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146 ATTO QUINTO


utile. Ritornate al vostro stato primiero; ivi sarete contenti. Possono gli uomini cangiar stato, ma non possono cangiare se stessi. La ragione indebolita com’ella è, non è atta quasi più a regolare i desideri. In ogni stato questi imperano sul cuore, e fanno stimar poco ciò che si ha, e moltissimo quel che non si possede. Beati coloro che godono di una situazione non atta a destare che a lunghe pause desideri tumultuosi! Voi nasceste in questa, l’abbandonaste colla lusinga di un’altra migliore, ma finalmente usciste dal vostro errore: siatene paghi. Non vi paragonate collo stato altrui se volete del vostro gustar le delizie. Tutti in diversi modi hanno i loro beni, ma non tutti ne sanno far uso. Specchiatevi in quei volontari infelici, di cui ascoltaste le indiscrete querele, ed imparate che la incontentabilità precipita nella disperazione (sparisce sprofondandosi; Filidoro, Polligrafo e Vanesia fanno un atto di disperazione, e partono.)

Corallina. Arlecchino!

Arlecchino. Corallina!

Corallina. A Bergamo.

Arlecchino. Alle vallade.

Corallina. Tu mio.

Arlecchino. E tu mia.

Corallina. Contenti del nostro stato.

Arlecchino. Della fortuna nostra contenti.

Corallina. Che mai furono le ricchezze ed i piaceri al confronto della quiete e della innocenza perduta! Grazie al Genio Buono che ci ha assistiti colla sua pietà e ci ha rimessi nel sentiere da cui eravamo sviati. I falsi beni del Genio Cattivo erano inganni della vanità e del lusso: beni grandi nella immaginazione e nell’aspettativa, ma in effetto pieni di amarezza; beni accompagnati dagli affanni, dalli perigli e dal rimorso. Ritorniamo a godere la riacquistata contentezza ed a respirare l’aria felice, ove la libertà, la pace, la giustizia collegate insieme renderanno i nostri giorni tranquilli e sicuri.

Fine della Commedia.