I confini necessari all'Italia/La magnifica posizione dell'Austria verso di noi

La magnifica posizione dell'Austria verso di noi

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La magnifica posizione dell'Austria verso di noi
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La magnifica posizione dell’Austria verso di noi


La frontiera che Custoza e Lissa ci lasciarono in triste eredità è perfino doganalmente assurda. Difatti ogni giorno nascono impicci amministrativi e doganali, ad onta del reticolato di fil di ferro spinato rotto da porticine, che dovrebbe supplire alla mancanza di traccia naturale e ch’è come il simbolo di tutto il nostro inesistente confine con l’Austria. «In certi punti i buoi nell’arare passano e ripassano da uno stato all’altro: altrove uno dei buoi cammina nel territorio del Regno, l’altro calca il suolo imperiale. V’è un proprietario (anzi sono parecchi) che ha la casa al di qua e la stalla al di là del confine: il cortile è diviso» tra il Regno d’Italia e la monarchia degli Absburgo.

Ma la cosa tremenda è che la nostra frontiera ci lascia del tutto scoperti di fronte all’Austria. Giacchè le sue principali caratteristiche geografico-militari sono queste (senza contare quelle che derivano dal predominio dell’Austria [p. 21 modifica]nell’Adriatico: Pola, l’arcipelago dalmato e Cattaro):

1° — Le valli e i bacini superiori dell’Adige e del Fella, e tutta la valle e il bacino dell’Isonzo sono in mano dell’Austria. La quale a darci compiutamente il senso di questo fatto unì l’Adige con l’Inn, il Trentino al Tirolo, il Fella alla Drava (la val del Ferro fa parte della Carinzia), l’Alta Idria e l’alto Vipacco affluenti di sinistra dell’Isonzo alla Sava (la Carsia è distretto della Carniola), e — in altri tempi — unì tutto ciò, aggiungendovi tutto l’Isonzo (Goriziano) alla confederazione germanica del Reno, Elba, Danubio.

2° — Oltre queste tre valli che sono i principali sbocchi dalle Alpi in Lombardia, Veneto e Friuli (cioè all’Adriatico) l’Austria tiene tutti gli alti bacini dei principali fiumi veneto-friulani (e persino lombardi). Da ovest a est: la val Giudicarie (Chiese), la valle del Sarca col Garda, l’Astico, la Valsugana (Brenta) con l’affluente Cismone, la val d’Agordo (Cordevole), la valle d’Ampezzo (Boite), la valle del Comelico, tutte tre confluenti del Piave, il Natisone. Ciò significa che l’Austria c’incombe su tutte le nostre vie fluviali.

3° — Di conseguenza tutti i passi naturali d’Italia nell’Alpi Retiche e nelle Giulie sono tenuti dall’Austria, ben dentro nel suo territorio, in modo che l’aggiramento è reso quasi impossibile: il passo di Resca (Reschen), il Brennero, tutti e due tra l’Adige e l’Inn; il passo di Dobbiaco (Toblach, fra l’Adige e la Drava); il Predil (tra l’Isonzo e la Drava), la sella di Camporosso o Saifnitz (fra la Drava e il Tagliamento), il passo di Longatico (Loitsch), di Planina (tra l’Isonzo-Timavo e la Sava). Di [p. 22 modifica]tutti questi appena tre o quattro sono veramente importanti: chiuse con sbarramenti queste porte rinforzate da opere nell’Istria, nel Goriziano e nel Trentino, noi saremmo sicuri in casa nostra. Così invece noi dobbiamo difendere (e quasi da per tutto in condizioni svantaggiosissime) ben 16 valichi, e cioè: il passo dello Stelvio (sopra Bormio), del Tonale (sopra Edolo), il Ponte Caffaro (sopra Idro), il Garda (sopra Peschiera), la stretta di Borghetto (sopra Verona), il Pian delle Fugazze (sopra Schio), la Val d’Arsa (sopra Asiago), Primolano (sopra Bassano), il M. Coppolo (sopra Fonzaso-Feltre), Caprile e Falcade (sopra Agordo), il passo d’Alemagna e il M. Piano e il M. Croce (sopra Pieve di Cadore), Pontebba (sopra Moggio), Staroselo (sopra Civitale) e tutta la frontiera assolutamente scoperta dall’Judrio al mare.

