Il genio buono e il genio cattivo/Atto V

Atto V

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Atto IV Nota storica

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ATTO QUINTO.

SCENA PRIMA.

Campagna rustica alla vista di un fiume picciolo, ma navigabile. Veduta al di là del fiume di monti scoscesi. Capanna da un lato ed un grosso battello nel fiume, legato alla riva.
Tuoni e lampi, saette1 nell’aprirsi dell’Atto. Due Pastorelle corrono a serrarsi nella capanna. Terminato il temporale, l’aria si rasserena, le Pastorelle escono dalla capanna.

Agata e Lena.

Agata. Oh che orribile temporale!

Lena. Io sono ancora nello spavento.

Agata. Tremo per la vita di mio fratello.

Lena. Ed io per quella di mio marito.

Agata. Gran vita miserabile è quella de’ pescatori!

Lena. Esposti sempre ai pericoli. [p. 138 modifica]

Agata. Voglia il cielo che ritornino sani e salvi.

Lena. Oh ecco qui mio marito. Sia ringraziato il cielo!

SCENA II.

Tognone e dette.

Agata. Dov’è mio fratello? (a Tognone con ansietà)

Tognone. Alla bocca del fiume.

Lena. Avete avuto paura?

Tognone. Per noi altri non c’era pericolo, poichè per fortuna eravamo a terra a tirar la rete. Ma abbiamo veduto rompere una tartana ne’ scogli e pericolare tutti quei che vi erano dentro.

Lena. Povera gente!

Agata. Il mare è bello a vedere, ma alla lontana.

Lena. Vuoi venirti a mutare? (a Tognone)

Tognone. No; i miei camerata mi aspettano. Abbiamo fatto una pesca abbondante; son venuto a prendere il battello grosso per trasportarla.

Lena. Non vuoi nemmeno rinfrescarti un poco?

Tognone. No, no; quando torno. Verremo tutti insieme. Non tarderemo a venire. (va alla riva del fiume, entra nel battello, lo scioglie e remigando parte.)

Lena. Andiamo a preparare qualche cosa per quando vengono.

Agata. Andiamo. (entrano nella capanna)

SCENA III.

Corallina sola; poi Agata e Lena.

Corallina. Povera Corallina, povera donna, afflitta vedova, disperata!2 Che farò in vita, ora che ho perduto il mio caro Arlecchino, il mio caro bene, il mio caro marito? Genio perfido che mi hai sedotta, tu sei la causa della mia disgrazia, tu mi hai condotta a precipitare. Sarai contento; son desolata, son precipitata, son morta. Oh Genio maladetto! Vecchiaccio indegno! Avessi ascoltate le voci di quel giovinetto prudente che mi consigliava al bene, che mi animava a resistere, e che con [p. 139 modifica] tanta carità ed amore mi ha fatto in uno specchio vedere tutti i malanni ai quali il Genio nemico volea condurmi! Ah sì, ecco verificato il prognostico del Genio Buono. La tempesta orribile ed il naufragio ch’ei mi ha dipinto fra l’ombre, si è pur troppo verificato. Io salvata mi sono per il potere di questo anello fatale, ma non mi ha servito per salvare Arlecchino. Il povero sfortunato, perduto l’anello al gioco3 è precipitato in mare, e si è miseramente perduto. Che farò io in vita senza di lui? A che mi serve ora questa gemma incantata? Che voglio far di questo spirito qui rinchiuso, se non ha avuto il potere di conservarmi il mio caro, il mio adorato marito? Maledetto spirito! Perduto Arlecchino, ho perduto tutto, non so più che fare di te, vattene all’inferno donde partisti. Vattene, anello infame, ti seppellisco dove sepolto è il mio bene. (getta l' anello nel fiume) Ohimè! qual tremore mi assale? Mi sento ardere internamente. Il cor mi palpita, e par che voglia balzar fuori del petto. Mi suda la fronte... Mi si oscura il giorno.... Farmi che il terreno vacilli... Oh cielo!... Mi sento morire... Non vi è nessuno che mi soccorra... non vi è chi riceva gli ultimi miei respiri... Oimè! gente, aiuto, soccorso.

Agata. Che avete, poverina?

Lena. Cosa mai vi è accaduto?

Corallina. Soccorretemi per carità.

Agata. Venite con noi.

Lena. Venite, venite nella capanna. (le due sostengono Corallina ed entrano)

SCENA IV.

Tognone, Medoro ed altri Pescatori vengono col grosso bottello alla riva; scaricano molti canestri di pesci, e all’ultimo tirano in terra una rete piena e la lasciano senza aprirla.

Tognone. Oh la buona pesca che abbiamo fatto!

