In morte di Lorenzo Mascheroni (1891)/Canto terzo
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CANTO TERZO
Contenuto: Innanzi all’Eterno prende a parlare Giustizia, invocando vendetta sui misfatti d’Europa, specialmente d’Inghilterra, che combatte con l’oro e col tradimento, e di Francia, che mutò in furia la bella libertà, e tollerò che un solo Robespierre inferocisse di stragi orrende (1-90). A tal nome tutti i beati fremono e gridano vendetta; ma sorge Pietà e dice non esser giusto punire la colpa dei regnanti nei popoli, e nemmeno far sempre spargere, per pochi ambiziosi, lacrime e sangue all’Europa. Sia posta dunque una tregua agli affanni, anche e specialmente d’Italia (91-153) Mentre i beati parteggiano per questa o quella, una densa nebbia involge il trono di Dio e n’esce una voce che mette in arbitrio di Bonaparte guerra e pace (154-180). Sparisce la visione, mentre i due cherubini di prima scendono a recare la spada e l’olivo all’eroe (181-198). Nella costellazione della lira soprarrivano il Verri ed il Beccaria, che, partitosi il Borda, si restringono a colloquio intorno alla patria, in un deliziosissimo luogo, cogli altri due lombardi (199-274).
Due virtú, che nimiche e in un sorelle
L’una grida rigor, l’altra perdono,
Care entrambe di Dio figlie ed ancelle,
Ritte in piè, dell’Eterno innanzi al trono
5Ecco a gran lite. Ad ascoltarle intenti
Lascian l’arpe i celesti in abbandono;
Lascian le sacre danze, e su lucenti
Di crisolito scanni e di berillo1
Si locâr taciturni e riverenti
10D’ogni parte quetato era lo squillo
Delle angeliche tube, il tuon dormiva,
E il fulmine giacea freddo e tranquillo.
Allor Giustizia, inesorabil diva,
Incominciò: Sire del ciel, che libri
15Nell’alta tua tremenda estimativa2
Le scelleranze tutte e a tutte vibri
Il suo castigo, e fino a quando inulti3
Fian d’Europa i misfatti e di ludibri
Carco il tuo nume4? Ve’ tu come insulti
20L’umano seme a tua bontade, e ingrato
Del par che stolto nella colpa esulti?
Vedi sozzi di strage e di peccato
I troni della terra e dalla forza
Il delitto regal5 santificato.
25Vedi come la ria6 ne’ petti ammorza
Di ragion la scintilla, e i sacri, eterni
Dell’uom diritti cancellar si sforza:
Mentre nuda al rigor di caldi e verni
Getta la vita una misera plebe
30Che sol si ciba di dolor, di scherni;
E a rio macello spinta, come zebe7,
Per l’utile d’un solo, in campo esangue
L’itale ingrassa e le tedesche glebe.
Di propria man squarciata intanto langue
35La peccatrice Europa, ed Anglia cruda
L’onor ne compra, e coll’onore il sangue.
Per lei Megera8 nell’inferno suda
Armi esecrate, per lei tòschi mesce;
Suo brando è l’oro; ed il suo Marte, Giuda9.
40Che di Francia direm? A che riesce,
De’ suoi sublimi scotimenti10 il frutto?
Mira che agli altri e a sè medesma incresce.
Potea col senno e col valor far tutto
Líbero il mondo, e il fece di tremende
45Follie teatro e lo coprí di lutto.
Libertà, che alle belle alme s’apprende11,
Le spedisti dal ciel, di tua divina
Luce adornata e di verginee bende;
Vaga sí che né greca né latina
50Riva mai vista non l’avea12, giammai
Di piú cara sembianza e pellegrina.
Commossa al lampo di que’ dolci rai
Ridea la terra intorno, ed — Io t’adoro,
Dir pareva ogni core, io ti chiamai.
55Nobil fierezza, matronal decoro,
Candida fede, e tutto la seguía
Delle smarrite virtú prische13 il coro:
E maestosa al fianco le venía
Ragion d’adamantine14 armi vestita
60Con la nemica dell’error Sofia15.
Allor mal ferma in trono e sbigottita
La tirannia tremò; parve del mondo
Allor l’antica servitú finita.
Ma tutte pose le speranze al fondo16
65La delira Parigi, e libertate
In Erinni17 cangiò, che furibondo
Spiegò l’artiglio; e prime al suol troncate
Cadder le teste de’ suoi figli, e quante
Fur piú sacre e famose ed onorate.
