Istituzioni di diritto romano/Introduzione/Sezione IV
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Sezione 4.ª
nozioni preliminari intorno ai diritti privati o civili.
§. 222. I Diritti Privati o Civili sono: Facoltà protette dalla Legge Giuridica di avere, di fare, o di pretendere una qualche cosa. Essi presuppongono
a) Un subjetto cui spettano, cioè una persona, sia naturale, sia di creazione giuridica.
b) Un objetto sottoposto al potere di chi esercita i Diritti.
c) Un fatto, dal quale dipende l’acquisto dei Diritti.
d) Un mezzo per farli valere in giudizio, ossia una azione.
§ 233. I Romani Giureconsulti relativamente ai Diritti, distinguevano: Persone, Cose ed Azioni, e dicevano: Omne jus quo utimur, vel ad personas pertinet, vel ad res, vel ad actiones (Gajo Ist. Com. I. §. 1. - Ist Imp. Lib. I. Tit. 2. §. 12.).
§. 224. Le più generali e rilevanti distinzioni, che si fanno dei Diritti privati o civili, sono quelle che si fondano: (a) sull’origine (b) sull’estensione (c) sull’objetto loro.
a) Sotto il punto di vista dell’Origine loro, i Diritti si distinguono; in Primitivi ed Acquisiti. Sono primitivi, quelli inerenti allo stato, che l’uomo occupa nella civile Società; sono acquisiti, quelli che presuppongono sempre un atto di acquisto particolare. I Diritti accordati ad alcuno, solamente per un tempo determinato, o sotto una condizione approvata dalle Leggi, sono in stato di espettativa, o di Diritti in speranza. I Diritti dei quali è venuto il momento dell’acquisto, perchè scorso il tempo, o purificata la condizione apposti al loro acquisto, ma non per anco accettati ed acquistati di fatto, chiamansi Diritti querendi; ed in questo stato non fanno per anco parte del patrimonio. I Diritti deferiti, accettati ed acquistati, chiamansi quesiti; ed allora soltanto fanno parte del Patrimonio.
b) Sotto il punto di vista dell’estensione subjettiva, i Diritti si distinguono in Generali e Particolari, secondo che appartengono a tutti, od a certe persone privilegiate; e sotto il punto di vista dell’estensione objettiva, si distinguono in Assoluti e Relativi, secondo che si possono far valere contro chiunque, o contro una determinata persona.
c) Per riguardo all’objetto cui si riferiscono, i Diritti si distinguono in Personali e Patrimoniali.
i. Diconsi Personali, quelli che hanno per objetto delle Persone.
ii. Patrimoniali, quelle che hanno per objetto il Patrimonio, cioè i beni, le sostanze.
i. I Diritti Personali sono di due specie:
α) Diritti di Condizione Civile.
β) Diritti di Famiglia.
α) I Diritti di condizione civile, sono relativi alla posizione civile, alla capacità giuridica, che la legge riconosce nel privato: alla sua personalità giuridica o civile. La persona nostra è l’objetto di questi Diritti; chiedendo che sieno riconosciuti, si chiede che sia riconosciuta la nostra persona. Al Governo spetta quella recognizione, importantissima pei privati; imperocchè è per la medesima, che è determinata la respettiva loro capacità all’esercizio dei Diritti.
β) I Diritti di famiglia, sono Diritti che ci appartengono sopra una persona diversa da noi, in forza di relazioni di famiglia che abbiamo con quella persona, relazioni riconosciute e sanzionate dalle Leggi. Questi Diritti hanno realmente per objetto, non già delle azioni o prestazioni, o dei servigj, che altri ci debba; sibbene hanno per objetto l’altrui persona. Nel Diritto Romano antico questi Diritti avevano tale estensione ed intensità, che la personalità di coloro che ne erano objetto, era quasi distrutta ed annullata.
ii. I Diritti Patrimoniali, cioè i Diritti, che abbiamo su tutto quello che può far parte del nostro patrimonio, sono pure. di due specie:
α) Diritti Patrimoniali Reali.
β) Diritti Patrimoniali emergenti da un Rapporto Obbligatorio o Diritto di Obbligazione.
