In risaia/XXIX
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XXIX.
La Nanna rimase sola, e s’affrettò a porre le mani in pasta per la torta del Natale. Era agitata, convulsa. Le sanguinava ancora il cuore ogni volta che si ricordava quel gomitolo, ed il modo indegno con cui s’era cercato d’illuderla per farsi beffe di lei, in omaggio alla cognata. E lo ricordava sempre.
— A questo modo non si va avanti, pensava. E ripeteva in sè stessa molte considerazioni sull’onore della famiglia, sulla pace del fratello; e si forzava di persuadersi che la cognata fosse una gran colpevole, per rinfrancarsi nei suoi propositi di vendetta, e per vincere un vago sgomento che l’assaliva all’idea della catastrofe che stava per suscitare.
Quella torta dovette riescire soffice come una spugna, grazie all’energia febbrile con cui la Nanna maneggiò la pasta, stirandola, battendola, ravvoltolandola in tutti i sensi.
Finalmente sonarono le undici e mezzo:
— A momenti sarà qui, pensò la Nanna. — Porterà la strenna prima della messa, per dar tempo alla Rosetta di pigliarla avanti che torni Pietro. Ma non la piglierà. Ci sarò io prima di lei a raccogliere il fiore. E la bellezza dovrà spiegare a suo marito da che parte viene.
Ed intanto stese la torta rapidamente, l’arrotondò, v’impresse col dito tante piccole fossette, la spolverò di zucchero; poi si lavò le mani, e si pose in ascolto dietro la finestra del forno.
Gaudenzio aveva già scavalcata la siepe. La Nanna lo seguì coll’occhio fino alla finestra accanto, ed il suo cuore balzava come quando era stata presa dal tifo.
Questa volta non si affrettò ad aprir l’uscio ed a guizzare in cucina. Sapeva già cosa potrebbe trovare, e non voleva respingere nulla. Dal canto suo Gaudenzio, dopo aver deposto qualche cosa negli zoccoli, non ebbe premura di allontanarsi. Voleva vedere se gli respingerebbero il dono come l’altra volta. Si pose nell’ombra presso il muro tra le due finestre, ed aspettò.
La Nanna udiva il respiro affannoso del carrettiere traverso le gelosie, e reprimeva con fatica il suo. Quei due cuori battevano collo stesso impeto, nel silenzio della notte, soli, ad un passo l’uno dall’altro; ma fra i sentimenti che li agitavano c’era un abisso; dall’odio all’amore.
— Se non se ne andasse! pensò la Nanna. Ed un momento vide rovinare tutti i suoi piani.
Aspettò ancora alcuni minuti. Un tempo infinito per la sua impazienza angosciosa; poi s’udì scoccare il primo segno della messa. Tese l’orecchio, ma il suono della campana le impediva di udire se Gaudenzio si movesse.
— Pure alla messa ci deve andare, pensò. Pietro lo aspetta, non mancherà.
In quella una figura alta uscì dall’ombra della casa, e s’avviò rapidamente traverso l’orto alla siepe. La Nanna aveva indovinato. L’innamorato correva alla messa, per non destare sospetti nel marito colla sua assenza. Lei stette a guardare quel portamento baldanzoso, quel cappello sull’orecchio, finchè la grande ombra ebbe varcata la siepe. Poi si nascose il volto fra le mani, e rimase a lungo assorta nei suoi pensieri d’odio, di vendetta.
Suonò l’ultimo segno della messa.
— Che Natale, mio Dio! mormorò la Nanna. Non ho mai avuto tanto veleno nel cuore. Che cosa ho fatto per essere disprezzata, avvilita, come sono? Ma è venuta la mia volta. Li avvilirò anche loro e resterò io padrona di casa.
La campana tacque e s’udì un passo lento avanzarsi verso il cortile dalla parte del viale.
La Nanna balzò in cucina, nell’idea di impadronirsi dello zoccolo della Rosetta, e di portarlo nella sua camera per presentarlo poi la mattina alla cognata dinanzi al marito, e dirle:
— Ecco la strenna che ho trovato nel tuo zoccolo, chi ce l’ha posta?
Si alzò sulla punta dei piedi aggrappandosi al davanzale della finestra, e guardò. Il suo zoccolo e quello della bimba, erano pieni di confetti; ne uscivano le carte frastagliate. Questa volta l’avevano trattata bene anche lei. Non s’era voluto irritarla. Nello zoccolo rosso e giallo della Rosetta, c’era ancora il famoso fiore di filigrana.
