Il diavolo nella mia libreria/Vado a vendere i libri; ma nessuno li vuole
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Vado a vendere i libri; ma nessuno li vuole.
Ma perchè perdo io il mio tempo?
Che farò di questi libri? Li porterò a casa? Ma le donne protestano che non c’è posto per tanta carta.
Ecco, li venderò. I breviari li venderò al parroco. Tutti quei libroni neri, così a occhio e croce, potevano arrivare a un trenta chili. Era già un bello scarico. Ma il parroco disse: «Nè meno se me li regala!» «Ma perchè? Non deve lei recitare il breviario?» (Anzi la mia idea era di offrire un breviario ad ogni parroco).
«Sì, ma il breviario ultimo. Gli altri non contano».
Allora è pei breviari come per i nostri testi di scuola E così tornai a casa con i breviari.
Allora mi venne una felice ispirazione. Andai da un ricco proprietario di terre e di buoi, e lo pregai di venire a vedere tutta questa libreria.
«Senta — gli ho detto, — tutti questi libri, tranne il Petrarca, che tengo per me, andrebbero bene per lei. Non mi guardi di traverso. Le spiego subito. Lei li mette nella stanza da studio della sua casa nuova. Creda a me: quando lei starà seduto al suo tavolo, inquadrato, per così dire, da questa libreria entro bei scaffali nuovi, lei farà un grande effetto su la gente che la viene a trovare. Come no? Lei può anzi dire: questa è la libreria dei miei avi!»
Quel signore mi ringraziò: ma non avrebbe comperato neppure a peso di carta. «Le vecchie famiglie — egli mi disse spiegando — avevano tutte le loro case piene di quella roba lì. Nel mio paese hanno durato per anni e anni a portare, il sabato, in piazzola libri da vendere».
Non mi scoraggiai e dissi:
«Senta: i banchieri, i mercanti, i drappieri del Cinquecento si nobilitavano proprio così comperando delle biblioteche».
«Ma noi non vogliamo mica diventar nobili! Sono democratico io».
«Capisco — risposi — ma anche gli americani sono democratici, mercanti, anzi la gente più pratica del mondo; eppure quando vengono in Italia comprano libri, quadri, ferravecchi...»
«Ma quelli son matti, e poi hanno i dollari a palate».
«Ma crede lei che io domandi molto? Poco più che a peso di carta».
«E che me ne faccio?»
«Ma almeno le serviranno da stufa! Sa lei che le pareti coperte di libri sono come un’imbottitura alla casa? L’inverno lei non sentirà freddo».
«Ho il termosifone».
⁂
Fu per questa ragione che quando tornai a Milano, andai in una libreria antiquaria per sapere come avrei potuto vendere tutti quei libri. L’antiquario era un uomo ancor giovane; ma quel vivere dentro quell’imbottitura di libri vecchi probabilmente gli aveva guastato lo sviluppo: la persona era assestatuzza e mingherlina benchè portasse un maestoso camiciotto di lustrino nero, quasi talare; viceversa la barba era cresciuta a dismisura, la voce era fioca, e le lenti enormi. Egli portava, oltre al camiciotto nero, un camice interiore di mansuetudine e di rettitudine: era come un candore che traluceva fuor dalla sua persona nera. Effetto dei libri? Chi sa che un giorno i chimici non riescano ad isolare dai vecchi libri un radium che abbia un’azione morale? Oh, allora, come avrei venduto a caro prezzo la biblioteca della povera zia!
Dunque egli, con la sua rettitudine e mansuetudine, mi spiegò che tutti i libri seri, teologia, legge, filosofia, medicina del secolo xvii e xviii non valevano niente: «Lei li può bruciare senza rimorso».
«Ma allora — dissi io, — diranno così nel secolo xxx per tutti i libri seri del secolo xix e xx!...»
Egli allargò le braccia di lustrino, alzò le lenti al soffitto e scoperse nella barba nera la bocca: «Mah!»
Io ero avvilito.
Egli mi domandò: «Vi sono incunabuli, edizioni aldine, giuntine? Lì si potrebbe ricavar qualche cosa».
Risposi che non c’era che un Petrarchino, ma lo tenevo per me.
«Edizioni dell’Ariosto? del Boccaccio? con tavole?»
«Niente: tutti libri seri di scienza, di teologia, di morale. Si vede che questi libri non potevano andar d’accordo con il Boccaccio e con l’Ariosto, che di fatto non vi sono. Ci sono molti breviari, molti calepini, molte grammatiche».
«Bruci, bruci».
«C’è tutto Metastasio, molti libri sul Demonio, sul Sant’Uffizio, qualche geografia dell’America senza gli americani di oggi; con l’Africa ancora vuota, cioè non ancora occupata da tedeschi e da inglesi, ma soltanto da leoni e da serpenti. Poi qualche libro strano, curioso».
«Ebbene — mi disse l’omino nero — faccia un elenco, ma ben fatto, veh!, di questi libri di curiosità e poi me lo porti».
«Potrò ricavare un centinaio di franchi?»
«Non posso dir nulla!» esclamò levando in su le maniche del lustrino nero.