Gazzetta Musicale di Milano, 1872/N. 41

N. 41 - 13 ottobre 1872

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[p. 335 modifica]L’APERTURA DEL TEATRO COLL’OPERA IN MUSICA NEI PAESI PICCOLI Non è molto ir nostro egregio collaboratore Biaggi richiamava in vita, traendolo da un vecchio giornale fiorentino in cui pareva morto, il seguente bellissimo articolo di quel sommo che fu Giuseppe Giusti. L’abbondanza di materia non ei permise mai di pubblicarlo prima d’ora. Nei paesi piccoli l’apertura del teatro coll’opera in musica è un grande avvenimento. L’opera in musica diventa necessaria più del pane nelle grandi città ove è urgentissimo il bisogno d’andar a letto più tardi che sia possibile onde non trovarsi all’uggia di levarsi presto la mattina e di vivere svegli tante ore; ma date occasione di stare alzata fino alla mezzanotte ad una popolazione che alle dieci soleva aver dormiti già i primi sonni e vedrete andar sottosopra ogni cosa. Difatti, appena corre voce che vengono i cosi detti virtuosi, tutti si mettono in convulsioni, si scatenano tutti. Chiacchiere, brighe, note in giro per le soscrizioni. Chi ha quattrini e coraggio di spendere, si firma e paga: chi non ne ha e ne vorrebbe avere, si firma e non paga; chi ne ha e non ne vuol dare, si propone di pagare in effettive picchiate di mani o in fischi effettivi, a seconda del merito e dell’umore. Eccoli: arrivano sul carro dei Poeti; facciamone la conoscenza. Ab Jbve principium musœ. L’impresario è per lo più un tribolato, un cantante smesso, un trovarobe rimandato per galantuomo, una cosa simile. Per non esser mangiato, e per seguitare a mangiare (cosa naturalissima) muta paese, e a seconda del vento e strisciandosi ai piedi di chi ha, o dispensando qualche biglietto gratis a chi non ha, tanto per mantenersi gli zimbelli al paretaio, s’assicura le spese e la facoltà di lasciare dei debiti. I virtuosi, parlando sompre col debito rispetto, sono, novantanove per cento, rifiuti del Giglio, della Piazza Vecchia e di Borgognissanti, arena di Stenterello (1). Presuntuosi come tutti i mezz’ingegnucci, coll’idea d’andare in paesi di Goti che non abbiano udito che il raglio dell’asino ( e notate bene che per molti di loro sarebbe sempre un essere avvezzati male ), se ai loro strilli, ai gallinacci, alle stecche false non vedono andare in deliquio tutti dalla platea alla piccionaia, chiamano ciuco il pubblico, e la piazza miserabile. Sta a vedere che or ora vor(1) Teatri fiorentini di terzo ordine. ranno essere incoronati come Moriani o la Malibran anco quelli che belano per le strade: Passa da casa e fistiami, Ti butterò lo spronchete! (1) ma cosi sia, giacché per questa brava gente non è ancora venuto il castigamatti, e poi sarebbero zuccherini se agli imbroglioni di fuori non si mettessero in ballo gli imbroglioni di dentro. Ogni luogo ha i suoi vagabondi; i lazzaroni, i fannulloni, gli arruotamuricciuoli, voci composte alla greca, delle quali abbonda la nostra lingua. Costoro, sempre morti di fame, si buttano sul primo cadavere che trovano, anche su quello d’un impresario scannato; anzi credo che gli sentano all’odore come i corvi. Uno di costoro dice: Io farò il bigliettinaio; un altro: Io che conosco tutti starò alla porta; un terzo: Io riscuoterò gli abbonamenti. Dice un proverbio che in casa dei ladri non ei si ruba; costoro ti fanno toccar con mano che questo proverbio è una scempiataggine. Bella cosa vedere al finestrino dei biglietti uno che rendendovi il resto vi dà tante monete volanti! Che effetto magico fa al rastrello un oste, o un materassaio col sufflè (2) e con quel gabbano a listoni ricamati dalle lumache! Stavvi Minosse orribilmente e ringhia, Esamina le colpe nell’entrata, Giudica e manda

Ma questo conoscitore delle peccata, questo giudice teatrale patisce d’un male proprio della carica, male che in una nuova nomenclatura si chiama accettazione di persone. Pazienza se gridasse abbonato quando passa a scapellotto qualche parente, il male è che per favorire gli amici fa passare per accademico stasera un sarto, domani sera un calzolaio, domani sera l’altra un magnano; vedete che porcheria! Ma la vera commedia è quando si tratta di accozzare i cori e l’orchestra. Gli improvvisatori di bettola, gli sbrattatola nottivaghi di stornelli, si arruolano per coristi; gente buona o cattiva, fioca o in voce, secondo il vino che beve. E la platea che in quegli eroi riconosce i compagni di bottega, gli saluta co’ nomi e co’ sopranomi, intersecando così la commedia alla musica, o ( per fare un paragone più nobile ) prendendo parte alla rappresentanza come soleva fare nei primi teatri la moltitudine greca e romana; tanto è vero che, per aver un’idea delle costumanze antiche bisogna ricercarle nel popolo. I professori filarmonici poi sono tutti quelli che a tempo avanzato hanno tentato d’imparare a soffiare in un flauto, a ponzare in un corno, a raschiare sulle quattro corde del prosciutto un arco impeciato con una buccia di limone. Ma che? Bimboni, Matteozzi, Giorgetti (3) non ei sono per nulla; e per te(1) Canzone popolare fiorentina. (2) Specie di cappello in uso molti anni or sono. (3) Professori di musica fiorentini. [p. 336 modifica]

