Grammatica italiana dell'uso moderno/Parte II/Capitolo XXII. Le irregolarità nelle conjugazioni.

Parte II - Capitolo XXII. Le irregolarità nelle conjugazioni.

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Parte II - Capitolo XXII. Le irregolarità nelle conjugazioni.
Parte II - Capitolo XXI. Osservazioni sulla formazione de' tempi nelle conjugazioni. Parte II - Capitolo XXIII. Segue delle irregolarità nella conjugazione.
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CAPITOLO XXII

Le irregolarità nella conjugazione.


§ 1. Dopo aver veduto la forma regolare della conjugazione, passiamo a considerare le irregolarità a cui vanno soggetti, in alcuni tempi, molti verbi compresi parimente nelle tre conjugazioni che abbiamo distinte di sopra.

In questo capitolo noi classificheremo le irregolarità più comuni e costanti, e di ciascuna daremo qualche esempio. Delle altre che sono speciali ad uno o pochi verbi nulla diremo, rimandando il lettore all’Indice generale de’ verbi irregolari.


§ 2. Per maggior chiarezza, distinguiamo l’irregolarità secondo Je diverse famiglie de’ tempi; e cioè:

I. nel presente dell’inf., nel fut. indic., e nel presente del condizionale:
II. nel presente dell’ind., cong. ed imp.:
III. nel passato remoto dell’ind. e ne! pass. del participio.

Gli altri tempi sono regolari, e in alcuni di quegli stessi irregolari alcune persone (1ª e 2ª plurale) procedono anch’esse regolarmente. [p. 179 modifica]


§ 3. I. Irregolarità nel pres. dell’infinito, nel futuro indic., e nel presente del condizionale.

In alcuni verbi l’infinito presenta soltanto una forma sincopata (vedi Parte I, cap. viii, § 19) da altra forma che si trova nel latino, e spesso anche nei poeti più antichi: la qual forma sincopata si conserva in tutti i tempi di questa famiglia. Esempii:

fáre (da fácere, da cui derivano l’imperf. ind. facéva, il cong. facéssi e il ger. facèndo): fut. sempl. farò, farái, ecc., condiz. farèi:
díre (da dícere, donde i tempi regolari dicéva, dicéssi, dicèndo): fut. semplice dirò, dirái, ecc. ed il condiz. dirèi:
pórre (da pónere, onde ponéva, ponéssi, ponèndo): fut. semplice porrò, porrái, ecc. ed il condizionale porrèi:
trárre (da tráere, donde traéva, traéssi, traèndo): fut. semplice trarrò, cond. trarrèi.


§ 4. Altre volte la forma non sincopata è in uso quanto la sincopata e più; nel qual caso l’irregolarità non è necessaria: p. es. da tògliere e tòrre, toglierò e torrò; toglierèi e torrèi: da bévere e bére, beverò e berrò; beverèi, berrèi.


§ 5. In molti verbi della seconda conjugazione quasi tutti accentati sulla penultima (-ére), ed in alcuni della terza (-íre) la forma sincopata ha luogo soltanto nel fut. semplice e nel condiz.: p. es. da volére, vorrò, vorrèi; da tenére, terrò, terrèi; da vedére, vedrò, vedrèi; da rimanére, rimarrò, rimarrèi; da veníre, verrò, verrèi.

Altre volte anche qui si può usare da per tutto la forma schietta dell’infinito: da udíre, udrò e udirò, ecc. [p. 180 modifica]da moríre, morrò e morirò, morrèi e morirèi; da vívere, vivrò e di rado viverò; da avére, avrò e di rado averò, ecc.


§ 6. II. Irregolarità nel presente dell’indicativo, congiuntivo ed imperativo.

In alcuni verbi l’e o l’o si dittongano in ie ed uo solo in quelle persone dove l’accento cade sopra di esse, e purchè non siano seguite da due consonanti (vedi Parte I, cap. iii, § 9). Esempi:

da sedére, siède: da veníre, viène: da tenére, tiène. Si disse anche da pregáre, ío priègo; da negáre, ío niègo, égli nièga e simili:
da sonáre, suòno, suòni, suòna, ecc. da giocáre, giuòco, giuòchi, giuòca, ecc. da moríre, muòjo, muòre, muòjono, ecc. Si disse anche da scopríre, scuòpro; da prováre, pruòvo, ecc.

La ragione di questi cangiamenti consiste nella tendenza che ha la lingua a dare risalto alla vocale accentata (quando in latino era breve) salva però l’eufonia.


§ 7. I due verbi udíre ed uscíre nelle persone dove quell’u è accentata la mutano il primo in ò, il secondo in è. P. es. òdo, òdi, òde, ecc. èsco, èsci, èsce, ecc.

