L'arcadia in Brenta/Nota storica

Nota storica

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Atto III

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NOTA STORICA

Compiuto felicemente il primo anno della riforma teatrale con la recita della Putta onorata, il Goldoni, oltre le commedie per le quali era impegnato col Medebach, accettò di scrivere nella quaresima del ’49 un dramma giocoso da cantarsi nello stesso teatro di Sant’Angelo durante la fiera dell’Ascensione. Nei Notatorj inediti del Gradenigo, presso il Museo Civico, si legge in data 14 Maggio 1749: “Andarono in scena l’opere in musica nelli tre teatri, cioè in S. Samuele il Ltucippo [dell’ab. Pasquini]; a S. Cassano Fra li due litiganti il terzo gode, et in S. Angelo L’Arcadia in Brenta” (vedasi anche Wiel, I teatri musicali veneziani del Settecento, Venezia, 1897).

Quest’ultimo dramma, del Goldoni, sarebbe stato musicato, secondo il Dizionario Universale dei Musicisti dello Schmidl, fin dal 1746, a Piacenza, da Vincenzo Ciampi (vol. I, p. 341); ma anche qui vale quello stesso che dicemmo nella nota precedente a proposito del Bertoldo (p. 294). Nella Bibliografia universale del teatro drammatico italiano del Salvioli (Venezia, 1894-1901) e nel Dizionario universale di tutte le opere in musica (inedito) di Giuseppe Pavan è pure ricordata una recita del 1747 a Bassano, nel teatro Brocchi e Coltellini, con musica del Ciampi (v. pure Musatti, I drammi musicali di C. Goldoni, Venezia, 1902, p. 22 dell’estratto). Ma per quante ricerche siano state fatte di recente dal Musatti stesso, dal dottor Rolandi e dal prof. C. Magno presso la biblioteca stessa del Museo di Bassano, nessun indizio è apparso di tale recita e del libretto. L’edizione Zatta delle Opere teatrali del Goldoni dice, sbagliando, che l’Arcadia in Brenta fu “rappresentata per la prima volta in Bassano l’anno 1757”. In un elenco di libretti della Biblioteca Musicale di S. Cecilia in Roma, mandati nel 1892 all’esposizione di Vienna, è segnata un’Arcadia in B. edita a Bassano nel 1757: come mi comunica con la sua squisita gentilezza Ulderico Rolandi, l’appassionato e dotto raccoglitore di libretti in musica, che illustrò la vita e le opere del Bertati. Può essere avvenuta qualche confusione fra le due date. Il primo a provocarla è stato torse il Fétis, accennando all’Arcadia in Brenta quale prima opera musicata dal Ciampi, come vedemmo nella Nota storica del Bertoldo, e accumulando errore su errore. Non abbiamo finora nessuna prova che il Ciampi musicasse mai l’Arcadia in B., e mi pare del tutto da escludere che il Goldoni scrivesse il dramma durante il soggiorno di Pisa, per un modestissimo teatro di provincia e per un giovine compositore, ancora ignoto.

A Venezia ben comprendiamo la scelta dell’argomento, benché il Goldoni anche questa volta togliesse soltanto lo scenario, per così dire, il nome dei personaggi e il titolo dal libro notissimo del Sagredo, abbandonandosi poi, come argutamente confessa nella prefazione, alla libera fantasia. Questa Arcadia è una piacevole parodia di certe accademie del tempo: in essa si ritrova quasi lo spunto del Poeta fanatico, scritto l’anno dopo (v. vol. IV [p. 358 modifica]della presente ed.). Tuttavia qui non si deride il fanatismo dei versi, come in alcune scene della Forza d’amore del padre Panicelli, musicato dal Galuppi nel 1745; ma piuttosto la smania delle villeggiature, che mandano in rovina certi prodighi, come il buon Fabrizio, e "cagionan spesso”, come osserva Giacinto,

Nella stagion de’ temperati ardori
Impegni, servitù, dolcezza, amori.

