Il romanzo della fortuna/XIX
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XIX.
Una serata.
Ti lagni d’esser sterile ed |
Questo epigramma scritto in stampatello sopra un rettangolo di carta resistente ed incollato sull’uscio della bella sposa attrasse un giorno l’attenzione degli inquilini.
Veramente il dottore che era uscito prima di tutti mentre faceva ancor buio, non se ne accorse affatto e i muratori del quarto piano venendo in seguito videro bensì qualche cosa di bianco sull’uscio della bella sposa ma non vi fecero caso. Il piacere della scoperta doveva toccare a due degli orrori femminili fra i quali quali alloggiava il giovane Walter. Due di quelle bruttissime donne, recandosi di buon mattino a fare le provviste fuori del dazio, per spendere meno, avvertirono subito lo scritto, si fermarono, e lessero; la più vecchia inforcando gli occhiali, l’altra stringendo le palpebre per non farsi sfuggir nulla.
— Ebbene, è carino.
— Molto spiritoso.
Così squittirono le megere rientrando premurosamente per comunicare alle compagne la scoperta fatta.
Quasi nel medesimo tempo scendeva le scale Giovanni, ma con tanta furia che passò davanti all’uscio come una saetta; e quando fu la volta di Chiarina ella vide benissimo il rettangolo ed anche lesse, benchè distrattamente, i versi satirici, ma senza comprenderne il significato.
Passò poi lo stormo dei fanciulli e il maestro, e l’impiegato, e il portiere, e le operaie; e tutti guardarono, tutti lessero, qualcuno senza comprendere al pari di Chiarina, gli altri a ridere e a far commenti.
Fu madama Cauda che piombando nel bugigattolo della portinaia con una violenza di bomba esplodente gridò:
— Andate subito con dell’acqua e una spugna a togliere quella immondizia! Mi domando se ciò è permesso fra gente civile! Vorrei conoscere io l’autore del libello per dirgli quanto merita!
— E che cosa merita? — biascicò alle sue spalle una voce artificiosamente contenuta.
Madama Cauda, volgendosi di botto, si incontrò faccia a faccia con Walter. Senza esitare rispose:
— Merita di essere chiamato vigliacco!
Un fugacissimo rossore guizzò a guisa di riverbero sulla fronte del giovane. Intanto che la signora passava avanti, la portinaia lo udì mormorare ironicamente fra i denti:
— Madama Cauda si trova in un quarto d’ora di virtù.
Madama Cauda era semplicemente indignata. Ricorreva appunto il suo giorno onomastico, ed avendo inviti per quella sera, usciva a ordinare i rinfreschi e la pasticceria. Il brutto scherzo fatto alla vicina le faceva incominciar male la giornata.
— Chi sarà mai stato? — pensava ancora, intanto che sceglieva le schiume alla vaniglia ed i marrons glacés.
Tra i vicini non si era tardato molto a fare un nome sul quale quasi tutti concordavano: Walter; ma quando lo dissero a madama Cauda, ella protestò indignata:
— No, no, come è mai possibile? Un giovane così serio, che si occupa di questioni sociali!
In realtà, finchè si trattava di assalire il Male in astratto, la buona madama Cauda era un leone; ma dover dubitare di una persona in carne ed ossa, di un vicino, di un amico al quale ella diceva «buongiorno» quasi tutti i giorni, le riusciva troppo penoso. Preferiva non credere. Del resto chi sa mai da che parte spunta una calunnia? Forse l’autore stesso della satira metteva in giro il nome di Walter per farsene schermo.
— Quel povero Walter! — concluse madama Cauda.
Alla sera l’appartamento del primo piano (non quello della bella sposa che rimase chiuso, buio e muto come una tomba, ma l’altro) brillava di una insolita illuminazione. Fin dall’anticamera alcuni palloncini chinesi disposti sopra un filo di ferro orizzontale annunciavano il gusto complicato della padrona di casa e la sua intenzione di rallegrare gli ospiti. Ella stessa si era preparata una acconciatura di circostanza; una gonna rossa scarlatta con un giubbetto di lustrini e un diadema d’acciaio in testa. Sembrava una domatrice di belve.
— Hop! Hop! — la salutò Walter entrando.
Ella non si accorse dell’allusione e tutta presa dall’idea che i vicini avevano calunniato quel bravo giovane, non si occupò che di sorridergli amichevolmente per riparare in qualche modo l’ingiustizia degli altri.
