Hypnerotomachia Poliphili/XXIV
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PER LO ADVENTO DIL ARMIGERO RECENSENTE POLIPHILO NARRA, CHE FORA DIL THEATRO USCIRONO CUM TUTTO IL CONSORTIO, ET CUM L’ALTRE NYMPHE AD UNO SACRO FONTE PERVENERON. OVE LE NYMPHE NARRANO DEL SEPULCHRO DI ADONE. ET COME LA DEA ANNIVERSARIAMENTE IVI CONVENIVA ADIMPIRE LE SANCTE CERIMONIE. ET CESSANDO DAL TRIPUDIO ET CANTARE SUASENO. POSCIA A POLIA CHE ELLA NARRASSE LA SUA ORIGINE, ET IL SUO INAMORARE.
RNATO DI NOVELLE QUALITATE CUM la mia praestante Polia, et cum le comite nostre, d’indi al sacro fonte dispartendo nui, per quella medesima porta et adito che nui intrassemo fora similmente retornassimo ove praestolavano tutte le Nymphe dagli suavi soni et cantatrice. Le quale inseme cum nui festive veneron, onde io farcito di fructuoso amore nell’accenso pecto ampliato, cum omni accessoria dulcedine, exclusi gli praeteriti dolori, extincto omni molesto contrario, refrenato omni ancipite cogitato, già più non haesitante di Polia, ma come ad unica Augusta de l’alma mia. Silvia del core mio, et di la vita Ptolomaea. Arsacida degli sensi, et Murana del mio amore, et de me tutto patrona et reverenda Imperatrice festivo et laeto humilmente, et deditissimo contento succumbo, cum più intenso, sincero, et honorario amore, che non fece il pio Imperatore alla sua cara bella et diva Adultera. Hogi mai adepto il suo pretioso amore, et spontale core, in questo amoroso certamine Aristeo.Advene che la facetissima turbula delle Nymphe, a pristini solatii, et piaceri retornorono, cum le coeleste harmonie, et angelici concenti, cum iochi puellari et solatiosi scherci, et alacre ridibonde monstrantise dilli nostri obtenuti et consumati desii, blande dantise circa nui in gestivo circinao. Et per la sancta insula, per le itione overo strate definite per le plante degli pomiferi horti, le quale erano virente di perenne et vernea z v foliatura, vallate di buxo murulamente, et di Myrto, et di iuniperi, dece passi longitrorso alternati per uno et altitrorso pendipi. Ultra poscia queste recensite conclusure excedevano gemino passo elegante cancellature di marmorario sextante semisso cum symmetriata columnatione quadrata opportunamente distributa et collocata, cum omni egregio requisito. Le quale havevano gli hiati di rosacea et rombea figuratione et cum venusta sortitione di colore rubente, qual Cinabari et illustre. Per le quale viteamente se implicavano rosarii di multiplice coloramento et foliamine. Per questi antedicti lochi ambo per mano tenenti incomminciorono a conducere suadendo a Polia facetamente, che per quel modo che a esse et a llei erano di florose strophiole le bionde come circularmente presse et a me parimente ella ancora degli sparsi flori dovesse recogliere, et una gioia inserentili amorosamente componere. Et quivi cum grande solatio, et excesso placere, alcune dille dive Nymphe comitante alla collectione placidamente se inclinavano cum la mia Polyzela Polia, et adiutare. La quale sencia pausare agevola dalle regule amorose compulsa, cum le prompte et aptissime mano degli varii et odoranti flosculi, cum incitato dilecto compositamente di texere la circulare Polycarpia dete principio. Et dalla copiosa testa extirpati gli flavi et longissimi capilli, quale di puro oro subtilissima filatura coruscanti. Gli quali cum prolixa serie porrecti per il casto dorso permananti venustamente undiculavano, gli collecti floruli congesti stringere industriosamente vacava. Et cum tale voluptate et spassi di dolce flamma exhilarando laetissimi et indefessi corigianti. Hora per florulenti prati, hora per verdissimi boschetti, circumsepti di irrigui canali et tremuli rivi, hora per le suave umbre, dille arborose strate di florida vincapervinca coperte, cum il culmo di opera topiaria et la celebritate dil loco et la clementia dil coelo sencia molestia di himbri et aesto, cum voluptuoso invitatorio trahendo, provocando, et alliciendo, gaudiosamente ad uno limpidissimo et sacrato