Gazzetta Musicale di Milano, 1872/N. 42

N. 42 - 20 ottobre 1872

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[p. 343 modifica]REDATTORE SALVATORE FARINA SI FTJBBLICA OGNI DOMENICA Al presente numero è unito il N. 20 della Rivista Minima. BIBLIOGRAFIE Le mie memorie artistiche di Giovanni Pacini continuate dall’avvocato Filippo Cicconetti. Il Pianoforte, i suoi cultori e la sua Missione - memoria di Alessandro Kraus. Nuovo Sistema di notazione musicale proposto da Antonio Aloysio. Un libro di memorie è sempre il benvenuto sul mio tavolino; a me non uscirà mai di bocca quell’ironia con cui molti credono dover porre un argine, senza troppo sapersi dire perchè, alla inesausta fecondità di memorie. La qual fecondità si spiega col fatto che mentre pochi hanno l’abilità di scrivere un cattivo libro, tutti possono scrivere le loro memorie, le quali, aggiungo del mio, non saranno mai un cattivo libro. Chi dice ciò che ha provato, ciò che ha pensato, ciò che ha sofferto e visto coi propri occhi, anche se tira calci alla grammatica, trova sempre la forma migliore per commuovere, per trattenere chi legge. E siccome dopo tutto i sentimenti di chi mi piglia la misura per farmi le scarpe non differiscono tanto dai miei che io non vi riconosca parte di me stesso, e l’insegnamento che deriva dallo spettacolo di un cuore che ha la compiacenza di porsi allo scoperto non si trova in tutti i libri dottissimi, classici o romantici, cosi se al mio ciabattino venisse in mente di pubblicare le sue impressioni, a partire dal primo taccone, passando per la prima risuolatura, fino all’ultimo paio di stivali alla scudiera, mi sto garante che sarei io il suo primo lettore. Quando poi chi scrive le proprie memorie è un letterato che ne ha passato di crude e di cotte, o un uomo politico che si è fatto largo a spintoni, cadendo e rialzandosi, ricevendo e dando il gambetto, come è costume, o un artista che’ ha sognato la gloria e ei è arrivato, ed ha visto che non metteva il conto di far tanto cammino, la cosa si fa doppiamente interessante ed istruttiva. Piace sopra tutto vedere per quale via l’arte abbia svelato all’artista i suoi segreti, le baldanze succedute agli accasciamenti, gli entusiasmi fecondi dell’emulazione e del trionfo e gli scoramenti d’una caduta; e in qual modo le opere che ei hanno fatto battere il cuore abbiano fatto battere il cuore di chi le concepiva, e le lagrime che costò il trionfo di cavarci dal labbro un sorriso, e la gioia immensa d’averci posto in dosso la melanconia con una pagina, con una tela, con una frase musicale. Ma perchè tutto ciò avvenga, è condizione indispensabile che le memorie siano scritte in prima persona; le memorie di Pacini scritte dall’avvocato Cicconetti sono per me un controsenso, come il dire la respirazione dell’avvocato Cicconetti fatta dal suo primo giovine di studio; e suppongo l’ipotesi migliore, cioè che il primo giovine di studio dell’avvocato Cicconetti abbia buoni polmoni, chè per me è tutt’uno. Non dico ciò per fare un carico al continuatore di queste memorie^ ma per lamentare che Pacini non abbia potuto vivere abbastanza per continuarle egli stesso. - In questa seconda parte dell’avvocato Cicconetti, ei è molta cura, molto scrupolo di verità, una forma assai più elegante e letteraria che non nella prima, ma manca l’io, sparisce l’individualità dello scrittore di memorie e vi sottentra quella del narratore; è scritto memorie, ma bisogna leggere biografia. — Ora, regola generale, altrettanto sono belle ed utili le memorie, anche quando sono brutte, altrettanto sono noiose ed inutili le biografìe, anche quando sono belle. Nel caso dell’avvocato Cicconetti la cosa cambia aspetto; egli ha voluto compiere coi materiali raccolti l’edifizio incominciato dal povero Pacini, perchè bene o male avesse un tetto ed una gronda; e vi è riuscito benissimo. Non sono memorie, ma è una biografìa che conchiude un libro di memorie, ed è scritta con quel garbo che all’avvocato Cicconetti ha già fatto buona riputazione in cotai genere di lavori. Lo scrittore si attiene modestamente all’ufficio di raccoglitore di avvenimenti e di date, e se indaga l’animo dell’illustre defunto, lo fa con parsimonia, senza quella pompa d’intimità che della maggioranza dei biografi fa una generazione viva che regala del suo ad una generazione morta. ’ [p. 344 modifica]346 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO Se tutti gli accademici del R. Istituto Musicale di Firenze hanno la buona abitudine di star attenti quando un loro collega pronuncia un discorsetto (la qual cosa entra nel campo delle ipotesi più arrischiate), non devono avere trovato il tempo molto lungo quando parlava il signor Alessandro Krauss. Codesto signore ha la fortuna, oratoriamente parlando, di non essere italiano, e di non sapere, se anco volesse, adoperare lo stile pomposo, gonfio, a paroioni, a riboboli, a contorcimenti, dell’arte oratoria, che è una beatitudine per chi lo adopera ed uno spasimo atroce per chi deve seguire il filo delle idee arruffato con magniloquenza sopraffina. Il signor Krauss domanda da principio scusa del suo cattivo italiano, che non è cattivo, e fa il discorso accademico come farebbe la chiacchierata intima, alla buona, pensando a dire le sue idee come gli vengono meglio. Ei non s’affanna a tirare indietro i verbi od i gerundi! per trovarseli sotto mano alla fine d’un periodo, e far stupire gli uditori i quali avevano forse immaginato che li avesse perduti — nel che consiste il massimo pregio d’un discorso veramente accademico — ma mette fuori le parole dietro al pensiero, condisce le sue idee coi motteggi, divaga nell’aneddoto, fa insomma tutti i suoi comodi oratorii, tranne quello di seccare il prossimo il quale deve ascoltarlo o farne le finte. Il tema ch’egli tratta in questo discorso, Il Pianoforte, i suoi cultori e la sua missione, gli offre campo a riuscire interessantissimo. In poche pagine ei dà la storia del formidabile strumento, ei parla delle trasformazioni per cui passò il monocordo fino ad essere il moderno strumento di tortura su cui si esercitano tutte le ragazze che aspettano marito, enumera i sommi pianisti, le loro scuole, le fabbriche antiche e moderne e trova modo ogni tanto di dar ottimi consigli a quelli che bazzicano su per le tastiere. E un discorso accademico che si legge d’un fiato, la fenice dei discorsi accademici. Il signor Krauss ha però qualche volta delle opinioni curiose che io non vorrei accettare ad occhi chiusi. Non so resistere alla tentazione di riprodurre un suo strano confronto tra pianisti e pittori, sul quale io non avrò mai meditato abbastanza: «Frescobaldi è il Cimabue del piano; Scarlatti ne è il Salvator» Rosa; Handel ne è il Beato Angelico; Giov. Seb. Bach ne è» il Giotto, e la reazione che si fa attualmente in suo favore» porta gli stessi risultati come se si ritornasse alla maniera» del pastorello di Vespignano; Fil. Emmanuele Bach ne è il» fra Bartolomeo; W. A. Mozart ne è il Raffaello; Clementi ne» è il Vasari; Haydn ne è il Perugino; Beethoven riunisce alla» forza di Michelangiolo la potenza di composizione di Kaulbach» e F inesauribilità di Orazio Vernet; Weber ne è il Tiziano;» Dussek il Domenichino; Wolfl ne è il Livio Mehus; Kummel» il Van Dyk; Pollini ne è il Lodovico Caracci; Moscheles TA1» berto Dureo; Field ne è il Simone da Pesaro; Cramer ne è» l’Overbeck, freddo e corretto; Mendelssohn ne è l’Holbein;» Chopin il Murillo; Schubert ne è il Leonardo da Vinci; Schu» mann nè il Giudo Reni, e la sua Consorte Clara Wiek ne è» la Virginia Lebrun; Meyerbeer ne è il Cornélius; Thalberg» è chiaro e limpido come Claudio di Lorena; Liszt rassomiglia» a Rubens, accoppiato a Lorenzo Monaco; Adolfo Fumagalli» ne è il Pierino del Vaga, e Carlo Taussig il Giuliano Bugiar» dini. Più di uno si potrebbe paragonare al Calott, e la mag» gior parte dei moderni pianisti sono come i pittori di genere,» graziosi, ma spesso meschini e barocchi». Non passa anno che non apparisca un nuovo sistema di notazione musicale per facilitare la lettura e l’esecuzione «della musica». Di siffatti sistemi nuovi ve n’ha che sarebbero ora assai vecchi, se, dimenticati appena messi al mondo, non fossero piuttosto come morti o come non nati. Il signor Aloysio non si fa illusioni, e questo è già qualche cosa; si direbbe che egli ha un lontano sospetto della sorte che attende il suo sistema e siffatto scetticismo onora il suo criterio. E badate che non dico che la proposta del signor Aloysio meriti di essere trascurata, tutt’altro; convengo aneli’ io che il rigo, le note negli spazii, sulle linee, e i tagli suppletorii sopra e sotto il rigo, e gli accidenti in chiave e le chiavi danno molto da pensare a tutti quelli che vogliono mettersi in grado di strimpellare sul pianoforte otto battute in tempo di tre per quattro; e mi pare che si potrebbe trovare qualche cosa di più semplice, e che il signor Aloysio abbia per lo meno assai ingegnosamente cercato; ma è tutt’uno, non se ne farà nulla. Quel benedettissimo rigo se ne impipa, gli accidenti non spariranno