α) Diritti Patrimoniali Reali sono quelli che abbiamo sopra una cosa corporale, astrazione fatta da qualunque persona oltre la nostra; colpiscono la cosa senza riguardo a persone. I Romani non avevano un nome generico per designarli, e li indicavano con due nomi di specie: Dominium, Jura in re, (sottintendendo aliena). Dominium, cioè la più ampia potestà che si possa avere sopra una cosa corporale nostra. Jura in re (aliena) cioè diritti sopra una cosa corporale altrui che il proprietario di quella ci ha accordati, frazionando il suo dominio, e staccandoneli.
β) I Diritti Patrimoniali emergenti da un Rapporto Obbligatorio, o Diritti di Obbligazione ed anche Obbligazioni (Obligationes dei Romani), sono Diritti non già sopra una cosa corporale, o materiale che dire si voglia, ma Diritti a certe azioni, prestazioni, o servigj, che possiamo esigere da altri. Questi Diritti si chiamano anche Crediti. Presuppongono necessariamente due persone l’una che ha il Diritto (il Creditore), l’altra il cui fatto, la cui prestazione, il cui servigio, è l’objetto del Diritto (il Debitore).
§. 225. Diritti Personali e Diritti Patrimoniali; questa duplice partizione abbraccia tutti i Diritti immaginabili, ed essa servirà di base alla nostra esposizione. Tuttavolta è da osservare, che alla morte di un uomo, il suo patrimonio, passa ad altri che si considera qual continuatore della personalità giuridica del defunto, che subingrede per conseguenza in tutti i suoi Diritti, e nelle sue Obbligazioni. Questo subingresso, o successione ereditaria, benchè comprenda Diritti Patrimoniali Reali, e Diritti Patrimoniali emergenti da un Rapporto Obbligatorio, è considerato come un tutto, come un insieme, come un Diritto Patrimoniale esso stesso, il cui acquisto è governato, da speciali disposizioni, le quali a cagione della loro importanza, addimandano di essere dichiarati a parte. Laonde di queste Successioni Ereditarie, tratteremo separatamente e dopo avere esposto i Diritti Patrimoniali Reali, ed i Diritti Patrimoniali emergenti da un Rapporto Obbligatorio.
§ 226. L’esposizione delle nozioni generali e preliminari dei Diritti privati richiede che si accenni del loro acquisto, ed esercizio, della loro conservazione e finalmente della loro perdita.
A) Acquisto dei Diritti.
§. 227. L’acquisto dei Diritti presuppone, oltre un soggetto capace di acquistare, ed un Diritto abile ad essere giuridicamente acquistato, anche un modo legittimo di acquisto, cioè un fatto di cui la Legge riconosca come conseguenza l’acquisto di un Diritto. I modi di acquistare i Diritti sono di specie diversa; possono infatti essere:
i. Originarj e Derivativi - Originarj si dicono, quando ci procurano un Diritto, senza che altri ce lo trasferisca o ce lo trasmetta. Derivativi, quando l’acquisto del Diritto dipende da una traslazione o trasmissione, che altri (che dicesi Autore) ce ne fa. Chi acquista il Diritto che altri gli trasferisce o trasmette, dicesi Successore. Il successore non può acquistare maggiori o più estesi diritti, di quelli che spettavano al suo autore, giusta la regola di ragione naturale: Nemo plus juris ad alium transferre potest, quam ipse haberet (fr. 54. fr. 59, fr. 175 §. 1, fr. 177. pr. Dig. de Regulis Juris. L. 17.) La successione nei Diritti derivati da altri, può essere successione a titolo singolare (successio in singulam rem, in singulas res), e successione a titolo universale (per universitatem).
a) Esiste successione a titolo universale, quando si succede nell’insieme, nel complesso dei Diritti e delle Obbligazioni di un altro, nel suo patrimonio intiero, e così tanto nell’attivo, quanto nel passivo del medesimo.
b) Esiste successione a titolo singolare, quando si succede in un Diritto, o in più Diritti determinati, i quali passano nel successore precisamente nello stato stesso in cui li aveva l’autore, con le loro limitazioni, e condizioni; ma senza però trasferire nel successore gli oneri proprj della persona dell’autore, cioè i debiti di questo. Vedremo come l’una e l’altra di queste successioni possano avvenire: mortis causa, e intervivos.
ii. Alcuni modi di acquisto si verificano per sola opera della Legge (adquisitiones lege s. ipso jure), che ci attribuisce un Diritto, perchè siamo in un dato stato, in una certa posizione; per esempio, l’acquisto dei frutti prodotti dall’albero, che è in nostra proprietà. Altri modi di acquisto esigono per lo contrario, un atto intenzionale dell’uomo, cui la Legge aggiunge come conseguenza un Diritto; per esempio, il prendimento di possesso di una cosa senza padrone, con l’intenzione di acquistarla.
iii. I modi di acquisto, che sono puramente gratuiti, diconsi adquisitiones lucrative s. gratuitæ; quelli che esigono una correspettività, un contraccambio per parte di chi acquista, diconsi adquisitiones onerosæ, ossia onerosi o correspettivi.
iv. Finalmente, vi sono modi di acquisto esclusivamente proprj del Diritto Civile Romano (adquisitiones civiles), e modi di acquisto propri del Diritto dellè Genti (adquisitiones naturales).