70Poi, divenuta in suo furor gigante,
L’orribil capo fra le nubi ascose,
E tentò porlo in ciel la tracotante;
E gli sdegni imitarne e le nembose
Folgori e i tuoni, e culto ambir divino18
75Fra le genti d’orror mute e pensose.
Tutta allor mareggiò19 di cittadino
Sangue la Gallia; ed in quel sangue il dito
Tinse il ladro il pezzente e l’assassino,
E in trono si locò vile marito
80Di piú vil libertà, che di delitti
Sitibonda ruggìa di lito in lito.
Quindi proscritte le città, proscritti
Popoli interi, e di taglienti scuri
Tutte ingombre le piazze e di trafitti.
85O voi che state ad ascoltar, voi puri
Spirti del ciel, cui veggio al rio pensiero
Farsi i bei volti per pietade oscuri;
Che cor fu il vostro allor che per sentiero20
D’orrende stragi inferocir vedeste
90E strugger Francia un solo, un Robespiero21?
Tacque: e al nome crudel su l’auree teste
Si sollevâr le chiome22 agl’immortali,
Frementi in suon di nembi e di tempeste.
Gli angeli il volto si velàr coll’ali,
95E sotto ai piedi onniposserti irato
Mugolò il tuono e fiammeggiâr gli strali.
E già bisbiglia il ciel, già d’ogni lato
Grida vendetta; e vendetta iterava23
Dell’Olimpo il convesso interminato24.
100Carca d’ire celesti cigolava
De’ fati intanto la bilancia; e Dio,
Dio sol si stava immoto e riguardava.
Surse allor la Pietade; e non aprío
Il divin labbro ancor, che già tacea
105Di quell’ire tremende il mormorío.
Col dolce strale d’un sol guardo avea
Già conquiso ogni petto. In questo dire
La rosea bocca alfin sciolse la dea:
Alte in mezzo de’ giusti odo salire
110Di vendetta le grida, ed io domando
Anch’io vendetta, sempiterno Sire,
Anch’io cacciata dai potenti in bando
Batto indarno ai lor cuori, e inesaudita
Vo scorrendo la terra e lagrimando.
115Ma, se i regnanti han mia ragion tradita25,
Perché la colpa de’ regnanti, o padre,
Negl’innocenti popoli è punita?
Perché tante perir misere squadre26
Per la causa de’ vili? Ahi! caro i crudi
120Fanno il sacro costar nome di madre27.
Peccò Francia, gli è ver; ma, spenti i drudi28
D’insana libertà, perché in suo danno
Gemono ancora le nimiche incudi29?
Dunque eteme laggiú l’ire saranno?
125E solo al pianto in avvenir le spose,
Solo al ferro e al furor partoriranno?
Dunque Europa le guance lagrimose
Porterà sempre? E per chi poi? Per una,
Per due, per poche insomma alme orgogliose.
130Taccio il nembo di duol che denso imbruna
Tutto d’Olanda il ciel; taccio il lamento
Della prostrata elvetica fortuna30.
Ma l’affanno non taccio e il tradimento
Che Italia or grava, Italia in cui natura
135Fe’ tanto di bellezza esperimento.
Duro il servaggio la premea; piú dura
Una sognata libertà la preme,
Che colma de’ suoi mali ha la misura.
Su i cruenti suoi campi piú non freme
140Di Marte il tuono; ma che val, se in pace
Pur come in guerra sí sospira e geme?
Prepotente rapina31 alla vorace
Squallida fame spalancò le porte,
E chi serrarle le dovea si tace32.
145Meglio era pur dal ferro aver la morte,
Che spirar nudo e scarno e derelitto
Tra i famelici figli e la consorte.
Deh sia fine al furor, fine al delitto,
Fine ai pianti mortali, e della spada
150Pèra una volta e de’ tiranni il dritto!
Paghi di sangue chi vuol sangue, e cada;
Ma l’innocente viva, e dell’oppresso
Il sospiro, o Signor, ti persuada.
La dea qui ruppe il suo parlar con esso33
155Le lagrime sul ciglio; e chi per questa,
Chi per quella fremea l’alto consesso,
Qual freme d’aquilon chiuso in foresta
Il primo spiro, allor che ciechi aggira34
I sussurri forier della tempesta.
160Mentre vario il favor ne’ petti ispira
Desïanze diverse, incerto ognuno
Qual fia vittrice, la clemenza o l’ira;
Del ciel cangiossi il volto e si fe’ bruno,
E caligine in cerchio orrenda e folta
165Il trono avvolse dell’Eterno ed Uno.