dalla faccia della terra, e le sette chiavi faranno sempre la loro brava figura di castellani in quell’edifizio medioevale. Perchè? Non è facile dirlo. Di perchè ce n’ha parecchi. L’abitudine, la immediata trasformazione di tutt’i maestri o di quelli che si credono tali in scolaretti per apprendere un nuovo sistema, e il rogo di tutta la musica stampata esistente e la sua necessaria trasformazione a benefìcio dell’avvenire; tutto ciò è grande ostacolo. Vi è di più. Avrete sentito più d’una volta porre fra le utopie il desiderio d’una lingua universale; supponete che si riuscisse ad introdurla, (e che non si trasformasse nei varii paesi col tempo tanto da non riconoscersi); e che qualcuno proponesse di sostituire alla lingua universalmente parlata un’altra più facile e più chiara; il cambio sarebbe altrettanto diffìcile come è oggi l’introduzione d’una sola lingua per tutti. Ora ciò che per la lingua è un’utopia, in musica è un fatto compiuto; la musica, come è scritta, cantata e stonata in Italia, è scritta, cantata e stonata in tutto il mondo civile. Trasformare il linguaggio musicale è impossibile, e si correrebbe il rischio di non ottenere altro se non la varietà dove è ora l’unità. Ed ecco in che sta l’utopia dei riformatori, i quali del resto sono da lodare se spendono il loro ingegno a porre il germe d’un’idea, che può forse dar frutti in un avvenire lontano. Nè il signor Aloysio nè altri avrà però la soddisfazione di assistere al trionfo dei loro sistemi — e neppur io! p. p’ARINA. Varietà Bizzarre cose accadono nel Belgio per il sistema di scrutinio con cui si accettano o si respingono dagli abbonati gli artisti che devono cantare in una stagione. Ad Anversa testé accadde che gli artisti respinti dovettero riapparire un’ultima volta negli Ugonotti e furono accolti con vivi applausi. E fu vista una prima donna piangere. A volte avvenne che il pubblico, dopo aver votato contro artisti buoni o mediocri, si accontentò in fine di altri men che me [p. 345 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 347 cliocri o pessimi. Quel sistema adunque, che a primo aspetto pare ottimo, non ha altro vantaggio se non di sopprimere fino a un certo punto le indecenti disapprovazioni in teatro, ma diventa più ingiusto, più capriccioso e più impotente del nostro, dando una sconfinata autorità al pubblico, il quale spesso non sa servirsene. Rivista Milanese Sabato, 19 ottobre. Compio anzi tutto il mio dovere di cronista segnalando la seconda apparizione della Galletti nella Favorita; folla, applausi, entusiasmo, estasi paradisiaca, il tutto come alla prima, e come alla terza, se pure ei sarà una terza, chè le evoluzioni di questa stella canora non sono regolate da leggi fisse. Gli astronomi che sanno meglio il loro conto, recitano tutte le sere il rosario per vedere di commuovere qualche santo. Ma affisso è inesorabile come una sfinge; tutti i giorni apparisce alle cantonate e non fiata verbo di Favorita. Quelli che trovano un conforto ai disinganni della vita in un passo a due, o in una variazione od in un gran ballabile, domani sera avranno per la prima volta il nuovo ballo II sogno d’un Visir. Un Visir coreografico non dovrebbe fare che sogni leggiadri. Possa il pubblico trovarli tali!... Se la Favorita, per combinazione... dico per dire... non ei favorisse più, (chi non mi lapida per l’ipotesi mi lapida pel bisticcio) avremo quanto prima la Corinna del maestro Rebora, una novità buona per aguzzare l’appetito, ed il Trovatore, un vecchiume che molte volte fa digerire le novità. Ma qui non è il caso, prima di tutto perchè del maestro Rebora e della sua opera si dice un mondo di bene, e poi perchè il Trovatore verrà prima della Corinna. Della Maria di Rohan al Carcano non se ne parla più; ora ei è di meglio, la Traviata, colla signora Demi, col tenore Villa e col baritono Viganotti. La signora Demi è sempre la valente artista che abbiamo applaudito tante volte; la parte di Violetta trova in essa un’interprete piena di passione, di brio e di eleganza. Viganotti si fe’ molto applaudire nella sua breve parte, ed a ragione, chè cantò i suoi due duetti con molto sentimento. Anche il tenore Villa è una vecchia e cara conoscenza del pubblico milanese; la sua voce è un pan di zuccherò, e il suo canto sciroppato ha sinceri ammiratori. Io mi porrei schiettamente * fra questi, per poco che nell’amare Violetta, la quale infine è una simpatica donnina, ponesse un po’più di passione. Se la memoria non m’inganna ho udito già il Villa nel Ballo in maschera e mi parve che sulle tavole del palcoscenico del quondam Politeama si trovasse più a suo agio. Dia retta, non si pigli tanta soggezione del pubblico, il quale, se* anche non ne ha sempre l’aria, è un buon padre nobile da commedia ed ha caro che i tenori dotati di bella voce la mettano fuori senza tanti complimenti. Anche il teatro Carcano ha le sue novità, e continua ad annunziarle fedelmente: la Reginetta e il Davide Rizzio. La Reginetta sarà posta in scena dal suo autore, il maestro Braga, ed avrà ad esecutori la Demi e Viganotti. Una delle passate sere fui invitato a vedere un fenomeno al Carcano. A me i fenomeni non fanno nè caldo nè freddo; e quando la Natura si mette a rompere le regole divento schizzinoso più del solito; ma il fenomeno del Carcano mi ha fatto veramente stupire. È un pianistino alto tre spanne, che suona come se ne avesse sei o sessantasei. Si chiama Benedetto Palmieri; non fa pompa soltanto di dinoccolamento delle dita, la suprema arte di molti pianisti, ma di sentimento, o di intenzioni di sentimento, il che è certo qualche cosa... ad otto anni! Le novità drammatiche si succedono e non si assomigliano. Si paragoni di grazia la Nella in versi del signor Interdonato alla Principessa Giorgio in prosa, di Dumas. — I due poli letterarii — il giovine poeta siciliano non sa uscire dalla zona torrida delle metafore, dove luccicano le stelle, la luna, e dove, aimè, si fa l’amore in versi sciolti — e Dumas è entrato nella zona torrida del cuore umano. Il confronto, lo dico subito per non lasciar luogo a dubbi, è tutto a danno dell’Interdonato. La sua Nella è una buona figliuola, un po’romantica, un po’sospirosa se vogliamo, ma non mai in ribellione alla decenza letteraria; con tutto ciò non mi ha piaciuto moltissimo e non ha cresciuto un ette alla stima che aveva per l’ingegno dell’autore. Il pubblico è stato generoso d’applausi; ha chiuso un occhio sulla povertà dell’ordito, sulla semplicità trasparente del tessuto, sui caratteri che appartengono al mondo rettorico, per non vedere che l’armonia del verso,.le immagini vive, i colori fantastici. Tutto questo però si trovava già nei precedenti lavori dello stesso autore, nè forse meno bene, nè in minor copia. Ciò che l’Interdonato non ha dato ancora al pubblico, che pure lo ha tanto applaudito, è un lavoro virile, serio, con nervi, sangue e muscoli, con un concettp che abbia qualche cosa di nuovo, con caratteri più veri e passioni meno verbose. Ci pensi l’Interdonato se vuol far tacere l’eterno ringhio della critica, assai più fatale quanto è più sordo, e se vuol prendere posto fra i veri autori drammatici. Un’altra novità in versi sciolti (oh! l’epidemia dei versi sciolti!) ce l’ha data Vittorio Salmini al Re nuovo ed unico. S’intitola Lorenzino dei Medici, ed ha, oltre i pregi della forma, secondarii in un lavoro scenico, quelli dell’intento ottimamente ottenuto. È una pagina storica vera, posta in scena con passioni vere e con caratteri vigorosi. Un’altra novità ei ha dato il teatro Milanese; ed è La festa di San Luguzzon del Cima. Questo lavoretto piacevolissimo fa passare allegramente la sera, ed ebbe a quest’ora più volte l’onore della replica. L’annunziato concerto della pianista Nina De-Villard allo stesso Teatro non ebbe luogo; fu un avvenimento impreveduto ed irrimediabile, peggio che una storta o un’infreddatura. Giudicatene voi: all’ultimo momento mancò.... il pubblico!: -Ep ALLA RINFUSA V Il giornale l’Arpa di Bologna, rammentando il disegno di erigere in Arezzo un monumento europeo a Guido Monaco, l’inventore delle note musisicali, ei apprende che il municipio di Arezze ha con grandi spese preparato la via e la - piazza in cui il monumento dovrebbe sorgere. Manca però il concorso europeo sperato; le somme raccolte finora non bastano a far cosa degna del grande intelletto. Noi uniamo la nostra voce per eccitare i musicisti di tutti i paesi a concorrere a quest’opera e preghiamo i nostri confratelli del’Pestero di farsi apostoli della generosissima idea. Leggiamo nella Revue et Gazette Musicale che, oltre le due Regine, che non è propriamente un’opera, Gounod ha promesso al teatro Italiano un’opera italiana in 3 atti, a cui lavora da qualche tempo. Questa ghiotta novità sarà rappresentata, pare, nella corrente stagione. V- Furono ripresi i lavori del carillon di Sain-Germain-l’Auxerrois, incominciati da 15 anni ed interrotti durante la guerra. Sono 40 campane in tutto, che percorrono cromaticamente oltre 3 ottave; la più grossa pesa 2,000 chilogrammi, 20 la più piccola.