B) Dell’esercizio dei Diritti.
§. 228. Chi ha un Diritto può esercitarlo, ancorchè per quell’esercizio rechi pregiudizio a qualcheduno (fr. 55. e fr. 151. Dig. de Regulis Juris L. 17) giacchè si ritiene la massima: qui jure suo utitur, neminem lædit; ma la legge proibisce di esercitare un Diritto con la sola intenzione di nuocere altrui, e senza nessun vantaggio proprio, o come dicono i Pratici, per spirito di emulazione (fr. 1. §. 12. e fr. 2. Dig. de aq. pluv. arc. act. XXIX, 3).
§. 229. Generalmente un Diritto può essere da ognuno esercitato, tanto da per se, quanto per mezzo di un rappresentante; ma a questa regola generale esistono in Diritto Romano alcune eccezioni, che in progresso saranno dichiarate.
§. 230. Chi ha un Diritto, ha ancora la facoltà di fare tutto quanto è necessario all’esercizio di quel Diritto (fr. 10. Dig. de Servit, VIII, 1. - fr. 20. S. 1. Dig. de Serv. Urb. præd. VIII, 2. - fr. 11 Dig. com. præd. VIII; 4.) Viceversa, ha l’obbligo di soffrire tutti gli oneri, che al Diritto medesimo sono inerenti (fr. 10. Dig. de Regulis juris L, 17. - cost. un. §. 4. Cod. De caducis tollendis VI, 51.)
§. 231. Più persone possono avere sopra un medesimo oggetto dei diritti diversi, compatibili fra loro; allora tutti quei Diritti possono essere esercitati; per esempio taluno avrà la nuda proprietà di una cosa, tal altro l’usufrutto della cosa stessa: l’uno eserciterà i Diritti di proprietario, l’altro quelli di usufruttuario. Ma se i Diritti diversi, che più persone hanno sopra una cosa stessa, sono in tale opposizione fra loro, che tutti non possano venire, esercitati: esiste allora un conflitto di Diritti, il quale si regola nel modo seguente:
a) Il Diritto speciale è preferito al Diritto generale, giusta la regola volgare: In toto jure, generi, per speciem derogatur (fr. 80. Dig. de Regulis Juris L, 17.)
b) Nel conflitto fra due privilegj o due benefizj di legge, si preferisce chi vuole evitare una perdita (qui certat de damno vitando), a chi vuole fare un lucro (qui certat de lucro faciendo) Vedi; fr. 14. §. 6. Dig. de Regulis juris L, 17. - fr. 14. §. 1. Dig. de Religiosis, IX, 7.
c) Nel conflitto di due Diritti patrimoniali Reali, si preferisce il più antico, secondo l’assioma: Prior in tempore, potior in jure (fr. 98. Dig. de Regulis Juris L, 17 - fr. 12. prin. Dig. qui potiores in pign, XX, 4. - cost. 8. Cod. eod. - fr. 26. Dig: Locati XIX, 2.)
d) A condizioni uguali, si preferisce chi è in possesso, seguitando il ditterio: Melior est conditio possidentis (fr. 126. §. 2. e fr. 128. pr. Dig. de Regulis Juris L, 17. - fr. 9. §. 4. Dig. de Publ. in rem act. VI, 2. - fr. 14. pr. de noxal. act. IX, 4).
e) Non esistendo nessuna di queste cause di prelazione, si fa ricorso alla divisione della cosa, fra i concorrenti nei Diritti (fr. 7. pr. qui potiores in pign: XX, 4 - fr. 55. Dig. de Legatis 1, 30.).- E se la cosa non fosse divisibile, si trae a sorte per decidere a chi debbasi dare la preferenza (§. 23. Inst. de Legat. II, 20. - cost. 5. prin. Cod. com. de Legat. VI, 45. - fr. 14. Dig. de Judic. V, 1. - fr. 5. Dig. fam. ercisc. X, 2).
