Quale sia questa Botte, si accusa assolutissimamente in cinque parole. Et pare in principio, che sia una vanità, ma come vi si pensa è irrefragabilissima verità

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Quale sia questa Botte, si accusa assolutissimamente in cinque parole. Et pare in principio, che sia una vanità, ma come vi si pensa è irrefragabilissima verità
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Quale sia questa Botte, si accusa assolutissimamente in cinque parole. Et pare in principio, che sia una vanità, ma come vi si pensa è irrefragabilissima verità.


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       UESTA mia Botte adunque è tale. Si dà ella ad intendere, (chi l’haveria creduto?) in meno di dieci parole. ECCO. Come tenite il Vino in Botte, tenitelo in Vettine. Ma mi accorgo, che à molti di voi è parso, che à cambio d'havervisi à dire una notabil cosa, et una cosa admirabile, io vi habbi detto una scioccheria; Et senza quasi io già sento che dite; NATUS  EST  RIDICULUS  MUS. Tuttavolta io vi dico, che à torto vi mettete in fuga. Adagio adunque. Piano. Et di gratia quella bella parola del Savio. NE  SIS  SAPIENS  APUD  TEMET  IPSUM. sia detta questa volta per tutti, come anco per tutti egli volse, che s’intendesse detta. Cioè, NE SITIS SAPIENTES APUD VOSMETIPSOS. Finite prima d’intendermi, & inteso, che haverete come và fatta questa Vettina, allhora ogni persona ragionevole dirà, che POTESTIS  RECTUM  IUDICIUM  IUDICARE. Io spero, anzi son certo, (se la ragione, & la sperienza han pur loco in qualche parte de gli huomini) spero (dico) che finito, che harete di leggere questo breve trattatello; ciascuno di voi haverà tocco [p. 11 modifica]con mano, & resterà chiarissimo, che oltre non si gli guasterà mai Vino, tenendolo in una tale Vettina, li tornerà senza dubio, & di gran lunga anco à più utilità, & meno fastidio, & spesa, & sarà cosa più civile, anzi à fatto nobile il servirsi per l’avvenire più tosto di detta Vettina, che hora io ti propongo, che di tutte le Botte, che fin’hoggi s’adoprano.
Et perche à chi parla à la moltitudine è bisogno imboccarle à puntino le cose, dico, che primamente questa Vettina havrà la bocca larga un gran palmo, come ordinariamente li Maestri di Roma, & da per tutto ce la fanno, & tonda à compasso. Ma però essa bocca devrà haver di più un labro dentro la larghezza d’un buon dito più in giù de l’estremità di essa bocca: à guisa che à le volte si suol fare la bocca di certi Pozzi per appogiarvi il coperchio, sopra al qual labro, ò risalto, che lo volessi chiamare, appoggiato il coperchio di essa Vettina, che sarà anco fatto di terra cotta, & incasato giusto con la circonferentia de la bocca de la Vettina, sarà oppilato intorno intorno con candeline di cera, & trementina, come di sotto si dirà.
Questo coperchio havrà anco un buso grande nel mezzo quanto si fà hoggi grande il coccone de la Botte (che già nè più, nè meno servirà detto buso per coccone à la Vettina) Et sarà questo coperchio grosso tanto quanto basti ad arrivare da detto labro, ò risalto, dove sarà appoggiato, à la parità de la bocca de la Vettina. Et quella stretta fessura, che quanto un filo di spago sottile, ò anco di refe sarà tra ’l coperchio, & circonferenza di detta boccali chiuderà diligentemente con [p. 12 modifica]candeline fatte à posta di cera & trementina insieme, simili ne la sottigliezza à quelle che in Roma si vendono un quattrino l’una ne le Stattioni; le quali hanno solo una coperta di cera, & non più: Stendendosi esse candeline per la fissura intorno intorno.






Perche ognuno resti à pieno informato come andrà fatta la detta bocca, & coperchio: & come essa Vettina devrà essere tenuta, se n’è posto qui appresso il disegno, se bene se ne manderà attorno il modello di legname.



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EL modo adunque, che nel disegno puoi vedere, essa Vettina haverà la bocca, & il coperchio. Et le haverai fatto uno scanno ò zoccoletto sotto al fondo dove la poserai, per poterne commodamente cavare il Vino, come il medesimo disegno ti mostra, ò in Cantina, ò in altro loco de la Casa, che tu la tenghi.