  • Dalla statistica della popolazione di Milano nel 1872 risulta che 1350

persone ricavano la loro sussistenza dai teatri. V Il Corriere Campano dà la notizia che il Consiglio Comunale di Casapulla ha votato una medaglia d’oro al maestro Pietro Musone, nativo di quel Comune e ciò in seguito allo splendido risultato del suo spartito Camóens dato non ha guari sulle scene del teatro Mercadante in Napoli. E poiché si parla del maestro Musone, sapete che cosa fu dato a credere alla Espana Musicali che l’autore del Camóens non è altri se non.. S. M. Don Fernando dé Portugal ’!! > Il matrimonio della signorina Augusta Tamberlik, figlia al celebre tenore, col dottore Golizowski, professore d’oculistica, ebbe luogo giorni sono a Parigi. [p. 346 modifica]

■ 348 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO

  • A Palmanova fu testé eseguita in duomo una nuova messa del maestro

Corrado Cartocci, che vediamo lodata dai giornali.

  • Il nostro egregio confratello L’Arpa di Bologna è entrato nel ventesimo

anno di vita. Un amico ei avverte essere inesatto che le inondazioni abbiano fatto rovinare il Teatro d’Intra. Tanto meglio; e se una retifica fatta con piacere può puntellare in qualche modo un teatro, quello d’Intra non crollerà in eterno. H; I i s J! La città di Santiago (Chili) fa ricerca d’un pianista di talento comprovato per affidargli la direzione del Conservatorio di musica. collo stipendio annuo di lire 4000. Garantisce inoltre una clientela che può fruttare quattro volte tanto. I concorrenti, e saranno certo più d’uno, si rivolgano all’uffizio del giornale La Revue et Gazette Musicale a Parigi.

  • Il nuovo teatro Wagner a Baireuth farà stupire il mondo. I lavori

sono incominciati e condotti innanzi operosamente; le fondamenta sono colossali; e sotto il palco scenico si approfondiranno ben sessanta piedi, per lasciar spazio ai meccanismi!!!

  • Lieto esito ebbe la Lucia a Liegi’.

Il rinomato pianista-compositore Stephen Heller, dopo un soggiorno di tre mesi nella Svizzera, è ritornato a -Parigi.

  • Liszt ha lasciato Weimar per recarsi a Pest, passando da Bayreuth.
  • Il celebre Bilse, i cui concerti a Lipsia chiamano gran folla, festeggiò

il primo ottobre il 30.° anniversario della formazione della sua famosa orchestra.

  • Flotow ha perduto testé la moglie e si è ritirato in una piccola fattoria

di sua proprietà presso Vienna, dove, mescendo l’utile al dolce, coltiva i suoi campi, cura i bestiami, ha le sue bravi patenti di lattaio e.. compone della musica.

  • La Società Tonic sol-fa di Glasgow, che conta oltre 400 membri cantori,

ha posto allo studio tre oratori! di Handel non mai eseguiti colà: Isra eie, Atalia et Betsassar. ¥ Il nuovo teatro di Breslavia fu inaugurato cogli ’Ugonotti. 4 Si assicura, dice il giornale Le Menéstrel, che Offenbach ha firmato con un Barnum americano il famoso contratto, di cui si è tanto parlato. Il maestro si terrebbe il carico di dirigere l’orchestra per cento rappresentazioni delle sue opere in America, al prezzo di 5000 franchi l’una Si assicura... dunque non sarà vero! Il comitato del famoso Giubileo di Boston ha determinato di cedere l’enorme colosseo all’impresario Gilmore pel tenue prezzo di 30,000 dollari; e c ò in considerazione del disinteresse di cui il signor Gilmore diè prova al tempo del festival. Quell’edifizio aveva costato un milione. Quanto al deficit prodotto dal festival pare che sia di 120,000 dollari, pari a 600,000 lire!