Il verbo dovére nelle stesse persone muta l’o in è: dèvo o dèbbo, dèvi, dève, ecc.

In èsco e dèvo l’e è primitiva; in òdo l’o è una contrazione del primitivo au (vedi Parte I, cap. v, § 6). Cfr. le voci auditóre, audiènte ed altre conformi all’origine latina. Anche qui dunque la lingua tende a mantenere il suono della vocale accentata (vedi P. I, cap. iii, § 8 e segg.)


§ 8. Alcuni verbi terminati all’infinito in -cére raddoppiano il c nel presente indic. 1ª sing., 3ª plur. [p. 181 modifica]e nella 1ª, 2ª, 3ª sing. e 3ª plur. del congiuntivo. P. es. da piacére, piáccio, piácciono, piáccia, piácciano, da nuòcere, nuòccio o nòccio. Si può anche raddoppiare il c nella 1ª plur. ind. e cong. e nella 2ª plur. cong.; piacciámo, giacciámo, piacciáte, ecc. ma non tacciámo, ecc. (da tacére) per non confonderlo col verbo tacciáre.

La ragione di questo raddoppiamento della ,c consiste nell’iato che si trova nella forma latina corrispondente. Cfr. P. I, cap. v, § 9.


§ 9. Alcuni verbi terminati all’infinito in -lére, ammolliscono l in gli nella 1ª sing. e plur. e 3ª plur. dell’ind. e in tutto il cong. P, es. da volére, vòglio, vogliámo, vògliono; vòglia, vògliano: da solére, sòglio, sogliámo, sògliono; sòglia, sogliámo, sògliano, ecc. — Da volére si ha anche l’imp. vògli e non vuòli. — Da valére si fa váglio, ecc. e válgo; da dolére, dòlgo, ecc. e in verso anche dòglio, ecc.


§ 10. Altri verbi in -gliére, -nére o -nere, -líre, —níre, nella 1ª sing. e 3ª plur. dell’ind. e nella 1ª, 2ª, 3ª sing. e 3ª plur. del cong. induriscono gl od l in lg; ed n in ng. Esempii:

da cògliere, còlgo, còlgono; còlga, ecc. còlgano: da scégliere, scélgo, scélgono; scélga, ecc. scélgano:
da tenére, tèngo, tèngono; tènga, tèngano: da pórre (pónere) póngo, póngono; pónga, póngano:
da veníre, vèngo, vèngono; vènga, vèngano:
da salíre, sálgo, sálgono; sálga, sálgano.

Irregolarmente si usano talvolta con lg, ng anche le prime e seconde persone plur. del cong. P. es. colghiámo, colghiáte, tenghiámo, tenghiáte, ponghiámo, ponghiáte, venghiámo,-áte, salghiámo.

Questi stessi verbi poeticamente possono avere diversa uscita, e cioè: quelli in -gliere mantengono gli: còglio, scéglio, ecc. quelli in [p. 182 modifica]-nére e -níre ammolliscono n in gn: tègno, pógna, ecc. vègno, vègna: e così da salíre, ságlio, ságlia.

Le ragioni di questi cambiamenti sono ampiamente spiegale nella Parte I, cap. v, §§ 12, 14.


§ 11. Alcuni verbi in -ngere davanti alle flessioni comincianti per e od i possono, specialmente in verso, trasformare il gruppo ng in gn (vedi Parte I, cap. vi, § 9): quindi spèngere, spègnere, spèngi e spègni, spengèsse, spegnèsse; piángi, piágni poet., giúnge, giúgne poet., ecc. Di rado davanti ad o ed a.


§ 12. Alcuni pochi verbi terminati all’infinito in -dere, nella 1ª sing., 3ª plur. del pres. ind. e nella 1ª 2ª e 3ª sing. e 3ª plur. del cong. cambiano il d in gg gutturale o, poeticamente, in ,g,g palatale. P. es. da vedére, véggo, véggio; véggono, véggiono; végga, véggia, véggano; veggiámo (ind. e cong.), veggiáte, ecc.: da chièdere, chièggo, chièggio, chieggiámo, chieggiáte, ecc. Si usano ancora, specialmente nelle scritture, le forme regolari védo, chièdo, ecc. (vedi P. I, cap. v, § 16). Da cadére si fece poeticamente cággio, cággiono; cággia, cággiano.

Da dovére si usa il pres. dèbbo, dobbiámo, dèbbono; dèbba, dèbbano, e le forme poetiche dèbbe, dèbbia, dèbbiano; ma si dice anche regolarmente dèvo, dèvono (vedi Parte I, cap. v, § 9). Poeticamente si dice anche dèggio, dèggiono, dèggia, dèggiano (vedi P. I, cap. v, § 16). Cosi da avére, abbiámo, ábbia, ábbiano e poet. ággio, ággia, ággiano.