fonte di una larga scatebra manante pervenissemo. Non cum le praeripie muscose, polythricose, adianthose, et asplenose, ma cum le ripe circumsepte et ornate erano di limiti di marmoramento macedonico, non punicato, ma suapte collustrabile et versivenato, decorati di umbratile di amnici germini, cum multiplice sobole di flore cum vario et iucundo odoramine et le sue freschissime et rorulente fronde fragrante dispositi. Dal quale uno quam gratissimo rivuletto le liquide et manale aque eliquante per sotto gli frondiferi orni cum molle et lene susurro properante discorrendo asportava. Et in questo amoeno loco, da uno immortale laureto le temprate umbre spiravano, di rubenti dil suo fructo copiosi comari immixto, et di uno irrepululante et conoido cupressetto, et di uno excelso palmeto, et di uno populno, et di uno resinaceo et conifero pineto, cum composita distantia, et mutua dispositione ordinatamente situati, et ad questo fatale fonte circinariamente distributi, et di investitura florea, et frondea ornati et decorati, contegevano il villoso solo di mollicule et tenuissime helvelle, quale è uno tapete di frescha umbra. Per sotto del quale arboramento di trunchi directissimi immuni passo uno di impedienti rami, cernivasi bellamente il libero aire degli contermini. Al quale sacro fonte et sancto deformato hexagono et di mensura ambiente .xii. passi, lo interno circumsepto arborario distava dal continente del fonte cioè dagli limiti marmoracii, passi .iiii. Et di circunferentia, passi .xxxvi. Era tutto di meli rancii, Limonarii, et Citri, praestavano uno amoeno et placidissimo concluso, overo claustro, porrigendo agli ochii concedeva una spectatissima ostentatione, di crebra densitate, di fronde festive et di odorosi flori, una gratissima pictura russa, overo minea in luteo mortificata degli maturati fructi et eximie renidente cum densa sobole, uno arbore all’altro, cum intercalato coniugio compositamente coaequati uniformi pleni di omni avitio cantante praecipuamente di Philomele, di turduli, et di meruli solitarii, cum delectevoli expressi, solicitati al suave garito, dal impulso amoroso del verneo tempo. Et quivi ad gli rotundi candici degli recensiti arbori, artificiosamente uno septo cancellario obsepiva sublato pedale, in gyro circundante, di multiplice excogitato di pervia illaqueatura. Di ligno erythraeo. Di Sandalo. Nel quale egregiamente erano intexti et intricati rosarii, di centifolie, graecule autumnale, et coroneole di purpurante flore per la cancellatura pervaganti impliciti. Cum non lapsure folie di inopinabile ridolentia, cum spectatissima vernitate. Quivi per una posticula della prope dicta medesima operatura, religiosamente ingressi. Nel comspecto del introito al fonte, era una perguletta contermina, lata quanto una facia della fontana, tra angulo ad angulo, et levata altro tanto, uno passo al perpendiculo, et uno al flexo consignato. Longa .xii. pedi, contecta di nobilissimi rosarii di vermiglio flore foetosi, cum il suo iucundissimo odoramento, reportati acconciamente supra virgule d’oro praelucente. Cum il luculeo silicato, overo pavimento tessellato et sectilio vermiculariamente fabrefacto di pretiosi lapilli. Et convicinato alle sponde della pergula extavano sedili de diasprea materia et di opportuni liniamenti elegantissimi significati, nel sedere septuncio et semiasside nella piana. Il tessellato a llibella strato fue di tutto lo incluso solo. Il quale per omni parte virente sencia alcuna denudatione era, et tutto di minutissimo serpillo olente caesariato, del quale uno solo folio al altro non superava, cum gratifica densatura fina alle praeripie del fonte vernante contegendo cum aequaria tonsura. Quivi sotto mirai una veneranda factura. La quale queste dive Nymphe et nui divotamente reverissemo uno miraveglioso et di mysterio pleno stava deputato tale sepulchro pedi quinarii in longitudine, et in latitudine dextante altra tanto levato excluso il socco, cum la coronicetta, che era quincuncio, il