La Nanna alzò la mano per pigliarlo, ma in quella l’uscio della cucina venne aperto, ed entrò Pietro.
Rimase confuso al vedere la sorella là accanto alla finestra.
Anche lei fu turbata sulle prime. Non si aspettava quella venuta improvvisa, e non era preparata a fare sul momento la sua terribile rivelazione.
Esitò un minuto; poi il suo cattivo genio le suggerì questo pensiero perfido:
— È il Signore che lo manda perchè io gli apra gli occhi. E disse forte:
— Stavo guardando gli zoccoli....
Gli occhi di Pietro esprimevano una paurosa ansietà. Fece un passo verso la finestra, ma non osò andare avanti. Si vergognava, dinanzi alla sorella invidiosa, della galanteria che voleva fare alla moglie. Nella sua timidezza morbosa, sentì il bisogno di scusarsi.
— Ho portato lo spillo per quella donna, che ne ha tanta voglia.... disse senza guardare la sorella, e mettendo sulla tavola un involtino leggero. Il più difficile era detto.
La Nanna si fece pallida di rabbia; ma Pietro, senza darle tempo di parlare, continuò a scusare quella gentilezza coniugale:
— Sono sempre troppo asciutto con lei! Le metto soggezione, e non so farmi voler bene.... Dacchè questo fiore le fa piacere.... Non mi è poi costato tanto.
E continuava ad attorcigliare la carta dell’involto intorno al gambo del fiore, ed a tenerci intenti gli occhi, che non osava alzare per timore di scontrare quelli della Nanna.
Era ansioso di mettere il fiore nello zoccolo e di assicurarsi se Gaudenzio non l’avesse prevenuto. E tuttavia, intimidito dalla presenza della sorella, rimaneva là seduto sulla panca presso la tavola. Neppure quel dubbio orrendo che aveva nel cuore, poteva fargli vincere la debolezza della sua natura fiacca.
— Ecco come le vogliono bene a quella sguaiata! pensava la Nanna. È lì annientato per lei. Più maltratta gli uomini e più l’adorano. Io non sono più nulla dacchè è entrata in casa. Babbo, mamma, fratello, innamorati, sono tutti per lei. Ah! se potessi schiacciarla!
E nella disperazione del suo cuore invidioso attinse il coraggio feroce di dire a quel pover’uomo:
— Sei giunto tardi; ce n’è un altro fiore.
Un grido disperato, straziante, uscì dal petto di Pietro, e finì in un singulto che lo scosse tutto. Si coperse il volto colle mani, e singhiozzò disperatamente:
— Ah! lo sapevo che sono di troppo a questo mondo! Ed era tutto tremante e convulso, mentre stringeva qualche cosa nella tasca della cacciatora. Poi si alzò, e si avviò verso l’uscio.
La Nanna fu atterrita. In quel momento soltanto vide tutta l’enormità dell’azione che stava per commettere; lo scioglimento orribile che avrebbe potuto avere. Aveva pensato soltanto a quanto desiderava lei. Ma ora vedeva che un marito innamorato e tradito, non si limita a rimandare la moglie, ed a vivere tranquillamente coi genitori ed i fratelli. È una parte della sua vita che si stacca da lui. I parenti non sono nulla dinanzi a tanto dolore.
Le si affacciò agli occhi una scena di sangue, di cui s’era parlato a lungo, avvenuta pochi mesi prima nella famiglia d’un lavandaio, Un marito, geloso del proprio fratello, l’aveva ucciso, poi aveva uccisa la moglie.
Pietro nella sua profonda umiltà non avrebbe cercato di punire nessuno. Ma avrebbe ucciso sè stesso. La Nanna lo indovinò dalla sua disperazione; e tutte le passioni ignobili che l’avevano eccitata si dileguarono dinanzi a quella paura.
Tutto questo le passò come un lampo nella mente e nel cuore, e, prima che avesse tempo di fare un atto o di dir nulla, una parola la confermò nel suo pauroso sospetto. Pietro si voltò nell’atto di aprir l’uscio e disse:
— Nanna, abbi cura dei nostri poveri vecchi!
— Pietro, dove vai? Cosa pensi? gridò correndo a lui.
— Eh! a nulla; va là, disse Pietro respingendola; e poi sussurrò:
— È meglio finirla che vivere a questo modo.