  • L’Agenzia Teatrale Lamperti coi primi d’Ottobre venne trasferita

S. Giuseppe, N. 10. in via merito del Maurel ch’è applaudito ad ogni frase e si palesa davvero un attore — cantante di prim’ordine. Il ballo è stato ridotto ai minimi termini, ma si continua a darlo dopo il second’atto dell’opera per far dispetto all’opinione pubblica, la quale ha chiesto in tutti i modi che si rappresentasse l’opera tutta di seguito. Per un paio di sere questo voto generale fu soddisfatto; poi prevalse la volontà delle ballerine e si ritornò all’antico sistema. E notate che il conte Pianciani, capo della democrazia romana, fa parte della Deputazione teatrale, anzi è il fac totum del palco scenico! Questo è il rispetto della democrazia per le volontà popolari! A proposito dell’Apollo non si può a meno di rammentare gli articoli del famoso cronista della Libertà il quale è un buon ragazzo, ma qualche volta ne dice di marchiane. Figuratevi che nel suo entusiasmo pel Marchetti (pel quale ho anch’io grandissima stima) lo proclama oggi il primo dei maestri italiani che abbia rotte le tradizioni del Convenzionalismo. Senza parlare della Lucrezia Borgia e di altre opere del Donizetti, nè del Guglielmo Teli di Rossini, nè del finale ultimo della Norma, senza suscitare la questione se questo convenzionalismo abbia ricevuto il primo colpo mortale prima o poi, ei vuole una bella sicurezza per attribuire al Marchetti il merito di averlo distrutto. Dunque anche il Rigoletto e la Forza del Destino, per esempio, opere anteriori al Ruy-Blas, erano schiave del convenzionalismo? Il Marchetti sarà il primo a ridere di questi giudizj stravagantissimi del suo amico Carocci, cronista della Libertà. E dopo ciò non deve recarvi meraviglia che lo stesso cronista abbia scritto che il Bulterini fu scritturato all’Apollo per far piacere alla casa Ricordi, la quale voleva assicurarsi a spese dei romani, se il futuro tenore del Don Carlos e dell’Az’tZa al San Carlo di Napoli fosse ancora indisposto oppure ristabilito. Quest’asserzione del buon Carocci ha avuto un successo di ilarità. Per sabato è annunziata la prima rappresentazione della Mignon del Thomas. Qualunque pronostico sarebbe inopportuno, trattandosi di un’opera nuova per Roma, e di artisti, per la maggior parte, ignoti al nostro pubblico. Al teatro Valle la stagione musicale procede mediocremente e si avvicina al fine. Fra breve avremo su queste scene la compagnia Meynadier, la quale probabilmente ei farà udire le solite operette, dalle quali Dio scampi e liberi ogni fedel cristiano. I» lì wkr CORRISPONDENZE ROMA, 17 ottobre. Ho gioni Sventure teatrali dell’Apollo — Entusiasmo d’un cronista. aspettato a scrivervi che fosse tornata la calma nelle redei nostro teatro Apollo, dove mentre le cose parevano bene avviate ed io nella mia precedente corrispondenza intuonava Yhosanna, improvvisamente oscuravasi il cielo e.... giù indisposizioni a catinelle, insomma un vero diluvio di abbassamenti di voce, di tonasi ostinate e di altri consimili malanni. Io non vi farò la lunga e dolorosa storia di queste sventure tracheali; il teatro è rimasto chiuso per alcune sere, vale a dire fino a che non fu ristabilito in salute il baritono Maurel. Quanto al tenore Bulterini pare che la sua malattia non fosse tanto passeggera, giacché ha sciolto il contratto coll’impresario Jacovacci. Gli venne sostituito il Sani, che ha voce poco gradevole, ma sicura. Io lo aveva udito qualche anno fa a Firenze, ed è giusto il dire che ha progredito un poco nell’arte del canto. Ignoro se in tempi normali sarebbe stato accettato come tenore d’obbligo all’Apollo, ma nelle presenti circostanze il pubblico non poteva mostrarsi rigoroso senza esporsi al pericolo di veder nuovamente chiuso il teatro. D’altronde vi ripeto, il nuovo tenore se non è addirittura un Fraschini, è almeno sicuro del fatto suo ed intonato, e quest’ultima qualità è, sovra ogni altra, apprezzata qui a Roma. Cosi rattoppato, il Ruy Blas procede discretamente, anzi si può dire ch’è accolto con favore dal pubblico, sovratutto per IN’AJPOIuI, 16 ottobre. Carmosina al teatro Rossini — Promesse del teatro Nuovo — I Bue Foscari al Politeama — Il pianista Coletti — La nuova commissione teatrale — Promesse. Al Rossini preparano, come dicesi, V Ombra del Flotow, pertanto l’impresa credette ben fatto allestire in fretta l’opera Carmosina, che, come sapete, è il primo lavoro scritto dal Sarria quando non avea neanco,ventitré anni. Per molti era nuova, chè la Carmosina fu rappresentata la prima volta al teatro Nuovo sono ormai venti anni. Quanti ricordavano d’aver udito questo spartito attendevansi un esito felice, e questo manifestatosi franco nella prima rappresentazione, è anche andato crescendo nella seconda, e andrà forse aumentando più nelle seguenti. Quest’opera del Sarria è una di quelle delle quali può dirsi — sonvi di belle cose, — e l’autore appartiene di già al ristretto numero di compositori che sanno e possono scrivere musica capace di farsi ascoltare. Nella Carmosina fanno capolino è vero i difetti d’un principiante, ma v’han pure le qualità che mancano non di rado ai più avanzati nella carriera; difetti che perdonsi con lo studio, qualità che con lo studio non acquistansi così di leggieri. Gli applausi furono molti, comunque si trattasse di una riproduzione, moltissime le chiamate al maestro, ed io farò di menò di contarle, enumerando piuttosto i pezzi che mi sembrano i migliori e che sono: le due arie di D. Michele, il duetto fra D. Michele e D. Bernardo, la serenata di Meniello e il duetto fra Carmosina e Meniello. Molto altro v’è di buono [p. 347 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 349 ed il cattivo non manca. Gli artisti che eseguirono l’opera e specialmente il Savoia e l’Apolloni meritano diritto alla gratitudine del compositore. II teatro Nuovo spalancherà fra breve le sue porte con la Maria; l’impresario promette grandi cose e meriterebbe fortuna; ha scritturato tre discrete prime donne, tre tenori, tre baritoni e tre buffi, ma non so se gl’introiti possano pareggiare le spese. Il Beaucardé non ha ancora esordito al Politeama, e pare bisognerà attendere ancora, poiché quell’impresario è in cerca d’un basso, non avendo più voluto prestar l’opera sua egentilmente, come avea promesso, il De Passini. Abbiamo avuto invece i Due Foscari con la Pirola, col Parisotti e col Medica, che presentavasi per la prima volta al pubblico napolitano. La stupenda musica di Verdi fu alquanto sciupata; taccio della prima donna e del tenore che non potranno mai emergere in quest’opera che non si adatta ai loro mezzi, e vi dirò poche parole sul conto del baritono Medica, il quale fu molto applaudito; ha discreti mezzi, ma li rende un poco ingrati perchè appoggia assai alla gola i suoni, segnatamente quelli del registro medio. Non manca d’intelligenza ma è molto esagerato; allarga tutti i tempi, lega poco i suoni e li allunga più del bisogno. Dove si corregga di questi difetti il Medica, giovane come è, potrà essere tra non molto annoverato tra i valorosi artisti. Ferdinando Coletti, giovane pianista napolitano da tempo domiciliato a Roma, diede sere fa un’accademia al teatro dei Fiorentini, suonando negl’intermezzi degli atti il concerto di Hummel opera 85, un walzer di Chopin, e un suo componimento intitolato: Apparizioni fantastiche, capriccio-danza. Non mi dispiacque questo pezzo, grazioso e ben condotto; l’esecuzione poi del Coletti fu netta ed elegante. Siamo in sul finire d’ottobre, a mezzo novembre, dicesi, aprirassi il San Carlo, e non si è ancora pubblicato il prospetto di appalto. Il Municipio pertanto si è affrettato a nominare la Commissione teatrale che è risultata composta dai signori commendatore Lauro Rossi, avv. Giuseppe