L’autore si ricordava certamente del suo Momolo sulla Brenta (v. il Prodigo, nel vol. I) e abbozzava il quadro di future commedie (v. la Castalda, vol. VII; la Cameriera brillante, X; i Malcontenti, XII; la Villeggiatura, XIII; e la famosa trilogia, XIX). L’Arcadia in brenta è uno dei drammi buffi più felici, non ostante i cattivi versi e qualche dialogo insulso: certe caricature fanno ancora ridere, certe scenette rivivono in quella società del Settecento che la satira si diverte senza posa a colpire. Qui la commedia si avvicina alla vita reale senza intruglio di romanzo, senza artificiosi travestimenti, senza tipi convenzionali e stucchevoli, senza inverosimili accidenti: siamo nel mondo goldoniano. Il libretto d’opera si solleva d’un buon tratto, sui modelli precedenti: anche di questa data conviene dunque tener conto.

È inutile voler sapere chi sia Fabrizio: non dobbiamo pensare a S. E. Michele Grimani, o al conte Jacopo Gozzi, padre di Gasparo e di Carlo, oppure al nonno del nostro commediografo: somiglia a tanti, a Venezia e fuori di Venezia, che volevano godere a ogni costo nel secolo della spensieratezza, e pagavano cari i propri piaceri; somiglia al Goldoni stesso in qualche momento, tormentato, come si sa, più di una volta dai debiti. Anche madama Lindora, che viene in scena sostenuta dai due braccieri, e il complimentoso conte Bellezza sono usciti così ridicoli e vivi dal cervello del nostro autore nella gioconda facilità dell’improvvisazione, ma i modelli della caricatura passarono sotto gli sguardi arguti di Carlo Goldoni. Chi non lo vede quel povero Conte mentre cammina goffamente porgendo un braccio a Lindora, ossia a Madama tenerina che lo tira indietro, e l’altro alla vivace Lauretta che lo spinge avanti? La scena degli sternuti, alla fine dell’atto primo, è imitata dal terzo atto della Maestra del Palomba (Nota storica della Scuola moderna), ma dev’essere un lazzo non ignoto alla commedia dell’arte. Di questa, forse per mostrarne la vacuità e il “guazzabuglio buffonesco”, come dice Attilio Momigliano, ci offre il Goldoni una scena alla fine del secondo atto (la riferì il Momigliano; v. Le opere di C. Goldoni, Napoli, 1914, pp. 36-39): specie di “commedia in commedia”, come farà poi nel Teatro comico, un anno dopo. Anche la sc. II del I atto, quella cioè del primo incontro di madama Lindora e del conte Bellezza, riprodusse il Momigliano, apponendovi queste parole:”Qui la caricatura della dama sdolcinata e delicata è un po’ grottesca; ma tutta la scena è abbastanza curiosa come riproduzione drammatica di quell’Arcadia alla quale di solito si bada soltanto nella lirica, mentre la sua parte più vitale e meglio corrispondente alla realtà è rispecchiata dai melodrammi del Metastasio e, in un mondo più borghese, da non poche commedie del Goldoni” (pp. 62-64). Del resto anche questo fortunato drammetto giocoso sfuggì a quasi tutti gli studiosi del teatro goldoniano. [p. 359 modifica]