Da trárre (tráere) si forma il pres. trággo, tragghiámo, trággano, e le forme poetiche trággi, trágge, trággia, traggiámo, trággiano (vedi Parte I, cap. v, § 7).


§ 13. I verbi par-ére e mor-íre e loro composti formano la 1ª sing. e la 3ª plur. dell’indicat. e del cong. con j: pájo, pájono; pája, pájano: muòjo, muòjono; muòja, muòjano: poeticamente mòro, mòra, mòrano. [p. 183 modifica]

La ragione di questa terminazione è spiegata nella Parte I, cap. v, § 10. Le varie forme italiane suppongono una forma simile al latino -pareo, morior.


§ 14. Un piccol numero di verbi (quasi tutti regolari) della terza conjugazione non prendono nel presente il rafforzamento -isc- ma semplicemente uniscono al tema le flessioni stesse della 2ª conjugazione. Tali verbi (che la comune de’ grammatici chiama regolari, ma che formano solo una scarsa eccezione) sono i seguenti, coi loro composti:

apríre: ápro, ecc.

bollíre: bóllo

copríre: cuòpro o còpro

cucíre: cúcio, cúcia, cúciano, ecc. (con c palatale dappertutto):

divertíre: divèrto (anche divertísco in senso di distògliere)

dormíre: dòrmo, ecc.

fuggíre: fúggo (con g davanti ad o ed a, e con ,g davanti ad i, e)

offríre: òffro, òffero (anche offerísco) ecc.

partíre: párto, párta (partísco in senso di divídere)

pentíre: (mi) pènto, (si) pènta, ecc.

sdrucíre: sdrúcio, sdrúcia, ecc.

seguíre: séguo, ecc. (in composizione con in, con si dice anche seguísco)

sentíre: sènto, sènta, ecc.

servíre: sèrvo, ecc.

soffríre o sofferíre: sòffro, sòffero (anche sofferísco)

tossíre: tósso.

vestíre: vèsto, ecc. [p. 184 modifica]

Quanto ai verbi moríre, salíre, udíre, uscíre, veníre, vedi sopra, §§ 7, 10, 13. Díre è sincopato da dícere (2ª conjugazione).


§ 15. Alcuni altri verbi hanno nell’uso comune tutte e due le forme. Tali sono:

abborríre: abborrísco, abbòrro, ecc.

apparíre: apparísco, appájo (comp. da parére: vedi sopra § 13). Sparíre ha soltanto la forma in ísco

applaudíre: applaudísco, appláudo (raro)

assorbíre: assorbísco, assòrbo

avvertíre: avvertísco, avvèrto (più usato)

compartíre: compartísco, compárto

convertíre: convertísco, convèrto (più usato)

inghiottíre: inghiottísco, inghiótto

offeríre: (vedi sopra)

mentíre: mentísco, mènto

nutríre: nutrísco, nútro

pervertíre: pervertísco, pervèrto

profferíre: profferísco, pròffero (raro)

sovvertíre: sovvertísco, sovvèrto.

Forme poetiche più usitate: fère, fèra, fiède, fièda, ecc. per ferísce, ecc. fòrbe e fòrba per forbísce, ecc. rinvérde e rinvérdono per rinverdísce, ecc. lámbe per lambísce; lángue per languísce, múggi, múgge, múgga, ecc. per muggísce, ecc. pèro, pèri, pèra, pèrano per perísco, ecc. púte e pútono per putísce, ecc. rúggi, rúgge per ruggísci, ecc.; schérno, schérni, schérna, ecc. per schernísco, ecc. tráde per tradísce, ed altre.


§ 16. Molti verbi della terza conjugazione mancano del participio presente che sonerebbe male all’orecchio, come p. es. da impigríre, impigrènte, rinverdíre, rinverdènte, ecc. [p. 185 modifica]

Alcuni participii terminano in -iènte conservando la vocale i caratteristica. Eccone i principali:

ambiènte (sost.)
ammolliènte
aperiènte (da apríre)
balbuziènte (da balbutíre) e il ger. balbuzièndo
dormiènte e dormènte
esordiènte
espediènte (sost.)
finiènte
impediènte
in-serviènte, servènte
leniènte
moriènte, morènte
nutriènte e nutrènte
obbediènte od ubbidiènte
partoriènte
paziènte (da patíre)
progrediènte
puniènte
senziènte (da sentíre)
seviènte (poet.)
veniènte o vegnènte.

È notabile il participio appariscènte (usato sempre come aggettivo) da apparíre. Forma antiq. è bolliènte o bogliènte per il comune bollènte da bollíre. Splendiènte antiq. nasce da spléndere della seconda conjugazione.