Martinelli, Giulio Cacaci, cav. Federigo Raffaele. Come vedete il commendatore Rossi fu riconfermato ed è una giustizia resa all’illustre maestro che nella scorsa stagione seppe tener bene a segno il Musella. Vedremo che saprà fare. Intanto, se è vero, quello che dicesi, si tratterebbe di ridare la Virginia del Mercadante, opera che fu applaudita da noi fin dal suo nascimento, ma che ora sarebbe un’imprudenza voler riprodurre. Una delle ragioni del gran successo che questa musica si ebbe fu lo stato miserando dell’autore, cieco, infermo. Ma la Virginia è una delle opere più scadenti dell’autore della Vestale e del Giuramento, e ripresentarla al nostro pubblico non mi pare conveniente. Il Trisolini fra giorni aprirà il teatro dei fratelli Grégoire; si rappresenteranno I Puritani eseguito dalla Repetto-Suardi, dal Fabbri, tenore, dal baritono Lenghi, con un basso il cui nome non ho bene a mente. Per debito di cronista debbo dirvi che il Musella si è recato a Roma, perchè avendo udito che il Bulterini era indisposto con un forte reuma, ha chiesto ed ottenuto da Jacovacci che l’egregio tenore fosse sciolto da ogni impegno al teatro Apollo, e poi lo condurrà seco perchè qui si ristabilisca completamente del reuma che lo tormenta. ^.CUTO. GENOVA, 16 ottobre. Teatro Paganini — Jone e il Num. 13 — Teatro Nazionale: Isabella d’Aragona — Teatro Doria: La Traviata. Dopo otto rappresentazioni del Faust e con sempre crescente favore, comparve sulle scene del teatro Paganini la Jone, spartito che, sino dal primo apparire nel 1858 su codesto massimo teatro, valse a stabilire rinomanza al suo autore. Di quest’opera che conta 14 anni di rigogliosa vita molto si disse, ed io stesso pochi mesi addietro e in queste stesse colonne ne tenni parola, per cui mi astengo dal ripetere il già detto. Se fossi meridionale e avessi i pregiudizi del volgo, dovrei certamente credere alla fatalità del num. 13, ed a giustificarmi varrebbe l’esito della Jone, che non fu come era desiderabile e desiderato, comparsa appunto nell’anzidetto teatro la sera del 13 andante. La Jone nel suo assieme ebbe un successo di stima, e forse avrebbe capitombolato se non fosse stata sorretta dall’inappuntabile esecuzione orchestrale, dovuta alla valentia del Corradi, il quale, non so se per effetto delle mie precedenti osservazioni, o per essere in campo più agevole, si moltiplicava in modo straordinario, per ben due volte l’orchestra fu applaudita. Se Furbo come cantante fosse stato di carattere diverso dal personaggio che rappresenta, le cose avrebbero proceduto a meraviglia, ma Burbo, come tradì Glauco, tradi anche i più tolleranti uditori. Del resto, applausi ne ebbe la Stoika (Nidia), la Viardi (Jone) ed il D’Antoni (Glauco) il quale dalla scena del delirio non trasse nessun effetto. Le decorazioni sono mediocri,, ma ciò che contribuì a togliere l’attenzione del pubblico dall’ultimo terzetto si fu il brutto scenario e il ridicolo meccanismo del Vesuvio in eruzione. Per terzo spartito è ormai certo che si riprodurrà il Romeo e Giulietta di Marchetti. Il Nazionale schiuse le porte iersera coll’Isabella d’Aragona del Pedrotti. L’autore della Fiorina e del Tutti in Maschera non avrebbe mai dovuto tralasciare dallo scrivere opere di genere buffo, per darsi al dramma serio; quantunque nell’Isabella d’Aragona vi sieno stupende pagine musicali, e pezzi magistrali, pure il complesso è freddo, e non interessa l’uditorio, per quanto accurata ne sia l’esecuzione. Come è riprodotto questa volta, tolte le incertezze, e cessati i timori panici d’una prima rappresentazione, questo lavoro avrà una vita tranquilla con interruzione di battimani alla Davidoff-Gerii al Manteco ed al Ferer. Non devo scordare il maestro Pomè, il quale dai pochi elementi di cui dispone seppe cavare eccellente partito. Le decorazioni sono ricche e buono il corpo di ballo. E allo studio il Corrado d’Altamura del Ricci. Chi fa le spese della stagione al Doria è Verdi; ora è la Traviata che attira molta gente, e questa Traviata meno traviata delle opere che la precedettero ha il merito d’impinguare la cassetta dell’impresa, col concorso della De Montelio, del Pifferi e del Bonacich. A giorni andrà in scena l’opera Manfredi del compianto Casilini. Della idea del maestro cav. Bossola d’aprire la sua sala per operette ad hoc non ne parlo, avendo veduto che nel precedente numero inseriste la notizia togliendola dalla Gazzetta di Genova. v rPARIGI. 16 ottobre. Teatro Italiano: Marta col tenore Capoul — Ateneo: VAlibi opera comica in tre atti, di G. Moinaux, musica di Adolfo Nibelle. Fin da due giorni prima della rappresentazione di Marta al teatro Italiano, che ebbe luogo sabato ultimo, non avreste trovato un palchetto o una scranna di platea a volerli pagare dieci volte il valore, tanta era la curiosità che aveva destata nel pubblico parigino il nome di Capoul, messo sul cartello. Comincierò dal dirvi che il giovine tenore francese aveva manifestata la sua ferma volontà di non far mettere il suo nome in più grandi lettere che quelli di tutti gli altri artisti, e la Direzione, un po’ suo malgrado, aveva rispettato questo desiderio. V’è noto che Capoul è veramente quel che chiamasi qui Venfant,-gâté del pubblico. Il suo nome sull’affisso, come quelli della Patti, della Nilsson, della Carvalho, basta a riempiere la sala; inoltre, essendo un [p. 348 modifica]350 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO LONDRA, 15 ottobre. Briareo Mapleson — Stagione musicale a Liverpool — Un lord suonatore d’organetto — Concerti popolari — La Titiens a Lublino — Spettacoli di Dublino. rischia di fello che teatro del monio del assai lontana, e fa indietreggiar F indice dell’orinolo per poter provare che all’ora in cui il tentativo di ratto ha avuto luogo, egli era altrove. E il povero diavolo, padrone del cavallo, che pagar pel vero autore del tentativo, a causa del manha addosso, e di cui il pezzo lacerato è trovato sul delitto. Naturalmente, tutto questo mena al matrigiovine troppo intrapendente e dell’alunna. avvenente giovine ed elegante di forme e di modi, ha la simpatia di tutta la parte feminea del pubblico. Gli uomini vorrebbero trovargli qualche difetto, ma vi rinunziano. E quand’anche lo trovassero, le donne direbbero che F amano anche nei suoi difetti!... Sabato, dunque, la sala Ventadour era piena, e di eletta gente. Un gran numer.o di artisti ed artiste dei teatri lirici ed anche drammatici pareva essersi dato ritrovo al teatro Italiano, per vedere come il tenore in voga si sarebbe tirato della difficile prova. Mi affretto a dire che il novello tenore dal signor Verger ne ha trionfato completamente. Ha cantato la parte di Lionello, nella Marta, con una grazia, con una soavità rara, e con ottimo stile; ha fatto anche di più: ha agito come è raro veder fare al teatro Italiano di Parigi, ove da tempi immemorabili, e sopratutto dal famoso Rubini sino ad oggi, gli artisti si limitano a cantare, più o meno bene, ma non si curano d’aggiungere l’azione al canto. Fatene loro l’osservazione; risponderanno che sono cantanti e non attori!... Assuefatto alle scene dell’Opéra Comique, ove le commedie sono mezzo in prosa, mezzo in musica, ed ove bisogna riunire la qualità d’artista drammatico a quella d’artista di canto, non è da maravigliare se Capoul ha saputo, ed assai facilmente, dare alla parte di Lionello tutta l’espressione di cui essa abbisogna, e come gesto e come atteggiamento e come mobilità di fisonomia, come tutto insomma che costituisce l’arte drammatica. La sua voce essendo più che simpatica, ed il suo canto essendo così dolce e gradevole, capirete che con la giunta dell’azione, il successo del nuovo artista alla sala Ventadour doveva esser sicuro ed immenso. La stessa