C’erano già nel salotto di madama Cauda Chiarina e Giovanni, il dottore con sua moglie, il maestro e alcune persone di fuori. Chiarina, vestita di seta nera, se ne stava molto decorosamente sul divano accanto alla moglie del dottore in stato interessante abbastanza visibile, e poichè erano le due sole donne presenti, discorrevano ha loro intanto che madama Cauda riceveva gli invitati.
Giovanni, che veniva in quella casa per la prima volta, si arrestò a guardare sul marmo del caminetto un oggetto informe appoggiato con cura sopra un tappetino frastagliato.
— È un monolite — disse Walter. — Osservi la scritta dietro il tappetino: «Monolite caduto a Grodno in Lituania nell’anno 1842». La nostra amabile signora Cauda è originale in tutto. I vasetti giapponesi, le statuine di paccotiglia le sembrano gingilli volgari. Un monolite, alla buon’ora! e caduto a Grodno in Lituania. Questa nota lo rende doppiamente interessante.
Siccome Walter aveva parlato a voce alta, il maestro, che si trovava accanto al dottore nel vano di una finestra, gli domandò confidenzialmente:
E lui, nevvero, che si suppone l’autore dell’epigramma trovato stamattina sull’uscio della bella sposa?
— Lo si dice, ma capirà che è difficile provarlo.
— Si chiama Walter?
— Cioè, Walter è il pseudonimo col quale sottoscrive i suoi articoli e tutti lo chiamano così.
— Ha una fisionomia intelligente.
— Oh! certo, non è l’intelligenza che gli fa difetto.
Il maestro tacque per un istante e poi soggiunse, abbassando la voce:
— È vero che è un anarchico?
II dottore si strinse nelle spalle allargando un po’ le braccia con una mimica che voleva dire: E chi ne sa nulla?
— I suoi articoli per altro...
— Negli articoli è anarchico, non c’è che dire, ma coi socialisti è compagno; frequenta i ritrovi più bassi e affetta di farsi dare del tu dagli operai. Lo guardi bene; gli guardi gli occhi; sembrano le caverne del desiderio. In fondo a idealismi inquieti lo strugge la sete del piacere. Quell’uomo soffre perchè non è ricco, soffre della nostalgia di tutti i godimenti umani e si compiace a stimolare invidie, odii, ribellioni, perchè nella miseria degli altri esalta la propria disperazione.
Il maestro trasalì come tocco da un ferro arroventato. Anche nei suoi occhi passò un guizzo della fiamma cupa che brillava negli occhi di Walter.
— Per me — soggiunse il dottore bonariamente — socialismo o anarchismo intesi a questo modo non sono altro che danza del ventre. Eh? Non le pare giusta la definizione?
— Dottore! dottore! — esclamò madama Cauda gesticolando nel lato opposto della sala — non è vero che il busto è dannoso alla salute oltre che inutile alla bellezza?
— Ma... ma... secondo. Est modus in rebus. Trovo che si esagera nella guerra contro il busto; a ben guardare, anche le scarpe strette fanno male ai piedi.
— Le donne messicane, lo dice Paolo Mantegazza, non portano busto ed hanno il più bel corpo del mondo.
— Sì, a vent’anni; perchè a quaranta non le guarda più nessuno. In quei paesi la donna non esiste più dai trenta in avanti e importa poco se il corpo, bello in giovinezza, non si conserva poi. Anche da noi le fanciulle potrebbero farne senza, ma l’abitudine di un busto leggero è assai utile quando la snellezza giovanile viene a mancare.
— Bravo dottore! — esclamò di nuovo madama Cauda, che si accontentava facilmente. — Il pubblico avrebbe bisogno che gli venissero sminuzzate in forma semplice le norme dell’igiene.
— Ma lo si fa continuamente!
— Non mai abbastanza. Dovrebbe scrivere lei qualche cosa. Ha mai fatto stampare nulla?
— I miei biglietti di visita — rispose il dottore col suo sorriso di buon uomo.
La moglie del dottore intanto si confidava a Chiarina per il cruccio di vedere il suo povero marito a lavorare più di qualsiasi operaio, e con tanto cuore, con tanta coscienza. Altro che scrivere!
Walter aveva un orecchio finissimo. Egli udì il lamento della buona signora e si affrettò a commentare con una occhiata obliqua alle di lei prominenze:
— Il dottore i suoi libri li scrive di notte e li rilega in pelle.
Giovanni si annoiava un poco. Come tutte le persone che vivono in un cerchio di attività massima e in quello attingono largamente, incominciava a scartare intorno a sè le cose inutili. Egli era venuto al ritrovo per compiacere Chiarina ed anche per mostrarsi grato alla ottima signora Cauda, ma in fondo tutte quelle ciarle lo interessavano mediocremente. Madama Cauda invece vi si infervorava. Ella disse ancora rivolta al dottore: — Troppo modesto, troppo modesto. L’eccessiva modestia è nemica dell’altruismo.
