Modo di accomodare questi Vasi dalla parte di dentro, perché non possino pigliar mai mal’odore; anzi lo habbino à dar sempre bono

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Modo di accomodare questi Vasi dalla parte di dentro, perché non possino pigliar mai mal’odore; anzi lo habbino à dar sempre bono
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Modo di accomodare questi Vasi da la
parte di dentro, perche non possino
pigliar mai mal’odore; anzi lo
habbino à dar sempre bono.


NN
ON hà dubio, che quando si potessero havere le sudette Vettine vetriate da vasari dentro, & fuori, non accaderia desiderare altro. Che turate bene, & accommodate con candeline, & cera, (come si è detto) terriano perpetuamente eccellentissimo il Vino. Ma perche i Vasari corrono una difficultà, che de le dieci che ne colorano, le nove le si crepano allhora che con la seconda cottura le vogliono dare il colore; però è stato bisogno trovare un modo, che senza haverle à colorare, ò vetriare riescano nè più, nè meno perfette.

Et il modo che si è trovato, sì è l’incerarle di dentro, & l’impegolarle di fuora. Et se crederete fermamente, che l’incerarle di dentro le fà tenere più perfetto il Vino, che le vetriate da vasari; crederete ancora cosa che è verissima. Et perche non ne dubitiate, se ne dà la ragione.

Si prova ne fiaschi vetriati da Vasari, che pieni di [p. 25 modifica]vino, & benissimo turati; il vino nondimeno evapora per il di fuori del fiasco certa materia bianca, che à saggiarla hà del’agro, & à uederla par sale. Non hà dubio, che quello evaporamento porta via qualche virtù del Vino.

Et che sia il vero; il Vino d’Orvieto, che si salva ne le trusse, ò iuste, che sono fiaschi di terra vetriati, se bene non vi si guasta; nondimeno perde qualche poco de la sua perfezione. Per l’opposito opera la cera. Quello spirito sottile igneo del vino non hà pure una forza di passarla à verso alcuno. Et se ve ne volete chiarire, dimandatene i Maestri che con l’acque forti fanno ò lettere, ò altre dipinture sù i ferri de le spade, coltelli, ò altro. Imperoche questi su’l ferro dove vogliono dipingere qualche cosa: vi danno prima una coperta sottilissima di cera. Poi; con una agucchia vanno di sopra quella cera scoprendo il ferro; & vi fanno ò lettere, ò fregi, ò quello, che lor viene di fantasia. Fanno poi certi arginetti pur di cera attorno, gli empiono d’acqua forte. L’Acqua forte rode il ferro in quella parte donde l’agucchia tolse via la cera. Dove poi la cera restò, per sottilissima ch’ella fù, etiam quanto si possa più dire sottile; l’acqua forte non harà potuto onninamente niente penetrare il ferro. Onde raccogli; che la cera etiam sottilissimamente data, resiste à la fora de l’acqua forte. Adunque maggiormente harà forza di resistere à lo spirito del vino, che non hà virtù, nè corrosiva, nè disunitiva. Di che vedrai manifestissima prova. Et la detta ragione s’è posta per esser tale, che ti può quietare. [p. 26 modifica]

La cera di che à questo ti devrai servire, sia l’ordinaria, nova, gialletta, che si vende da per tutto. La liquefarai come s’hauessi à farne candele, & con pennello grosso la darai per dentro la Vettina; & ce la darai sù quello che essa Vettina esce calda da la fornace, che la beve, & succhia che penetra sino à mezzo dito nel sodo de la Vettina. Ch’è cosa nobilìssima, & si fà facilmente.
Se in essa cera quando è squagliata, butterai qualche olio odorato, ò di garofani, ò di rose, ò di viole, ò di narangi , ò altro; ò anco muschio (se cosi ti piace;) farai con quello la Vettina odorata, come meglio ti sarà venuto da la fantasia. Forse da una cosa simile à questa Horatio Poeta sudetto diede quello essempio;
Quo semel est imbuta recens servabit odorem Testa diu.
Io hauerei posto altri modi da accommodare da detta parte di dentro le dette Vettine, nobilissimi da Rè, da Imperatori, da Papi. Ma perche mi sono obligato, che in questa mia Inventione non andrà cosa dannosa a la sanità; però per fuggire gli scrupoli, che da tale occasione si fossero potuti fare, hò lasciato di metterli. Massime hastando la cera simplicissima, (à la quale non si può mettere eccettione, nè da Medici, nè da alcuno) à darvi l’intento, che mai più non vi si guastino li vini, anzi poteruvli fare odorati di quel modo che più vi andasse à gusto.
L’Impegolar poi anco la Vettina da la parte di fuori con resina, & cera, ò con cera & pegola, & matton pesto [p. 27 modifica]incorporati insieme, leverà à pieno ogni sospetto, che possa evaporarne lo spirito del Vino, nè che possa esser penetrato, ò succhiato da aria, nè da venti caldi. Siche resti assicuratissimo di haver sempre ottimo vino.
Chi nondimeno volesse maggiormente dilettarsi, & haver da la parte di fuora questi vasi nobilissimamente ornati, ò di pitture, & fantasie varie, ò colorite eccellentissimamente di un qualche colore, ò rosso, ò verde, ò turchino, ò bianco, ò altro. Et che tal colorito, ò pittura li facesse la Vettina, nè più nè meno impenetrabile al pari de la pegola, & de la cera, & anco più, potrà fare di quest’altro modo.
Darà intorno al Vase una mano d’olio di noce, ò di lino bollentissimo. Et perche l’olio di lino precisamente non dia noia col cattivo tuffo, si ci mescoli un’oncia, ò due d’olio di spico. Et si lasci la Vetiina cosi per quattro, ò sei giorni, ò manco tanto che sia sciugata. Poi si ci dia sù l’imprimitura à olio al modo di Pittori. Et finalmente ò si facci dipingere, à dar su quel colore, ò biaco, ò rosso, ò verde, ò turchino che più ti aggrada. Che tal pittura, ò colorimento sarà à punto impenetrabile, come il ferro, non che come il vetro. Et sarà vista, & compariscenza cosi honorata, che se terrai questi Vasi etiam ne la Camera, ove continuamente vivi; non solo non genereranno indegnità, come faria il Barile, o’l Botticello, ma saranno vaghezza, & honorevolezza. Et spero di non essere falso Profeta. Che anco nascerà voglia à li Signori di farsi lavorare di Musaico la parte di fuor a di dette Vettine. Che’l Musaico per la colla grossa che hà sotto, tanto più terrà [p. 28 modifica]disensatissimi questi Vasi da aria, & venti caldi. Et di questo modo elle sariano honorevoli ne le Cenere de le Regine spose sù quel primo che sono ite à Marito.
I Cortigiani, & Religiosi, che spesso ricevon disgusto dal troppo cattivo vino, si ponno accorgere, che già hanno il rimedio di potere con degnità tenere un vase di questi commodo di due barili, ne la propria Camera. Onde havran sempre vin bono al paro de li padroni. Cosi gli Artigiani. Cosi ogni studente. Cosi ogni pover homo, che non harà Cantina.
Nè io dubito, che con la via, che io hò mostro di questo inceramento, & colorimento si susciteranno di varie altre inventioni di colorature, ò vetriamenti, ò petene cbe altrove le chiamino, & in somma varie altre filosofie d’odori, & sapori da darsi al Vase; (percioche frà tutte le genti è sparsa la scienza più sensata di tutte le cose, se si sapesse ricapere) siche si farà quasi à gara à chi meglio vetriatura haverà trovato.