L’Arcadia in Brenta del Goldoni fu musicata nel 1749 da Baldassare Galuppi detto il Buranello (1706-1785), che già nel ’40 e nel ’41 aveva composto la musica di due opere serie del poeta nostro, del Gustavo primo e dell’Oronte. È questa la prima opera comica del maestro veneziano? Francesco Piovano che nel suo diligentissimo studio sul Galuppi, stampato nella Rivista Musicale Italiana (1906, fasc. 4; 1907, fasc. 2; 1908, fasc. 2), lo saluta "quale efficacissimo riformatore della musica comica" e precursore “della nuova generazione dei compositori della scuola napoletana”, del Piccinni, del Paisiello, del Cimarosa,”coi quali l’opera buffa napoletana, dopo essere stata per non breve periodo pressoché ristretta alle sole rive partenopee, conquistò finalmente i teatri di tutta la penisola ed anche d’oltremonti” (l. c., 1908, p. 249), non si fece questa importante domanda. Fino a questo momento, cioè fino al ritorno del Goldoni da Pisa e al trionfo della riforma del teatro comico nell’anno 1748-49 a Sant’Angelo, con le recite applauditissime della Vedova scaltra e della Putta onorata, non pare che il Galuppi, noto già da molti anni per le sue opere serie, rivestisse per intero di note giocose un’opera buffa, benché rimaneggiasse qualche dramma comico musicato da altri autori: fatta eccezione per la Forza d’amore del padre Panicelli, rappresentata a S. Cassiano nel carnevale del 1745, vero "dramma giocoso", come nella stampa s’intitola, per quanto goffo e prolisso. Certo l’Arcadia incontrò immenso favore presso il pubblico e segna una data memorabile nella vita artistica del Buranello.

Nel settembre dello stesso anno fu in fatti cantata a Crema e nella stagione autunnale venne ripetuta a Venezia sul teatro di S. Moisè. Nella primavera del 1750 la troviamo a Milano e in quella del ’51 ancora a Milano e a Bologna, e nel medesimo anno a Torino; nell’ottobre del ’52 a Este, nel ’53 un’altra volta a Venezia e poi a Faenza; nel ’55 ad Amburgo, a Dresda, a Lipsia; nel ’57 a Bassano, nel ’59 a Roma, ridotta a semplice intermezzo, e a Monaco (pure ridotta), nel ’64 a Modena, nel ’65 a Como (col titolo di Nuova Arcadia), nei ’69 di nuovo a Roma e finalmente nel ’71 a Bonn. Non si sa perchè il Wotquenne metta l’Arcadia fra le opere incerte del Galuppi (v. B. Galuppi, in Rivista Mus. It., 1899, p. 570). Il libretto del Goldoni fu pure musicato nel carnovale del 1757 da Gio. Meneghetti per il teatro di Piazza a Vicenza (comunicazione dell’amico C. Musatti, desunta dal Dizionario del Pavan); nel 1764 da Gio. Cordeiro per il Real Teatro di Salvaterra a Lisbona; nel 1771 da incerto autore per il teatro della Corte Elettorale a Colonia; nel 1780 dal maestro Bosi, per il teatro Bonacossi di Ferrara.

Per la bibliografia e per ogni notizia sul Galuppi si deve consultare l’ottimo studio del Piovano. Peccato che al Piovano sfuggissero i copiosi Notatorj inediti del Gradenigo, presso il Museo Civico di Venezia. Nel 1740 il Buranello fu maestro di coro del pio Ospitale dei Mendicanti (Vinc. Caffi, Storia della musica sacra della già Cappella Ducale di 5. Marco ecc., Venezia, 1854, vol. I, p. 394); ma l’anno dopo venne chiamato a Londra dove restò due stagioni teatrali (Piovano, l. c., 1906, pp. 703-704 e 706). Nel ’48 ebbe la nomina di vicemaestro della Cappella Ducale di S. Marco (Caffi, l. c., I, 389) e nell’aprile del ’62 diventò, per la morte del Saratelli, [p. 360 modifica]primo maestro (Piovano I. c., 1907, p. 359). Nel numero 39 della Nuova Gazzetta Veneta dello Zanetti, in data 24 luglio ’62 si legge: "Jeri pure fu il Sig. Baldassare Galuppi, detto il Buranello, Maestro della Regia Ducale Cappella di S. Marco, eletto pure per Maestro del Coro delti Incurabili, onde il dì 6 Agosto averemo il piacere di udire le sue Composizioni Musicali per le Figlie del Coro suddetto ".