338 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO nerli insieme, giacché d’accordo non è possibile, bisogna legar l’asino dove vogliono, e pagarli come se fossero tanti concertisti. 1 L’opera finalmente, tira, tira, Va in iscena; or sì ch’è fatta la frittata, Chi ha la tosse, chi il capo che gli gira; Chi la piglia a due soldi la calata. Quasi quasi si perdonerebbe anco a uno ’di questi impresari, quando si pensa ai sudori di sangue che costa il metter su uno spartito prima che si possa alzare il sipario. Siamo alla prima sera dell’opera. «Ora iiicomincian le dolenti note.» ■ I Un bailamme, uno stonìo, un casa del diavolo. Aspettate; Roma non fu fatta in un giorno. Sì, aspettiamo; ma questa ho paura che sia una certa Roma da non venirne mai a capo. Povero Donizetti! povero Bellini! Parce sepedto! Sorgono i partiti. Chi tiene dal tenore, chi dal basso, e chi dalla prima donna. C’è chi tiene dalla seconda, e c’è fino un partito per i coristi. Gli odii nascosti, le tacite invidie nate per tutt’altra cagione e covate lungamente nel cuore scoppiano in questa occasione, e il teatro diventa il torneo di tutti i paladini del ripicco e del pettegolezzo. Già in tutto e per tutto le cause che si fanno apparire non sono altro che pretesti; e le vere cause vattele a pescare. Qui si potrebbe dare un’idea delle chiacchere che si fanno, dei puntigli che nascono, delle animosità che ripullulano; ma fortunatamente la ristrettezza del giornale non lo permette, ed io taglio corto, incoraggito dall’esempio quotidiano di storici più serii di me, i quali saltano i fatti a piè pari anco quando la pagina è larga; solamente dirò che prima che il giuoco finisca va tutto in iscompiglio. S’attizzano, si scanagliano, qualche volta si legnano; eia maschera? e il deputato d’ispezione? Oh! velo dirò io: la maschera, avvezza ad andare a tetto come i polli, è laggiù nel forno appoggiata al muro che ciondola e russa; il deputato d’ispezione, se qualcuno va a ricorrere, dice: Io? io per tornare a casa ei ho tre cantonate da passare; per me, dieno anche fuoco al teatro.... se non avete famiglia voi, l’ho io, sapete?... E cosi via discorrendo. Ed è bizzarro udire alcuni gridare tutto il rimanente dell’anno: Ecco qui, in questo paesaccio non c’è mai nulla, non si sa dove consumare la sera; dalle ventiquattro in là, uno da una parte e uno dall’altra, e chi s’è visto s’è visto. C’è quel po’ di teatruccio, ma ei ballano i topi! L’accademia ei può mettere appigionasi per seccare il fieno. S’apre il teatrino tanto desiderato; che direste voi se questi brontoloni, questi del bene e del diletto pubblico, fossero per l’appunto la pietra dello scandalo? Mi rimorderebbe la coscienza se tralasciassi di dire che fra tante cose, fra tante persone ridicole, i più ridicoli siamo noi, noi dottorucci e avvocatucci, che per avere assaggiata la capitale, per esser tornati a casa con un giubbino del Massini (1), ei crediamo una gran cosa e ei piantamo ritti, incorvattati in mezzo alle corsie, o nei palchi a tentennare la testa come il sindaco del villaggio. Gonfiati di boria per la nostra eleganza anfibia, giacché:: i (Quando in origine No’ siam tarpani Non c’è battesimo Che ei risani). Col biasimar tutto, col mostrarsi scontenti di tutto, crediamo d’acquistarci nomèa d’uomini di mondo, d’uomini che hanno visto gran cose, che hanno fatto il palato a tutto ciò che vi è di più squisito. Che se nei nostri nidi nativi ei fossero di quegli occhialetti che vende Torre o Prinoth (2), e che in fatto di bon ton veggono il pelo dell’uovo, come riconoscerebbero subito in noi il Semibovemque virum. Semivirumque bovem. Fortuna che l’abbiamo a fare con certi cannocchiali torbi, della famiglia di quello del Baccelli (1), passati di padre in figlio fino alla quarta generazione! Con questi non si può scorgere se la vernice abbia ricoperto la buccia in modo che chi ei palpeggia non rischi di sbucciarsi le mani. Ma tiriamo di lungo, molto più che non è questo il solo caso nel quale una giubba del Massini dà la facoltà di dire e di fare degli spropositi. Nel mezzo a queste belle scene, in questa dolcissima armonia si chiude il teatro. Mi pareva mille anni! dicono gli scontenti; avrebbero potuto fare qualche serata sciolta, dicono gli abbonati che non hanno quei pochi piccioli; tanto è vero che l’opinione serve alle passioni e più che alle passioni alla tasca. La compagnia ha più debiti della lepre; i coristi, orchestra, il lumaio et reliqua vogliono essere pagati, e l’impresario grida di essere stato assassinato. Ait latro, ad latronem. Ed eccoti saltar fuori cambiali, pagherò e tutte le parti strumentali del debito e della miseria. Il ciabattino cita in tribunale la prima donna e le fa riconoscere in piede i sopratacchi rimessi e non pagati; il sarto fa lo stesso al tenore a conto di toppe e di rabeschi; il basso e la seconda donna hanno trovato chi paga per loro. Ma il fornaio porta su a palazzo uno stecco lungo che non finisce mai con duecentomila tacche, geroglifico significante non tanto la poca esattezza, quanto il buon appetito della compagnia. Come anderà a finire? Una mattina, che è che non è, non si trova più nessuno: l’impresario et cederà ammalia hanno battuto il taccone, antica maniera di pagare i debitiQuesta è la storia. Ora le conseguenze tiratele voi. 16 settembre 1840. O. OrilXSti. Il Pungolo ha letto male ciò che abbiamo scritto nel passato numero, e non ne ha capito un’acca- Ha fatto una strana confusione, ha preso per sè ciò che era diretto all’impresa della Scala, e ei risponde tirando giù i Santi dalle nicchie e citando i versetti del Decalogo. Gli domandiamo perdono in ginocchio per aver creduto un momento di potergli dare l’onesto consiglio di guardarsi dalle voci che corrono; dovevamo sapere che i consigli non si accettano mai, e peggio dagli amici. Affermiamo però ancora che colle notizie sparse intorno al repertorio, egli ha dato ragione a credere a chi non gli vuol bene che si facesse (non inscientemente come ha scritto la nostra Gazzetta) a servire gli interessi dell’impresa della Scala contro l’Editore degli spartiti promessi. Nè la lancia che ora spezza a favore delle Imprese sagrifìcate è l’argomento migliore per cancellare quella prima impressione. Non ei offende del resto il faceto battesimo di adoratori dei santi Verdi e Gounod. Se il Pungolo tiene a chiamare religione ciò che per noi non è che rispetto, si accomodi; saremo bacchettoni, ma non saremo mai ridicoli... finché i nostri santi si chiameranno Verdi e Gounod. Quanto all’argomento ad hominem con cui gli piace rinforzare il suo dire, cioè il dispotismo degli editori, rispondiamo che vi è un dispotismo più dannoso, ed è quello della stampa che vuol trattare i negozi dei privati. Finora Milano non aveva esempio di siffatta missione del giornalismo. Gli imitatori non mancheranno, tanto più che questa specie di dispotismo ha il vantaggio sulle altre che manca di senso comune. Non ne diciamo di più perchè il pubblico, quel pubblico dei cui interessi si fa cosi strenuo avvocato il Pungolo, sa benissimo che deve ai dispotismi degli Editori i migliori spettacoli del nostro massimo teatro, L’Africana, cioè, il Don Carlo, La forza del destino e l’Aida! La Direzione. Definizioni musicali. Cantante. - Un debitore, che non salda sempre le sue note. Ghironda. dicità. Gran cassa. tuta, allora non La linea di congiunzione tra la musica e la men- L’opposto di un’armata; quando questa è batè battuta, e viceversa. (1) Rinomato sarto fiorentino. (2) Ottici fiorentini. ti) Astronomo fiorentino, compilatore di lunarj. [p. 337 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 339 Libretto. - Un giardino pieno di piantoni, dai quali non può ricavare fiori e frutti se non un compositore che abbia la vista lunga.. Lira. - L’istrumento degli Dei, dei poeti e dei banchieri. Grazia a Dio, oggidì non vien suonata che dalle statue. Mise-en-scène. - Il crinolino delle opere magre. Nota. - Un palazzo, che senza chiavi è affatto inutile. Officleide. - Un toro cromatico. Opera. - Un dramma musicale, nel quale il dramma tormenta la musica e la musica tormenta il dramma. Orchestra. - La paletta del buon compositore - la mazza del cattivo. Orecchio. - Un serraglio musicale che deve spesso ricettare ospiti molto incomodi. Quinta. - In teorica è una consonanza perfetta; in pratica è spesso una dissonanza orribile. Regole. - Per le mediocrità pastoie di ferro, per i genii collane di rose. Reminiscenze. - Peccati veniali dei compositori, che dimenticano di dimenticare. Ritmo. - Il sangue che bolle nelle arterie della musica e che dà