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180 parte seconda — cap. xxii

da moríre, morrò e morirò, morrèi e morirèi; da vívere, vivrò e di rado viverò; da avére, avrò e di rado averò, ecc.


§ 6. II. Irregolarità nel presente dell’indicativo, congiuntivo ed imperativo.

In alcuni verbi l’e o l’o si dittongano in ie ed uo solo in quelle persone dove l’accento cade sopra di esse, e purchè non siano seguite da due consonanti (vedi Parte I, cap. iii, § 9). Esempi:

da sedére, siède: da veníre, viène: da tenére, tiène. Si disse anche da pregáre, ío priègo; da negáre, ío niègo, égli nièga e simili:
da sonáre, suòno, suòni, suòna, ecc. da giocáre, giuòco, giuòchi, giuòca, ecc. da moríre, muòjo, muòre, muòjono, ecc. Si disse anche da scopríre, scuòpro; da prováre, pruòvo, ecc.

La ragione di questi cangiamenti consiste nella tendenza che ha la lingua a dare risalto alla vocale accentata (quando in latino era breve) salva però l’eufonia.


§ 7. I due verbi udíre ed uscíre nelle persone dove quell’u è accentata la mutano il primo in ò, il secondo in è. P. es. òdo, òdi, òde, ecc. èsco, èsci, èsce, ecc.

Il verbo dovére nelle stesse persone muta l’o in è: dèvo o dèbbo, dèvi, dève, ecc.

In èsco e dèvo l’e è primitiva; in òdo l’o è una contrazione del primitivo au (vedi Parte I, cap. v, § 6). Cfr. le voci auditóre, audiènte ed altre conformi all’origine latina. Anche qui dunque la lingua tende a mantenere il suono della vocale accentata (vedi P. I, cap. iii, § 8 e segg.)


§ 8. Alcuni verbi terminati all’infinito in -cére raddoppiano il c nel presente indic. 1ª sing., 3ª plur.