Hor questa Vettina, la quale sto à darti ad intendere sarà anco da la parte di dentro, ò invetriata al modo de Vasari, ò accomodata del modo, che sotto si insegnerà, che forse riuscirà meglio, & sarà più facile, & di manco spesa.
Et da la parte di fuora sarà tutta impegolata assai bene di pegola, & cera, ò di resina, & cera squagliate insieme, & datevi attorno con pennello grosso à guisa di colore, ò d’altro modo tanto, che resti ben coperta di quella pegola, ò resina, & cera.
Il Maestro vi hauvà fatto un buso picciolo ne la panza, come il presente disegno già mostra: & vi haverà anco fatto due caule; Una una grossezza di dito vicina al fondo. L’altra un buon mezzo palmo più suso: capaci esse caule de la Cannella, si come similmente puoi vedere nel disegno.
Questa Vettina adunque così accommodata, chiusi i suoi busi, & caule del modo che sotto si dirà, piena di qualunque debolissimo Vino, purche non sia ancora comincio a guastarsì, etiam che fosse mosto, pur che sia mosto che più non bolla, con un mezzo boccale, ò anco un boccale d’olio dolce buttatovi, & chiusa la bocca col suo coperchio, & con la diligenza de le candeline, & cera, (come sopra si è detto,) & il coccone del [p. 15 modifica]coperchio turato bene ancor esso dal suo tappo, con pezza di tela vecchia attorno à esso tappo intinta in cera, & trementina, conserveranno non che due anni quanto io prometto, ma gli quaranta anni in ogni Paese ogni sorte di Vino. Et non solo il conserverà, ma l’andrà sempre crescendo di perfettione.
Et se ne dubitaste, io ne mostro l’esperienza hor hora, prima che finiate di leggere trenta, ò poco più righi de gl’immediate seguenti. Esperienza a quale voi vederete, che non comincia adesso, ma è stata le migliaia d’anni al conspetto, & a la vista publica de la gente, se bene nessuno ancora l’havea avvertita: ò se l’ha avvertita, non ne ha saputo fare un’utile universale al mondo, come spero n’havrò fatto io dopo la presente publicatione.
Tutti che intendete, & leggete, ò sapete, ò potete sapere, che in tutte le Spetierie il Vino di pomi granati si conserva perfettissimamente, uno, & due anni solo col tenerlo in una Carafina di vetro con un pochino d’olio à la bocca d’essa Carafina.
La ragione che lo fa conservare è, perche non essendo il Vetro poroso, come il legno, nè essendo esso vetro capace per se stesso di prendere qualità cattiva, per non potere egli marcirsi, ne prender muffa, ne sorte alcuna; di mal’odore, come fà il legno, & essendo la bocca de la Carafina difesa da l’olio, l’aria nou vi può intrare à corrompere il vino di granato, che vi è dentro. Nè i Venti caldi, nè l’aria calda ponno succhiarli la virtù, non essendo ne la Carafina pori, secondo sono nel legno de le Botte, come si è detto.
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La sudetta esperienza adunque, che è ragione, & esperienza insieme devrà bastare à levarti ogni dubio, che il medesimo interverrà tenendo il Vino ne le Vettine: poiche in queste Vettine accommodate del modo che si è detto, nè più, nè meno l’aria, & Venti caldi non potranno penetrarci, perche datoci dentro à scambio di colore di Vasari l’inceramento secondo li dirà sotto, non solo non potranno da se stesse dare cattivo odore al Vino, ma glielo daranno bono secondo ti sarai dilettato di profumare con alcuna cosa detto inceramento. Et di fuori staranno coperte de la pegola, & cera. Si che sarà impossibile ad essere penetrate da aria, ò da Venti caldi per ardentissimi che fossero.
Si che hai l’esperienza non solo la ragion naturale di come si può conservare molti anni il Vino, & il Raspato, & forse anco l’acquato, & la Cervosa. Et tale sperienza l’hai in vino tanto debole, per natura non durabile, com’è il vino di Granati; Che ragionevolmente hai da stimare, che anco li Raspati, & gli Acquati, & la Cervosa, come che sono di più gagliardezza di spirito li conserveranno assai meglio ne la detta Vettina accommodata del modo che io ti insegno, che non fa il Vino di Granati in una ampollina di vetro, che a pena cape un bicchiero.
