I naufragatori dell'Oregon/17. Una corsa sul dorso d'un rinoceronte

17. Una corsa sul dorso d'un rinoceronte

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17. Una corsa sul dorso d'un rinoceronte
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CAPITOLO XVII.

Una corsa sul dorso d’un rinoceronte


Quell’enorme animale, piantato fieramente sul margine della macchia, colla tremenda proboscide alzata, pronto a colpire, colla bocca aperta, dalla quale uscivano, ad intervalli, possenti barriti, faceva paura.

Conscio della sua forza incalcolabile e della propria massa, pareva che sfidasse tutte le fiere della grande foresta.

I due rinoceronti, non ignorando di certo con quale terribile avversario avevano da fare, s’avanzavano con una certa precauzione, tenendosi celati fra i bambù. Contrariamente alle loro brutali abitudini, non assalivano con quella temerità che è loro particolare.

Uno però, il meno grosso, essendo ormai giunto a breve distanza, si slanciò innanzi caricando con furore. In tre slanci attraversò lo spazio libero cosparso di canne atterrate e piombò sul fianco destro del merghee a testa bassa, mostrando il grosso corno.

L’elefante però l’aveva veduto a tempo. Si volse rapidamente, s’inchinò innanzi e cacciando sotto il ventre dell’avversario le zanne [p. 140 modifica] e cingendolo colla proboscide sopra il dorso, in meno che lo si dica lo rovesciò come se fosse stato un semplice capretto.

Il rinoceronte fu però lesto a balzare in piedi, e con una mossa quasi fulminea, si sottrasse al colpo di proboscide che stava per piombargli sul cranio.

Proprio in quel momento giungeva il compagno. A sua volta caricò il gigante, ma ricevette invece la formidabile sferzata destinata all’altro.

Il colpo fu così violento che sembrò uno scroscio di fulmine. L’intrattabile animale si piegò sotto la sferzata, emettendo un rauco urlo, poi piroettò su se stesso e cadde come se fosse stato stordito. L’elefante gli piombò addosso senza esitare. La terribile tromba per la seconda volta s’abbassò fischiando, percuotendo il caduto sul cranio, poi il gigante, alzandosi sulle zampe posteriori, si lasciò cadere di peso.

S’udì uno stritolìo come di ossa infrante, seguìto da un urlo furioso, ed il rinoceronte, schiacciato come una semplice nocciuola malgrado la sua massa, calpestato in tutti i sensi dai larghi piedi del furibondo vincitore, si distese esalando l’ultimo respiro.

– Tuoni!... – esclamò il soldato, che aveva seguìto attentamente le varie fasi di quell’omerica lotta. – Che marmellata!...

– Un animale pericoloso di meno – disse il signor Held. – Preferisco che muoiano i due rinoceronti, piuttosto che l’elefante.

– Quel briccone è scoppiato come un otre – disse Lando. – Che zampe!

– Ma dov’è l’altro rinoceronte? – chiese Dik. – Non lo vedo più.

Proprio in quell’istante si vide l’elefante inalberarsi come un cavallo sotto una furiosa speronata e lo si udì a lanciare un barrito che aveva qualche cosa di straziante.

Una massa oscura erasi improvvisamente lanciata fuori dai bambù e lo aveva urtato sul fianco sinistro, poi era rientrata precipitosamente nella macchia.

– Il rinoceronte lo ha colpito!... – esclamò Held.

– A morte? – chiese Amely.

– Certo.

Era vero: il rinoceronte, che spiava l’avversario tenendosi na[p. 141 modifica]scosto in mezzo alle canne, vedendo che mostravagli il fianco, l’aveva assalito a tradimento, immergendogli il corno nel ventre.

Il merghee perdeva torrenti di sangue dalla profonda ferita e gli uscivano perfino gl’intestini. Vacillò, ma tosto si rimise in piedi emettendo spaventevoli barriti, poi si mise a girare su se stesso colla tromba alzata. Delle grosse lagrime gli scendevano dagli occhi.

– Povero animale!... – esclamò Amely commossa. – Si è fatto uccidere in difesa della sua compagna!...

– Ma noi lo vendicheremo, signorina – disse il soldato. – Appena il rinoceronte appare, gli mando una palla nel cranio.

– E la vostra palla si schiaccerà come se fosse di creta – disse l’olandese.

– Sono forse invulnerabili quegli animali?

– Quasi, poichè hanno una pelle così grossa che resiste alle palle più solide. Bisognerebbe colpirli negli occhi o sotto il ventre.

– Sono come i coccodrilli, adunque!...

– Sono corazzati come quei rettili.

– Tuoni!... Ma proverò mandargli una palla in un occhio.

Intanto l’elefante continuava a empire l’aria di barriti sempre più strazianti. Colla proboscide cercava di toccarsi la ferita, ma, essendo troppo lontana, non poteva raggiungerla.