L’invito di Caterina II al Galuppi, per tre anni, è ricordato nei detti Notatorj in data 21 settembre 1763. Ai 4 settembre 1765, essendo il Galuppi partito alla volta di Pietroburgo, gli fu sostituito quale maestro presso gl’incurabili Francesco Brusa (ivi). - Nel suo viaggio da Pietroburgo a Varsavia (verosimilmente nel settembre o in principio d’ottobre del 1765), il Casanova racconta di aver incontrato "le fameux maitre de chapelle Galuppi, suraommé Buranelli (sic), qui se rendoit à Pétersbourg, avec deux amis et une virtuosa... Dès que je lui eus décliné mon nom, il m’embrassa avec des exclamations de surprise et de satisfaction" (Mémoires, ed. Garnier, VII, 209). Negli Annali della Città di Venezia, pure dello Zanetti, leggesi in data marzo 1766: "Merita menzione la notizia avutasi da Peterburgo, ch’essendo colà giunto il rinomato attual Maestro di essa Ducale Cappella Baldassare Galuppi detto il Buranello Viniziano, invitatovi espressamente con pubblica permissione dalla regnante lmperadrice di Rusria Catterina, fu fatto da essa accogliere con non ordinarj contrasegni di compiacimento e di estimazione, fu liberalmente oltre il convenuto premio regalato con danari et altro, e in fine onorato in modo degno del grand’animo di quella Sovrana... Esso G. era partito l’anno scorso 1765 verso quelle rimote parti, facendo il viaggio a spese della mentovata Sovrana”. Si sa che fece ritorno nell’autunno del 1768.

Fu variamente giudicato dai contemporanei. È da ricordare il giudizio severo del Metastasio nella lettera dei 27 dicembre 1749 al diletto Farinello (cav. Carlo Broschi): "...Vi auguro felice la musica del Buranello; il quale per altro, secondo quello che io ne ò sentito, sarà un ottimo maestro per i violini, per i violoni e per i cantanti, ma cattivissimo mobile per i poeti. Quando egli scrive, pensa tanto alle parole quanto voi pensate a diventar papa; e se ci pensasse non so se farebbe di più. À una feconda miniera d’idee, ma non tutte sue, nè sempre ben ricucite insieme. In somma non è il mio apostolo" (Lettere disperse e inedite di P. M. a cura di G. Carducci, Bologna, 1883, p. 312). Ma il Galuppi non era noto ancora quale compositore di musica giocosa. Antonio Piazza, scrittor di romanzi, nel II tomo del suo Teatro, ovv. serie di fatti di una Veneziana che lo fanno conoscere, sembra confermare le parole del Metastasio: "Musica e Poesia" dice “sono sorelle; una e l’altra è armonia; eppure vi sono moltissimi Maestri tanto ignoranti di questa, che a capire due versi hanno d’uopo d’uno scalpello che glieli ficchi nel capo. Il celebre Buranello che ha fatto tanto strepito al mondo, ha un’anima così dura per la Poesia, che il Goldoni e il Chiari intisichirono sotto di lui” (pp. 109-110). Così nel 1777, con evidente esagerazione: ma non è senza eloquenza il silenzio del Goldoni nelle sue Memorie. Otto anni prima, nella Virtuosa, ovv. la Cantatrice Fiamminga, il Piazza appaiava nella lode il poeta e il compositore: “...La poesia era del celebre Signor Dottore Goldoni, all’Europa tutta assai noto per le tante produzioni [p. 361 modifica]poetiche dal suo felicissimo ingegno. Eira la musica del Signor Galuppi soprannominato il Buranello, famoso al paro di lui per un numero infinito di musicali composizioni ripiene di quell’estro, di quella vivacità, di quella forza, che l’hanno sempre distinto tra le Persone dell’eccellente arte sua"(cito dalla 2a ed., 1783, p. 49). Lo lodò l’Arteaga per le cure dell’orchestra e per lo studio dei personaggi (Le Rivoluzioni del Teatro Music. It., Bologna, 1783, t. I, 297-298). Entusiasta di lui è il Bumey che nel suo Viaggio Musicale in Italia, nel 1770, ce lo presenta come un vecchietto piccolo e magro, ma pieno ancora di spirito e di vivacità. Paragona il suo genio a quello di Tiziano che va crescendo di forza con l’età. Le sue composizioni per il teatro gli sembrano ricche di fantasia, di sentimento e di fuoco (v. Viaggio in Collezione Settecentesca Sandron, passim). Nel secolo seguente il Caffi, spinto da soverchio affetto, lo chiamò addirittura "il vero autore ed il padre" dell’opera buffa: "Egli la introdusse e la fece aggradire in teatro con uno stile ornato, libero, pien di varietà di vivacità e di capriccio" (l. c., I, 385).