Oltra che questa sperienza pur troppo evidentissima può quietare ogn’huomo; te ne puoi di più in più far certo da quest’altra palpabilissima ragione.
Ognuno sà, ò può informarsi, che quanto maggiore è una botte, tanto più sicuramente si conserva in essa il vino in ogni tempo, & nel tempo particolarmente più [p. 17 modifica]pericoloso de la siate, & venti caldi. Et la ragione è, che quella parte spiritale del Vino, che sopra s’è detto esser quasi l’humido radicale del vino essendo in maggior quantità unita in un sol loco, è più atta à resistere, & difendersi da suoi contrarij, che se fosse in tre, ò quattro botte, ciascuna di minor quantità: percioche, come ognun sà, ponno più due, ò tre, ò quattro uniti insieme, che non potrebbe ciascuno di loro per se solo: perche VIRTVS UNITA FORTIOR.
Hor fà l’argomento. Se un vino debolissimo di pomi granati, ch’è di tenuissimo spìrito, si conserva li due anni intieri in una Ampollina di vetro, che à le volte cape à pena un bicchiero; quanto più si conserverà il Vino vero de la Vite, che per debole, & difettoso, che naturalmente fosse, sempre è più gagliardo, & di maggior spirito, & virtù, che non è il Vino de granati; massimè quando sia tenuto in vase simile, anzi meglio del vetro. Donde per la densità de la Terra cotta, per la grossezza sua, per l’inceratura c’hà dentro, et prr l’impegolamento bono c’harà di fuori, & non ne può traspirare detto spirito del vino, nè ne può esser succhiato da l’aria, ò venti caldi de la state. Aggiungendoci di più quest’altro vantaggio di ragione, Che questa Vettina senza comparatione è più grossa del vetro, & tiene due mila volte più vino, che non tiene ma di dette Ampolline di Specieria.
Et anco, se con tutte queste ragioni, & esperienze insieme tu pur dubitassi, io ti soggiungo di più; Che questa mia Inventione, non è invention nova, che non sia stata mai nel mondo; ma è antica di migliaia d’anni. [p. 18 modifica]Imperoche come facilmente quelli che hanno letti gli Autori si ponno ricordare, & quelli che non gli hanno letti, lo ponno intendere da chi gli hà letti; li Romani antichi, anzi gran parte d’Italia anticamente in simili vasi di terra conservavano il Vino ordinariamente, & grandissimo tempo. Et i vasi più grandi chiamavano DOLLA, li Mezzani TESTAE: li più piccioli LAGENAE. Et lasciando stare seicento lochi d’Autori, che se ne potriano citare; per non fare il Dotto, te ne citerò un solo d’un mìo Paesano.
Horatio Poeta Pugliese, ma trottato frà i grandi di Roma, havendo invitato à mangiar seco un tal Corvino amico da lui molto stimato; fà un’ode, (come dire) una Canzone ad una di queste Teste, ò Vettine. Testificando nel primo verso, che ’l Vino il quale essa Vettina tenea, havea tanto tempo quanto era, ch’era nato Horatio. Et la mettea a mano quel dì per mostrare quanta allegrezza si facea in casa sua per girvi à mangiare un tanto amico. Vedi al terzo libro di Poemi d’Horatio, ch’è la xxi. & comincia.

O nata mecum Consule Manlio.

Et se pure le testimonianze antiche non ti bastano; te ne darò de le modernissìme, & de lo stesso tempo nostro d’hoggi; sì che da un millione d’homini potrai sapere, che riesce cosa sicurissima il tenere li vini del sudetto modo. Et questo millione d’homini saranno tutti li Popoli di Spagna.