modestia manifestata dal giovine tenore pel suo nome sul cartello ha potuto esser notata durante la rappresentazione. Quando il pubblico lo chiamava all’onor del proscenio, egli usciva appena dalle quinte, salutava con grazia e dispariva. Quando è stato chiamato cogli altri artisti — almeno egli ha creduto che sia stato cosi — è uscito cogli altri, ma si è tenuto in seconda linea. Finalmente, quando dopo la sua grand’aria del terzo atto, le grida di bis si son fatte udire, e che alcuni tra gli altri spettatori, meno esigenti, e non volendo parer indiscreti, hanno gridato no, il giovine tenore ha fatto segno al capo d’orchestra, ed ha ricominciato il pezzo. Vi lascio pensare se i plausi hanno raddoppiato. Insomma anche col concorso di buoni artisti, il successo di Capoul sarebbe stato legittimo e meritato; immaginate ora quanto sia parso maggiore, circondato come egli era di mediocrità. Forse nell’impiegar questo vocabolo, sono troppo severo. Ma veramente gli altri artisti non avevano gran fatto di che brillare. La Torriani ha ben cantato la romanza della rosa, ed ecco tutto. Ma l’Ugolini, F Antonucci e la stessa signora Bracciolini, che piacque nella Lucrezia Borgia, non si sono mostrati all’altezza della loro parte. Nullameno, il pubblico che era cosi soddisfatto dell’esito di Capoul, ha voluto esser cortese ed ha accomunato tutti quanti nei plausi della fine. La rappresentazione di Marta è stata fino ad ora la più splendida; la Direzione ne darà tre di seguito, ed una straordinaria, domenica 20 corrente. Tutta la borghesia di Parigi vi accorrerà. Ho cominciato dalle buone novelle; eccovi ora le cattive. Il teatro dell’Ateneo ha inaugurato giovedì la sua stagione musicale con un’opera comica in tre atti, intitolata Y Alibi, parole di G. Moinaux, musica di Adolfo Nibelle. I due collaboratori, ciascuno nella sua branca dell’arte, avevano fatto prova del loro ingegno. Nonpertanto Y Alibi non resterà lungo tempo sul cartello. Il libretto è una di quelle matasse ingarbugliate che farebbero venir l’emicrania, solo a volerci mettere le mano. L’intreccio mi ricorda il famoso finale: «Questo è un nodo avviluppato — quest’è un gruppo rinserrato». Non mi domandate di raccontarvelo; noi potrei. Dirò solo che un certo signor di Malperché ha voluto rapire un’educanda, ha scavalcato il muro, è riuscito a fuggire, prendendo il cavallo d’un altro (che fa crepare a furia di correre) e lasciandogli il tabarro, di cui un pezzo è rimaso attaccato al muro dell’educandato. Poi per istabilire a suo profitto un alibi, va a far casa del diavolo in un’osteria Ma se il libretto ha fatto perdere un po’ la pazienza al pubblico della prima rappresentazione, la musica gli ha davvero attaccato i nervi. Immaginate di spillar una botte piena d’ariette, strofe, romanze, duetti, cori, ecc., e che tutta questa roba venga giù senza darvi tempo di respirare. Se almeno il liquore fosse potabile; ma no, è del vin claretto, o come dice il Redi»> Quel d’Aversa acido asprino n Che non so s’è agresto o vino. Per esser giusto, non vi sono certamente errori nella musica di Nibelle, che può insegnar il contrappunto anche a chi ne sa; ma non v’è nulla che attiri l’attenzione. Quando l’opera è finita, non m’è restato nulla nell’orecchio, ed ancor meno nella memoria. Il signor Ruelle ha avuto torto d’inaugurare la sua gestione con questo benedetto Alibi. Il pubblico di qui è così fatto che giudica dalle prime impressioni. Abbisognano molti felici successi per fargli prender di nuovo la via dell’Ateneo. E perchè tutto ciò? Perchè il nuovo direttore ha creduto esser sicuro del buon esito, scegliendo l’opera di due autori conosciuti. Anche un altro ad accrescere il numero già abbastanza grande di quei direttori che preferiscono il lavoro cattivo di autori noti al lavoro buono di esordienti. Tanto peggio per essi! Credete mo che la lezione porti loro profitto? sarebbe voler contare senza la loro ostinazione e soprattutto senza la loro buaggine. Per quest’ultima la colpa non è loro; ma per la pertinacia, la cosa è diversa. Quando un direttore o un impresario non è della partita, voglio dire quando uno ne capisce un’acca, pazienza. Ma come mai coloro che hanno abbastanza ingegno per distinguere un buon libretto da un libraccio, ed una buona musica da uno spartito senza colore nè sapore, possono essere così caparbii da allontanare i giovani maestri ed i giovani poeti per farsi far la legge dai vecchi autori? Fervono le intraprese musicali. Il teatro della metropoli non è abbastanza esteso o è troppo occupato per i serii intraprendenti. Alle mire di Mapleson fu sempre incapace di soddisfare questa vasta metropoli; e particolarmente durante «la stagione» veggonsi rappresentazioni maplesoniane sovente nello stesso giorno e in Liverpool e in Birmingham e in vari! luoghi di Londra oltre FHermajesty’s! Ma Mapleson è una meraviglia di direttore, che ha in sè l’abilità di una mezza dozzina d’impresari dei principali teatri d’Italia, riuniti assieme, con un po’ di coda ancora! Che i vostri signori impresari non se l’abbiano a male; ma sino a che non provino di poter far stagioni remunerative senza il bisogno di sussidi, e sussidio è sinonimo di carità, io non so avere della loro abilità un’altissima stima. Una stagione musicale sta preparandosi in Liverpool. Colà si è raccolta una compagnia italiana di canto, con a capo, dicesi, il sig. Rocca-Monari e apprestasi a dare una serie d’opere. Miglior luogo non poteva esser scelto per un trionfo pecuniario, avendo Liverpool una enorme popolazione di forestieri per cui sarà un gran regalo poter passare le ore della sera, durante il loro breve passaggio, ascoltando le melodie di Verdi, di Rossini o dei Ricci. Il Rocca-Monari è un adoratore del Crispino e la Comare, e darà loro, a sazietà probabilmente, di quelle facili e dolci melodie. Se il Rocca-Monari non riesce, la colpa non sarà davvero [p. 349 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 351 IP!||| dell’idea dell’impresa, la quale è eccellente sotto ogni rapporto: ma sarà piuttosto del nome di Rocca-Monari, il quale non sembra essere sinonimo ottimo di successo! Un nobile lord irlandese ha scommesso con un suo pari che un suonatore d’organo ambulante fa negozii eccellenti contro l’opinione dell’amico suo; e forte della sua fede, risoluto a provare la sua asserzione, sta ora girando V Irlanda provveduto di un organetto di barberia e d’un carretto tirato da un somaro. Quando il pellegrinaggio sarà al termine, sarà mio dovere comunicare ai vostri lettori il nome di questo eroe! Si direbbe che siamo già alla vigilia della gran stagione musicale, tanto è l’apparato di forza che già spiegasi davanti al pubblico. I concerti popolari del lunedi sotto la direzione del sig. Arturo Chappel sono già annunziati, e cominceranno nel mese entrante. S’intitolano concerti popolari, e m’immagino che riesciranno, secondo il solito, popolari. Intanto i soliti nomi, come potete supporre popolari, fanno parte del programma, fra i quali Santley e la moglie del critico del Times. La Titiens ha il favore e la gratitudine degl’irlandesi, e particolarmente delle autorità della cattedrale di Dublino, le quali hanno voluto farle nella penultima domenica una grata sorpresa presentandole un indirizzo in pergamena riccamente illustrato. Questa sorpresa le fu fatta dopo l’esecuzione d’un oratorio, alla quale presero parte vari fra i migliori artisti della compagnia di Mapleson. Giova tener nota di questo fatto, poiché qui in Londra l’arcivescovo di Manning nello stesso giorno faceva proibire in tutte le chiese della sua diocesi il canto femminile. Sembra invece che i cattolici di Dublino lo apprezzino. La stagione musicale del teatro di Dublino procede di trionfo in’trionfo, di