al tutto vita e movimento. Quanti compositori odierni rappresentano la parte della mignatta! Tastiera. - L’ippodromo delle dita. Tastiera muta. - Istrumento deplorabile in quanto che non fu ancora composto nulla per esso. Timpani. - I soli istrumenti pei quali non fu ancora composta alcuna romanza senza parole, e che in orchestra sono specialmente di grand’effetto quando attaccano una battuta prima. Tremolare. - Un cattivo esempio, che molti cantanti devono alle capre. (Signale) Rivista Milanese Sabato, 12 ottobre. Impossibile immaginare uno spettacolo più grandioso di quello che offriva il Teatro dal Verme la sera della prima rappresentazione della Favorita. Per la prima volta dacché fu aperto, il vasto edifizio diede ragione delle sue dimensioni, rimandando forse un buon centinaio di persone convinte che il teatro è troppo stretto. Palchi, sedie, platea, galleria, posti riservati, formavano una sola massa umana compatta, che si agitava, si commoveva, divisa fra le delizie armoniche e quelle del bagno russo. È meglio dire addirittura che non mai aspettazione fu meglio secondata dall’esito; la Favorita, come ce la danno la signora Galletti, il baritono Barré ed il tenore Aramburo, è un gioiello di quelli che gl’impresarii meglio intenzionati non usano trarre dallo scrigno salvo a lunghissimi intervalli di tempo, forse per non dare male abitudini al pubblico. Di solito nei teatri che non recano dote, quei mariti d’una stagione fanno le cose bene a metà, qualche volta a due terzi, ma non si va oltre; oggi è il soprano e il baritono che devono aiutare la deglutizione del tenore, domani è il tenore e il soprano che fanno digerire il baritono. È vero che anche in questa Favorita d’oggi qualche cosa d’indigesto è rimasto, ma nelle salse, le quali a rigore è lecito lasciare nel piatto; per esempio quelle insipide e sconclusionate danze del secondo atto, che cominciano con una parodia di passo a tre e finiscono con una smorfia di gran ballabile, bisogna lasciarle in cucina ad ogni costo, altrimenti il pubblico ne farà una gastrite, anche se continuerà a riderci sopra allegramente. E quel secondo tenore che canta in chiave di cardine arrugginito per carità si metta fra i ferravecchi; e si cerchi di ottenere dai coristi concessioni ancora più larghe di quelle che non abbiano fatto; si provi a persuaderli, che quando si cantano bene due cori si può anche cantarne bene quattro, e chi sa che non si riesca un’altra volta a farne cantare bene... tre. Nell’orchestra poi bisogna essere molto severi, e condannare i corni a pane ed acqua; e quando si abbia fatto tutto ciò, allora la critica potrà sciogliere il volo al lirismo ed intonare il gloriai Per questa, volta io non mi ei metto neppure, e dirò le cose alla buona come le penso, ma se mi si accontenta in tutto, ricorderò anch’io la mia vecchia rettorica e la porrò intera al servizio gratuito dell’impresa. Quando un flautista suona il suo strumento a dovere, si suol dire che lo fa cantare, in modo da farlo parere una voce umana, ed è il massimo elogio; quando una prima donna od un tenore canta a dovere si dice che pare un flauto, ed è pure il massimo elogio; io vorrei che si mettesse in chiaro per sempre se sia meglio essere un flauto od una prima donna di cartello, perchè della Galletti appunto tutti hanno detto, ed io pure ho avuto la tentazione di dire, che a volte non è più una donna ma un flauto. Cito il paragone per dare un’idea del successo, ma confesso che non dice nulla. Il canto della Galletti è del timbro più dolce che si possa immaginare, ha una limpidezza cristallina, un accento e un’espressione più che umana; se le sirene hanno cantato mai, devono aver cantato cosi, tanto è vero che il pubblico non avendo preso la precauzione di farsi legare, come Ulisse, non finiva di battere le mani. Quanto all’arte di questa valentissima, consiste tutta nel non farla parere; canta colla facilità con cui parlerebbe, e nelle situazioni più drammatiche., traduce la passione colla maggior parsimonia possibile, a volte con un gesto, con uno sguardo solo. Non faccio l’enumerazione dei pezzi in cui fu applaudita, per non dire le litanie e perchè fu applaudita sempre, con entusiasmo eguale, dalla prima aifi ultima scena. Il baritono Barrè in quest’opera piace anche più che negli Ugonotti; corretto egli pure nei modi, nel canto, nell’intonazione, ha, con un tesoro inestimabile di voce, la rara virtù di non ricercare effetti violenti di emissioni di voce, ma di domandare tutto alla dolcezza, alla passione; a volte questo scrupolo par perfino una maniera, un difetto, ma è un difetto che pochi sanno avere. Per poco che questo artista si rinfranchi nella pronuncia della nostra lingua, non avrà molti rivali e nessuno forse superiore nelle parti che non richiedono impeti e violenze. Il tenore Aramburo, di cui abbiamo apprezzato al Carcano or è un anno il materiale greggio, si è dirozzato, si è lisciato, ha percorso in pochi mesi una lunga strada. Il suo vocione robusto e prepotente si è addimesticato e fatto docile; il suo canto è ora dolce, caldo, appassionato. Naturalmente quest’arte che egli ha acquistato in così breve tempo non è tutta figlia del cielo, non è proprio immacolata; volendo infrenare la foga selvaggia, caracolla un po’artifìziosamente a cavallo della sua Magnifica voce; ha imparato a cantare a mezza voce, a smorzare benissimo, a passare da una nota all’altra con singolare dolcezza, a sospirare con effetto sicuro, ed a rinforzare un sospiro grado a grado fin che pigli tutta l’estensione di una splendida nota di petto; colo- ’ risce in somma a meraviglia, ma non è ancora sicurissimo nell’intonazione, e precipita spesso i tempi che sono il disegno della musica. Ha 1 arte eccezionale, artifiziosa, la virtuosità (si perdoni la barbarie) del grande artista, ma appena le fondamenta d’un tenore discreto. Benino il basso Vecchi; bene, lo ripeto, alcune volte, i cori; bene quasi sempre l’orchestra. Al teatro Carcano stasera ha luogo la prima rappresentazione della Traviata colla signora Demi, col baritono Viganotti e col tenore Villa; nel programma della stagione vediamo annunziate due novità: la Reginetta di Braga e il Davide Rizzio del maestro Canepa. Le novità italiane drammatiche del teatro Santa Radegonda non sono molto fortunate. Le due strade di Dominici, L’Eroe del mondo galante di Alberti, Bacio di bocca sempre il cuor non tocca di Pollano, annoiarono il pubblico o all’incirca. Me [p. 338 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 340 glio riuscì la Principessa Giorgio di Dumas figlio. È la stupenda analisi di due passioni, quella onesta di una moglie per il marito e l’altra adultera del marito per una cortigiana da cui si crede amato e non sa distaccarsi. La tela semplicissima si svolge per una stupenda serie di scene intime, di dolori, di ansie, di lotte verissime che non cessano se non quando il marito ha la prova dell’infamia dell’amante. La conclusione non appaga, è manchevole. Il marito che ha la certezza di non essere amato ritornerà a chi lo ama; questo dice il silenzio mimico dell’ultima scena; e basta per l’effetto, e basta a Dumas che non volle se non fare uno studio patologico del cuore umano, la diagnosi d’un vizio cardiaco che ha caratteri opposti a quello più brutto analizzato prima nella Visita di nozze. Ma non basta al pubblico, il quale si domanda, con ragione, che cosa sarà domani, ed in qual modo questo marito penitente potrà rassicurare la sua compagna per l’avvenire, e se l’amerà poi sempre e tanto da compensarla dei dolori patiti e del maggior dolore che le darà l’ansia paurosa di riperdere il suo affetto un’altra volta. Intesa alla maniera del Dumas d’oggi (che non è quello di jeri) la scena non ha più intento, nè conforti, nè scuola; è il fatalismo delle passioni che sostituisce la volontà, e i personaggi fanno tutti la parte della Principessa Giorgio e del Principe, debole nell’amore l’una, debole nel vizio l’altro - forti solo il vizio e l’amore. La compagnia Aliprandi rappresentò bene questo dramma; e la signora Dominici Aliprandi nella parte di protagonista fu commoventissima. È una delle più brave attrici ch’io abbia udito e sta fra le primissimeA Burkheim presso Lichtenfels, durante una festa da ballo, fu ucciso un uomo, e mentre il cadavere giaceva dietro all’osteria, nella sala da ballo si continuò a ballare senza che alcuno si desse pensiero dell’infelice. In seguito a questo fatto l’autorità ha proibito la danza nel paese per cinque anni. Una grand’opera postuma di Lortzing, Regina, verrà rappresentata per la prima volta a Norimberga.

