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grande numero di rotangs, dalle cui estremità lasciavano ancora colare la linfa.

Mezz’ora dopo, sul margine della piantagione di bambù, ma dal lato opposto dove era avvenuto il tremendo combattimento, s’incontravano col signor Held, Amely e Dik.


CAPITOLO XVIII.

Il ritorno di O’Paddy


Se il soldato era rimasto stupito nel ritrovare in mezzo alla foresta l’irlandese, Held, Amely ed il piccolo Dik non lo furono meno, vedendolo ritornare assieme al loro compagno così miracolosamente sfuggito a quel tremendo pericolo.

La loro commozione fu tale, che, dimenticando i loro sospetti e le loro inquietudini per la condotta misteriosa e poco rassicurante di quell’uomo, gli stesero francamente le mani, accogliendolo come un vero salvatore.

O’Paddy non pareva meno lieto di loro per quell’incontro e sfoggiò tale arte e tali parole da dissipare nella mente dei suoi compagni gli ultimi resti di dubbio a suo riguardo. Ripetè più volte ciò che aveva già narrato al marinaio, lagnandosi aspramente dell’infame tradimento del malese e vantando la sua abilità nello sfuggire ad una probabile schiavitù e conchiuse, dicendo con voce che pareva veramente commossa:

– Disponete interamente di me e della conoscenza che ho di quest’isola: sarò ben felice, signorina Amely e signor Held, di potervi condurre in salvo a Semmeridan, dove spero di ottenere da quel rajah un praho che ci conduca a Timor e qualche amico che ci soccorra in queste difficile circostanze.

Tengo ancora nella mia cintola una decina di mille risdalleri e li metto a vostra disposizione.

– Grazie, signor O’Paddy – disse Amely. – Quando saremo giunti a Timor, non mi scorderò della vostra generosa condotta a nostro riguardo.