Ai giorni nostri Andrea Della Corte nel suo libro pensato e originale sull’Opera Comica Italiana nel ’700 (Bari, 1923), in un capitolo intitolato B. Galuppi e la collaborazione goldoniana, riconosce nel maestro veneziano un "temperamento d’artista drammatico, esperto nelle espressioni molteplici dell’anima e dell’arte, tanto commosso quanto brillante nella sua vena di compositore strumentale, sempre nobile e sobrio, mai banale e sciatto"(vol. I, p. 164); osserva che "se le frasi vocali comiche del Galuppi non hanno sempre quella vivacità, quella eloquenza, quella plastica, quell’aderenza alla situazione ed al verso che è pur facile riscontrare abbondantemente in autori minori e popolareschi, esse sono agili, interessanti, ritmicamente precise" (p. 165); ma pure insiste sulle "manchevolezze" del maestro veneziano ("la fantasia non brillante, e sovratutto, la scarsa aderenza alla situazione, al verso": p. 171), così con severità concludendo: "Le preoccupazioni minuziosissime dell’importanza e della condotta orchestrale, mentre ci confermano la sua intima sensibilità drammatica, la sua nobile concezione della molteplice espressione musicale, la sua conoscenza delle risorse strumentali, ci fanno notare che le sue ricerche estetiche e le sue virtù tecniche, non vivificate da forte luce spirituale e da forte originalità, non fruttificarono come era desiderabile, sicché, malgrado tutto, l’opera comica restò nelle sue mani fragile e frammentario elemento di occasionale e fuggevole edonismo senza vita drammatica e senza organicità" (pp. 171-172).

Convien ricordare che in tutta Europa furono accolte con plauso le opere del Galuppi, di questo stupendo creatore, mai stanco, simile per virtù d’improvvisazione e di fecondità al Goldoni e al Tiepolo; e il nome del Buranello diventò popolare. Lo cantò un dì in un poema Roberto Browning (A Toccata of Galuppi); e di recente un delicato bozzetto tracciò Violetta Paget, col pseudonimo di Vernon Lee (L’immortalità del M.o Galuppi: v. A. R. Levi, in Gazzetta di Venezia, 7 dic. 1921). Che se il Galuppi non fu mai invitato, a’ suoi tempi, sui teatri di Napoli, non dobbiamo attribuirlo a colpa sua, nè dobbiamo punto meravigliarci, sia perchè la capitale del Mezzogiorno abbondava di maestri compositori e giustamente si compiaceva della sua dovizia, sia perchè esisteva una naturale rivalità fra i teatri [p. 362 modifica]veneziani e i napoletani, sia perchè Napoli e Venezia, come dice benissimo lo stesso Della Corte, “ebbero scuole musicali nettamente diverse” (I, 165). Del resto anche la commedia goldoniana restò quasi ignota sul golfo di Napoli.