novità in novità. Nella settimana ultima furono rappresentate le seguenti opere: Don Giovanni, Flauto magico, Marta, Fausto, Barbiere di Siviglia, e ieri sera gli Ugonotti. Sarebbe lungo riferire tutto quello che ne scrivono i giornali. È notevolissimo però il fatto che i dublinesi non sanno dividere l’opinione dei londinesi rispetto i meriti del Campanini. Il Campanini, se non ha trionfato, non ha però fatto fiasco, poiché i giornali tutti mostransi soddisfatti del suo portamento sulla scena. Straordinari successi sembrano aver riportati i coniugi Bettini, dei quali unanime la stampa dice parole di lode. La Titiens, la Marimon, il Mendioroz, il Dorella e la simpatica L’ammirabile musica del gran compositore e lità non solo ammaliarono tedeschi, ma tutte hanno cuore e sentimento. Ho premesso queste parlarvi della quattrocentesima rappresentazione la sua originale nazioni che notizie dovendo del Freischülz lima de Murska hanno avuto ciascuno la che nessuno credo certo disposto a far le Nell’istrumentazione, ei ha messo una mano che è buonissima, il maestro Arturo loro parte di lode, al meraviglie. del waltz Sullivan. «Galatea» La 400 rappresentazione del BERLINO 10 ottobre. Freischülz — Dicerie — I Berlinesi, le stelle, azioni e il teatro italiano — Liebig — I pesci colle cipolle! le Il Freischülz è una di quelle opere, sulle quali il tempo o gusto di questa o quella nazione non possono nulla; essa il è eterna e cosmospolita, malgrado la sua dottrina tedesca, ed ha nervi e muscoli così sani e ferrei, che occorrebbero secoli per soffocare la sua vita. È il solo esempio d’un’opera tedesca, che dapertutto ove fu eseguita ebbe il massimo successo senza avervi alcuna parte la claque. Non è molto il redattore della vostra Gazzetta scrisse parlando dell’esecuzione del Freischülz alla Scala, ed accennando- all’impressione profonda prodotta dalla riduzione migliorata; «vorrei ora vedere colui che non dichiari apertamente che quest’opera sia un gioiello dalla prima all’ultima nota.» Del molto che si scrisse intorno al valore di questo capolavoro (ed ho raccolto le critiche di tutte le nazioni) non citerò che un solo frammento dell’opera notevolissima del francese Barbedette (Charles Marie de Weber - sa vie et ses oeuvres - Paris) il quale dice: Il Freischülz procacciò il successo più popolare e più universale che avesse mai un’opera tedesca. che ebbe luogo pochi giorni fa sulla scena nostra. Non furono fatte feste speciali, perchè nella stagione scorsa all’anniversario dello stesso Weber, ebbe già luogo una rappresentazione festosa della stessa opera con decorazioni nuove e splendide, con* costumi e macchinismi nuovi, e colle parti secondarie affidate agli artisti migliori dell’opera nostra. Solo finita l’opera si levò la tela ed apparve il busto di Weber con una aurea corona a foglie d’alloro e ei fu un’altra sorpresa ancora più grata, quella di udire un tenore esimio, benedetto da Dio con una voce d’un timbro cosi gradevole come è dato a pochi dei tenori d’oggidi. Costui è lo Schott da Monaco, ed apparve nella parte di Max. Tutte le corde del suo registro sono della stessa chiarezza, della stessa forza e della stessa uguaglianza, ed il suo metodo di canto è della vecchia scuola italiana, che ai conoscitori fa piangere lagrime di gioia. Solo difetto di quest’artista è che nel tempo vivo non colorisce il canto, come si potrebbe pretendere da lui, ma è cosa che acquisterà col tempo e collo studio, non appartenendo lo Schott alla scena che da poco tempo. Dopo la grand’aria dell’atto primo ebbe innumerabili applausi e molte chiamate; di talento scenico-drammatico è molto fornito e ciò gli conquistò subito i cuori del pubblico e specialmente quei delie belle berlinesi. La parte di-Agata fu rappresentata dalla Kupfer-Berger, la quale nell’assenza delle due stelle di primo ordine, la Lucca e la Mallinger, ha mostrato al pubblico d’essere un’artista, a torto negletta dall’intendenza. La grand’aria dell’atto secondo fu detta da lei con bellissimo accento nell’adagio e con molto brio e bravura alla stretta. La Grossi nella parte d’Annetta ebbe la solita leggierezza ed amabilità affascinante, e dopo l’aria e il duetto ebbe molti applausi meritati. Nei circoli si dice con insistenza che avremo nella stagione ventura invece dell’opera 11 Vecchio della montagna di Benedict, una vera novità, la celebre Aida dell’illustre vostro Verdi. ■ Se la cosa è proprio vera, nulla di meglio per i Berlinesi, i quali già da lungo tempo sono ammiratori sincerissimi del gran compositore italiano e delle sue opere migliori. Che se pure havvi ora, principalmente nel teatro, un elemento neo-tedesco, è colpa del maestro provvisorio Eckert, delle molte società-Wagner e specialmente d’una clique che fa propaganda con tutti i modi possibili per le opere di Wagner. Ma avremo fra non molto un teatro d’opera esclusivamente italiana, come in Parigi, in Londra e nelle altre città principali; l’idea è venuta di formare una società anonima; ora che si ha una mania per le azioni, e che in Berlino, si trova il denaro sulle strade, (!) questo sarebbe un impiego da cui uscirebbe almeno alcunché di veramente ùtile. E perchè vediate se il denaro abbonda, vi basti sapere che l’intendenza nostra imperiale a lenire l’angoscia presente della mancanza d’un astro canoro, si rivolse alla. Patti offrendole una scrittura d’un mese al prezzo di 60,000 franchi; T artista dovette rifiutare per la mancanza di tempo, avendo già obbligazioni per tutta la stagione; in vece sua avremo un altra celeberrima cantante di Stoccolma di cui ho dimenticato il nome (1). Lasciatemi dire ancora due parole in omaggio della memoria d’un berlinese, stimato molto nel mondo musicale per l’abilità, straordinaria come la sua modestia, e morto pochi giorni fa. Col grido: «Il vecchio Liebig è morto, tutti i berlinesi incontraronsi la domenica passata nel «Thiergarten» e nei «Linden» e non era nessuno che non piangesse una lacrima intima. Il vecchio Liebig, già oboista d’un reggimento prussiano, poi direttore d’orchestra ed ultimamente impiegato nella direzione delle tasse, è il fondatore dei «concerti popolari» poi imitati in Parigi, Londra, e Brusselles; fu egli che fece udir al pubblico per soli 5 grossi (60 cent.) sinfonie di Beethoven, Haydn, Mozart,!» (1) Probabilmente la Nilsson. Nota della Redazione. ì! H £ [p. 350 modifica]Schubert, Schumann e Raff. Durante più di 30 anni egli era il solo direttore dell’orchestra sinfonica, e la portò a tale perfezione che non si ebbe un gran. concerto od una esecuzione musicale, senza il concorso dell’orchestra del Liebig. «Dodi mit des Geschickes Maechten ist kein ew’ger Bund zu flechten» dice il nostro Schiller (Non si leghino patti col destino); l’orchestra infedele, non essendo contenta della brava direzione del maestro, gli diede a successore il prof. Stern. Ma io sono amico degli estremi e voglio finir con un aneddoto di Questi concerti popolari; è curioso e caratterizza la vita berlinese: Era cosa consueta incontrar nei concerti popolari molti galantuomini della borghesia che fumavano i loro sigari, e delle ottime massaje armate della calzetta, le quali, volendo passar in contentezza una giornata, se ne venivano alle due o tre pomeridiane nella sala di concerto (il concerto incominciava alle 7) ed occupavano tutte le sedie d’una tavola per la famiglia loro e vi prendevano talora la tazza di caffè. Quando veniva eseguito nel concerto un pezzettino facile, le buone donne godevano supremo diletto e nuotavano nell’entusiasmo, ma il primo tempo d’una gran sinfonia fu sempre per esse un orrore, e l’intreccio nelle sinfonie di Beethoven un disastro. Però mentre i bravi professori sudavano, esse si svelavano segreti della cucina, e per udirsi