Il sangue continuava a colargli: ormai formava sotto di lui una vera pozza. Le sue forze sfuggivano con quel sangue: ormai cominciava a tremare, le sue ginocchia si piegavano, i suoi barriti diventavano sempre più rauchi. Quell’enorme massa stava per piombare al suolo.

Si raddrizzò un’ultima volta, soffiò fuori dalla tromba un getto di sangue che gorgogliavagli nella gola, girò su se stesso come se fosse stato colto da un capogiro, poi rovinò pesantemente al suolo, spezzandosi una zanna. Il colosso era morto!...

Era appena caduto che si vide riapparire il rinoceronte. Ritornava per sfogare sul vinto avversario il suo intrattabile e vendicativo istinto.

Si slanciava su quella massa enorme, la calpestava con furore, la colpiva col corno imbrattandosi il muso di sangue, ne faceva scempio, emettendo acuti fischi.

Il soldato, vedendo quel mostro maltrattare così il povero [p. 142 modifica] pachiderma, alzò risolutamente la carabina, e prima che il signor Held potesse trattenerlo, fece fuoco.

L’animale, colpito dalla palla, che doveva però essersi schiacciata contro la sua pelle o contro le robuste ossa della sua testa, si arrestò più sorpreso che spaventato.

Ad un tratto emise un grugnito di collera e si precipitò come un lampo verso l’albero. Aveva scorto quei nuovi nemici e correva ad affrontarli.

– Fuoco!... – gridò Held.

Scaricò la carabina, mentre Dik scaricava il suo fucile, ma quelle palle non ebbero miglior esito della prima; anzi non fecero altro che aumentare la collera dell’assalitore.

– Tenetevi stretti ai rami!... – tuonò l’olandese.

Il rinoceronte con un ultimo slancio fu addosso all’albero e lo urtò con tale violenza, da farlo oscillare furiosamente. L’olandese, Amely e Dik avevano avuto il tempo di avvinghiarsi strettamente ai rami, ma non il soldato, che stava allora ricaricando la carabina.

Il disgraziato si sentì sbalzato innanzi prima che avesse potuto deporre l’arma, e si trovò, senza sapere il come... sul dorso del rinoceronte!...

– Lando!... – gridarono Held, Amely e Dik con accento disperato. – Lando!...

Il soldato non li udiva più. Il rinoceronte, sentendosi cadere addosso quel peso, e credendo forse di avere sulla groppa qualche tigre, si era dato a precipitosa fuga, emettendo rauchi soffi che tradivano un vivo terrore.

Il siciliano, smarrito, stupito e mezzo intontito da quella brusca caduta, si era aggrappato disperatamente alle grosse pieghe che formava la pelle dell’animalaccio. Comprendendo che se si lasciava cadere correva il pericolo di farsi fracassare la testa contro qualche albero, stringeva le gambe con suprema energia e cercava di mantenersi a cavallo di quel potente e largo dorso, meglio che poteva.

Quella corsa sfrenata cominciava però ad inquietarlo. Quanto avrebbe durato?... Dove sarebbe andato a finire?... Avrebbe poi potuto ritrovare i compagni, in mezzo a quella folta ed immensa foresta, senza una bussola e senza un fucile per farsi udire?...

Un pericolo gravissimo interruppe bruscamente le sue riflessioni. Il rinoceronte, attraversata la vasta piantagione di bambù, stava per [p. 143 modifica] cacciarsi in mezzo ad un fitto bosco. Il soldato rischiava di farsi sfracellare dai rami bassi degli alberi o sfondare il cranio dai rotang.

– Tuoni!... – esclamò.

Tenendosi sempre aggrappato alle pieghe e stringendo convulsivamente le gambe, si distese sul corpo dell’animale ed attese, in preda ad una viva inquietudine.

Il rinoceronte fuggiva sempre precipitando la corsa. Cogli occhi schizzanti dalle orbite, la gola sbarrata, il corno teso innanzi, pronto ad atterrare tutti gli ostacoli, i fianchi frementi, si scagliava innanzi come se fosse impazzito.

Entrò nella foresta sfondando con un urto irresistibile i cespugli ed i rotang, fracassando i rami che incontrava sul suo passaggio, urtando contro gli alberi, spezzando di colpo quelli minori coll’impeto della propria massa. Pareva un ariete mosso da una forza incalcolabile, una palla di cannone di dimensioni enormi.

Il soldato sentiva cadersi addosso foglie, rami, liane, ma non abbandonava quella strana cavalcatura. Si aggrappava sempre più, con disperata energia, cercando di non offrire nessuna presa a tutti quegli ostacoli. Ad un tratto provò un acuto dolore: un ramo spinoso, rimbalzando, gli aveva strappato un lembo di casacca lacerandogli la pelle delle spalle. Gettò un urlo.

– Tuoni!... Mi scortica vivo!...

Quasi nel medesimo istante echeggiò una fragorosa detonazione. Il rinoceronte, colpito senza dubbio in uno dei suoi punti vulnerabili, forse in un occhio, s’arrestò di colpo, piantando il corno nel tronco d’un enorme durion. Il soldato, proiettato dalla spinta, piroettò due volte nell’aria e andò a cadere quattro metri più innanzi, in mezzo ad un cespuglio foltissimo che lo preservò da un urto forse mortale.