“Galuppi, compositore immensamente prolifico”, dice Violetta Paget “abbondò in melodia, nel tenero, nel patetico e nel brillante, e colla massima semplicità e leggierezza s’innalza certe volte alla bellezza somma” (Vernon Lee, Il Settecento in Italia, Milano, 1882, vol. I, p. 219). E con dolcezza e poesia Filippo Monnier: “C’est lui qui exprime en musique la grâce de l’heure vénitienne. Rempli des idées les plus fines, il écrit en se jouant. Il n’est que caprice, brio, verve railleuse, gaîté légère. Sa veine coule de source et s’épanche. Elle se prodigue dans la lumière heureuse et blonde que le Tiepolo aimait peindre. Elle inonde l’âme d’une fraîcheur de printemps. C’est pour ce fils de Venise que ni l’effort, ni la peine, ni le recueillement ne semblent exister. Il est facile et bien content” (Venise au 18e siècle. Paris, 1907, pp. 148-149). “Singolare ingegno” lo chiamò il dotto Canal “che trattò con sommo valore ogni maniera di musica, ma specialmente la giocosa, aggrandì le forme del dramma, arricchì l’istrumentazione, insegnò, secondo la frase dell’Arteaga, l’espressione del musicale costume” (Della Musica in Venezia, in Venezia e le sue lagune, Venezia, 1847, vol. I, parte 2m, p. 493). E il Chilesotti:”... Ei fu uno dei compositori più originali d’Italia: dotato d’un brio, d’una vivacità che conservò fino in vecchiezza, egli ha saputo infondere a’ suoi canti un estro, uno spirito, una novità che lo rendono eminentemente distinto fra i maestri veneziani. Galuppi non brilla per la forza dell’armonia, ma le forme graziose e la naturalezza delle sue melodie gli ottennero una celebrità che resistette lungamente ai capricci della moda. Se per le rivoluzioni svoltesi nella musica teatrale le sue opere disparvero dalla scena, esse riusciranno però sempre modelli perfetti del genere comico” (I nostri maestri del passato, Milano, 1882, p. 117). Il Piovano, più volte citato, così concludeva le sue dottissime note bio-bibliografiche sul vecchio maestro, del quale ebbe a ricordare più di centoquaranta composizioni drammatiche: “Galuppi promosse il concerto delle voci, e molto partito trasse dall’orchestra, che portò (non senza incontrar contrasti) ad esser nell’opera parte essenziale, e non accessoria come era prima di lui: e per opera sua le venete orchestre salirono ad alta fama. Ma la lunga celebrità egli l’ottenne principalmente per le forme graziose e la naturalezza delle melodie onde copiosamente ingemmò tante opere. Dopo tanta gloria, dopo tanti onori, egli è oggi un dimenticato: perchè, pur essendo salito nella sua arte a più che notabile altezza, non pervenne tuttavia a quelle ardue cime dalle quali i Palestrina, i Bach, gli Hàndel sfidano i secoli” (1908, pp. 249-250).

Non sarebbe inutile ricercare più a fondo quale efficacia avesse la commedia goldoniana sull’arte del Galuppi, poiché il grande periodo a Venezia della cosidetta riforma del teatro comico per opera del Goldoni comprende pure il trionfo del Galuppi e dell’opera comica musicale italiana, che non più aggrappata ai lidi voluttuosi di Napoli si sparge al di là delle Alpi per tutta l’Europa, da Londra a Lisbona e a Pietroburgo. - Questo è il merito vero nella storia del Settecento musicale del grande e modesto Buranello, e, almeno in parte, dell’autore dell’Arcadia in Brenta e del Filosofo di [p. 363 modifica]campagna: di aver sviluppato con un maggior svolgimento dei caratteri e un più sano senso della realtà la vera commedia in musica, che prima non poteva propriamente esistere, e di aver dato all’opera giocosa cittadinanza mondiale.

G. O.

EDIZIONI PRINCIPALI.

L’ARCADIA | IN BRENTA | Dramma Comico per musica | da rappresentarsi | in Venezia | nel Teatro di | S. Angelo per la Fiera dell’Ascensione | l’Anno 1749. || In Ferrara, per Giuseppe Barbieri - pp. 52 (v. il frontespizio).