Medoro. In grazia del temporale, siamo stati oggi più fortunati del solito. [p. 140 modifica]

Tognone. Chiamiamo le nostre donne. Lena. (chiama forte)

Medoro. Agata. (chiama forte)

Tognone. Venite.

Medoro. Venite a vedere.

SCENA V.

Agata, Lena, poi Corallina e detti.

Lena. Oh quanto pesce!

Agata. Oh che buona pesca! (con allegria)

Tognone. Mi par di vedere.... Chi ci è nella capanna?

Lena. Una povera donna, che si è salvata dalla burrasca.

Agata. Venite, venite anche voi. Venite a vedere quanto pesce. (alla capanna con allegria)

Corallina. Godo delle vostre consolazioni. (melanconica)

Agata. Cosa c’è nella rete?

Medoro. Del pesce grosso.

Lena. Vediamolo.

Tognone. Lo vedremo con comodo. Andiamo a far colazione. (agli altri Pescatori)

Medoro. Ci avete preparato niente? (alle Donne)

Lena. Sì, sì, venite. (Lena ed i Pescatori entrano tutti nella capanna)

Agata. Venite anche voi. (a Corallina)

Corallina. Vi ringrazio. Sto un poco meglio, e vi prego di lasciarmi sola.

Agata. Fate come volete. Io vado a far colazione con mio fratello, (entra)

SCENA VI.

Corallina ed Arlecchino nello sturione che guizza di quando in quando.

Corallina. Donne felici! Vita deliziosa e beata! Goduta ho anch’io nella mia capanna una simile felicità. Oimè! strascinata dal Genio Nero l’ho sagrificata al capriccio, alla vanità; l’ho perduta per sempre! Non vi è più rimedio per me. Non vedrò [p. 141 modifica] più li mio caro Arlecchino, non vedrò più il mio nativo paese, non godrò più la mia pace. A che mi serve questo resto di vita misera, lagrimosa, dolente? Eh, finiscasi di pensare una volta. Trionfi il Genio perfido intieramente di me. Se non ho saputo vivere in pace col mio caro marito, voglio terminare i miei giorni com’egli ha finito i suoi. Ah sì, vuò morire com’egli è morto. Voglio seppellirmi in quell’onde. Deh numi tutelari di queste spiaggie, raccogliete il mio spirito, e portate il mio corpo al mare, e unitelo a quello del mio adorato Arlecchino. Coraggio, Corallina, coraggio. Termina i tuoi tormenti colla tua vita, e serva il tuo triste fine d’esempio a chi si abbandona alle lusinghe del Genio seduttore, ribaldo, (corre per gettarsi nel fiume, dal quale esce in una conca marina il Genio Buono.)

SCENA VII.

Il Genio Buono e la suddetta.

Genio Buono. Che vuoi tu far, sconsigliata?

Corallina. Oh cieli! Voi venite ad accrescere la mia pena. Voi mi fate arrossire; non ho coraggio di sostenere la vostra vista.

Genio Buono. Il rimorso che voi provate in veggendomi, non mi dispiace, e il pentimento vi potrebbe ancora render felice.

Corallina. No, andate. Non vi è più rimedio per me.

Genio Buono. V’ingannate. La speranza non è perduta, ed il rimedio non è lontano.

Corallina. Perduto il mio caro Arlecchino, che mi resta a sperare? Che mi resta a desiderare?

Genio Buono. Pentitevi di non avermi ascoltato, detestate il Genio da cui vi avete lasciata condurre, e può essere che ricuperiate quanto avete perduto.

Corallina. Posso sperare di ricuperar Arlecchino?

Genio Buono. Questo ancora sperar potete.

Corallina. Ah giuro e prometto, che se ricupero il mio caro marito!... [p. 142 modifica]

Genio Buono. Qual promessa? qual giuramento? Osate in faccia del Genio Buono patteggiar per la grazia e promettere con condizione? Riconoscete l’inganno vostro; e in luogo di promettere il pentimento, se ricevete da me il favore, pentitevi per meritarlo.

Corallina. Ah sì, confesso la mia ignoranza: protesto di sempre mai destare il Cattivo Genio, e di abbandonarmi ai vostri saggi ed amorosi consigli.

Genio Buono. Persuaso della vostra sincerità, eccovi la prima prova della mia sincera amicizia, (tocci la rete colla verga, e salta fuori Arlecchino vivo e snello e brillante.)

Corallina. Ah il mio caro marito!

Arlecchino. Oh la mia cara muggier!

Corallina. Come qui? Come ti sei salvato dall’onde?

Genio Buono. Io sono che l’ho salvato, io che malgrado i torti che fatti mi avete, non vi ho mai perduti di vista, non vi ho mai abbandonati del tutto.

Arlecchino. Oh caro! oh benedetto!

Corallina. Quant’obbligo! Quanta riconoscenza!...

Genio Buono. Siatemi fedeli, e vi prometto condurvi al Tempio della Felicità.

