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imbecherare. 261


allega l’esempio dell’it. che ne offre parecchi esempi; e del resto identifica gousse, nel senso generale d’involucro con housse, che viene sicuramente da bl. hulcia, hulcitum, riposante su aat. hulst, come ing. e ol. holster, fodero, guaina. Il Diez per il fr. richiederebbe un aat. gihulsi, che non è documentato. Un’altra parola dell’aat., messa innanzi anch’ essa dal Diez, è gabissa, gavissa, loppa, scarto, che pel signif. corrisponderebbe precisamente a certe voci dei dial. it., come il mil.; ma la forma è meno soddisfacente della prima. Accanto a queste due der. ger., il Diez allega una parola l. informe galliciciola, spiegata da Placido per “corteccia della noce”. Ma la forma genuina sarebbe stata galliciola, dimin. di gallicia, noce gallica. Di qui, egli dice, poterono svolgersi in it. galcia, galscia, guscio e in fr. gausse, gousse. Ma questa rassomiglia quasi a una delle famose trasformazioni del Ménage; onde lo Scheler la chiama congettura disperata. Deriv.: gusciolino, guscione, sgusciare.

I

Imbecherare, inebbriare, subornare, corromper uno; dargli il vino (Firenzuola, Varchi). Secondo alcuni questo vb. sarebbe una corruzione di imbeverare, il che non mi pare verosimile; perchè imbeverare, se pure esiste, non potrebbe avere dato luogo ad imbecherare, essendo affatto irregolare il cangiamento del v in ch. Il Tramater pensò al vb. t. bekehren, convertire, rivolgere. Ma anche questa etim. mi pare assurda per senso e per forma: pel senso, perchè bekehren, spiegherebbe tutt’al più i sensi traslati e derivati di imbecherare, cioè quelli di “subornare, indettare”, e non il primitivo e fondamentale di “inebbriare”; per la forma poi, perchè per la possibilità della formazione di un tal vb. sarebbe necessario che l’it. avesse già posseduto il vb. t. bekehren, il che non è mai stato. Quindi credo piuttosto col Delatre che siasi svolto dal nome