L’ARCADIA | IN BRENTA | Dramma comico per musica | Da rappresentarsi in Venezia nel | Teatro di S. Angelo | Per la Fiera dell’Ascensione | l’anno 1749. || In Venezia MDCCXLIX | Presso Modesto Fenzo | Con licenza de’ Superiori - pp. 52. (Il raro libretto appartiene alla R. Biblioteca di S. Cecilia in Roma, e sulla copertina porta la seguente nota ms.: “Di questo libretto ristampato dalla edizione di Ferrara si sono serviti anche nelle recite dell’Autunno susseguente nel Teatro di S. Moisè”. Nota “forse sincrona”, mi avverte il gentilissimo dottor Ulderico Rolandi a cui devo tale comunicazione. Salvioli, in Bibliografia universale del teatro drammatico italiano, Venezia, 1894-1901, avverte pure che, “esauriti i libretti stampati in Ferrara, fu fatta nello stesso anno 1749 una ed. dello stesso libretto anche in Venezia” la quale servì per le recite autunnali nel teatro di S. Moisè “e con nuovo frontespizio” per la recita a Crema nel 1749).

L’ARCADIA | IN BRENTA | Dramma per musica | Da rappresentarsi in Crema | In occasione della Fiera di Settembre | dell’Anno 1749 | consegrato all’eccelso merito dell’Ill. ed Ecc. signor Lorenzo Orio degnissimo Podestà e Capitanio della città stessa. - In Venezia MDCCXLIX, appresso Modesto Fenzo - pp. 52. (Comunicazione del dott. Rolandi, a cui rivolgo le mie maggiori grazie. V. anche Spinelli, Bibliografia goldoniana, p. 174, e Salvioli cit. sopra).

L’ARCADIA | IN BRENTA | Dramma comico | per musica | da rappresentarsi | nel Regio-Ducal Teatro | di Milano | nella Primavera dell’Anno 1750 | dedicato | a Sua Eccellenza | la Signora Contessa | Rosa di Harrach | nata I Contessa di Harrach | Govematrice di Milano. || In Milano MDCCL. | Nella R. D. C., per Giuseppe Richino Malatesta Stampatore | Regio Camerale | Con Licenza de’ Superiori - pp. 52 (il libretto è nella Biblioteca del Liceo Musicale di Bologna).

L’ARCADIA IN BRENTA ecc. da rappresentarsi nel R. Ducal Teatro di Milano, con musica scritta dal maestro Baldassare Galuppi pel teatro S. Angelo in Venezia nell’estate del 1748 (sic), in 3 atti, Milano, R. Malatesta, 1751, pp. 60, in-24 (v. Spinelli, l. c„ pp. 174-175, dallo schedario Silvestri).

L’ARCADIA | IN BRENTA | Drama per musica | da rappresentarsi nel Teatro | del Pubblico in Bologna | la Primavera dell’Anno | MDCCLI. || In Bologna | Nella Stamperia di Bartolomeo Borgh | Con licenza de’ Superiori [p. 364 modifica]- pp. 56, in-12. (Il libretto, presso il Liceo Musicale di Bologna, non ha il nome del Goldoni ed è mutato qua e là, specialmente nel terzo atto. Cantò la parte di Rosanna Anna Cosimi, virtuosa del Duca di Modena, Lindora fu Niccolina Rosa, Laura Marianna Ferretti, Giacinto Pellegrino Salvolini, Fabrizio Pietro Grazioli, Conte Bellezza Giov. Dalpini, Foresto Carlo Barbieri).

L’ARCADIA IN BRENTA, da rappresentarsi al Teatro di Este per la Fiera d’Ottobre 1752. - Venezia, Fenzo, 1752. (Comunicazione del dottor Uld. Rolandi).

L’ARCADIA | IN BRENTA | Dramma giocoso | per musica | da rappresentarsi in Faenza | sul Teatro deil’Ill.ma Accademia de’ Signori Remoti | per la Fiera dell’Anno 1753 ecc. || Stampato a Bologna, 1753, per gli Eredi di Costantino Pisarri e Giac. Filippo Primodì - pp. 46, in-12. (Libretto presso il Liceo Musicale di Bologna. La dedica degli Attori Impresari è in data 8 giugno 1753. Il testo sembra fedele, solo soppressa qualche scena).