E una voce n’uscí che l’ardua vòlta
Dell’Olimpo intronava. Attenta e muta
Trema natura e la gran voce ascolta.
Cieli, udite, odi, o terra, l’assoluta
170Di Dio parola. Tu che35 l’alto spegni
Patrio delirio, e Francia hai restituta;
Tu che vincendo moderanza insegni
All’orgoglio de’ re, cui tua saggezza
Tolse la scusa di cotanti sdegni36;
175Fa cor: quel Dio che abbatte ogni grandezza37,
Guerra e pace a te fida38, a te devolve
Il castigo d’Europa e la salvezza.
Tu sei polve al mio sguardo, ed io la polve
Strumento fo del mio voler. Qui tacque
180Colui che immoto tutto move e volve39.
Qui sparve l’alta vision: poi nacque
Per entro al negro vortice un confuso
Romor d’ali e di piè che di molt’acque
Parea lo scroscio. Ma repente schiuso
185Fiammeggiò quel gran buio, e folgorando
Due cherubini si calaro in giuso;
Que’ due medesmi del divin comando
Esecutori, che nel pugno aviéno40
L’un d’olivo la fronda e l’altro il brando.
190Ratti a paro scendean come baleno,
E due gran solchi di mirabil vista
Paralleli traean per lo sereno.
L’uno è pura di luce argentea lista;
L’altro è turbo di fumo che lampeggia,
195E sangue piove che le stelle attrista.
Di qua tutto sorriso il ciel biancheggia;
Di là son tuoni e nembi e in suon di pianto
L’aria geme da lungi e romoreggia.
Seguían coll’ali del vedere un tanto:
200Prodigio stupefatti i due lombardi41
Coll’altro spirto di che parla il canto42;
Quando si vide a passi gravi e tardi,
Dalla parte ove rota il suo vïaggio43
La terra e obliqui al sole invía gli sguardi44,
205Pensierosa salir l’ombra d’un saggio45,
Che, il dito al mento e corrugata il ciglio46,
Uom par che frema di veduto oltraggio.
Dalla fronte sublime e dal cipiglio
Nobilmente severo si procaccia47
210Testimonianza il senno ed il consiglio.
Come trasse vicino48, alzò la faccia,
Gl’insubri ravvisò spirti diletti;
E mosse, prima che il parlar, le braccia.
Allor si vide con amor tre petti49
215Confondersi e serrarsi, ed affollarse
Gli uni su gli altri d’amicizia i detti.
Lo stringersi a vicenda e il dimandarse
Tra quell’alme finito ancor non era,
Che di note sembianze altra50 n’apparse;
220E corse anch’ella, ed abbracciò la schiera
Concittadina. Il volto avea negletto,
Negletta la persona e la maniera:
Ma la fronte, prigion d’alto intelletto,
Ad or ad or s’infosca, e lampi invia
225Dell’eminente suo divin concetto.
Scrisse quel primo l’alta economia
Che i popoli conserva, e tutta svolse
Del piacer la sottile anatomia.
Intrepido a librar l’altro si volse
230I delitti e le pene, ed al tiranno
L’insanguinato scettro di man tolse.
Poscia che le accoglienze, onde si fanno
Lieti gli amici, s’iterâr fra questi51
Che fur primieri tra color che sanno52,
235Disse Parini: Perché irati e mesti
Son tuoi sguardi, o mio Verri? Ed ei rispose:
Piango la patria; e chinò gli occhi onesti.
E anch’io la piango, anch’io, con sospirose
Voci soggiunse Beccaria: poi mise
240Su la fronte la mano, e la nascose.
Di duol che sdegna testimon conquise
Vide Borda quell’alme, e in atto umano
Disse a tutte: Salvete; e si divise53.
Col salutar degli occhi e della mano
245Risposer quelle, e in preda alla lor cura
Mosser tacendo per l’etereo piano.
Come gli amici in tempo di sventura
Van talvolta per via, né alcun domanda
Per temenza d’udire cosa dura54;
250Tale andar si vedea quell’onoranda
Di sofi compagnia, curva le fronti55
Aspettando chi primo il suo cuor spanda.
Luogo è d’Olimpo su gli eccelsi monti
Di piante chiuso che non han qui nome,
255E rugiadose56 di nettarei fonti,
Ch’eterno il verde edùcano alle chiome
Degli odorati rami, e i piú bei fiori
Di colei57 che fa il tutto e cela il come;
Poi cadendo precipiti e sonori
260Tra scogli di smeraldo e di zaffiro
Scendono a valle58 per diversi errori;
E là danzando del beato empiro
A inebrïar si vanno i cittadini
Dell’ambrosia che spegne ogni desiro.