Certo in Spagna non in altri vasi, che in queste Vettine conservano i vini moltissimi anni, ancora che le Vettine loro sieno mal considerate, & goffe, come [p. 19 modifica]erano mal conditionate, & goffe (ne la parte più importante de la bocca, non già nel garbo di tutto il corpo) quelle de’ Romani, rispetto à questa Vettina, che ti insegno io. Oltre che anco è da credere, che in Spagna sino adesso non tutti sappiano, anzi pochi si siano accorti, che la Vettina sia quella, che conserva loro li Vini. Imperoche essi tengono li Vini ne le Vettine, non per elettione,ma à caso, & costretti da la necessìtà: percioche non hanno legnami da farsi le Botte. Onde credono più tosto,che li loro Vini si conservino per la gagliardezza naturale, che tengono, & per la pegola di che impegolano di dentro tali Vettine, & per un Cane scorticato senza interiora,& senza testa & piedi, che ci buttano (cosia schifa tanto, che faria stomaco à Morforio) che per virtù di esse Vettine. La verità però è, che la natura del Vase ancorache difettosissimo rispetto à questo che ti insegno io, è la causa efficiente, che non lascia guastare in Spagna li vini.
Et non accade dubio, che come la natione Spagnola (natione svegliata, & d’acuto giudicio) intenda l’aggiuntion mia, che fà perfetto l’uso de le loro Vettine, subito lascieranno d’impegolare per l’avvenire da la parte di dentro le loro Vettine. Le impegolaranno di fuora solamente. Et di dentro, perche il lor Vino non sappia più di pece, le accommoderanno con la cera, quale si saranno odorata à lor modo. Similmente, subito accommoderanno loro la bocca con quel coperchio, secondo il mio modello.
Et subito lascieranno la schifezza di quel Cane, ò d’altra carne ancor che bona, che ci buttavano [p. 20 modifica]dentro: & à scambio di tale abuso ci butteranno del’olio. Et come che sono d’aguzzo giudicio, ce lo butteranno anco profumato, come dire, olio violato, ò rosato, ò di fiori di narangi, ò di gelsomini, ò se meglio il sapranno investigare, poiche con ciò si faranno conoscere per più sensati, & giuditiosi, & non sis entiranno più in bocca, et ne lo stomaco un’odor di nave, che fà quella pegola. Et oltre à ciò, goderanno quella delicia, che infino à li Raspati, & Acquati (che là riescono eccellentissimi per la generosità de l’Uve) li faranno sapere per mezo de l’inceramento che si darà dentro le Vettine, di tutti gli odori più pregiati, che ciascuno vorrà. Et allhora infallibilmente non se gli corromperà il Vino mai, dove adesso à le volte anco se gli corrompe per non haver perfetto l’uso di esse Vettine, così come al presente li si mostra.
Et se pure li Popoli di Spagna non ti bstano in testimonianza; te ne dò per testimoni li sapientissimi, & giudiciosissimi Signori Venetiani. Essendo verisimile, che la maggior parte di detti Signori sappia, che ne la lor Candia in Vettine, & non mica in Botte tengono il lor Vino; & che però pochissimo loro se ne guasta. Et quel tanto, che in essa Isola si guasta, è perche non hanno perfetto l’uso del Vase, come l’haranno di quì avanti. Et ne anco li Popoli di Candia si avveggono, che il Vase sia quello, che loro conseriva i Vini, servendosene nè più, nè meno, come i Signori Spagnoli, cioè per necessità, non per elettione. Mi direste perche li Signori Venetiani non l’usano in Venetia? Rispondo; Perche [p. 21 modifica]ancora non t’hanno avvertito. Quante cose di mano in mano, & anco modernamente, sono siate avvertite à detti Signori, che quasi ognuno le haveria pensate, se bene sino à quel punto à nessuno eran cadute ne l’imaginatione? Che essi Signori da sapientissimi, non tanto che si siano ritirati da accettarle, ma le hanno laudate, & premiate con animo heroico? Et credete voi, che mi fermerò quì à dare de gli altri Avvertimenti nerissmi, & più utili anco di questo? Vi gabbate in grosso à credere, che non ne habbi anco à dare de gli altri. Ma primamente voglio che ognuno conosca in viso bene questo del Vino, del quale hora si tratta.