  • L’Imperatore di Germania ha aumentato del cinquanta per cento le

paghe ai professori d’orchestra del R. Teatro di Wiesbaden. ¥ Il signor Larochelle, impresario del teatro di Grenelle, ha trovatoli mezzo di dare uno spettacolo gratis... per fare un buon introito; egli pubblicò il seguente avviso: «L’entrata sarà gratuita per ciascheduna signora, accompagnata da un signore che paghi. «V Oggi, alle ore due pomeridiane nel Teatro Milanese, la signora Nina de Villard di passaggio in Milano, darà un concerto di pianoforte. Fra i vari pezzi che eseguirà notiamo il concerto in sol minore di Mendelssohn. Negli intervalli due giovani poeti, i signori E. Bazire e Ch. Gros, reciteranno alcune poesie inedite ed improvviseranno versi francesi.

  • L’ufficio del nostro confratello di Milano, Il Mondo Artistico, si è traslocato

in Via San Paolo, N. 8. 3.° piano. Sino al 21 ottobre corrente è aperto il concorso, per ischeda segreta, all’appalto triennale del teatro Civico di Spezia per spettacoli d’opera e ballo. Leggiamo nella Espana Musical l’annunzio d’una catastrofe che si riferisce al signor Withe, l’inventore del flauto senza chiavi, di cui abbiamo parlato in uno dei gassati numeri. Da lettera pervenuta da Liverpool, quel giornale ha appreso che il signor Withe è diventato pazzo!

  • La Gazzetta italiana del Pacifico ei fa sapere che a San Francisco di

California, alla prima rappresentazione della compagnia equestre Chiarini, data al Circo Reale repubblicano (?) assistevano circa 3500 persone. 4 Nel prossimo inverno Giovanni Strauss dirigerà 12 concerti in Madrid. V Il maestro Arditi fu scritturato per dirigere l’orchestra nelle 100 rappresentazioni che Adelina Patti darà in America l’anno venturo.

  • Il bravo maestro Corinno Mariotti ebbe la menzione onorevole dalla

Società dei Giardini d’infanzia di Venezia per un suo nuovo lavoro per i bambini, col titolo: Primizie meloginniche.

  • La cacciata del Buca d’Atene è il titolo d’una nuova opera del maestro

Bacchiai, che sarà forse rappresentata nel prossimo carnevale a Firenze.

  • Anche Tito Mattei ha scritto un’opera: Maria di Gand.

Le inondazioni de’ passati giorni fecero rovinare il Teatro d’Intra sul Lago Maggiore. Il teatro Marie di Pietroburgo inaugurò la stagione d’autunno coll’opera russa Halka di Moniusko. Gounod ha firmato il contratto che assicura le primizie del suo nuovo melodramma, Le Bue Regine, al Teatro Italiano di Parigi, Ora trovasi a Bruxelles, intento a dare al suo lavoro l’ultima mano. X Giorni sono, a Lione, nel Palazzo dell’Esposizione Universale si trovarono riunite cinquanta Società corali, convenute da tutti i punti della Franeia. Il signor Mangin, direttore cantori ed ottenne un legittimo I nostri lettori sanno che zione per erigere una statua a d’orchestra del gran Teatro, diresse i 2000 ed invidiabile successo. a Nuova York si era aperta una sottoscriGotlschalk nel Central Park. Fu lo scultore Franceschi incaricato di quest’opera monumentale che è condotta a termine. Raffigura la Musica che incoraggia il gran pianista defunto, il cui busto riposa sopra un piedestallo. Alcuni ornati rammentano i paesi indorati dal sole, dove cresce il banano, e dove si danza la Bamboula e la Manchega al suono del banjo. Il giornale tedesco Frei Presse, parlando dell’esecuzione del Freischütz alla Scala, dice assai bene dell’esecuzione, specialmente per parte dell’orchestra, di cui loda il bravo direttore Faccio. Ci piace siffatta testimonianza di stima, non sospetta nella stampa d’una nazione gelosissima delle sue glorie musicali. ¥ Gounod ha lasciato Spa, promettendo di ritornare l’anno venturo. I giornali, che lo chiamano il lion della stagione dei bagni, dicono pure che probabilmente egli sostituirà Meyerbeer, il quale per trent’anni non mancò di chiedere alle acque di Spa novelle forze, e nuove ispirazioni alla bella natura circostante.