f) Qualora finalmente, nessuna di queste regole potesse ricevere applicazione, i Diritti in collisione si distruggerebbero vicendevolmente, nè alcuno di essi potrebbe venire esercitato: lochè comunemente si esprime col broccardico: Privilegiatus, contra æque privilegiatum, jure suo, non utitur (fr. 36. Dig de Dolo Malo, IV, 3. - fr. 37. in fin. Dig. de contrah. emt. XVIII, 1. - fr. 59. Dig, de Solut. Matrim. XXIV, 3. - fr. 42, 43. Dig de hered. instit. XXVIII, 5).
§. 232. All’esercizio di un Diritto può essere apposto un tempo (dalla legge, dalla sentenza del magistrato, o dalla volontà dei privati), dal quale il Diritto possa essere esercitato (dies a quo o ex die), o fino al quale potrà essere esercitato (dies ad quem, in diem). Chiamasi giorno, dies, l’epoca dalla quale, o fino alla quale, il Diritto può essere portato all’esercizio. Questo giorno può essere certo, come p. e. se fu detto: il 15 Giugno 1860, può essere anche incerto; ed incerto in due modi, vale a dire incerto se verrà (incertus an), p. e. se fu detto: il giorno che ti conjugherai, ed incerto quando verrà, come se fosse stato detto: il giorno che morirai (incertus quando). Il dies incertus an è per altro, una vera e propria condizione. Per riguardo al decorrere del tempo, si distingue il computo naturale (computatio naturalis), dal computo civile (computatio civilis.) Nel computo naturale si conta da momento a momento: a momento ad momentum, (fr. 6 Dig de Usurpat. XLI, 3.) vale a dire, il tempo non si reputa decorso, finchè l’ultimo minuto non è spirato; nel computo civile si ritiene per spirato il tempo, appena l’ultimo giorno del medesimo è incominciato, lochè esprimono col noto ditterio: dies novissimus cœptus, pro jam completo habetur (fr. 8. Dig. de Feriis II, 2 - fr. 1. §. 5 e 6 Dig. quando appell. XLIX, 4 - fr. 15 prin. Dig. de Divers. temp. præscript. XLIV, 3 - fr. 134. Dig. de Verb. Signif. L, 6). I Romani generalmente negli affari giuridici, adoperavano questo computo civile; del naturale si valevano per eccezione, nel caso che il tempo fosse apposto all’acquisto di un Diritto, o di una qualità. Nel computare il tempo, in Diritto Romano si noverano indistintamento tutti i giorni, (tempus continuum) Vedi fr. 8 Dig. de his qui not. III, 3 - fr. 6 Dig. quemad. Servit. amit. VIII, 6 - fr. 31 Dig. de Usurpat. XLI, 3); tuttavolta per eccezione, nei casi specialmente indicati dalla legge, nel tempo non si computano i giorni in cui non è possibile procedere in giudizio (experiundi potestatem habere), come in antico erano i giorni nefasti, ed allora questo tempo si chiama utile (utile tempus) Vedi fr. 2 Dig. quis ordo in poss. XXXVIII, 15 - fr. 1 Dig. de div. temp. præscript. LXIV, 3. - Il tempo utile assegnato all’esercizio di un Diritto, non comincia a decorrere, se non dal momento in cui si è avuto la notizia del fatto, che ha dato origine al Diritto (fr. 6 Dig. de Calumn. III, 6 - fr. 55 Dig. de Aedil. ed. XXI, 1 - cost. 19, 22 §. 2 Cod. de Iure delib.). Nel computare i mesi e gli anni, si sta al Calendario; ma trattandosi del complesso di più mesi, comunemente in Diritto Romano, sono computati di 30 giorni ciascheduno (fr. 28 e fr. 31 §. 22 Dig. de Aedil. ed. XXI, 1 - cost. ult. §. 2 e 11 Cod. de jure delib. VI, 30). - L’anno si computa di 365 giorni ancorchè sia Bisestile, perocchè in questo caso il 24 Febbrajo, giorno intercalare, si ritiene come facente parte del 25 Febbrajo (fr 3 Dig. de divers. temp. præscript. LXIV, 3); il 24 si chiama sextus posterior, ed il 25 sextus prior. (fr. 3 §. 3. De minor. IV, 4 - fr. 98 Dig. de Verb. signif L. 16).
