I confini necessari all'Italia/Il confine naturale

Il confine naturale

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Il confine naturale


Abbiamo dimostrato la necessità del confine naturale. E per confine naturale non si può intendere che lo spartiacque fra il Danubio e l’Adriatico. Ragioni politiche e ragioni militari potranno spostare a nostro svantaggio o vantaggio, questa precisa linea, noi però non possiamo far altro che seguirla fedelmente come unica norma fissa, indiscutibile.

Dallo Stelvio al passo di Resca (Reschen) il confine naturale nostro è quello attuale fra la Svizzera e l’Austria (più la val Monastero che appartiene ancora alla Svizzera). All’altezza del passo di Resca esso discende dal crinale delle montagne fra l’Inn e l’Adige, raggiunge questo fiume alle sue sorgenti e si innalza lungo le Alpi Venoste (Oetztaler Alpen), a sinistra dell’Adige, ne percorre il crinale raggiungendo le Alpi Passirie e lungo il massiccio del Tribulaun cala alla sella del Brennero che divide il Sill (-Inn) dall’Isarco (-Adige). Dal Brennero esso valica le montagne fra l’Isarco e il suo affluente Pfitscher per raggiungere le Alpi Aurine (dello Ziller, fra questo [p. 29 modifica]fiume, affluente dell’Inn, e il Rienz, affluente dell’Isarco), di cui percorre lo spartiacque verso nord-est fino al massiccio dei Tre Signori (Dreiherrnspitze), dove piega bruscamente verso sud-sud-est, seguendo lo spartiacque fra gli affluenti del Rienz e quelli della Drava, le cui sorgenti raggiunge nella depressione fra Dobbiaco e Innichen. Da qui per la Croda dei Baranci (Birkenkofl), la croda dei Róndoi (Schwalbenkofl), e la Croda di Paterno (Paterkofl) raggiunge al Monte Croce l’attuale frontiera delle Alpi Carniche, che segue fino al punto dov’essa piega innaturalmente verso sud-est abbandonando la catena principale dominante la valle del Gail. Il confine naturale la percorre fino all’altura della sella di Camporosso (Saifnitz) e Tarvis (comprendendolo almeno la prima) e su per il torrente Schliza (affluente del Gailiz-Drava) lungo la cresta del Luschari e del Wischberg (Jòf Juart) raggiunge al Predil la catena principale delle Giulie.

Poi, dal Manhart al Monte Nero attraverso al Tricorno percorre il grande arco di cerchio delle Giulie orientali, che segna anche oggi il confine tra il Goriziano e la Carniola, dividendo la Val Trenta (alta valle dell’Isonzo) dalle valli delle due Save (di Wurzen e di Wochein).

Al Monte Nero la grande catena delle Giulie, fin qui compatta e senza valichi (meno quello del Predil) si estende e si diffonde in un grande altipiano carsico, sormontato da tre principali linee di montagna. Perciò qui le strade si fanno numerose e l’idrografia, pur chiara nelle sue direzioni generali, diventa subdola e misteriosa (il Timavo superiore (Reka), l’Uncia, il lago di Zirkniz, le cui acque s’inabissano nel sottosuolo). Difatti proprio a questa vera porta aperta d’Italia, da cui calarono tutte [p. 30 modifica]le invasioni barbare, i romani sentirono la necessità di erigere due muraglie di sbarramento intermezzate e affiancate da valli e opere minori. Ed è appunto qui che in tutti i secoli la linea del confine italiano subì piccoli spostamenti, che si ripetono anche ora, dal 1848, nelle varie opinioni dei geografi e dei politici. Noi però anche qui ci teniamo a quella che è meglio basata sulla realtà geografica, convalidata nei secoli, sia pure con piccoli mutamenti, dalla storia. Fra la Venezia Giulia e la Carniola è sempre esistita, come già vedemmo, una provincia mediana di costumi e di civiltà, ora completamente slavizzata: la Carsia, cioè l’attuale capitanato di Postumia (Adelsberg). Essa s’estende su per giù fra le due catene marginali della Selva di Tarnova e di quella del Piro, prolungandosi da Postumia stessa lungo la catena degli Albi a sud-est fino alle falde meridionali del Nevoso. Abbandonare questa provincia ci sembra impossibile sia perchè per allacciarsi al margine occidentale dell’altipiano bisognerebbe rinunziare già all’altezza di Tolmino alla catena invalicabile delle Alpi e in gran parte al bacino dell’Idria, sia perchè da Prevald a San Peter s’apre una grande trouée, la cui fortificazione (anche se possibile erigendo delle salde opere sul Gaberk sopra Senosec) sarebbe assai costosa. Inoltre bisogna notare che mentre sulla linea Idria-Longatico-Postumia-Nevoso le strade di passaggio — i passi hanno ancora carattere di valico — a Aidussina, Prevald, San Peter, Dornegg sono già ricche di varie e facili ramificazioni e accentramenti. Per tutto ciò mi pare che non sia possibile altro che seguire l’esempio datoci dai romani, i quali condussero dal nodo degli Albi due valli: l’uno, il fondamentale, esterno che [p. 31 modifica]passava da Longatico a Idria (comprendendo però anche la Palus Lugea, cioè parte dell’attuale Carniola), l’altro che arrivava a Aidussina per San Peter e Prevald (Praevallum). Perciò partendo dal Monte Nero il confine nostro segue sopra ad Idria la divisione amministrativa fra il Litorale e la Carniola, attraverso il valico arduo di Planina-Kirckeim. Da Idria esso prosegue, con direzione predominante sud-est, lungo le alture dominanti la strada Idria-Planina (vicino al fiume Uncia), tagliando l’Italia dalla Slavia al passo centrale di Longatico (Unterloitsch) e comprendendo a occidente la Selva di Tarnova e del Piro. Da Longatico essa segue, sormontandolo sulle alture occidentali, il tratto della ferrovia Trieste-Lubiana fino sopra a Postumia (che lascia ad occidente), e seguendone il confine amministrativo lungo la dorsale dei Monti Albi, da dove scende, includendo Fiume e qualche chilometro quadrato della Croazia, al mare, all’altezza circa di Buccari, quasi dirimpetto allo scoglio di S. Marco che fa parte del territorio italiano.

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Questo nuovo confine comprende dunque, oltre alle provincie italiane, una minima parte della Carinzia (alta valle del Fella), il capitanato di Postumia e qualche lembo di quello di Longatico (Loitsch), ambedue appartenenti alla Carniola, e un piccolo angolo della Croazia intorno a Fiume. Naturalmente nel calcolo dobbiamo computare pure la Dalmazia, di cui finora non abbiamo mai parlato appunto perchè essa fa parte esclusivamente del problema adriatico, anche più importante in un certo senso di quello della frontiera di terra ferma. [p. 32 modifica]

Cosicché il nuovo territorio sarà di circa 36 mila chilometri quadrati. E cioè:

Trieste 
95
Gorizia e Gradisca 
2,918
Istria 
4,956
Trentino e Alto Adige 
13,905
Postumia 
898
Valle del Fella, lembi di Loitsch e della Croazia 
360 circa
Fiume 
21
Dalmazia 
12,831

35,984