quale tumulo disseron le Nymphe essere del venatore Adone, in quel loco dal dentato Apro interempto. Et in questo loco etiam similmente la Sancta Venere uscendo di questo fonte nuda, in quelli rosarii lancinovi la divina Sura, per soccorrere quello dal zelotypo Marte verberato cum vultuosa facia et indignata, et cum angore d’animo. Questa tale historietta se vedea perfectamente inscalpta in uno lato per longo del sepulchro. Et il filio Cupidine recolgiere poscia il purpurissimo sangue in uno cortice di Ostrea. Subiungendo che quel divino cruore era reposito in quel sepulchro, cum il cinere, cum omni sancto rito collocato. Diqué nel fronte del nostro ingresso del sepulchro era excavato circularmente per il capto del quadrato, et obturato, poscia di petra pretiosa di Iacyntho, di colore vermiglio transparente, cum grande corruscatione di flammeo splendore, per il lume opposito instabile ardendo, che apena valeva io gli ochii per il vacillamento affirmare. Dal altro lato per il longo del sepulchro vidi similmente Adone, cum alcuni pastori venatore caelati, tra alquanti arbusculi, cum cani et il morto Apro, et esso da quello occiso. Et Venere dolorosamente lachrymabunda negli pietosi amplexi di tre Nymphe semianime cadeva, di subtilissimo panno indute inseme cum la dea collachrymavano. Et il filio cum uno fasciculo di rose gli ochii materni vidi di liquante lachryme plorabundo tergente. Quivi tra uno et l’altro sexo in una corolla di myrto vidi cusì inscripto. IMPURA SUAVITAS. Per tale modo ne l’altra historietta in graeco cusì era expresso. ADONIA Tanto tutte queste cose exquisitamente di sculptura ficte se praestavano, che io me commovi in una dolcecia di pietate.
Il quadrato dunque opposito a quello del lume perpendicularmente derivavasopra il fonte. Nel quale aptamente era infixo uno serpe aureo ficto obrepere fora d’una latebrosa crepidine di saxo. Cum involuti vertigini, di conveniente crassitudine evomeva largamente nel sonoro fonte la chiarissima aqua. Onde per tale magisterio il significo artifice, il serpe havea fuso inglobato, per infrenare lo impeto dell’aqua. La quale per libero meato et directo fistulato harebbe ultra gli limiti del fonte sparso. Sopra la plana del praefato sepulchro la Divina Genitrice sedeva puerpera exscalpta, non sencia summo stupore di pretiosa petra Sardonyce tricolore, sopra una sedula antiquaria, non excedente la sua sessione della sardoa vena, ma cum incredibile invento et artificio era tutto il cythereo corpusculo della vena lactea del onyce, quasi devestito, perché solamente era relicto uno velamine della rubra vena caelante lo arcano della natura, velando parte di una coxa, et il residuo sopra la plana descendeva. Demigrando poscia sopra per la papilla sinistra reluctantilo. Et dalle spalle revoltate all’aqua dependulo accusava imitante cum mirabile scalptura, niente dimeno gli sancti membri, essa amplexando lactabonda Cupidine, cum il simulachro il materno affecto indicante, cum gratiosa coloratione delle gene d’ambidui della rubente vena, cum la tatula dextra. O bellissima operatura da contemplare miraculosa. Solamente del spirito vitale diminuta. Cum la discriminata fronte dagli annulanti capilli sopra le piane tempore, et dall’occipitio, cum uno nodulario ligamine compositamente ingrumati. La parte soluta d’indi se extendeva fina al sedere pampinulanti. Et di scalptura exacti gli strumuli, cum gli vertigini pervii di trepanario conato egregiamente expressi. Reservati della vena Sardoa translucida illucente. Quale del foelice Polycrate nel delubro della concordia, nel aureo corno inclusa da Augusto non fue dicata. Il sinistro peduculo teniva al sedere ritracto, et l’altro all’extimo, overo limbo della plana pretenso. Il quale sancto pede, le Nymphe cernue geniculate prolapse, et nui, fue summa cum religione deosculato. Sotto del quale peciolo. Nella coronicula, era restata una fascicula di liniamento expedita. Et in questa di parvicule litere nostrate, annotato vidi tale distichon.