Et perche questo incredulo, ò timido, ò troppo savio, al quale io mi studio di far toccar con mano questa verità, & che vorrà forse star senza causa, nè l’uso goffo de le Botte, si renda finalmente capace del suo meglio, & si volti à servirsi del modo di tenere il vino che io metto à campo; dico, che cerchi, che troverà anco, che in qualche parte d’Italia sarà pur qualcuno hoggi, che conserva il Vino ne le stesse Vettine molto bene, ancorache elle non saranno sì bene considerate, come se le potrà far lavorare letto c’harà questo Libretto: poiche le truffe ò iuste che sono certi vasi di terra cotta invetriati, che usano in Orvieto, con tutto che non capono più d’uno, ò due boccali; & li fiaschi di vetro in che tengono li vini trebiani in Toscana, se bene sono senza la cautela de l’olio, & de l’esser ben chiusi & turati con cera, & trementina; nondimeno conservano il Vino tutto l’anno; ò gran parte de l’anno senza potere mai guastarsi. Hor quanto più si conserverà in vase [p. 22 modifica]grande vetriato, ò accommodato con la cera, ch’è meglio che ’l vetro, (come à suo loco si dirà) & con l’olio suso, & chiuso; che non può penetrarvi, nè vento caldo, nè aria calda, come è questo ch’io ti propongo?
Sono adunque non solo ragioni sensate, ma esperierienze evidenti queste, che io ti mostro, à le quali per verità non si può dire cosa sossistente contra, saluo se alcuno non lo facesse data opera, ò per burlare il Compagno, ò per essere d’ingegno incapace, ò forse anco non lo facesse per qualche suo fine poco bono.
Et questo è l’ORDEGNO mio,quale hò promesso che conserverà in ogni Paese il Vino. Et questa è la Botte incorrottibile, de la quale hò promesso, che ci và sopra uno Ordegno, che non si potrà occultare da chi se ne vorrà servire.
Con la quale coverta di parlare tenuta con retto giudicio, & ad arte, & si è occultato il secreto, che alcuno non me lo hà penetrato, sinche non fusse venuto il tempo conveniente di scoprirlo io stesso; & nondimeno con tal modo di pronunciare si è detto la mera, & sincera verità. Imperoche entrando la Vettina à fare officio di Botte, ragionevolmente si è potuta chiamar Botte. Serve altro che per Botte? Et da l’andare più circonstanze al fare detta Vettina, à ragione anco s’è potuto dire, che sia un Ordegno che và sopra ciascuna Botte. Siche hai ò Principe, ò Republica, ò Popolo l’ordegno verdadiero, che và sopra la Botte, secondo hò promessò, che non ti farà guastar mai vino. Il qual punto è quello che importa che si trovi à fatto vero. Et detto Ordegno è molto facile à potertelo [p. 23 modifica]provedere: & ogni povero lo potrà con manco spesa havere, & con più facilità, & honorevolezza tenere, che non si hà, ò non si tiene una Botte. Et hà anco questo mio ordegno tutte le conditioni, che à sentirle ti pareano impossibili. Cioè, che tal Botte è incorrottibile. Et fuor che la prima volta, poi in eterno non sarà più bisogno, che tu ci spenda, ad acconciatura, nè a cerchi, nè à doghe, così come è necessario, che tu facci ogn’anno a le botte di legno. Le quali botte di legno contale spesa ti vengono ad essere d’una perpetua usura, & d’una necessaria, & grossa gabella. Che se bene fai il conto, non importa altrettanto il mezo giulio, che tu pagherai per salma, quanto importa la detta acconciatura. Oltre il fastidio di cavare le Botte di Cantina per asciugarle, ò acconciarle, & poi anco per rimetterle di novo; à la quale manifattura ci volea anco più d’un’homo. Et con tutti questi guai, & spese, che duravi in esse, ti si guastava pure il Vino. Et cosi trovi anco vero,che questo mezzo giulio non lo devi mettere à conto di pagamento: percioche lo sconti con quello che avanzi di non havere più à spendere ad acconciare ogn’anno le Botte, & à fartele governare, & levare. et mettere. Trovi similmente vero, che nessuno può usare in fraude del Principe tale specie di Botte, ò ordegno; perche per grossolano che sia l’Officiale del Fisco, in arrivare à una Cantina, subito s’accorge se io ci tengo Botte secondo l’uso, che correa; ò Vettine di terra cotta, secondo la moderna Inventione, che si propone. Et tuttavia quanto anderai più leggendo sin ne l’ultimo rigo questo trattatello sempre andrai [p. 24 modifica]scoprendo del’altre utilità non minori di queste, che ti apporterà il servirti di questa mia Inventione.