Corallina. Ah signore, non ci allontanaremo4 da voi un momento.

Genio Buono. Seguitemi, e sarete di me contenti.

Corallina. Andiamo. (ad Arlecchino)

Arlecchino. No lo lassemo mai più.

SCENA VIII.

Il Genio Cattivo esce dalle fiamme, preceduto da fiamme, e detti.

Genio Cattivo. Dove andate, infelici?

Corallina. Aiuto! (al Genio Buono, accostandosi a lui)

Arlecchino. Soccorso! (al Genio Buono, accostandosi a lui)

Genio Cattivo. Credete voi che io non abbia il potere di riparare le vostre perdite e di rendervi ancor fortunati? Eccovi dell’altro [p. 143 modifica] oro, se ne volete, eccovi due altri anelli, due altri spiriti al vostro comando. Se seguitate il mio nemico, non sarete che poveri come nasceste; se seguitate il consiglio mio, goderete ancor dei piaceri di questo mondo.

Corallina. Oh cieli! Difendeteci voi, signore, dalle insidie di questo perfido. (al Genio Buono)

Arlecchino. Se raccomandemo alla so protezion. (al Genio Buono)

Genio Buono. (Ritirandosi un poco) Amici, io non posso aiutarvi che co’ miei consigli, e non ho altre armi per combattere il mio nemico che le vostre medesime volontà. Tocca a voi a decidere, a determinarvi; se vi piace di seguir lui, sarò forzato mio malgrado ad abbandonarvi. Se me seguir volete, fate forza a voi stessi, rinunziate alle sue lusinghe, ed assicuratevi della mia assistenza.

Corallina. Per me lo detesto, lo abborrisco...

Arlecchino. Che el vaga al diavolo.

Corallina. Non c’è più dubbio ch’io mi lasci sedurre.

Arlecchino. No lo ascolto più, no ghe abbado più...

Corallina. Rinunzio a tutte le sue lusinghe.

Arlecchino. Che el se petta5 el so oro e i so diavoli che lo porta.

Corallina. Ma osservate come ci guarda! (con timore al Genio Buono)

Arlecchino. El me fa paura. (al Genio Buono)

Corallina. Difendeteci contro dell’ira sua. (al Genio Buono)

Arlecchino. Per amor del cielo, no permette che el ne fazza del mal. (al Genio Buono)

Genio Cattivo. No, indegni, non temete di me. Se voi mi scacciate, sono costretto ad andarmene. Io regno sul cuore di quelli che mi credono, io regno sulle volontà di quelli che mi ascoltano; ho l’arte di persuadere, non ho il potere di forzare. Il mio nemico vi ha guadagnati: son vinto, sono avvilito. Non mi mancheranno nel tristo mondo nuovi oggetti a sedurre, nuove prede a contaminare. Guai a coloro che mi ascoltano, guai a color che mi credono! (si sprofonda accompagnato da fiamme) [p. 144 modifica]

Arlecchino. L’è andà, l’è andà.

Corallina. Grazie al cielo, è partito.

Genio Buono. Andiamo, amici, andiamo al Tempio della Felicità. (partono)

SCENA ULTIMA.

Il Tempio della Felicità. Vedesi in fondo l’ara accesa davanti le due statue rappresentanti la Giustizia e la Pace.

Il Genio Buono, Arlecchino, Corallina, Filidoro, Vanesia vestiti magnificamente e Polligrafo vestito di nero.

Genio Buono. Eccovi nel Tempio della Felicità, tempio che troverete in ogni luogo dove sarete, perchè l’avrete dentro di voi. Chi lo cerca fuori di se medesimo, lo cerca invano. Osservate, udite, ed apprendete ad essere felici. Filidoro! Tu qui? Perchè così mesto e dolente?

Filidoro. Mi manca la contentezza, e vengo a cercarla.

Genio Buono. Eppure sei ricco di beni di fortuna!

Filidoro. Ma non bastano a tutto quello che vorrei.

Genio Buono. Sei sano!

Filidoro. Ma la mia salute non regge ad ogni strapazzo.

Genio Buono. Hai degli amici!

Filidoro. Ma mi contristano con i loro consigli.

Genio Buono. Tu dunque brami amici che ti adulino; salute senza governo; ricchezza proporzionata ad ogni tua voglia, senza proporzionare le tue voglie al tuo stato! Gli adulatori ti renderanno ridicolo; lo scialacquo ti farà povero; e lo strapazzo della salute ti condurrà presto al sepolcro. Esci da questo tempio, o sii del tuo stato contento. (Filidoro resta sospeso) E tu. Vanesia, perchè così inquieta?

Vanesia. Non sono contenta.

Genio Buono. Eppure hai un marito che t’ama!