La Nanna ebbe bisogno in quel momento di tutta la forza del suo carattere concentrato ed energico. Capì che le suppliche non avrebbero giovato a nulla su quella natura selvatica. Bisognava distruggere il sospetto geloso, che lei stessa aveva suscitato con tanta perfidia. Non c’era altro mezzo per combattere la risoluzione di Pietro. Fece violenza all’angoscia che aveva di dentro, e si pose a ridere sguaiatamente.
— Ah grullo! Ci sei cascato! Ora lo so che sei geloso. Ah grullo! Ah! ah! ah!
Pietro si fermò a guardarla colla bocca aperta e gli occhi sbarrati dallo stupore. L’eccitazione nervosa della Nanna era ben dissimulata dal ridere convulso. Un raggio di speranza gli rischiarò il volto di tanta espressione di conforto, che la Nanna se ne sentì incoraggiata e prese a sghignazzare più forte.
— Ah grullo di uomo! Geloso dopo pochi mesi di matrimonio! Ab! ah! ah!
— Ebbene, se sono geloso, di chi è la colpa? disse Pietro tutto confuso. Sei stata tu a venirmi a dire delle sciocchezze, di Gaudenzio, e di quella donna...
— Se lo dico che ci sei cascato, e che sei un grullo! Non l’hai capito che facevo apposta per farti ammattire? E tu subito a farti scorgere, a far il geloso. Stupido, va! Dammi qui il fiore che lo metta nello zoccolo della tua donna.
Pietro sporse il fiore, esitante, quasi inebetito tra la speranza ed il timore. Ma appena l’ebbe dato gli tornò il dubbio angoscioso, ed afferrando la Nanna pel braccio le domandò a bassa voce:
— Ma l’altro! Hai detto che ce n’è un altro. In che zoccolo l’hanno messo? E fissandola negli occhi continuò:
— Non può essere nel tuo, Nanna.
Quest’ultima parola era crudele. La Nanna ne risentì una fitta al cuore. Ma aveva veduto troppo davvicino l’orrore del male. Represse l’impeto del suo orgoglio offeso, e rispose con uno sforzo di generosità, eroico sotto la sua forma volgare e grottesca:
— L’altro è nello zoccolo della Lucia. Ce l’ha posto Gaudenzio, che è innamorato di lei, e si confida colla Rosetta. E la ragazza pure è cotta di lui. Anche questo non l’avevi capito? Che ci hai la cateratta agli occhi? Ah! povero sciocco!
A quelle parole i nervi di Pietro, tanto lungamente eccitati, si allentarono; abbandonò il braccio della Nanna, ricadde a sedere, e gettando sulla tavola un coltello affilato che teneva nella tasca del farsetto, disse con voce cupa:
— Hai giocato un brutto gioco, guarda. Mi sarei ammazzato!
E scoppiò in un pianto convulso.
La Nanna, a quella vista, al pensiero ch’era stata sul punto di uccidere il fratello, fu presa da un brivido che la scoteva tutta; e per nascondere la propria agitazione andò ad aprire la finestra per mettere il fiore di Pietro nello zoccolo della Rosetta.
Pietro la guardava con un resto di dubbio. Non poteva credere a tanta gioia.
— Perchè tremi a quel modo? le domandò.
— Se credi che dia gusto sentir a parlare d’ammazzarsi, e vedere dei coltelli.... E rabbrividì ancora.
— Giura che quel fiore è nello zoccolo della Lucia; giuralo! gridò Pietro con impeto.
La Nanna aveva già la mano sullo zoccolo della Rosetta per deporvi il secondo fiore; afferrò rapidamente il primo, lo pose nello zoccoletto della bimba, e poi disse colla coscienza sicura:
— Lo giuro. Vieni a vedere.
Pietro non rispose altro. Sospirò con soddisfazione, chiuse lentamente il coltello, e lo pose nel cassetto della tavola; poi rimase immobile coi pugni sulle tempia guardando fissamente la tavola. Pensava forse tutte le angoscie sofferte; era ancora abbattuto, ma era calmo. Nella rettitudine del suo cuore non poteva sospettare che la sorella giurasse il falso; e, dopo quel giuramento, non dubitava più. Considerava la cosa sotto un aspetto diverso. Dacchè Gaudenzio era innamorato della Lucia, tutte le sue confidenze alla Rosetta si spiegavano da sè. Le parlava della bimba e del suo amore.