— Ma bene! — interruppe Walter. — L’altruismo? Si può immaginare una cosa più barocca? Perchè si dovrebbe andare a cercare gli uomini da amare quando ognuno di noi è un uomo, il più vicino a sè stesso, il più facile a conoscere, colui che beneficheremo certo con maggior entusiasmo e che ci sarà il più grato di tutti? La vedete voi senza ridere questa catena di altruisti che perdono tempo a imboccarsi reciprocamente, mentre è tanto più semplice, più pratico, più naturale, più comodo, più umano, più morale portare ognuno la propria mano alla propria bocca?
Il maestro questa volta non fu contento di Walter; e siccome madama Cauda si era impadronita del dottore, diresse a Giovanni le sue obbiezioni.
— Che gliene pare di quel signore? Non si capisce mai se parla per scherzo o sul serio.
— Io sul serio non lo prenderei — rispose Giovanni con un fine sorriso.
— Dice però qualche verità di tanto in tanto.
— Sì, di tanto in tanto — fece Giovanni come sopra; — ma anche la verità passando attraverso a certi cervelli diventa falsa.
Madama Cauda fece servire del vino di Marsala con accompagnamento di paste dolci, e poichè la moglie del dottore esitava a prendere il Marsala la incuorò maternamente dicendole che nel suo stato doveva farle bene.
Abbassando poi la voce le domandò se suo marito non le aveva ancora parlato di una grande scoperta che era alle viste nel campo della scienza, la fabbricazione dell’uomo artificiale, l’omuncolo, che avrebbe messo a rivoluzione il mondo.
— No — rispose la signora candidamente stupita e un pochino sgomenta.
— Ziit! — fece madama Cauda mettendosi l’indice sulle labbra — Non ne parliamo qui perchè vi sono troppi uomini. Ma vedrà... vedrà. Deve essere la meraviglia del secolo ventesimo.
— Lei ci crede?...
— Io credo sempre alla scienza — fu la proclamazione solenne di madama Cauda.
— Peccato che noi non ci saremo più — concluse la gestante. Chiarina osò esprimere debolmente un suo pensiero. Ella disse arrossendo un poco:
— E si ameranno ancora i figli fabbricati così come si fabbricano le pillole?
Ma pentita subito del suo ardire nascose la fine della frase nell’onda delle voci maschili che salivano alte in una discussione politica. Walter coll'occhio ardente, i capelli gettati indietro sulla sua fronte di pallido, mordeva con passione il frutto inebriante della maldicenza. I muscoli del suo viso guizzavano a guisa di lame, il suo pugno teso nervosamente sembrava stritolare un nemico invisibile.
— Ma anche l’homunculus non accontenterebbe il signor Walter — replicò il dottore. — Fatto con tutte le regole della scienza, sopra modello stabilito da una apposita Commissione e riconosciuto perfetto, quale appiglio potrebbe mai presentare alla ribellione?
— La ribellione — replicò madama Carda — non si produrrà più dal momento che tutti gli uomini saranno fatti del medesimo stampo e quindi uguali.
— È certo che se fosse possibile stabilire codesta uguaglianza non vi sarebbero più nè invidie, nè gelosie, nè crapula, nè menzogna, nè malafede; ma non avremmo neppure l’emulazione, l’amore, la virtù, l’eroismo, la magnanimità, il desiderio di conquista che è stato, a voler essere sinceri, la molla di tutto il nostro progresso. Gli uomini e le donne, cioè gli omuncoli e le donnuncole del futuro. sopprimeranno anche la lotta sessuale che non avrebbe allora nè causa, nè scopo. A quoi bon? E sarà questo il peggior castigo per noi, amico Walter.
Vedendo a tale istante che sua moglie sbadigliava delicatamente dietro il ventaglio, il dottore diede il segnale della partenza e fra le proteste di madama Cauda, la quale voleva trattenerli ancora, tutti si alzarono.
Sul ballatoio le voci degli uomini risuonarono di nuovo, ognuno volendo ribadire le proprie teorie. Si udì Walter gridare:
— Così non va, no, no perdio!
Il maestro, confortato da parecchi bicchierini, espresse il suo pensiero chiaro e tondo:
— Il socialismo solo ci può salvare.
— Danza del ventre — ribattè il dottore infilando la chiave nella toppa. E Giovanni, tasteggiando la balaustra della scala, disse a sua sorella:
— Bada a non cadere.