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Walter; ma quando lo dissero a madama Cauda, ella protestò indignata:
— No, no, come è mai possibile? Un giovane così serio, che si occupa di questioni sociali!
In realtà, finchè si trattava di assalire il Male in astratto, la buona madama Cauda era un leone; ma dover dubitare di una persona in carne ed ossa, di un vicino, di un amico al quale ella diceva «buongiorno» quasi tutti i giorni, le riusciva troppo penoso. Preferiva non credere. Del resto chi sa mai da che parte spunta una calunnia? Forse l’autore stesso della satira metteva in giro il nome di Walter per farsene schermo.
— Quel povero Walter! — concluse madama Cauda.
Alla sera l’appartamento del primo piano (non quello della bella sposa che rimase chiuso, buio e muto come una tomba, ma l’altro) brillava di una insolita illuminazione. Fin dall’anticamera alcuni palloncini chinesi disposti sopra un filo di ferro orizzontale annunciavano il gusto complicato della padrona di casa e la sua intenzione di rallegrare gli ospiti. Ella stessa si era preparata una acconciatura di circostanza; una gonna rossa scarlatta con un giubbetto di lustrini e un diadema d’acciaio in testa. Sembrava una domatrice di belve.