  • La città di Chicago intendendo festeggiare in maniera solenne la sua

risurrezione, ha pregato Riccardo Wagner di recarsi a dirigere, in un teatro che sarà costrutto secondo il sistema del compositore-architetto, tutte le sue opere, lasciando a lui la scelta degli artisti. Ma Wagner ha rifiutato, perchè intorno allo stesso tempo ricorrerà la cerimonia dell’inaugurazione del nuovo teatro Wagner, di Bayreuth, di cui sono già incominciati i lavori sotto la sua vigilanza! II teatro di Amburgo avrà le primizie d’una nuova opera di Carlo Godze, col titolo Sturm des Nordens. Un nuovo teatro intitolato a Mariani fu inaugurato a Sant’Agatafeltria (provincia di Pesaro), con un concerto. Il pittore Piris da Monaco ha condotto a fine col nome di «Galleria Wagner» le illustrazioni delle opere del maestro tedesco. I cartoni saranno riprodotti fotograficamente dal signor Albert, fotografo della Corte. Nel teatro del Circo di Madrid fu rappresentata con buon esito una nuova zarzttela col titolo: Luisa. La celebre Nillson ha portato in dote al marito tre milioni di lire! TORINO, 10 Ottobre. Futuri spettacoli del teatro Regio — L’Assedio di Leida al Vittorio Emanuele — Promesse — Rabagas!! Egli vi era tempo fa in Torino un famoso ciarlatano, certo Orcorte, il quale ogni volta tornava a mostrarsi nel suo angolo abituale di Piazza Castello, dopo qualche settimana d’assenza, soleva dire: «Voi avete creduto, rispettabili signori, che Orcorte fosse morto, ma egli invece è vivo e sano è viene dalle più alte montagne dove è stato a raccogliere sotto la neve le erbe necessarie al suo prezioso balsamo, che guarisce ogni sorta di malattie e molte altre ancora.» Il vostro corrispondente dovendo dar ragione del suo lungo silenzio non può certo imitare il Dulcamara torinese e venirvi a contare che s’è inabissato nel canale della Ceronda, ovvero è salito sulla cupola dell’interminabile tempio israelitico allo scopo di darvi notizie delle nostre massime scene: debbo però confessarvi che per sapere prima d’ora qualche cosa di positivo sul teatro Regio, conveniva attraversare gli spazi infiniti delle teste che ne formano e ne rap [p. 339 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 341 presentano l’impresa col rischio e pericolo di fare il viaggio inutilmente, perchè nemmeno esse si trovavano in grado di poter dire alcun che d’invariabilmente certo e deciso. Oggi, alla fine, le cose han cambiato d’aspetto: la commissione ha parlato e nella generalità ecco il programma degli spettacoli e l’elenco degli artisti principali da essa approvati dopo averci pensato su un mese e otto giorni. Opere: Guarany di Gomes, con cui si inaugurerà la stagione, Manfredo di Petrella, che verrà data in quaresima; esse sarano messe in scena dai rispettivi autori; Forza del destino di Verdi, che avremo per terza. Balli: Nana Saihib e la Circassa composti ed allestiti dal coreografo Desplaces. Artisti di canto: prime donne Spaake, Grün e Bonheur: tenori Capponi e Ortisi: baritoni Pantaleoni e Brogi: bassi Barberat e un altro di cui mi sfugge il nome. Primi ballerini di rango francese: Pia ed Enrico Checchetti. Per quest’anno adunque il pericolo d’una invasione wagneristica è scongiurato: l’anno venturo, cioè la stagione 1873-74, trovandoci ancora in credito Aida, spero non si penserà nè al Lohengrin nè al Tannaüsher e chi sa che prima di quel tempo la crisi delTavvenirismo non sia già passata; confido molto nel giudizio dei Milanesi. Intanto si è aperto il Vittorio, impresa Marchelli, che ei ha dato L’Assedio di Leida, opera vecchia per tutta Italia e nuova per Torino: anche senza sapere che è di Petrella basta sentirla per conoscere ch’egli ne è l’autore. La cabaletta ne è il primo elemento e dopo aver fatto parte integrante di ogni pezzo serve anche di finale e nel punto dove la situazione drammatica è terribilmente triste e tremenda. Vi sono però dei buoni pezzi, a capo dei quali bisogna mettere il famoso rataplan, una delle migliori cose dell’opera di Petrella non solo, ma nel suo genere d’una imponenza straordinaria, poi viene per ordine di merito il coro dhntroduzione, le due arie drammatiche dei soprano e quella del baritono unita al finale dell’atto secondo. Quanto all’esecuzione, la prima donna signora Caruzzi-Bedogni canta bene e di buona scuola; ed ha sentimento drammatico, e sebbene non abbia voce prepotente, ha piaciuto molto la prima sera e più ancora alla seconda; il baritono Lalloni, che qualche volta vuol far troppo, ha mezzi eccellenti, sa farli valere ed è stato festeggiatissimo: il tenore Benfratelli lascia molto a desiderare: infatti tranne nell’adagio della sua cavatina nel primo atto non ha potuto rendersi interessante. Egregiamente i cori, la banda sul palco e l’orchestra; messa di scena zero. Domani a sera, venerdì va in scena il ballo di Pulini, Salam il Meraviglioso, e se piacerà, come ardentemente lo desidero, le sorti del teatro sono assicurate, se no sarà assai difficile il rimedio, perchè l’impresa non ha niente in pronto. Si parla di una novità veramente nuova, cioè d’uno spartito or ora ultimato del maestro Franceschini, il capo-musica della nostra Guardia nazionale, e che pare si darà per terz’opera, ma ei vuole un contralto e qualche professore di più in orchestra essendo opera dettata secondo le moderne esigenze istrumentali. Al Rossini è tornata la compagnia piemontese Milone e F errerò, la quale, come al solito, ei darà qualche nuova operetta. Al Gerbino continua con varia fortuna la compagnia BellottiBon, la quale ei ha dato tre volte il famigerato Rabagas senza che sia nato il più piccolo disordine: la satira agli uomini della comune ed ai mestatori politici, che piaceva alla maggioranza, ha provocato qualche parziale dimostrazione; la commedia che non piace e non può piacere ad alcuno è alla fine alla unanimità disapprovata. Sardou ha indovinata la prima, e lo prova lo scalpore che ne fanno certuni, ma ha sbagliata la seconda e siccome questa è il fondamento l’edilìzio crolla. A TREVISO, 6 ottobre. Il Guarany del maestro Gomez al teatro di Società. Ieri mattina abbiamo avuto l’inaugurazione della nostra Esposizione regionale, e la sera si aperse il nostro Teatro di Società con lo spettacolo deH’opera-ballo - Il Guarany - posto in scena dallo stesso autore Gomez. Vorrei dirvene bene, ma pur troppo non posso, e ciò per colpa delle prime parti che mi permetterete di non nominare, facendomi semplicemente relatore dell’esito. Il Teatro era affollato ed il pubblico favorevolmente disposto. La sinfonia fu applaudita ed il maestro ebbe una chiamata. L’Ave Maria nel 1. atto, eseguita con sufficiente precisione, fu pure applaudita, ed il Gomez dovette presentarsi altre due volte. Anche il duetto tra soprano e tenore ottenne applausi e due chiamate al maestro. Al secondo atto, freddamente interpretato, il pubblico mantenne un silenzio precursore dell’uragano. Il terzo atto si sostenne mercè l’esecuzione del coro, che, non ostante lo sbilancio d’intonazione nei tenori, riscosse applausi; qui si segnalò il Cacico, giovine dotato di bella voce e che potrà fare carriera se vorrà studiare, per formarsi un buon metodo di canto. Al quarto atto le cose volsero alla peggio ed il pubblico dimostrò il suo malcontento con atti di disapprovazione. L’orchestra, diretta dal valente maestro Gio. Rossi di Parma, fu lodevole per anima e per colorito. Buone le seconde parti. I cori nel complesso si portano bene. Lo scenografo cav. Gio. Magnani diede prova anche in questo anno del suo talento, offrendoci scene d’effetto stupendo. Splendida veramente la messa in scena. Un bravo al macchinista per l’ultima scena dell’opera. G. B. 0. VENEZIA, 8 ottobre. Indigenza di spettacoli — Un’occhiata al futuro teatrale. Tutti i nostri teatri tacciono: da quando cessarono or fa un mese le poche recite della compagnia Pezzana Gualtieri al teatro Malibran, il pubblico attende impazientemente l’apertura di qualche teatro dove passare alla meglio le serate che cominciano a sembrare molto lunghe a tutti coloro, e non son pochi, cui la fortuna o gli affari non permettono di goderle fra la quiete dei campi. Questa privazione coattiva di qual si sia spettacolo teatrale non ha giustificazione, quando si pensi che Venezia ha un numero di abitanti bastevole per soddisfare qualunque impresario anche durante l’autunno, purché, intendiamoci, lo spettacolo offerto sia veramente meritevole d’essere sostenuto. Ma pur troppo questi periodi di transizione fra una stagione teatrale e l’altra soglionsi ripetere da noi almeno un paio di volte all’anno, ed io non ne conosco invero la causa dappoiché ne nasce l’altro inconveniente che dall’assoluta mancanza di divertimenti teatrali si passa alla superfluità. E ciò è tanto vero, che mentre oggi non vi ha. teatro aperto, fra una settimana o poco più ve ne saranno quattro. Eccovi intanto la nota delle Compagnie che stanno per comparire sulle nostre scene, ed attendetevi a suo tempo la relazione del loro merito e del successo ottenuto. Il teatro Camploy principierà un corso di opere serie con T Emani; darà quindi il Poliuto ed altre. Gli artisti sono Mosconi soprano, Belardi tenore, Brogi baritono, Manfredi basso. Il cav. Montenegro dirigerà l’orchestra, il sig. Carcano è l’impresario. Al Rossini invece T impresa Piacentini darà spettacolo d’opera buffa coi seguenti artisti: Derivis soprano, Montanaro tenore, Polonini baritono, Marchisio buffo. Le opere non sono ancora [p. 340 modifica]342 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO & definitivamente stabilite. Sembra che si comincierà col Barbiere di Siviglia per sole tre sere, onde apparecchiare l’opera nuova per Venezia, Reginetta del maestro Braga, il quale verrà in persona a curarne la messa in scena. All’Apollo si attende la Compagnia drammatica Pietriboni, ed al Malibran quella del Rossi Mario, con Ballo. F r^A-RIGrl, 9 ottobre. Lucrezia Borgia al Teatro Italiano — Nuova musica di Gounod — La Sangalli nel ballo la Source all’Opéra, ecc. Alla Traviata ha succeduto in questo Teatro Italiano la Lucrezia Borgia, con la Penco e la Bracciolini, con Ugolini tenore ed Antonucci basso. Temperatura molto più bassa