In risaia/XXVIII
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XXVIII.
La vigilia del Natale, la Nanna disse alla Maddalena:
— Mamma, me la lasciate fare a me la torta per domani?
— Possiamo farla insieme.
— No; lasciate che la faccia io, mentre gli uomini saranno fuori per la messa della mezzanotte. Mi piace di stare alzata la sera di Natale, finchè sonano le campane. Debbo dire delle orazioni lunghe.
La Maddalena non fece altre difficoltà.
La sera andarono prestissimo nella stalla. Quasi subito giunse Gaudenzio. Gli uomini dovevano recarsi insieme all’osteria, e di là alla messa della mezzanotte.
La Lucia cinguettò tutta la sera di zoccoli e di strenne. La Rosetta non osava parlare. Gli occhi del marito erano intenti su lei, e dopo la piccola scherma di parole sostenuta colla cognata per l’affare della pezzuola, la povera sposa era sempre impaurita.
Non aveva nulla di grave da rimproverarsi. Tra lei e Gaudenzio non esisteva nessuna intimità. Ma sentiva di volergli bene più che non dovesse; si conosceva debole accanto a lui; aveva capita la sua intenzione di regalarle lo spillo, e non aveva il coraggio di respingerlo. E tutto questo la turbava, e la faceva tremare dinanzi al marito come una colpevole.
Ed il marito s’era fatto più cupo. Il suo sguardo era pieno di sospetti e di misteri.
Prima delle dieci gli uomini si alzarono per uscire.
— Dunque lo zoccolo? Lo metterete fuori? disse Gaudenzio senza rivolgersi particolarmente alla Rosetta perchè si sentiva vigilato da Pietro.
— Sì, disse la Lucia con entusiasmo.
— Sì, disse la Nanna fingendo la stessa animazione.
La Rosetta non disse nulla. Gaudenzio non poteva decidersi ad uscire. Pietro s’avviò pel primo; ma si fermò sull’uscio nell’oscurità. Gaudenzio, che lo credette nel cortile profittò del momento per accostarsi alla Rosetta dondolandosi sui fianchi e canticchiando:
Va là va là Pepin....
— L’avete a mettere fuori anche voi lo zoccolo, susurrò. E s’avviò per uscire riprendendo a cantare:
Dà trà a chi te veur ben....
La Nanna che era presso alla porta, udì un sospiro represso, e vide Pietro che s’allontanava soltanto in quel momento, affrettandosi prima che Gaudenzio giungesse alla porta.
— Bene, pensò. Sospetta già qualche cosa. Mi sarà più facile aprirgli gli occhi; e gli tenne dietro collo sguardo, e lo vide che se ne andava con passo lento, a capo chino, in atto di profondo scoraggiamento.
In quell’istante tutto il passato di quel fratello, timido, amoroso e buono, le passò nella mente come una visione. La sua ammirazione infantile per lei, la spontaneità con cui s’era offerto d’andare nelle risaie per aiutarla a guadagnarsi i quattrini dell’argento, le cure che le aveva prestate nella sua malattia lontana da casa, l’offerta generosa di rifarle il letto nuziale co’ suoi risparmi.... E provò una fitta al cuore pensando al dolore che si disponeva a recargli. Ma tutto questo passò in un lampo. Il tempo che Gaudenzio impiegò a traversare la stalla. La Rosetta usciva anche lei. Senza interrompere la sua canzone, quando furono nel buio della porta, Gaudenzio allungò un braccio, prese la Rosetta per la vita e la strinse forte, gridando a squarciagola:
Te ghet la donna bella |
Poi se ne andò cantando sempre, senza avvedersi della Nanna che era nascosta nella oscurità.
Quell’abbraccio fece dileguare nel cuore geloso della fanciulla tutta la pietà pel fratello.
— Non sono io che gli faccio del male, diceva fra sè. È questa scostumata di bellezza che si è tirata in casa. Sarà il dolore di un minuto; come strappare un dente. E poi, quando l’avrà rimandata ai suoi parenti, vivrà tranquillo con noi, e non avrà più dispiaceri, ed io non avrò più umiliazioni. Infine quello che faccio, lo faccio pel suo bene.
Ed uscì dall’ombra, e si diresse verso la cucina. La Rosetta si voltò al rumore degli zoccoli, vide che la Nanna era dietro a lei, e capì che aveva assistito a quella scena di cui era ancora tutta agitata.
In cucina la Rosetta, impaziente di ritirarsi nella sua camera, prese la lucerna che era sulla tavola. La Nanna le si accostò per accendere la sua. La luce le rischiarò tutte e due in volto. La Nanna fissò la cognata negli occhi; questa li abbassò. Si sentiva scrutata fin in fondo al cuore. Arrossì vivamente e salì in fretta nella sua camera. Ma la Lucia la seguì gridando.
— Dammi lo zoccolo.
— No, lascia.
— Sì, me lo devi dare. Sai pure che Gaudenzio ha raccomandato di metterlo tutte e tre. Via, sii buona, dammelo.
E la piccina corse alla cassa, ne tolse uno zoccolo dalla festa, rosso a fiori gialli, e fuggì tenendo in alto la sua conquista col braccio disteso.
— Quella ragazza è innamorata, pensava la Rosetta. Si figura che Gaudenzio le voglia bene, e lui fa la corte a me che sono maritata. Oh santo Dio! E nell’ottava di Natale bisognerà andare a confessarsi. Cosa ho da fare io? Non me lo posso cacciar via dal cuore, così, come una mosca. Io non ci ho colpa. Non ho fatto nulla per volergli bene. È venuto da sè. Oh, se Pietro fosse un altro uomo!
Intanto la bimba proseguiva allegramente la sua raccolta. Scese, entrò nella stanza della Nanna, prese lo zoccolo nero lucido; poi aperse il fagotto che le teneva luogo di valigia, cavò fuori il suo zoccoletto verde, piccino piccino, e corse in cucina a schierarli sulla finestra.
— Guarda, Nanna, come stanno bene. Ci batte sopra la luna. Si distinguono perfettamente. Il Bambino non può sbagliare.
— Bene, disse la Nanna. — Ora va a coricarti, se vuoi avere la strenna. Il Bambino non vuol essere veduto.
— Sie! il Bambino! È un bambino grande, quello.... rispose la fanciulletta con malizia; e si ritirò ridendo nella camera della Nanna, e si cacciò in letto, e fu ben presto rapita in sogni deliziosi di strenne, di fiori d’argento, d’amori, di nozze.