, inguadiare, mettere pegno, vb. formatosi dal nome bl. wadium, vadium d’orig. ger. (v. Gaggio); tuttavia io credo che ingaggiare sia puramente riproduzione del corrispondente fr. e prov. engager, avente uguale origine. Deriv.: ingaggi-amento-o. V. anche Ingatiare e Sgatiare.

Inganno, frode, malizia; errore (Dante, Maestruzzo). Finora la più ragionevole delle deriv. di questa parola [sp. engaño, port. engano, prov. engan, frode; vb. sp. engañar, enganar, afr. enganer, valac. ingenà, beffare] sembra la proposta del Diez da aat. gaman, giuoco, scherzo, derisione, oltraggio, as. gàman, gamen, mat. gamen, mt. gam; ags. gamen, gomen, scherzo, derisione, oltraggio, ing. game, scherzo, giuoco, passatempo, afris. game, gome, anrd. gaman. Per la forma è chiaro che da gamn, sincope di gáman, si potè svolgere naturalmente un ganno, come da damnum venne danno, sp. daño, port. dano, prov. dan. Quanto poi al signif., dal momento che il voc. ger. valeva “letizia, gioja, trastullo, derisione, giuoco”, era facile il passaggio al concetto di “frode”, giacchè sono due idee che si toccano, come avviene anche in it. giuoco, fr. jouer quelqu’un e in beffa. Il mlt. gannare s’incontra prestissimo. In un gloss. lat. gr. abbiamo gannat, χλευάζει; e sost. gannum, beffa, derisione, nel Gest. reg. Frid.; gannatura è in Bonif. Rh. Maur. e Aldhelm. Ma prov. gahnar, ridere, beffare, secondo il Diez, non è la stessa parola. L’etim. da l. ingenium è assurda [p. 263 modifica] fonologicamente, ed anche logicamente, poichè da “ingegno” a “derisione, giuoco” non c’è alcun trapasso possibile. L’aat. geinôn, aprir la bocca, non si presta neppur esso sotto alcun rispetto. Deriv.: inganna-bile-gione-mento-tivo-tore-trice; inganne-rello-vole-volemente-volissimo-volmente; ingannigia; ingann-oso-uzzo; disingannare; sgannare.

Ingatiarsi, intricarsi, aggrovigliarsi (dialetto della montagna modenese). Il prov. ha il vb. engatiar, che ha un signif. alquanto diverso, valendo lo stesso che fr. engager, cioè “impegnare, vincolare”. Ma l’avere il dial. moden. assunto un senso tutto materiale non impedisce che i due vb. non siano della stessa radice. V. anche Sgaggiarsi.

Insturlarsi, percuotere e rompersi la testa contro qualche cosa, urtare. È voce delle montagne modenesi (Montese); a Modena si dice insturlers (Maranesi). Questa voce, di cui sinora nessuno ha cercato l’origine, credo venga dal vb. ger. stirlen, urtare, punzecchiare, stuzzicare, premessavi la prep. in, come in altri casi, e rinforzata la i rad. in u per eufonia. Se il signif. fondamentale di “insturlarsi” è quello di “battere la testa”, si potrebbe pensare anche a t. Stirn, fronte; donde s’avrebbe insturnare, e per dissimilazione insturlare, battere la fronte.

Intuzzare, v. Tozzo.

Inzafardare, inzavardare, imbrodolare, imbrattare (Franzesi, Minucci). Presuppone, a detta del Caix, un * ingifardare, il quale ultimo è verbo denominativo formatosi da * gifardo riposante su aat. gifarit, tinto, macchiato. Questo non è che il participio passato di vb. aat. farawian, farawen, mat. warwen, tm. farben, tingere, colorare. Gifarit non è documentato nella forma maschile, ma è documento nella femminile, dandoci le glosse un aat. gifârida che è spiegato con “fucata”. Il gi rappresenta il solito rinforzo che prende il participio passato tedesco. La stessa radice ger., senza il participio, diè il [p. 264 modifica] nome fr. fard, belletto, it. farda, come s’è visto sotto questa parola. Notevolissimo mi sembra poi che dove in it. e in fr. il vocab. ger. ha conservato il suo significato affatto materiale di “imbrattamento, macchia”, nel campo originario fino da tempo antichissimo assunse significati traslati, almeno come composto. Così abbiamo aat. gafârida, givârida, gîvaridi, mat. gevaerde che valeva “inganno, astuzia, insidia”. Del resto dall’idea di “colorato, tinto, macchiato” non è difficile il passaggio a quella di “astuzia, inganno, cattiveria”: cfr. per es. la frase «anima nera», e il suo contrario «anima candida». È verosimile che questa voce sia d’importazione longobarda. V. anche Furbo e Farda. Deriv.: inzafardamento e aretino inzavanare.

Issare, alzare un oggetto mediante una fune che gira intorno a una o più carrucole poste in alto (Term. mar.). Questo vb. coi corrispondenti sp. port. izar, fr. hisser d’ug. sig., secondo il Diez aveva per base lo sv. hissa, da cui sarebbe venuto anche tm. hissen. Al contrario il Kluge sostiene che il fondamento delle voci romanze, del tm. e dello stesso sv. è il bt. hissen, da cui anche ol. hijschen, ing. to hoist, alzare, issare. Il Kluge asserisce anche non potersi determinare con precisione nè il tempo nè il luogo della formazione di questo termine nautico; ma che fu certamente prodotto del bt., dal quale una serie numerosa di termini marit. penetrarono così nell’alto tedesco e negli altri dial. ger. come nelle lingue romanze. La forma bt. deve certamente essere esistita sin dal medio-evo, poichè nel fr. appare già nel sec. 16º, donde pare penetrasse nelle lingue sorelle. Del resto hissen, sempre secondo il Kluge, è la forma bt. corrispondente all’alto ted. hetzen, mat. aat. hetzen, cacciare, eccitare, spingere, che qui si conservò in signif. puramente materiale; ed in senso morale diè il vb. hassen, odiare, e nome Hass, odio. Deriv.: issa-mento.

Izza, ira per lo più con provocazione e irritamento (Liv. manosc.; Amm. Ant.; M. Vill.). È nome [p. 265 modifica] d’importazione longobarda, che non incontrasi in nessuna delle lingue neol. sorelle. Riposa su aat. hizzëa, hizza, hitza, hiza, mat. hizze, hitze, tm. Hitze, calore, bollore, impeto. La forma got. era * hitja, as. hittja, ol. hitte, hette, ags. hit, anrd. hite, calore, hita, scaldamento, dan. hete, calore. La rad. ger. è hit, cui appartiene got. heîto, febbre, aat. mat. heiz, caldo, adirato, amareggiato, tm. heiss, caldo, ol. heet, ags. hát, anrd. heitr, col vb. denom. aat. mat. tm. heizen, scaldare, ags. haétan, ing. to heat; inoltre vb. aat. hizzon, hizôn, diventar caldo, mat. hizen, hitzen, d’ug. sig. Il tema ger. era hitja, hitjan. Il Mackel non mette come certo che l’afr. hicier, eccitare, enhicier, infiammare, accalorare si riannodi ad aat. hiza ovvero riposi sul nome a. bt. che sopravvive nel vb. hissen, eccitare, ovvero sia un’altra derivazione.