Il fanciullo nascosto/Il voto

Il voto

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La veste del vedovo L'usuraio

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Il voto.

I due ragazzi si rividero nel posto preciso dove s’erano lasciati due anni prima, sotto la quercia storta solitaria che dal muretto dello stazzo si protendeva a guardare la china rocciosa, la landa e il mare lontano; solo, sebbene fosse notte — una notte di luglio, chiara di luna, di stelle rade sul cielo glauco crepuscolare, — entrambi s’accorsero subito di non esser più ragazzi. Non perchè fossero già entrambi più alti del doppio del muretto che aveva protetto e nascosto il loro amore infantile, ma perchè lui provò, al contatto di lei, la stessa soggezione, lo stesso ardore misto di desiderio e di vergogna che gli destavano le poche donne belle e giovani che incontrava nella sua solitudine; e lei si accorse subito di questa sua forza terribile.

Sulle prime non seppero cosa dirsi. Sedet[p. 144 modifica]tero sulle pietre, fra i corti cespugli di mirto che odoravano alla luna, e il giovinetto si prese un ginocchio fra le braccia e guardò l’ombra del suo grosso piede e il piede stesso a metà coperto dalla ghetta d’orbace. Fu lei a domandare:

— Sei stato sempre sano?

— Grazie a Dio, sì. Solamente son caduto, quest’inverno, mentre cambiavamo la greggia verso Posada, e mi son rotto la gamba; ma mia madre ha portato una gamba d’argento, proprio d’argento vero, a Nostra Signora del Rimedio, e son guarito, grazie a Dio. Era argento vero; è andata proprio dall’orefice a Nuoro per farla fare. Tu non ci credi, Marià? Così Dio mi assista, era argento.

— Perchè non devo crederti? Siete tanto ricchi, per far questo! Se non date gambe d’argento ai santi cosa fate?

Parlava umile, ma anche ironica. Egli però non capiva.

— Anche quando è morto nonno, per Pasqua, abbiamo regalato un quadro in ricamo a Santa Lucia: ma il nonno era ricco, malanno! Ha lasciato tutto a me, lo sai? Te [p. 145 modifica]l’ho scritto. Vedi, — aggiunse, sollevandosi e stendendo il braccio intorno da sinistra a destra: — il nostro stazzo è là, verso Riu de Juncu, vedi il lume? Ebbene, adesso i miei terreni vengono fin qui, e vanno fino al mare, fino alla Grotta: anche la cala è mia e se non voglio lasciar pescare posso. Ma che m’importa? I poveri possono pure pescare, se vogliono. Mia madre è donna tanto caritatevole, e poi ama il Signore, e anch’io. Non ci credi, Marianna?

Marianna s’era anche lei sollevata e animata. Sapeva benissimo delle ricchezze di lui, ma sentirle descrivere a quel modo la divertiva, e la incoraggiava nel fermo proposito di non lasciarsi scappare lui e le sue ricchezze.

Gli battè una mano sul braccio, spingendolo un po’, e disse:

— E allora va a farti frate e fabbricati il convento, come dicevi l’altro anno, ti ricordi? Ti ricordi? Dicevi: se mia madre non vuole che io ti sposi, quando nonno muore e mi lascia i suoi beni, fabbrico un convento e mi faccio frate.... Ti ricordi, Paccià? ti ricordi? [p. 146 modifica]

— E chi lo sa che non lo faccia? A Roma, — aggiunse, ripiegandosi sul suo ginocchio, — a Roma ci sono molti frati?

— A file lunghe come muri; tutti brutti peggio di te.

— Sei stata sempre sana? — si ricordò finalmente lui di domandarle.

— Io sì, grazie a Dio. I primi giorni mi girava la testa, per la gente e le carrozze. Sembra il mare. Ma poi mi sono abituata, e la cuoca della mia padrona mi ha insegnato come bisogna passare per non essere investiti dalle carrozze.

Egli osservò, pensieroso:

— Che diavolo di luogo! Quante anime ci sono? Gente ricca!

— Ricchi e poveri! — disse Marianna con allegria dispettosa. — Come qui lo stesso, cosa credi?

— Tu andrai ancora con la tua padrona? E il marito non viene qui, quest’anno?