4° — Con questi passi l’Austria, in tempi normali almeno, può aggirare qualunque nostra posizione fino all’Adige-Po, cioè fino al famoso quadrilatero. Teoricamente (e secondo tutta una scuola di strateghi anche praticamente, come vedremo) la nostra prima linea vera di battaglia contro l’Austria è ancora quella dell’Adige, avendo abbandonato preventivamente al nemico tutto il Friuli e quasi tutta la Venezia, cioè circa un 20 mila chilometri quadrati con tre milioni d’abitanti sui 290 mila chilometri quadrati e 35 milioni del territorio nazionale d’oggi.

5° — Il Trentino austriaco taglia fuori dal territorio militare italiano quasi tutto il Veneto.

Scriveva il Baude, l’illustre critico militare francese che una volta faceva testo: «Le plus grand avantage des [p. 23 modifica]Autrichiens en Italie consiste dans la possession du Tyrol, pays montagneux qui s’avance dans la plaine et la domine comme une citadelle. Il ne laisse qu’une étroite bande de terrain entre la Lombardie et la Vénétie: la faible largeur de cette bande est encore réduite par le lac de Garde et par les marécages que forme le Mincio avant de rejoindre le fleuve dans lequel il se perd. Le massif des Alpes du Tyrol, ainsi jeté au centre même de l’Italie, a toujours fourni aux empereurs d’Allemagne leur base d’opérations contre la péninsule, et a été le grand obstacle à l’indépendance de ce pays. Maintenant encore c’est au sortir de ses gorges que se trouvent les forteresses où l’Autriche a établi le centre de la domination militaire; c’est dans les montagnes elles-mêmes, dans la vallée supérieure de l’Adige que se trouve le noeud de toutes les routes militaires». E i fratelli Mezzacapo nel loro libro sulle condizioni strategiche d’Italia, che ancora oggi è fondamentale, affermavano: «Quello cui devesi anzitutto mirare nella difesa generale delle Alpi si è di sostenersi sulla frontiera centrale; forzato il passo delle Alpi centrali tutte le nostre forze poste alla difesa d’ogni altra parte della nostra frontiera alpina potrebbero trovarsi tagliate dal Po». Difatti in questo caso il nemico sarebbe più vicino al Po che le nostre truppe all’Alpi occidentali o all’Isonzo.

Tutto ciò fu evidente nella campagna del viceré Eugenio nella riscossa antinapoleonica del 1813. La Francia arrivava allora alla Drava e alla Sava; però Eugenio non potendo più sostenersi a Lubiana retrocedè fino all’Isonzo, che intendeva difendere. Ma avendo il re di Baviera fatta causa comune coi nemici di Napoleone, Eugenio dovette ordinare subito la ritirata al Piave, e dal [p. 24 modifica]Piave al Tagliamento. Difatti il nemico, dopo aver costretto Gifflenga ad abbandonare Bressanone, poi Trento, era entrato nel Cadore e giù per il Tagliamento accennava a congiungersi con le altre schiere che avevano valicate le Alpi Giulie e s’erano impadronite di Gorizia. Appena sull’Adige egli riuscì a difendersi validamente per tre mesi, e senza l’attacco proditorio di Murat l’esercito austriaco non l’avrebbe vinto, benchè di forze superiori.

In conclusione, come scrisse Napoleone: «La grande strada da Monaco a Verona, che attraversa il Brennero e passa l’Adige, gira queste cinque linee (dell’Isonzo, del Tagliamento, del Livenza, del Piave, del Brenta), di maniera che se il nemico avesse un corpo d’esercito in Baviera giungerebbe per quella strada sulla riva destra dell’Adige e taglierebbe l’esercito che occupa una di queste linee». Difatti per questa strada, ch’è la più corta, calarono tutte le invasioni della Germania in Italia finchè il centro politico della Germania non fu spostato a Vienna.