Non lac saeve puer, lachrymas sed sugis amaras,
Reddendas matri, carique Adonis amore.
Facto et peracta debitamente questa honoraria et divota cerimonia, fora uscissimo della sacrata perguletta. Le inclyte Nymphe cum affabile facundia a noi disseron. Sapiate che il praesente loco è mysterioso, et di maximo venerato celeberrimo, et in omni anno anniversariamente il pridiano dì delle calende di Magio, veni quivi la Divina matre, cum il dilecto filio cum divina pompa di lustratione, et cum essa tute nui sue subdite, et al suo imperio ultronee cum observato famulitio, et cum superba solemnitate convenimo. Pervenuta dunque quivi cum suave lachryme et suspiruli. Da nui impera, che tutte le rose della pergula, et denudati, ancora gli cancelli di quelle siano, et sopra il sepulchro alabastriceo, cum invocatione altisone ritualmente spargere, et congestitiamente coprire. Poscia cum il dicto ordine, et processo primo se parte. Nel sequente dì calendario gli spoliati rosarii se reflorano al numero di rose candente. Et ad gli idi un’altra fiata la dea cum il modo primo retornando. E dice che divotamente la congerie rosaria dal sepulchro dimota, intro il fonte cum divo plauso tutte spargere.Et proiecte per il rivulo emissario d’indi sono asportate. Daposcia che la divina Domina solitata nel fonte lavatose, et d’indi uscita, iterato in commemoratione et memoriale amoroso dil batuto caro et dilecto Adone da Marte, cum gli ochii succidi al sepulchro super iniecta amplexabonda cum lachryme emanante le rosee gene cohumidulante et tutte nui cum pipatione lamentabile pietosamente plora, perché in tale dì la diva sura, del pedusculo da nui deosculato, da gli spini di queste rose se punxe. Et perciò in tale giorno medesimo solemnemente se resera da essa et revelato el coperculo de il sancto reposito, et cum veneranda cerimonia tutte nui laete et exultante et cantante. Il filio ricevuto porta il cortice de l’ostrea cum il divino cruore. Et lei antista, et novissima gerula del fasciculo delle rose immote del suo virore, cum serena venustate festivissima. Non più praesto il pretioso liquore è fora extracto, che repente tutte le bianchissime rose, como al praesente appareno in purpureo colore se retingono. Et cum tale ordine tre fiate pomposamente lustrando questo fonte et lei sola lachrymabile gli ochii madenti, cum il manipulo rosario si terge, alla circinatione terna, le cose sacrale reposite in suo loco, tutto quel celeberrimo dì solemnemente solo a piaceri, chori, soni, et cantilatione è dispensato dicatissimo. Et in tale dì facilmente la gratia sua s’impetra. All’incontro del sepulchro al fonte, erano cinque graduli della petra limitata, proclivanti fina al piano fondo, non scruposo, non glareaceo, ma di pretiosa, et vermiculata sectilatione silicato. L’alveo del rivoletto emissario emanava, subterraneo fina ultra gli cancelli la successiva aqua. Domesticamente havendo le celibe Nymphe facondamente narrato tanto memorando et sì curioso mysterio, incominciorono iterum a sonare, et rithmiticamente le recensite historiole, et transacti casi suavissimamente et cum maxima voluptate a cantilare. Et in gyro della fontana chorizante per lunga mora poscia tutti geniculatamente sedenti et complicite, in tanta quam acceptissima amoenitate, et iucundissima virentia. Io allhora peculiarmente dispoliato et exempto di omni retrahente respecto, in quella insueta redolentia della mia abrodieta Polia, che ancora da essa lautissima et mundiciante spirava, et da una recente exalatione di quella fragrante nitella de gli delicati habiti sui roranti balsamo tutto perfuso, nel suo gremio me amorosa, et licentemente