Vanesia. Ma non mi lascia in piena libertà.

Genio Buono. Sei sana!

Vanesia. Ma vorrei essere bella e spiritosa. [p. 145 modifica]

Genio Buono. Sei ricca e magnifica!

Vanesia. Ma non sono la sola.

Genio Buono. Tu dunque vorresti essere sola nel possedimento del bene? Essere bella e spiritosa anzi che sana? Avere la libertà di vivere a capriccio, anzi che esser amata dal marito? La vita licenziosa ti coprirà di vergogna; gli anni ti renderanno deforme; lo spirito che brami è passeggiera follia, e la velenosa invidia fra mille beni ti farà infelice. Esci tu pure da questo tempio, o riforma il tuo cuore. (Vanesia resta pensosa) E tu, Polligrafo, perchè sì agitato?

Polligrafo. L’ira mi rode.

Genio Buono. Eppure sei filosofo!

Polligrafo. Ma li parti della mia filosofia o vengono proscritti, o condannati alle fiamme.

Genio Buono. Tu passi per dotto ed erudito!

Polligrafo. Ma v’è chi osa contraddirmi.

Genio Buono. Tu dunque vuol tutti sottomessi alle tue opinioni? Tu pretendi che i deliri scandalosi della tua malinconica fantasia, atti a guastare i costumi e ad inquietare la società civile, siano tollerati? L’ambizione e la corruttela sono dunque i frutti degli studi tuoi e della tua filosofia? Esci da questo tempio, o impara a regolar te stesso.

Polligrafo. Ma se le passioni mi violentano, che colpa è la mia?

Genio Buono. Filosofo alla moda! empio e protervo! Le passioni nel cuore umano sono come le vele in una nave. Se il piloto non le regola e non le fa servir all’intrapreso viaggio, ma le lascia in balìa del vento, conducono la nave errante pel vasto mare, e finalmente al naufragio fatale. (Polligrafo resta confuso)

Corallina. E di noi che sarà?

Arlecchino. La ignoranza n’ha fatto fallar.

Genio Buono. Che ignoranza! Cosa vi mancava pria che v’abbandonaste alle lusinghe del Genio Cattivo? E non v’ho io avvertiti de’ suoi inganni? Non vi mancava che il modo d’esser infelici, ed il Genio Cattivo ve l’ha dato. Quel che avevate, vi bastava; quel che vi mancava, non vi era nè necessario, nè [p. 146 modifica] utile. Ritornate al vostro stato primiero; ivi sarete contenti. Possono gli uomini cangiar stato, ma non possono cangiare se stessi. La ragione indebolita com’ella è, non è atta quasi più a regolare i desideri. In ogni stato questi imperano sul cuore, e fanno stimar poco ciò che si ha, e moltissimo quel che non si possede. Beati coloro che godono di una situazione non atta a destare che a lunghe pause desideri tumultuosi! Voi nasceste in questa, l’abbandonaste colla lusinga di un’altra migliore, ma finalmente usciste dal vostro errore: siatene paghi. Non vi paragonate collo stato altrui se volete del vostro gustar le delizie. Tutti in diversi modi hanno i loro beni, ma non tutti ne sanno far uso. Specchiatevi in quei volontari infelici, di cui ascoltaste le indiscrete querele, ed imparate che la incontentabilità precipita nella disperazione (sparisce sprofondandosi; Filidoro, Polligrafo e Vanesia fanno un atto di disperazione, e partono.)

Corallina. Arlecchino!

Arlecchino. Corallina!

Corallina. A Bergamo.

Arlecchino. Alle vallade.

Corallina. Tu mio.

Arlecchino. E tu mia.

Corallina. Contenti del nostro stato.

Arlecchino. Della fortuna nostra contenti.

Corallina. Che mai furono le ricchezze ed i piaceri al confronto della quiete e della innocenza perduta! Grazie al Genio Buono che ci ha assistiti colla sua pietà e ci ha rimessi nel sentiere da cui eravamo sviati. I falsi beni del Genio Cattivo erano inganni della vanità e del lusso: beni grandi nella immaginazione e nell’aspettativa, ma in effetto pieni di amarezza; beni accompagnati dagli affanni, dalli perigli e dal rimorso. Ritorniamo a godere la riacquistata contentezza ed a respirare l’aria felice, ove la libertà, la pace, la giustizia collegate insieme renderanno i nostri giorni tranquilli e sicuri.

Fine della Commedia.


Note

  1. Così nel testo. Meglio si leggerebbe: Tuoni, lampi e saette ecc.
  2. Così nel testo. Meglio forse si leggerebbe: afflitta, vedova, disperata!
  3. Così nel testo. Vedasi la Nota storica.
  4. Così nel testo.
  5. Petarse, tenersi stretto: detto con disprezzo. Vol. XVI, 396.