OPERE DRAMMATICHE GIOCOSE | di | Polisseno Fegejo | Pastor Arcade. | Tomo secondo. || Venezia, | appresso Giovanni Tevernin | in Merceria della Provvidenza | MDCCLIII: L’ARCADIA IN BRENTA, pp. 113-168.

OPERE DRAMMATICHE GIOCOSE, c. s., Torino, MDCCLV11. a spese di Agostino Olzati, t. II.

L’ARCADIA | IN BRENTA | Farsetta a quattro voci | da rappresentarsi | nel Teatro | della Pace | per il secondo Intermezzo | nel Carnevale 1759. | Dedicata alla Nobil Dama | la Signora Contessa | Francesca | Gherardi Cherofini || Roma, MDCCLIX - pp. 24. (Libretto presso il Liceo Musicale di Bologna: è strappata la parte inferiore del frontespizio. Sono due parti di due scene ciascuna. Qualche aria è cambiata. La riduzione è forse del Goldoni stesso che si trovava a Roma).

L’ARCADIA | IN BRENTA | Dramma giocoso per musica | di Polisseno Fegejo P. A. | Da rappresentarsi | in Modena | nel Teatro Rangone | il Carnevale dell’Anno 1764. | Dedicato | a Sua Altezza Serenissima | la Signora | Principessa | Ereditaria | di Modena, || In Modena, per gli Eredi di Bartolomeo Soliani | Stamp. Ducali - pp. 52, in-12 (v. Spinelli, in Modena a C. Goldoni, Modena, 1907, pp. 239 e 424 e Bibliografia cit., p. 175).

L’ARCADIA IN BRENTA, Dramma giocoso per musica di Polisseno Fegejo Pastor Arcade, da rappresentarsi nel Real Teatro di Salvaterra nel Carnovale dell’Anno 1764. - Lisbona, Stamperia Ameniniana, pp. 77. (v. Musatti, I drammi musicali di C. Goldoni, Venezia, 1902, p. 22 e Sonneck, Catalogue ecc., voli. I, p. 134).

OPERE DRAMMATICHE GIOCOSE c. s.. Venezia, MDCCLXX, presso Agostino Savioli, t. III.

L’ARCADIA IN BRENTA, c. s., da rappresentarsi nel Teatro della Corte di S. A. Elett. di Colonia nel tempo del Carnovale dell’Anno 1771. in Roma, nella stamperia di S. A. C., s. a., in-8. (v. Salvioli, Bibliografia cit.).

DELLE | OPERE | DRAMMATICHE GIOCOSE | di | Carlo Goldoni | Avvocato Veneto | Tomo III || Torino, MDCCLXXVII | Appresso Guibert, e Orgeas: L’ARCADIA IN BRENTA, pp. 129-175. [p. 365 modifica]

ARCADIA IN BRENTA, Dramma giocoso da rappresentarsi nel Teatro del N. U. sig. Conte Pinamonte Bonacossi in Ferrara nell’autunno 1780, Ferrara, Rinaldi, 1780 (con musica di Carlo Bosi, primo violino di Ferrara. - Comunicazione dell’amico C. Musatti).

DRAMMI GIOCOSI del Sig. Carlo Goldoni, Tomo IX, (in OPERE TEATRALI, Tomo XLIII) Venezia, dalle stampe di Antonio Zatta e Figli, MDCCXCIV: L’ARCADIA ecc., pp. 561.

Delle recite di Torino, 1751 (v. Piovano, l. c.); Venezia, 1753 (Wiel, p. 195); Amburgo, Dresda e Lipsia, 1755 (Piovano); Bassano e Vicenza, 1757; Monaco, 1759 (Piovano e Sonneck); Como, 1765 (Piovano); Roma, 1769 (Wotquenne); Bonn, 1771 (Piovano), non potei vedere i libretti, nè ebbi precise indicazioni.