265A quest’ermo recesso i peregrini
Spirti avviârsi; e qui, seduti al rezzo59
Tra color persi60, azzurri e porporini,
Fêr di sé stessi un cerchio. O tu che in mezzo
Di lor sedesti, olimpia dea61, nè l’ira
270Temi del forte né del vil lo sprezzo,
Tu verace consegna alla mia lira
L’alte loro parole; e siano spiedi62
A infame ciurma che alle forche aspira,
Né vale il fango che mi lorda i piedi63.
Varianti
- 19. Carco il tuo nome? (L.).
- 39. ed il suo Marte è Giuda (C.).
- 180. move o volge (G. B.).
Note
- ↑ 8. crisolito... berillo: pietre preziose, luna di color verde scuro con un’ombra di giallo; l’altra di color verde pallido.
- ↑ 15. estimativa: giudizio.
- ↑ 17. e fino a quando ecc.: Filicaia, canz. cit. per l’Assedio di Vienna: «E fino a quando inulti Fian, Signore, i tuoi servi?». — inulti: invendicati.
- ↑ 19. il tuo nume: la tua divinità.
- ↑ 24. regal: che commettono i re.
- ↑ 25. la ria: la forza.
- ↑ 81. zebe: cfr. la nota al v. 235. p. 79.
- ↑ 37. Megera: una delle furie. — suda: apparecchia sudando. Cfr. il v. 12 In occas. del parto ecc. e la nota corr.
- ↑ 39. Giuda: il tradimento.
- ↑ 41. sublimi scotimenti: moti rivoluzionari. «Parola di cui non so se la moderna poesia italiana abbia in questo proposito proferito mai una piú bella». Zumb., p. 179.
- ↑ 46. Libertà ecc.: Fa ricordare il dantesco (Inf. v, 100): «Amor, che al cor gentil ratto s’apprende».
- ↑ 49. che né greca ecc.: quale né Grecia, né Roma ebbero mai.
- ↑ 57. prische: primitive, delle antiche età.
- ↑ 59. adamantine: invincibili. Cfr. la nota al v. 25, p. 52.
- ↑ 60. Sofia: la sapienza.
- ↑ 64. pose... al fondo: distrusse.
- ↑ 66. Erinni: furia. «Ecco la libertà che ho tanto vilipesa nella Bassvilliana. La Convenzione Nazionale era in quei miseri tempi una congrega, non d’uomini, ma di furie, e la Francia tutta un inferno. Spento Robespierre, spenti quei codardi che spinsero al patibolo i piú generosi, la Francia mutò fisonomia, e la Cantica fu interrotta. Ed ora che il mondo sembra finalmente tornato alla saggezza, ora che la Francia altamente detesta ciò ch’io prima ho esecrato, vi sarà chi pur tragga da quel poema il pretesto di calunniare la fermezza de’ miei principi? Oh imbecilli! Chi siete voi che tacciate di schiavo il libero autore dell’Aristodemo! Lo conoscete voi bene? Sapete voi che al pari della tirannide che porta corona, egli abborre quella che porta berretto?» Mt. Cfr. la nota al v. 624, p. 120.
- ↑ 74. e culto ecc.: Accenna al culto della dea Ragione, sostituito, per legge della Convenzione Nazionale, a quello di Dio.
- ↑ 76. mareggiò: ondeggiò.
- ↑ 88. Che cor ecc.: cfr. la nota al v. 127, p. 67. — per sentiero: per via, per mezzo.
- ↑ 90. un Robespiero?: cfr. la nota al v. 277, p. 92.
- ↑ 92. si sollevâr le chiome: cfr. la nota al v. 140, p. 56.
- ↑ 98. iterava: ripeteva.
- ↑ 99. Dell’Olimpo ecc.: l’immensa curva del cielo.
- ↑ 115. han mia ragion tradita: non sono, come dovrebbero, pietosi.
- ↑ 118. misere squadre: poveri soldati.
- ↑ 119. caro ecc.: fanno costar caro a’ detti soldati il sacro nome di madre dato alla patria.
- ↑ 121. i drudi: i turpi amanti, i fautori.
- ↑ 123. Gemono ecc.: si fabbricano ancora da’ nemici armi?