collocai, ardelio basiando, et le lactee mano, et quel pecto niveo, di lustrario, eburneo illucente, et poscia mutuamente, non ingrato ma aemulario volupticamente essendo nel conspecto suo tali effecti impulsi d’amore approbavano, per la quale cosa le sonatrice supra la gratissima virentia expositise et gli melodi strumenti. Et le concentore negli sui deliciosi pecti le melliflue voce reservate se tacitorono. Diqué cusì alacre et voluptuosamente ociante cum Nympheo confabulamento per aliquantula mora monstroronse molto cupide il nostro stato et conditione intendere. Et una tra l’altre nominata Polyorimene summamente faceta et placivola dixe. O Polia consortiale nostra, et partiaria conservula della colenda genitrice la venustate dell’aspecto tuo elegante et forma conspicua et insigne, et ingenue tue praeclare virtute et praestante mente morigerata, et la tua praecipua, et incomparabile bellecia, rendino nui non immeritamente avide de intendere degli vostri foelici amori la cagione, et lo initio originale della tua egregia et generosa progenie. La quale essere arbitramo notabile et sublime et di praeclaro exordio. Imperò che comporto havemo te di probitate, di ingegnio, et di literatura non mediocre erudita. Di solertia insignita, cum praecipua gratia negli virginei gesti di eximia forma. Di excedente pulchritudine, cum suavissima venustate, et di honestamento praestantissima, et summe dignanda di honore. Perché la tua spectatissima effigie et caelico simulacro extremamente bella et geniale non è totalmente terrestre, ma tuttavia cum più del divo per omni modo cum aperto indicio appare. Diciò ad nui dunque grato immo gratissimo gli molestosi affani, et gli impudenti sdegni per discorde et inaequale dispositione, et alcuna fiata fingirse sorda di non sentire le solicite precatione, degli improbi et passionati amatori. Et como uno all’altro continuamente non videntise il tristo et concupiscibile core, solamente pascono d’uno consolatorio suaso. Procedente da composite imaginatione et delectabili figmenti, quale vorebbeno, et summopere concupiscono, et di dolci suspirulamini et di simulato solamine et placere ad se medesimi vanamente satisfacendo. Et in tale commendabile ocio, et acto intente non rincresserae il nostro quieto et solacevole sedentario.
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Finito che la Nympha cum comitate blandissima hebbe il suo benigno suaso et multo acceptissima recordatione, che la mia acrocoma Polia propera et mansuetissima levatose cum gli sui festevoli, et facetissimi simulachri, overo sembianti, et cum punicante gene, et rubente buccule da honesto et venerante rubore suffuse aptavase di volere per omni via satisfare di natura prompta ad omni virtute, et dare opera alla honesta petitione. Non che prima peroe se potesse caelare et diciò retinere alquanto che ella intrinsicamente non suspirulasse. Il quale dulcissimo suspirulo penetroe reflectendo nel intimo del mio, immo suo core, per la uniforme convenientia. Quale advene a dui parimente participati et concordi litui. Et ciascuna cum divo obtuto respecta intrepidulamente, cum quegli ludibondi et micanti ochii, da fare (omè) gli adamanti fresi in mille fragmenticuli. Cum pie et summisse voce, et cum elegantissimi gesti decentemente reverita ogni una, ritornoe al suo solatioso sedere supra il serpilaceo solo. La initiata opera sequendo sellularia. Cum accommodata pronuntiatione, primo facto uno pusillo dimoramento cusì limatissimamente se pose, et enucleatamente comissima ad narrare.
FINIS DEL PRIMO LIBRO DILLA
HYPNEROTOMACHIA
DI POLIPHILO.
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