C) Conservazione, ed Assicurazione dei Diritti.
§. 233. Mezzi per conservare i Diritti sono: a) la Protesta b) la Riserva; mezzi per assicurarli sono: a) le Cauzioni, b) le Immissioni in Possesso, c) i Sequestri, d) le Ritenzioni, e) il Giuramento.
§ 234. La Protesta, è una dichiarazione con la quale si reclama contro le conseguenze pregiudicevoli, che da un fatto passato, presente o futuro, si potrebbero dedurre contro di noi (fr. 20 §. 1 Dig. de acq. vel amit. hered. XXIX, 2 - fr. 16 Dig. de S.C. Maced. XIV, 6).
b) La Riserva è una specie di Protesta, che non intendiamo rinunziare ai Diritti, cui per un fatto nostro, potrebbe supporsi avere noi rinunziato (fr. 4 §. 1 Dig. quib. mod. pign. solv. XX, 6 - fr. 77 Dig. de contrah. empt. XVIII, 1).
§. 235. Le Cauzioni sono prestazioni di sicurtà, che comunemente si sogliono richiedere dal Creditore al Debitore, come la mallevadorìa (sicurtà personale), il pegno e l’ipoteca (sicurtà reali).
b) L’Immissione in possesso (missio in possessionem) che il giudice può concedere o di una cosa (missio in rem), o dell’intiero patrimonio altrui (missio in bona), dà un Diritto di pegno, ma congiunto all’obbligo di amministrare la cosa o il patrimonio (fr. 4 Dig. quib. ex causs. in poss. XLII, 4 - fr. 1 e fr. 5 ne vis fiat. (XLIII, 4). - Talvolta discendono da questa immissione anche maggiori Diritti; lo vedremo in appresso.
c) Il Sequestro, è il Deposito di una cosa, tolta alla persona che poteva farla pericolare, ed affidata alla custodia di un’altra, finchè non sia deciso chi abbia Diritto su quella cosa (fr. 110 Dig. de Verb. signif. L, 16 - fr. 6, e fr. 14 Dig. Depositi XVI, 3)
d) La Ritenzione di una cosa è la facoltà (jus retentionis), che talora la Legge ci accorda, di conservarla in nostre mani, finchè non sia stata fatto ragione ai Diritti che abbiamo su quella cosa, o per relazione alla medesima (fr 23 §. 4 e fr. 48 Dig. De rei vind. VI, 1), perchè per esempio abbiamo speso per acquistarla o conservarla, o perchè ci ha recato un danno. L’jus retentionis non compete mai a chi è venuto in possesso, in una maniera illegale della cosa che vuol ritenere. (fr. 23 Dig. de pignor. XX, 1 - cost. I Cod. unde vi VIII, 4).
e) Il Giuramento di per se non crea una obbligazione, ma conferma o così assicura una obbligazione principale già esistente, cui accede. Per Diritto Romano, se l’obbligazione principale fosse nulla, nullo sarebbe pure il Giuramento (fr. 7 § 16 Dig, de Pactis II, 14 - cost. 5 § 1 Cod. de Legibus I, 14.) Ma per Diritto Canonico (in questa parte seguitato dalla nostra Pratica) il Giuramento, purchè non abbia per scopo una cosa illecita o contraria ai Diritti dei terzi, dà efficacia giuridica ad una promessa, che di per se sola ne mancherebbe.
D) Perdita dei Diritti.
§. 236 Acquistato un Diritto, questo dura finchè non venga perduto pel verificarsi di una causa legale. La perdita di un Diritto, non si presume mai, ha da essere provata (fr. 12 Dig. de Probat. XXII, 3 - cost. 1 Cod. eod. IV, 19). La causa giuridica della perdita di un Diritto, può dipendere dalla volontà della persona, cui il Diritto appartiene, o può esserne indipendente.