– Bel colpo!... – esclamò una voce tranquilla. – È vero, soldato mio?

Il siciliano aveva abbandonato precipitosamente il cespuglio e si guardava intorno, non potendo credere ancora a tanta fortuna. Dinanzi a lui stava il rinoceronte col corno ancora infisso nell’albero e già alle prese colla morte. A venticinque passi, presso un grande banano, stava un uomo, il quale caricava flemmaticamente la sua carabina, che lo aveva così bene servito in quel supremo istante.

Un grido di stupore irruppe dalle labbra del siciliano.

– Voi, signor O’Paddy!... – esclamò. [p. 144 modifica]

– In carne ed ossa – rispose l’irlandese. – Ti sorprende di trovarmi qui?...

– Potete crederlo!...

– E perchè, giovanotto mio?... Non vi avevo dato l’appuntamento a Semmeridan?

– Vi credevo ancora laggiù, coi pirati... ma, non vedo il vostro malese?

Un’ombra passò sulla fronte dell’irlandese.

– Quella canaglia!... Che il diavolo lo appicchi!... – esclamò.

Poi cangiando bruscamente tono:

– Cosa facevi sul dorso di quel rinoceronte?... Che strana cavalcatura ti eri scelto?... Se non mandavo una palla nell’occhio di quell’animalaccio, tu correvi il pericolo di farti fracassare il capo contro qualche ramo d’albero.

– Non l’ho scelto io – capitano. – Vi sono caduto addosso mentre assaliva l’albero su cui ci tenevamo io, il signor Held, la signorina...

– Il signor Held!... – esclamò l’irlandese, mentre un rapido lampo gli balenava negli sguardi. – Dove si trova?

– A tre o quattro chilometri da qui.

– Sono tutti vivi?...

– Sì, capitano.

– Avete abbandonato subito la nave e poi la costa adunque?

– Il mattino dopo il nostro approdo.

– Senza occuparvi di me!... Ingrati!...

– Avevamo veduto un certo movimento di pirati...

– Ah!...

– Delle barche che andavano dallo steamer alla costa e che eseguivano delle manovre sospettose.

– Davvero?

– Ed anche abbiamo udito delle parole allarmanti. Quei pirati cercavano d’impadronirsi di noi.

– Fulmini!...

– Noi vi credevamo ormai prigioniero e non potendo fare nulla per la vostra liberazione, ci mettemmo in marcia per Semmeridan, ma coll’idea di ritornare con dei soccorsi per liberarvi.

– Ho saputo però levarmi d’impaccio da me – disse O’Paddy, [p. 145 modifica] [p. 147 modifica] sorridendo. – Non sono uomo da lasciarmi fare prigioniero, nè schiavo.

– Ma come avete fatto?...

– Ho ucciso i miei guardiani, mi sono impadronito della mia carabina ed ho virato al largo. Sono ventiquattro ore che vi cerco in questa immensa foresta. Poco fa ho udito degli spari e stavo dirigendomi verso questo luogo, quando ti ho veduto a passare a cavallo del rinoceronte.

– Avevamo fatto fuoco contro quell’animalaccio.

– Senza ferirlo.

– Sì, capitano. Ha una vera corazza indosso.

– Sono ben lieto di averti sbarazzato di quella pericolosa cavalcatura.

– Ed io vi ringrazio del vostro occhio infallibile. Ma... quel vostro malese non ci cercherà?...

– Sono certo che ha lanciato tutti i pirati sulle mie tracce.

– Era un ex-pirata?...

– Sì, ma non lo sapevo.

– Un briccone.

– Una canaglia di tre cotte. Sono ben contento che gli siate sfuggiti.

– Mettiamoci in cerca del signor Held, capitano. Sarà inquieto non vedendomi ritornare.

– Andiamo: ho fretta di lasciare questi luoghi e di giungere a Semmeridan; solamente là saremo salvi.

– Ma riusciremo a trovare i compagni, in mezzo a questa folta boscaglia?...

– Aspetta un po’.

Alzò il fucile e lo scaricò in aria. La detonazione si propagò di bosco in bosco, con lungo fragore.

Ricaricò l’arma e sparò un secondo colpo. Poco dopo si udì, a non molta distanza, uno sparo.

– Hanno risposto – disse il soldato.

– Ti cercano seguendo il sentiero aperto dal rinoceronte, ne sono certo. In marcia!

Abbandonarono quel luogo e si cacciarono sotto gli alberi cercando di seguire la via aperta dal grosso animale, segnalata da ammassi di foglie, di rami violentemente strappati o pendenti e da un [p. 148 modifica]grande numero di rotangs, dalle cui estremità lasciavano ancora colare la linfa.

Mezz’ora dopo, sul margine della piantagione di bambù, ma dal lato opposto dove era avvenuto il tremendo combattimento, s’incontravano col signor Held, Amely e Dik.