che all’opera precedente; parlo del pubblico, non della sala; questa è riscaldata sufficientemente, anzi più del dovere, dal calorifero; ma i cantanti non fanno lo stesso ufficio verso l’uditorio, il quale non ha gran torto di restar di gelo. Appena se la Penco lo ha a quando a quando tirato dal suo torpore; in tutto il resto della rappresentazione è rimaso ghiacciato. Non era più una sala di spettatori il Teatro Italiano, ma una grotta di stalattiti. Si sperava che T Ugolini prendesse la rivincita nella parte di Gennaro, quella di Alfredo nella Traviata non essendogli molto favorevole. Ma no, tale fu Alfredo, tale è stato Gennaro. L’Antonucci, ad onta della sua rinomanza, pareva aneli’esso intirizzito. La Bracciolini ha fatto applaudir il brindisi (che del resto è applaudito.... anche quando non è cantato) ed ecco tutto. Si direbbe che queste prime rappresentazioni non fanno parte della stagione teatrale; sono come serate straordinarie, o piuttosto come altrettante prove generali. Chi verrà a mettere una scintilla in questa scena marmorea, per animarla come la Galatea della favola? Sarà forse T Albani, della quale si aspetta con impazienza Tapparizione? Sarà il desiderato Caponi, desiderato sopratutto dalle donne — non da tutte, — che ammattiscono per lui. Egli esordirà sabato prossimo (forse) nella parte di Lionello della Marta. E poi?... Vuoisi che il repertorio italiano, quello almeno che può essere scelto da un tenore leggiero, gli sia abbastanza famigliare. Non dico di no, ma son sicuro che abuserà della voce di testa, o piuttosto dei cosi detti falsetti che qui fanno le delizie del pubblico francese, ma che non producono lo stesso effetto altrove. Del resto, non precipitiamo un giudizio, che solo l’opinione del pubblico può dare definitivo. Credo avervi detto in una delle mie lettere precedenti che la novella direzione del Teatro Italiano ha risoluto di profittare delle tre sere per settimana che la sala rimane chiusa (ossia Lunedi, Mercoledì e Sabato) per dare delle rappresentazioni drammatiche francesi. Il primo lavoro che farà eseguire è un dramma storico del signor Ernesto Legouvé, intitolato Les deux reines, ed al quale il Gounod ha scritto un preludio, gl’intermezzi ed i cori - Come vedete, questo nuovo genere di opere sceniche, vale a dire di drammi adorni di musica — (non saprei trovare altra espressione più esatta) comincia ad esser adottato. Già nell’Arlesienne dato al Vaudeville, il maestro Bizet aveva scritto preludio od introduzione, intermezzi e cori; ora Gounod fa lo stesso per le due regine del Legouvé. Fra poco tempo nessun autore drammatico vorrà più scrivere per le scene di prosa senza che un compositore non gli scriva la musica degli intermezzi (entr’actes) dei cori. Ad un certo punto di vista non è un male; almeno, in questo modo, molti compositori di musica che sono costretti a starsene con le mani alla cintola, non potendo giungere a dare le loro opere, troveranno un’occupazione e vedranno il loro nome sul cartello. Tanto di guadagnato per essi. Oltre di che il gusto della musica si propaga sempre più così, e questo è già un risultato assai importante. Colgo quest’occasione per aggiungere che varii giornali hanno annunziato che il Gounod ha promesso di scrivere un’opera in tre atti pel Teatro Italiano di Parigi. A dir vero, non so se la notizia sìa esatta; ma la credo fino ad un certo punto, e per dir meglio aspetto per darle fede, di vederla avverata. All’Accademia di musica e di ballo, altrimenti detta a.U’Opéra, una vostra concittadina, la Sangalli, ballerina, ha ottenuto un bel successo nel ballo la Source, nel quale la Salvioni, aneli’ essa italiana, si fece vivamente applaudire. La Sangalli non ha tardato a riunire tutta la simpatia di questo pubblico. Vero è che essa è molto abile e molto agile; piuttosto danzatrice di forza che di grazia, nullameno ha molto piaciuto; i suoi renversés hanno fatto scoppiare un plauso universale. Con la Sottrae ballo cui il Delibes ha messo la musica, ed una musica molto preziosa e molto brillante, V Opéra ha dato il Trovatore per continuare a produrvi il tenore Sylva la cui voce è d’una possanza eccezionale, e la Favorita per la rentrée del baritono Faure, l’idolo di questo pubblico. Certo è che quando quest’artista canta, lo fa così soavemente che è impossibile di non applaudirlo. Nel Fon Giovanni, nella parte di Mefìstofele, in quella del re nella Favorita è veramente artista-modello. Per ora non posso nulla dirvi dell’Opéra- Comique, visto che le prove del Bon César eli Bazan non sono peranco terminate e che quelle del Romeo e Giulietta di Gounod non sono peranco cominciate. Il teatro è obbligato a dar continuamente Le préaux-Clercs e Mignon ed a riprendere le Nozze di Figaro per non restar chiuso fino al giorno in cui potrà dare una delle due opere più* su designate. In quanto all’Ateneo, l’Alibi del maestro Nibelle è ancora differito. Il cartello l’annunzia per giovedì (domani), ma il cartello l’ha tante e tante volte annunziato che veramente giustifica la similitudine: «bugiardo come un cartello teatrale», Se T Ateneo farà lo stesso per la dozzina di opere che ha in portafogli, compiango i poveri maestri che avranno a fare con questo teatrino. Ma fin che il Lirico non sarà ristaurato, bisognerà contentarsi di quel che si ha. Come avete potuto vedere ho passato in rassegna tutt’i teatri lirici della capitale, salvo i Bouffes parisiens che fanno sempre sala piena con l’eterna Timbale d’argent che non invecchia mai. Non mi resta dunque nuli’altro a dirvi in fatto di musica scenica, posso aggiungere dunque, come cosa estranea al teatro, che il capo d’orchestra Paulus, reduce dall’America ha dato domenica scorsa una gran mattinata musicale al Circo dei Campi-Elisi, e che ha fatto udire ed applaudire un gran numero dei pezzi che ha eseguiti con tanto successo a Nuova York ed a Boston. LONDRA, 7 ottobre. Sir Julius Benedici cittadino di Nonoick — Compagnia, Italiana per la rappresentazione d’opere buffe al St. Georges Hall — La Lucrezia Borgia, Sonnambula e Flauto Magico a Lublino — Piedestalli che rimangono e statue che discendono Il tenore Bellini — Cose dell’Australia. Confermo la notizia che sir Julius Benedici diverrà cittadino di Norwich. Il Consiglio comunale di quella città ha decretato di conferirgli l’onore della cittadinanza in riconoscimento dei lunghi servigi del veterano maestro, come direttore del festival di Norwich. La cerimonia dell’investitura non è fissata ancora, ma avrà luogo al più presto. — I nostri complimenti a sir Julius Benedici che ha avuto la rara abilità di farsi credere una aquila quando non è che un pavone. Una compagnia italiana per la rappresentazione di opere buffe, è in corso di formazione, e prenderà stanza al Si. Georges Redi in Regent-street. So che fra le altre opere verrà rappresentato V Alì Babà del Bottesini. Peccato che i promotori della compagnia non abbiano potuto o saputo trovare un miglior teatro. Il teatrino di S. Giorgio mal si presta a musica e dramma, ed è inoltre, a giudicare dal passato, poco propizio alla salute delle tasche degl’intraprenditori. Questo è pascolo i sfiziosi; ma essi appartengono ad una razza, dell’universalità, essendovene in ogni angolo < ghilterra non eccettuata. Io auguro con tutto del cuore ogni successo alla nuova compagnia. invero pei superche ha il pregio del mondo, l’Inciò dal profondo [p. 341 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 343 La campagna provinciale di Mapleson fu aperta in Dublino il giorno 30 ultimo con brillante successo. La rappresentazione della sera fu Lucrezia Borgia colla Titiens, la Trebelli-Bettini, Agnesi e Campanini. Applausi n’ebbero più o meno tutti; ma è degno di nota che il meno applaudito, secondo narrano i giornali locali, fu il Campanini. Questo tenore, essendo necessario per la tasca di Mapleson, fu durante l’ultima stagione posto in un piedestallo assai troppo elevato, perchè possa reggervisi senza il puntello magico del suo abile impresario. Mapleson invero continua a sostenerlo; ma v’ha seriamente a temere che la maggior forza, ora necessaria all’ufficio, sia per mancargli. Ai Zeffìri stanno per succedere gli Aquiloni! Intanto il Mapleson ha scritturato per la prossima stagione di Londra un nuovo tenore nella persona di Aramburo, al quale è riservato il piedestallo del Campanini. Le altre opere rappresentate a Dublino sono la Sonnambula e il Flauto magico, in entrambe le quali venne calorosamente applaudito il tenore Bettini. Voi sapete come la Sonnambula sia l’opera della Marimon; e infatti l’exstella di Mapleson ricomparve in quell’opera in tutta la sua bellezza, e venne entusiasticamente ricevuta. «Menzione onorevole» è accordata alla Bauermeister e all’Agnesi. Il signor Bettini avendo attratto la maggiore attenzione, tolgo da un giornale locale - V’Tris Times — il giudizio che ne dà: «Il Bettini, che non aveva cantato in Dublino da due anni, si è ripresentato per la prima volta nella parte d’Elvino, e ne cantò la musica nello stile squisito suo proprio. Egli fu semplicemente perfetto. La sua magnifica voce, la meravigliosa esecuzione, ed i meravigliosi tours de force lo proclamarono il più gran tenore delle scene liriche. La maniera, con cui declamò il famoso «Tutto è sciolto» e il non meno famoso «Ah! perchè non posso odiarti» fece cadere una tempesta d’applausi, rese necessaria una replica e lo portò per tre volte agli onori del proscenio, chiamatovi da un pubblico festante. Anche il signor Gye ha fatto già varie nuove scritture, fra le altre quella del tenore Gulli, e del baritono Collini. Grandi notizie giungono dall’Australia. In quelle remote regioni della terra va prosperando una compagnia italiana di canto, la quale attrae seralmente il fiore della città di Melbourne. Fra le opere rappresentate, quelle di Verdi primeggiano, ma non fanno difetto quelle di Meyerbeer. Melbourne è la capitale della colonia di Vittoria, e aspira a rinomanza musicale. E colà in corso di formazione una scuola di musica sul modello della Regia Accademia di Musica in Londra. E morto non ha guari in Melbourne Giovanni Russel fondatore di varie società filarmoniche.