— Verrà a riprenderci, in agosto: sì, io me ne andrò ancora e non tornerò mai più. Che cosa vengo a fare, qui, Paccià? Tu non mi vuoi più.

— Chi ti ha detto questo? Io ti voglio: [p. 147 modifica] ho fatto voto di sposarti e ti sposerò. Ma bisogna aspettare perchè mia madre non vuole. Tu lo sai com’è mia madre. Donna di coscienza, sì; ma dice ch’io non devo sposare una donna che ha girato il mondo.

Marianna ascoltava: aveva accostato il viso zingaresco, tutto occhi e tutto bocca, al viso di lui, ed egli sentiva l’odore dei capelli di lei misto al profumo dei cespugli intorno.

— Perchè? Che cos’è una donna che gira il mondo? Rispondi, stupido corvo!

— Tu lo sai, perchè farmelo ripetere?

— Dillo, dillo, Paccià! Mi fai ridere.

E rideva, infatti, mostrandogli tutti i denti, dolorosa e crudele.

— Ah, tu non lo vuoi dire, saetta mortale! È perchè avete paura che pecchi, una donna che va per il mondo a guadagnarsi il pane? E allora perchè non mi avete preso con voi, nel vostro stazzo, quando la mia padrona s’è sposata ed è andata via? E siamo quasi parenti, con te, con tua madre, malanno vi colga! Ma voi date l’argento ai santi, non il cuore al prossimo. E tua madre era contenta, anzi, che io andassi via [p. 148 modifica] perchè così sperava che tu mi dimenticassi. Ma tu, no, non mi dimentichi; no, vero? Tu hai fatto voto di sposarmi, e mi sposerai: ma questo non basta. Quando la cuoca della mia padrona ha saputo questo, del tuo voto, mi disse: il suo voto non vale se non lo fai anche tu. E siamo andate assieme a San Pietro, ed io ho fatto voto di sposarti; Paccià, intendi? Ho fatto voto in San Pietro, sotto i veri occhi di Dio, e mi considero tua moglie. Intendi, Paccià, intendi? Oh Paccià!

Paccianu non intendeva: ma ella gli prese la grossa mano dura fra le sue e cominciò a lisciargliela, piano piano, con le sue dita di signorina, sottili e profumate, e pareva volesse scaldarla, quella grossa mano di pastore eremita, e rammollirla, rianimarla, come quella di un annegato; ed egli tornò a sollevarsi e con la mano libera si accomodò la berretta che gli scivolava sui lunghi capelli selvaggi.

Marianna gli parlava sul collo, piano, confidandogli il suo segreto.

— Sì, la cuoca mi vedeva triste, sempre sempre a piangere. Finalmente le raccontai [p. 149 modifica] tutto: le dissi: cosa credi? Io ho l’innamorato, laggiù; è ricco, ha due stazzi, quello di sua madre e quello di suo nonno, e un salto intero, sì, quasi la metà del salto fra San Teodoro e Posada. È più ricco del nostro padrone, che pure prende cento scudi al mese. Ebbene, se Dio vorrà, mi sposerà, perchè ci conosciamo da quando avevamo sette anni e lui veniva nello stazzo dei miei padroni. Siamo andati assieme alla festa di San Paolo a Monti e assieme a quella del Rimedio; lì egli fece voto di sposarmi. Ma sua madre vuole che egli sposi una donna ricca, e il tempo passa così. — Allora la cuoca mi disse: cara mia, se tu lasci passare ancora il tempo così, ti rimarrà un mucchietto di mosche in mano. Cerca di sposartelo adesso che è ancora tenero, il tuo ragazzo, altrimenti sua madre gli farà sciogliere il voto! — Ma come devo fare? — domandavo io. Allora mi disse, — ma rideva, quell’indemoniata: — Ebbene, fa voto tu pure; prometti di esser sua moglie e comportati con lui come tu lo fossi davvero. Se, come tu dici, la madre è donna religiosa, non potrà opporsi più. E così siamo andate a San Pie[p. 150 modifica]tro. C’era vento, mi ricordo: le fontane battevano l’aria come code di cavallo. La piazza è grande come la vostra tanca, Paccià, cuore del cuore mio. Diglielo, a tua madre, che ho fatto il voto; siete tanto religiosi, voi! Le ho portato una medaglia benedetta dal Papa, a tua madre: verrò domenica a portargliela e non mi manderà via, spero, per l’anima mia! E se mi manda via fa niente, sia per l’amor di Dio: tanto io mi considero oramai tua moglie, e se anche tu sposi un’altra e sarai scomunicato ti verrò addietro come la tua ombra, e sarò la tua vera moglie davanti a Dio. Intendi, Paccià, anima mia? Perchè non mi dai un bacio? Tanto è come fossimo sposati, oramai, davanti a Dio. Perchè tremi, cuore mio? Eppure sei coraggioso come un leone!