a dispetto della musica parlavano a voce alta. Avvenne una volta che rotto il fortissimo di un primo tempo all’improviso per essere seguito da un pianissimo, si udirono nella sala con un certo stupore queste memorande parole dette con veemenza: «Ed io invece friggo sempre i pesci colle cipolle!» RARO. FIRENZE. Al teatro Rossini arrise prospera fortuna alla riproduzione della gaia operetta del maestro Ricci, Chi dura vince, non ostante l’esecuzione mediocre. Al teatro Nuovo è in prova la nuova opera del maestro Tacchinardi: I conti senza l’oste. VENEZIA. Gi scrivono in data del 17: Ieri sera si apri il teatro Rossini col Barbiere di Siviglia; furono applauditissimi il celebre Montano, la Derivis ed il Polonini. Nell’aria della lezione la Derivis cantò la famosa Mandolinata che fu fatta ripetere; anche il terzetto, eseguito perfettamente, ebbe gli onori della replica. Nella ventura settimana andrà in scena l’Ombra e subito dopo la Reginetta posta in scena dallo stesso autore maestro Braga. PALERMO. Ci scrivono: Il Rigoletto fu l’opera con cui si aprì il teatro del Circo. La fortuna corrispose al merito dello spartito, e ciò in virtù dell’esecuzione che fu assai lodevole. — Tutti gli artisti ebbero applausi, in special modo la signora Cinti, il tenore Guidotti ed il valente baritono Grandi, che fu un Rigoletto caratteristico ed appassionato. Buoni i cori, buona l’orchestra; non cosi la messa in scena. SORESINA. Ci scrivono: Sabbato 13, s’inaugurò col Rigoletto la breve stagione dì Fiera a questo teatro Sociale. L’opera ottenne un completo successo, e tutti gli artisti furono applauditi, in special modo e ad ogni pezzo il baritono Bergamaschi, il quale fu chiamato al proscenio dopo la grande aria dell’atto 3.° ed al susseguente duetto, di cui si volle la replica. La signora Aubrey, allieva del Corsi, sebbene esordiente, fu una buonissima Gilda. TREVISO. Ci scrivono in data del 14 ottobre: Dopo otto giorni di silenzio si ripresentò al nostro teatro il Guarany, con un nuovo tenore ed un nuovo basso, ma nemmeno questi sono gran cosa; tuttavia l’esecuzione fu più accurata ed il pubblico disposto all’indulgenza (forse troppo) fu cortese d’applausi in vari punti anche allo scopo d’incoraggiare i due nuovi artisti, evidentemente soprafatti dal timore. Lo spettacolo che quest’anno ei allestì la nostra Presidenza non è al certo degno delle nostre scene nella stagione autunnale, perchè siamo troppo bene avvezzati; potrà questa lezione servire per l’avvenire? E in prova il Ballo in maschera, MOSCA. Il teatro Italiano si è aperto col Rigoletto, protagonista il Oraziani; la parte di Gilda era affidata alla signorina Duval; il successo si riassume in una parola: trionfo. BRUXELLES. Le cose cominciano a guastarsi al teatro La Monnaie; gli Ugonotti hanno scontentato i più benevoli, ed i Moschettieri hanno aggravato il male. Questo apprendiamo dal Guide Musical. GAND. La stagione fu inaugurata discretamente Ebrea. Le succedette con maggior fortuna II Barbiere di Siviglia. ODESSA. Ci scrivono: La Forza del Dèstino andò in scena qui la sera del 9 corrente. L’opera ebbe accoglienze assai liete, e in alcuni punti vicine all’entusiasmo. Ho notato che alla seconda rappresentazione furono applauditi con ardore assai più pezzi che alla prima, il che è ottimo indizio. Tutti gli artisti ebbero applausi meritati; in special modo la signora Biancolini, la quale nella parte di Preziosilla ebbe un vero trionfo; ogni sera le si fa ripetere il rataplan, non solo, ma anche la canzone del secondo atto Viva la guerra. Anche la signora Angeleri piace molto, ed ieri sera alle due artiste furono presentati bellissimi mazzi di fiori con ricco nastro. Bene assai il Toressi che ha una splendida voce. MESSICO. Nella Saffo emerse la Galassi, acclamatissima, e così pure la Verini, D’Avanzo e Bertolini. Seguì la Borgia, in cui la Castelli, la Verini, il Pozzo e Zucchelli furono colmati d’applausi dal principio al termine dell’opera. La Dinorah, nuova per Messico, piacque immensamente, la Peralta, protagonista, fu somma, accolta con vero entusiasmo, dovette ripetere il valzer dell’ombra. Benissimo D’Avanzo, grande artista lo Storti, si volle la replica della sua romanza. (Trovatore) NOTIZIE ITALIANE — Siena. Pregati pubblichiamo: È tuttora libero da qualunque impegno il Teatro della Lizza per la prossima stagione di Carnevale 1872-73, quei Capo-Comici, che volessero attendere all’impresa del medesimo dirigano le loro istanze al Presidente dell’Accademia di detto Teatro, col corredo dell’elenco del Personale Artistico, con maschera di Stenterello o senza, e quant’altro credessero di loro interesse, entro il dì 30 ottobre corrente. NOTIZIE ESTERE — Costantinopoli. Il sultano ha sanzionato la prima legge turca sulla proprietà artistica e letteraria, per la quale il diritto esclusivo di proprietà e di traduzione è dato all’autore, ai suoi eredi o aventi causa per 40 anni; il privilegio delle traduzioni dura 20 anni, ed i diritti letterari possono essere venduti in tutto od in parte. — Bruxelles. Gounod diede un concerto al Circolo Artistico e fece udire ad una folla compatta una serie di nuove composizioni che furono molto applaudite. Lo stesso compositore suonò Ivy e la Marcia funebre d’una marionetta, e colla signora Weldon un pezzo per pianoforte a quattro mani: Dodolinette. La signora Weldon cantò le seguenti melodie: Ma belle Amie est morte; Mignonne, voici Avril; Maid of Athens; O hapy home; Le pays bienheureux; La Fauvette; Heureux sera le jour; Bolero e un duetto col sig. Werrenrath, il quale ha pure cantato da solo tre pezzi. In tutto 15 pezzi nuovi! — Lipsia. Il primo concerto del Gewandhaus ebbe luogo il 3 ottobre. La sala era rimessa a nuovo, ma non ingrandita, e questo avrebbe fatto meglio il conto dell’immenso pubblico. Vi presero parte il pianista Reinecke, la signora Peschka-Leutner, il clarinettista Landgraf, il flautista Barge, ed il violoncellista Hegar; tutti applauditissimì. — Parigi. Avendo il signor Barbereau chiesto le sue dimissioni dalla carica di professore di estetica e di storia musicale che aveva al Conservatorio, quella cattedra fu affidata al signor Eugenio Gautier, già professore d’armonia al Conservatorio e valente scrittore di cose musicali. A suo successore nella carica di professore d’armonia fu nominato il signor Edoardo Batiste, professore di solfeggio, il quale alla sua volta fu sostituito dal signor Napoleone Athan. — Nuova-Jork. Togliamo dall’Eco d’Italia del 28 settembre: — Mercoledì sera ebbe luogo alla Steinway Hall il secondo concerto del celebre compositore e pianista Rubinstein La Sala era gaia, elegante e popolatissima; il pubblico generalmente entusiasta. POSTA DELLA GAZZETTA Signor Capit. B. — Malta — N. 608. Occorrono 3 lire per le maggiori spese postali. Signor A. F. — Piacenza — N. 198. La parola pici, contrazione di piedi, è italianissima, frequente in poesia e nell’uso Toscano; l’adopera anche Giusti. Quanto all’errore dell’ultimo rebus è proprio fatalità che una delle poche copie in cui è quel difetto d’impressione sia toccata a voi. A quest’ora sapete se pecchiamo di avarizia nel concedere i premii. Signor dott. E. P. — Genova. — N. 139. Non abbiamo i numeri del giornale che ei chiedete. REBUS Se tuba L MSaNAS’f D — c

c Quattro degli abbonati che spiegheranno il Rebus, estratti a sorte, avranno in dono uno dei pezzi enumerati nella copertina della Rivista Minima, a loro scelta. SPIEGAZIONE DELLA SCIARADA DEL NUMERO 40: M- esse. Fu spiegata con esattezza dai signori: Orazio Zunica, prof. Angelo Vecchio, capitano Cesare Cavallotti, avv. Baldassare Bottigella, ai quali spetta il premio. Editore-Proprietario TITO DI GIO. RICORDI. Oggioni Giuseppe^ gerente. Tipi Ricòrdi — Carta Jacob.