6° — Ma anche ammettendo che il Trentino possa essere validamente mascherato da parte nostra, noi non abbiamo che una linea di resistenza mediocre al Piave fino alla posizione veramente eccellente dell'Adige.

Esaminando infatti i fiumi veneto-friulani (escluso l’Isonzo che non ci appartiene) tutti i tecnici sono stati sempre d’accordo nel dichiarare ch’essi non offrono nessuna possibilità di resistenza perchè troppo poco larghi, guadabili in più punti e diffìcilmente munibili. [p. 25 modifica]


Non abbiamo una frontiera militare verso l'Austria.


Non ci resta dunque ora che fare la controprova della nostra inferiorità verso l’Austria causata dall’inesistenza di confini naturali: enumerare cioè gli enormi vantaggi che dà all’Austria l’attuale frontiera.

Sono questi:

1° — L’impero tedesco (Austria-Germania) come ha diritto d’iniziativa in Francia attraverso il Belgio, così l’ha in Italia grazie alle provincie italiane che sono in mano sua;

2° — Possedendo esso tutti i nostri nodi stradali e ferroviari di confine (Franzensfeste, Bolzano, Tarvis, Divaccia, Fiume) e tenendo tutte le valli dei nostri valichi esso può compiere la sua doppia radunata (nel Tirolo e nella Carinzia-Carniola) assolutamente indisturbato da nostre eventuali minacce, pur non cedendo un palmo di territorio statale.

3° — Per lo stesso motivo può occupare subito, con sforzo relativamente piccolo, la fertile pianura friulano-veneta almeno fino al Tagliamento o magari fino al Piave, avendo così a sua disposizione un magnifico terreno di dispiegamento e ricca possibilità di approvvigionamento per il suo esercito in casa nostra. Non ripeteremo mai abbastanza che la pianura friulana può essere per l’impero tedesco ciò che gli è il Belgio verso la Francia. [p. 26 modifica]

4º — Se esso ci vince all’Adige noi dobbiamo difenderci sul Po, con l’abbandono di almeno una parte di Lombardia, mentre se noi vinciamo l’esercito nemico esso rientra comodamente nel suo territorio per dieci strade.

5º — Noi anche nel caso migliore dobbiamo iniziare la guerra aprendoci faticosamente la via per valli montane minate e trincerate e conquistando il passo su un terreno carsico dove non è possibile lo spiegamento di forze, così che la nostra offensiva è tanto ardua quanto quella dell’Austria naturalmente facile.

Per tutto questo che s’è detto, per la geografìa, la storia, la strategia, per la nostra dignità nazionale noi dobbiamo rivendicare il nostro confine naturale. L’Italia costituita nazione deve continuare ad essere anche quell’espressione geografica che Metternich dileggiava. Sul Brennero e a Longatico noi potremo trattare da pari a pari con il futuro impero tedesco e con la grande Croazia. Ci potremo difendere bene con non molta spesa. Non domandiamo che questo. Perchè l’offesa da parte nostra sarà sempre più difficile che da parte del nemico: difatti per arrivare a Monaco o a Vienna noi saremo sempre in peggiori condizioni, causa le lunghe valli alpestri che vi conducono, che il nemico per arrivare a Venezia e a Milano. Anzi tutta la nostra storia, dal dominio di Roma alle guerre napoleoniche, insegna fra altro questo: che in Italia si può combattere per la sorte dell'Europa, ma che partendo dall’Italia non la si decide. A Vienna si arriva per il Reno, l’Elba, il Danubio: non per l’Isonzo. L’Italia non può far altro che difendersi. Ma la sua difesa non è possibile che ai suoi confini. Napoleone in una nota del [p. 27 modifica]20 agosto 1810 spedita ai generali Marmont e Maurillon scriveva fra l'altro: «Nel 1809 la frontiera del regno d’Italia era tale da rendere impossibile la difesa del Friuli. Volendo proteggere dalle invasioni questa provincia è necessario possedere tutt’e due le rive dell’Isonzo come pure i passi dell’Alpi Giulie».