§. 237. Dipende da quella Volontà, nella Renunzia, e nell’Alienazione. La Renunzia (renunciatio) è l’abbandono spontaneo di un Diritto senza trasferirlo in altri. È permessa quando chi renunzia abbia la facoltà di disporre dei Diritto renunziato, e conosca esattamente l’oggetto della Renunzia (cost. 29 Cod. de Pactis II, 3 - fr. 174 §. 1 Dig. de Regulis. Juris L, 17). La Renunzia fatta nelle debite forme, è irretrattabile (cost. 11 Cod. de Rebus creditis IV, 1). L’alienazione, è la traslazione spontanea di un Diritto, fatta da chi lo aveva, ad un terzo. In un senso più ristretto della parola, alienazione significa: la traslazione della proprietà di una cosa dall’antico proprietario nel nuovo (fr. 67 prin. Dig. de Verb. signif. L, 16); e nel senso più ampio e generale, stà a significare: qualunque alterazione specifica nello stato attuale del nostro patrimonio ancorchè non lo diminuisca, e così comprende la costituzione di un pegno, di una ipoteca, di una servitù, di una enfiteusi, la quietanza fatta ad un debitore che ha pagato il suo debito ec. (cost. 7. De rebus al. non al Cod. IV, 51). La semplice renunzia ad un guadagno, ad un aumento futuro di beni, (come ad una eredità, o ad un legato) non è alienazione (fr. 6 §. 2 Dig. quæ in fraud. Cred. XLII, 8.).
b) La perdita di un Diritto si verifica indipendentemente dalla volontà della persona cui esso spetta, per moltissime cause legali, di cui accenneremo qui solamente le precipue. Un Diritto conceduto per un tempo determinato, o fino al verificarsi di un evento posto in condizione, cessa con lo spirare di quel tempo, o con la verificazione di quell’evento. Un Diritto conceduto dalla legge con l’espressa minaccia, che l’abuso di quello, ne cagionerà la perdita, a titolo di pena, si perde abusandone. I Diritti Personali in genere, si perdono muorendo la persona, che ne è l’objetto. I Diritti Personali derivanti dallo stato o condizione civile del loro subietto, si perdono mediante il mutamento di quello stato. I Diritti personali derivanti da relazione di famiglia, si perdono con la cessazione di quelle relazioni. I Diritti Patrimoniali Reali, cessano con la distruzione della cosa objetto dei medesimi; e i Diritti Patrimoniali emergenti da un rapporto obbligatorio, con lo scioglimento del vincolo obbligatorio. La morte del Subjetto del Diritto, estingue i Diritti Personali, non estingue i Diritti Patrimoniali; questi passano invece, nella persona dello Erede, che si dice seguitare o continuare la personalità del defunto. Finalmente quando la legge riconosce e sanziona un Diritto, che esclude e distrugge direttamente l’esistenza di un altro Diritto, (come p. e. nel caso dell’Usucapione) o almeno rende impossibile lo esercizio di quel primo (come p.e. nel caso delle Prescrizioni); quel primo si estingue, o almeno si ha per estinto, perchè rimane inefficace.
§. 238. Nelle Società civili per far valere i Diritti privati, che le leggi riconoscono e sanzionano, il cittadino deve di regola ricorrere all’autorità dei Magistrati istituiti a quest’uopo; e non deve adoperare la forza privata o la violenza; non deve insomma farsi ragione da se; altrimenti incorre in pene criminali e civili, che nel Diritto Romano erano fissate dalla Legge Julia de vi, e da altre disposizioni legislative più speciali, che saranno ricordate altrove. Ciò nonostante, dalle Leggi Romane è permesso al possessore di difendere con la forza una cosa posseduta giustamente, quando altri voglia con la violenza spogliarnelo; vim, vi repellere licet (fr. 1 §. 27 Dig. de Vi et Vi armata XLIII, 16 - cost. 1 Cod. unde vi VIII, 4). - Come pure è lecito al possessore ripigliare immediatemente, dopo l’atto dello spoglio, (in ipso congressu), la cosa violentemente toltagli (fr. 17 Dig. de Vi et Vi armata XLIII, 16). Ma all’infuori di questi casi, ripetiamolo, è giuoco forza invocare in giudizio l’intervento dei Magistrati, per ottenere giustizia. I mezzi per far valere in giudizio i proprj Diritti, hanno complessivamente considerati, il nome di Azioni. La voce Azione, in questo suo più ampio significato esprime dunque: ogni mezzo giuridico, mediante il quale si fanno valere o si difendono i proprj Diritti, dinanzi all’autorità competente; ed in questo significato la voce Azione, comprende non soltanto le Azioni propriamente dette, ma ancora le Eccezioni, gli Interdetti, e le Restituzioni in intiero. Ma non è questo il luogo opportuno per trattare delle Azioni in generale, e nemmeno delle Azioni propriamente dette, cioè: dei mezzi giuridici per far condannare dal giudice taluno, a fare, od astenersi dal fare, o a prestare ciò che abbiamo Diritto di esigere da lui.