- ↑ 130. Taccio ecc.: S’è detto che l’Olanda e la Svizzera erano state nel 1799 invase dagli alleati contro la Francia.
- ↑ 142. Prepotente rapina ecc.: grandi rapine apersero la via alla piú squallida miseria.
- ↑ 144. E chi ecc.: e i governanti si stanno inoperosi.
- ↑ 154. con esso: cfr. la nota al v. 127, p. 88.
- ↑ 158. ciechi aggira: polverosi volge in giro.
- ↑ 170. Tu che ecc.: tu, o Bonaparte, che ecc.
- ↑ 174. la scusa ecc.: il pretesto di sdegnarsi cosí facilmente, e però di far guerra.
- ↑ 175. quel Dio ecc.: Anche il Manzoni (Il cinque Mag., 105): «Il Dio che atterra e suscita». Cfr. anche Deuteronomio XXXII, 39.
- ↑ 176. devolve: commette, affida. procaccia». altro compagno ed interprete che sè stesso». Zumb., p. 186.
- ↑ 180. tutto move e volve: Anche Dante (Par. i, 1) chiama Dio «Colui che tutto move».
- ↑ 188. aviéno: avevano (poet.).
- ↑ 200. i due lombardi: il Mascheroni e il Parini.
- ↑ 201. Coll’altro spirto ecc.: col Borda.
- ↑ 203. Dalla parte ecc.: dalla parte del polo.
- ↑ 204. e obliqui ecc. inclinata ai poli di ventitré gradi e mezzo sull’eclittica, nella sua rotazione guarda appunto obliquamente il sole». Mg.
- ↑ 205. l’ombra ecc.: l’Anima di Pietro Verri (1728-1797) milanese autore di celebratissime Meditazioni su l’Economia politica (v. 226), d’un Discorso su l’indole del piacere e del dolore (v. 227) e d’altre opere.
- ↑ 206. il dito al mento ecc.: accus. di relaz. Cfr. la nota al v. 26, p. 4.
- ↑ 208. Dalla fronte ecc.: il suo sapere e la saggezza si mostrano dalla ecc. È frase tutta dantesca. Inf. xxii, 38: «Da bocca il freddo e dagli occhi ’l cor tristo Tra lor testimonianza si
- ↑ 211. Come trasse vicino: non appena s’avvicinò.
- ↑ 214. tre petti: quelli «del Mascheroni, del Parini e del Verri.
- ↑ 219. altra: quella di Cesare Beccaria (1738-1784), milanese, che scrisse Dei delitti e delle pene, ove primo gridò contro la tortura e la pena di morte.
- ↑ 232. Poscia che ecc.: Dante Purg. vii, 1: «Poscia che l’accoglienze oneste e liete Furo iterate tre e quattro volte. ...».
- ↑ 234. Che fur primieri ecc.: Dante (Inf. iv, 131) saluta Aristotile «il maestro di color che sanno».
- ↑ 243. «Finissima interpretazione di un cuore delicato e generoso. Il celebre matematico francese, benché legato d’amicizia fraterna col Mascheroni, e onorato come uno dei loro dagli altri compagni, si ricordava di esser pur sempre uno straniero in mezzo ad Italiani, e che, pur amando l’Italia, non poteva amarla come questi. Intendeva quanto ci fosse di solenne, di santo e, direi, di geloso nel dolore dei figliuoli che piangevano il danno della madre comune: dolore a cui poteva esser conforto unico il non avere
- ↑ 249. dura: dolorosa.
- ↑ 251. curva le fronti: accus. di relaz. Cfr. la nota al v. 26, p. 3.
- ↑ 255. E rugiadoso ecc.: e irrigato da fonti di nèttare.
- ↑ 258. Di colei ecc.: della natura. Tasso XVI, 9: «L’arte che tutto fa, nulla si scopre».
- ↑ 261. a valle: in basso. — errori: giri, ravvolgimenti. Cfr. Petrarca P. I, canz. xi, 51.
- ↑ 266. rezzo: luogo ombrato, uve spira aria fresca.
- ↑ 267. perso: Dante Conv. IV. 20: «perso è un color misto di purpureo e di nero, ma vince il nero e da lui si denomina».
- ↑ 269. olimpia dea: la verità, ch’è dal cielo.
- ↑ 272. spiedi: arma, formata da un ferro acuto posto in cima ad un bastone, che serviva nella caccia per ferir cinghiali.
- ↑ 274. Né vale ecc.: son. A Quirino, 9: «che non hanno il prezzo Neppur del fango che mi lorda i piedi».