BERLINO, 2 ottobre. Aneddoto imperiale — Messa funebre russa in Berlino — Catastrofe d’un’accademia famosa — Z’Ermione di Max Bruch — Spettacoli annunziati. Il mio pregiatissimo collega viennese, rendendo, in una delle sue ultime lettere, grazie a Domeneddio per aver riportato dal teatro delle feste imperiali l’integrità di tutti i suoi membri, si mostrò titubante di porre le mani nella mia pasta nel raccontare alle leggitrici i particolari del convegno memorabile degli imperatori. Gli perdono di cuore questo delitto terribile, avendo T intenzione di prendermi la rivincita appena se ne porga T occasione (forse all’esposizione viennese) ed aggiungo al suo cenno ed al mio un aneddoto curioso che ho taciuto T altra volta. Mentre era qui lo czar di Russia, cadde T anniversario della morte della madre sua, perciò T imperatore si fece eseguire la messa funebre nel rito greco dai quattro migliori cantori del nostro duomo imperiale, naturalmente in lingua russa. I detti cantori erano buoni berlinesi, ma, usi a cantar spesso in questa lingua poco melodica nella cappella grecorussa dell’ambasciatore russo, cantarono superbamente, sicché T imperatore fu commosso alle lagrime. Il suo cancelliere del regno, principe di Gortschakoff, intese cun stupore gli esecutori ed usci finalmente a dire: «per bacco! essi cantano meglio di quelli della cattedrale d’Isacco in Pietroburgo!» La ricompensa per questo servigio solenne fu veramente imperiale; i cantori ebbero 50 ducati per uno, ed il direttore un anello d’oro massiccio con pietra preziosa del valore di oltre 600 talleri. Anzi il nostro intendente imperiale dell’Opera, conte di Huelsen, ebbe dallo stesso imperatore una tabacchiera d’oro magnifica, smaltata d’azzurro, con sopra una corona di brillanti di gran prezzo. Gran danno che il caro intendente non ne possa far uso — è nemico implacabile del tabacco. Devo, parlarvi ancora della famosa accademia fondata dal ricchissimo Jacoby, inventore della Bevanda Regia. Quest’accademia, sotto la direzione di quella cima che è il conte Tyskiewicz e sotto l’influenza principale d’un uomo oscuro e pieno d’intrighi che risponde al nome di Carlo Fuchs, ha trovato la sua morte in maniera curiosa o per meglio dire trista. Il Fuchs col Tyskiewicz trattarono il benigno Jacoby (il quale sebbene non avesse la minima idea di musica, almeno l’amava con entusiasmo e se ne faceva mecenate) in maniera da ridurlo intero in loro potere. Non è molto ebbero dallo Jacoby il compenso trimestrale per i maestri dell’istituto, ma quei signori preferirono farne proprio uso, sicché i maestri poveri non ottennero un quattrinello per le loro pene e fatiche. A questo si aggiunge che il Fuchs mise tanto in collera il Jacoby colle sue cabale, ed in maniera cosi indecente, che il fondatore eseguì il seguente piano del selfgovernment. Fece schierare tutti gli operai della sua fabbrica di «Bevanda Regia,» li armò con grossi bastoni, manichi di scope e attizzatoi (tutto autentico!!) poi fece con i bizzarri militi il pellegrinaggio in treno chiuso alla casa, da lui affittata per l’accademia; quando al pomeriggio vennero i maestri e gli scolari trovarono gli operai che avevano occupato l’istituto. Finalmente il Fuchs venne col Tyskiewicz nella buona intenzione di aprir agli aspettanti le porte delle stanze — ma appena venuti, fu loro attribuito il compenso meritato in forma di bastonate di buon peso. È notabile che il direttore seppe serbar intatte durante la cerimonia le massime del wagnerismo, e a rendere questa scena simile in tutto al finale dell’atto secondo dei Maestri cantori di Wagner, il Fuchs fra i dolori cantò tutti i motivi dei calzolai e sarti, e specialmente con vero slancio «il motivo delle bastonate» del Beckmesser. Il Tyskiewicz ed il Fuchs ritiraronsi, tosto che fu loro possibile, con vergogna, lasciando un «memorando stampato» che narra con ingenuità primitiva questi fatti, e fa cosi immortale la loro gloria. Allo Jacoby il mondo deve rendei* grazie d’aver messo da parte questi due individui, i quali non ebbero altro ideale che avvilire l’arte musicale ed ingannare il mondo coi loro teoremi ridicoli. La brutta figura che hanno fatto quei giornali, principalmente l’organo del Berliner Tonkuenstlerverein, che vantò e glorificò sempre il Tyskiewicz, il Fuchs e le loro massime. Essi si hanno dato in perpetuo una magnifica patente di miopia artistica. Pochi giorni fa YErmione di Max Bruch servi alla prima rappresentazione della stagione, e giustificò di nuovo il merito puramente musicale dell’autore, e mi spiace dirlo, la sua inettitudine drammatica. Come già vi dissi, il Bruch è antagonista risoluto della scuola neo-tedesca; però vuol tentare di rinfrescar le tinte impallidite ed ampliar le forme drammatiche senza le audacie del riformatore Wagner. Tutto ciò starebbe benissimo, se non cascasse da Cariddi a Scilla! Quando si scrive un’opera drammatica nell’intenzione che piaccia al pubblico si ha dovere principale di curarsi che almeno qualcosa sia del gusto del pubblico. È veramente gran danno di questo spartito, il quale dal lato della forma è fra i migliori che da gran tempo siano stati sul leggio del direttore d’orchestra. Le novità della stagione ventura saranno la classica Medea di Cherubini, vero modello d’opera, poi il famoso Ratto del serraglio di Mozart, la magnifica opera di Verdi Un Ballo in maschera, e finalmente (si dice ma noi credo) Il Vascello fantasma di Wagner. La Mallinger non può venir fra noi prima degli ultimi giorni del dicembre, avendo sottoscritto fino a quel [p. 342 modifica]’344 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO tempo il contratto coll’impresario Merelli per cantar in Pietroburgo, e non volendo imitar la capricciosa sua collega. Cosi staremo un pezzo senza prima donna. Nella settimana ventura esordirà una giovane polacca, in sostituzione della Lucca, Wanda di Bogdani che ha fatto i suoi studii in Parigi. Ora fa il debilito nell’opera nostra lo Schott da Monaco, del quale vi dirò un’altra volta. Si minaccia un’onda di concerti di virtuosi d’ogni cotta. La maggior curiosità è ispirata dall’impresario Ullmann, il quale annunzia che dopo il concerto sarà eseguita «une comédie française»: Après nous le déluge A R 0. BOLOGNA. Ci scrivono: — 11 Mosè al teatro Comunale fu un vero trionfo, ■nei’ la musica, che è cosa sublime, per l’esecuzione che non poteva essere migliore. Gl1 interpreti erano la brava signora Ramirez Roldan, una giovine artista elegante, che si serve a meraviglia di una bellissima voce, il basso David, FAldighieri e il Patierno, tenori di gran vaglia, la Cellini-Azzoni e la Bellot. Tutti gareggiarono di valentia e furono applauditissimi; i pezzi che destarono maggior entusiasmo sono: il quartetto a voci sole del l.° atto, il duetto fra Patierno ed Aldighieri nel 2.°, che fu fatto ripetere, il grandioso finale del 3.° ed il Rondò della Ramirez nel 4.