*

Ai primi di settembre arrivò il padrone, capo sezione e cavaliere, uomo di mondo, uomo, dicevano i suoi cognati ricchi pastori, che aveva mangiato pane di sette forni. Doveva portarsi via la moglie, il bambino e [p. 151 modifica] la serva; ma questa era verdastra in viso, magra, allegra d’un’allegria folle che la faceva ridere fino a darle il capogiro. Il padrone, dunque, andò nello stazzo di Riu de Juncu. Era una domenica e la madre di Paccianu era sola nel vasto casolare circondato di roccie e di fichi d’India: seduta sulla panca davanti alla porta recitava il rosario e si alzò con calma per ricevere lo straniero. Era una donna alta, energica, col viso duro, metà della persona avvolta in una gonna nera gittata sul capo.

Il padrone di Marianna capiva che c’era da sperar poco; ma tentare bisognava. Non volle entrare nello stazzo: sedette sulla panca accanto alla donna e le disse ch’era venuto per chiederle la mano di Paccianu, come s’usava in continente.

Ma la donna non aveva voglia di scherzare e rispose calma, implacabile:

— In continente s’usa domandare i ragazzi e in Sardegna s’usa rifiutare.

Fortunatamente ecco Paccianu che arriva a lunghi passi, calmo anche lui ma un po’ ansante per la corsa fatta. Sua madre non lo aspettava fino a sera: lo guardò e tacque. [p. 152 modifica]

Allora il padrone di Marianna si alzò e cominciò ad andar su e giù davanti alla donna, guardandosi i piedi, con le mani nelle tasche dei calzoni. La cosa era più difficile di quanto egli avesse pensato; ma tentare bisognava.

— Capirete, gente di Dio, io non posso assumermi la responsabilità. La ragazza è gravida; è minorenne. Tu, galantuomo, cosa pensi? Io spero che tua madre ti ordini di sposare Marianna.

— Mai: prima mi cascherà la lingua, — disse la donna, implacabile.

Paccianu s’era seduto sulla panca; ed ella si alzò, quasi non volesse avere più contatto con lui.

— Parla tu, galantuomo! — disse il padrone di Marianna.

Paccianu faceva scorrere da una mano all’altra il rosario lasciato da sua madre sulla panca; era livido ma fermo in viso.

— Io partirò per l’Africa con Marianna. Andremo a lavorare. Madre, maleditemi, se volete; ma io e la ragazza siamo sposati davanti a Dio.

Il padrone si fermò di botto a guardarlo: [p. 153 modifica] era furbo o pazzo, Paccianu? Il padrone, sebbene uomo di mondo, non seppe dirselo: intese però che si trovava davanti a due volontà egualmente ferme, e stette ad ascoltare.

— Chi è il prete che vi ha sposato? — domandò la madre.

— Lo volete sapere? San Pietro stesso. Sì, madre, maleditemi, se volete; ma la ragazza è andata a San Pietro ed ha fatto voto di sposarmi. E così ci consideriamo già marito e moglie. È volontà di Dio.

*

Di lì non lo smossero. E una sera, prima di partire, il padrone e la padrona di Marianna andarono nello stazzo di Riu de Juncu per sapere qualche cosa di definitivo. La madre di Paccianu era triste, agitata; andava su e giù pestando i piedi e con le mani sulle orecchie; ma finalmente si calmò, sedette accanto alla signora e disse:

— E che si sposino, giacchè hanno fatto il voto. Sia fatta la volontà di Dio.