°. Buona messa in scena, cori eccellenti, somma l’orchestra col sommo Mariani. MONTAGNANA. Splendido esito ebbe il Ballo in Maschera cantato stupendamente dalla Missorta, e dal tenore Lamponi, discreti gli altri. ODESSA. La Traviata fu occasione di lietissime accoglienze alla Massini, al tenore Cantoni ed al baritono Giannini. LIPSIA. La prima rappresentazione dell’Amleto di Thomas fu un grande avvenimento -, il successo però non corrispose all’aspettazione. A stare al giudizio dei giornali, il libretto manca di spirito e di coesione e la musica accurata e levigata, è vuota d’ispirazione e di colore e di tal natura da dover ingenerare la noia. BARCELLONA. Al teatro Principal ebbe luogo una pessima rappresentazione della Lucrezia Borgia; la signora Carozzi e il basso Uetam si fecero applaudire ma non riuscirono a scongiurare il naufragio. Il Faust di Gounod fu al contrario assai bene eseguito dalla signora FitéGoula, dal tenore Vincentelli, dal baritono Butti e dal basso Uetam. BRUGES. L’Ebrea d’Halévy fu eseguita con buon successo, ma dinanzi ad un pubblico scarso, per inaugurazione della stagione. OMBURGO. La splendida stagione si conchiuse colla Sonnambula; in quest’opera, che servì ai primi trionfi di Adelina Patti, la grande artista fu somma al solito. La commozione e il chiasso degli addii non si possono descrivere. NOTÌZIE ITALIANE Genova. Leggiamo nella Gazzetta di Genova: — Una novità ei va preparando il maestro cav. Bossola nella sala-concerto di cui dispone, cioè due operette appositamente scritte. La prima di esse s’intitola: Il grillo del focolare, del maestro Gallignani, del Conservatorio di Milano. La seconda ha per autore il maestro Luigi Venzano ed ha per titolo: La notte degli schiaffi. NOTIZIE ESTERE — Mosca. L’imperatore di Russia ha accordato al Conservatorio di Musica un sussidio annuo di rubli 2000 per cinque anni, così che T esistenza di questo stabilimento è intanto assicurata. Direttore del Conservatorio è Nicola Rubinstein. — Dresda. La Società corale, fondata nel 1847 dal defunto prof. Lòwe, celebrò il 5 e 6 ottobre il 25.° anniversario della sua esistenza; con canti, suoni, banchetti e balli. Tra i pezzi eseguiti citasi una grande composizione del direttore Guglielmo Sturm, intitolata: Il pellegrinaggio di Tannhauser a Roma, scena drammatica per assoli, coro ed orchestra. — Barcellona. Il festival del 1872 riuscì a meraviglia, non tanto per il concorso del pubblico, quanto per l’ottima esecuzione dei pezzi vocali ed istrumentali che componevano il programma. Il direttore signor Clavé diede prova di molta abilità. — Nuova-York. Carlotta Patti e Mario hanno dato a quest’ora parecchi concerti con splendido successo. L’Eco d’Italia così parla del 2.° e del 3.° «Il secondo concerto Patti Mario, datosi mercoledì passato alla «Steinway Hall,» ottenne un successo più splendido del primo, sia pel sempre maggiore concorso di spettatori che per l’inappuntabile esecuzione. La Patti nel «Caro nome «del Rigoletto ed in ogni altro suo pezzo che cantò con voce affascinante e con rara maestria, fu applauditissima e chiamata più volte all’onore del proscenio ed alla replica. Il Mario che era in voce, interpretò con forza e con quell’arte sublime che lo ha sempre distinto, la romanza del Faust e VAmoreux di Alary, che gli procurarono una clamorosa ovazione. La simpatica Cary si distinse moltissimo nel rondò degli Ugonotti e nel duetto del Trovatore col Mario. Furono poi festeggiatissimi la pianista Carreno, ed il Sauret concertista di violino. Venerdì sera la Patti, colla sua voce armoniosa ed insinuante modulò con passione e potenza la scena ed aria, Ah forse è lui, della Traviata di Verdi, come pure una ballata, scritta espressamente per lei, ed infine prese parte nel Trio del Don Giovanni di Mozart, con un successo straordinario: fu ripetutamente chiamata al proscenio e regalata di fiori. Il Mario nel duetto colla Cary, Mira la bianca luna, e nell’aria di Flotow nella Marta, si seppe valere con tanto effetto di quel poco di voce che gli è rimasta da suscitare l’entusiasmo dei suoi bei tempi. La Cary ed il Sauret, secondo il solito, riscossero unanimi applausi. — Nello stesso giornale, in data del 25* settembre, si legge: «Il primo concerto del più grande dei pianisti viventi, Anton Rubinstein, ha creato una rivoluzione in tutte le sfere musicali di questa metropoli, comechè lunedì sera assistettero allo straordinario spettacolo tutti i maestri ed artisti più o meno celebri del paese. Egli seppe superare immense difficoltà con tale facilità, esattezza, sentimento e forza da costringere gl’intervenuti a levarsi dai loro sedili ed irrompere in una entusiastica dimostrazione, che fu ripetuta alla fine d’ogni suo pezzo. Si ebbe fiori a iosa ed una corona d’alloro sovrapposta ad un ricco cuscino di raso, che per modestia ricusò di accettare. Piacque moltissimo il celebre concertista di violino Wieniawski, che si ebbe pure molti onori;: così furono acclamatissimi il soprano Liebhart e il contralto Ormeny. NECROLOGIE — Padova. Luigi Bortoloni, maestro di musica, morì a 61 anni. — Torino. Carlo Pagani, maestro di musica. — Vienna. Anna de Flotow, nata Theen, moglie dell’autore della Marta, morì il 25 settembre a 39 anni. — Nina Lamprecht, come cantante conosciuta sotto il nome di Lamberti, morì il 22 settembre a 32 anni. — Kiel. Schladebach, critico teatrale e musicale. — Brunswick. Schulz-Weida, compositore, autore di molti pezzi per pianoforte. — Oporto. Don Antonio José de Fonseca Paschoal, impresario del teatro Lirico. — Saragozza. Blas Pierrad, tenente generale, e valente professore di musica. — Dinant. Carlo Simonin, pianista, organista e compositore, morì a 72 anni il 26 settembre. Fin dal 1812, in età di 10 anni, diede a Vienna concerti; in quel tempo Moschelés cominciava la sua splendida carriera, gareggiando con Weber. — Pietroburgo. Il principe Giorgio Galitzin, esimio dilettante di musica, morì testé. Egli aveva consacrato la vita e gli averi alla formazione di un coro di cantori russi, che dirigeva egli stesso, e eoi quali fece udire in molte città d’Europa e perfino nell’America i canti nazionali moscoviti. — Anversa. Francesco Tillez, dilettante di musica, che cantò con bella voce di baritono in tutte le accademie filantropiche di Anversa. POSTA DELLA GAZZETTA Sig. Al... Fan — Piacenza. — N. 198. Assento il Direttore, nulla possiamo dirvi per ora. REBUS a a ssOsTN/Z VR t = V-A.— l-E

Quattro degli abbonati che spiegheranno il Rebus, estratti a sorte, avranno in dono uno dei pezzi enumerati nella copertina della Rivista Minima, a loro scelta. SPIEGAZIONE DELLA CHIAVE DIPLOMATICA DEL NUMERO 39: H cuore della donna è rare volte un’ara sacra; spesso è un focolare a cui si può scaldarsi in molti. Fu letta con esattezza dai signori: Alfonso Fantoni e G. Gregoletto, ai quali fu spedito il premio a cui hanno diritto. SPIEGAZIONE DEL REBUS DEL NUMERO 39: I contanti si fan strada. Nessuno lo spiegò esattamente. Editore-Proprietario TITO DI GIO. RICORDI. Oggioni Giuseppe^ gerente. Tipi Ricordi — Carta Jacob.