Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1872.djvu/345

GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 339 Libretto. - Un giardino pieno di piantoni, dai quali non può ricavare fiori e frutti se non un compositore che abbia la vista lunga.. Lira. - L’istrumento degli Dei, dei poeti e dei banchieri. Grazia a Dio, oggidì non vien suonata che dalle statue. Mise-en-scène. - Il crinolino delle opere magre. Nota. - Un palazzo, che senza chiavi è affatto inutile. Officleide. - Un toro cromatico. Opera. - Un dramma musicale, nel quale il dramma tormenta la musica e la musica tormenta il dramma. Orchestra. - La paletta del buon compositore - la mazza del cattivo. Orecchio. - Un serraglio musicale che deve spesso ricettare ospiti molto incomodi. Quinta. - In teorica è una consonanza perfetta; in pratica è spesso una dissonanza orribile. Regole. - Per le mediocrità pastoie di ferro, per i genii collane di rose. Reminiscenze. - Peccati veniali dei compositori, che dimenticano di dimenticare. Ritmo. - Il sangue che bolle nelle arterie della musica e che dà al tutto vita e movimento. Quanti compositori odierni rappresentano la parte della mignatta! Tastiera. - L’ippodromo delle dita. Tastiera muta. - Istrumento deplorabile in quanto che non fu ancora composto nulla per esso. Timpani. - I soli istrumenti pei quali non fu ancora composta alcuna romanza senza parole, e che in orchestra sono specialmente di grand’effetto quando attaccano una battuta prima. Tremolare. - Un cattivo esempio, che molti cantanti devono alle capre. (Signale) Rivista Milanese Sabato, 12 ottobre. Impossibile immaginare uno spettacolo più grandioso di quello che offriva il Teatro dal Verme la sera della prima rappresentazione della Favorita. Per la prima volta dacché fu aperto, il vasto edifizio diede ragione delle sue dimensioni, rimandando forse un buon centinaio di persone convinte che il teatro è troppo stretto. Palchi, sedie, platea, galleria, posti riservati, formavano una sola massa umana compatta, che si agitava, si commoveva, divisa fra le delizie armoniche e quelle del bagno russo. È meglio dire addirittura che non mai aspettazione fu meglio secondata dall’esito; la Favorita, come ce la danno la signora Galletti, il baritono Barré ed il tenore Aramburo, è un gioiello di quelli che gl’impresarii meglio intenzionati non usano trarre dallo scrigno salvo a lunghissimi intervalli di tempo, forse per non dare male abitudini al pubblico. Di solito nei teatri che non recano dote, quei mariti d’una stagione fanno le cose bene a metà, qualche volta a due terzi, ma non si va oltre; oggi è il soprano e il baritono che devono aiutare la deglutizione del tenore, domani è il tenore e il soprano che fanno digerire il baritono. È vero che anche in questa Favorita d’oggi qualche cosa d’indigesto è rimasto, ma nelle salse, le quali a rigore è lecito lasciare nel piatto; per esempio quelle insipide e sconclusionate danze del secondo atto, che cominciano con una parodia di passo a tre e finiscono con una smorfia di gran ballabile, bisogna lasciarle in cucina ad ogni costo, altrimenti il pubblico ne farà una gastrite, anche se continuerà a riderci sopra allegramente. E quel secondo tenore che canta in chiave di cardine arrugginito per carità si metta fra i ferravecchi; e si cerchi di ottenere dai coristi concessioni ancora più larghe di quelle che non abbiano fatto; si provi a persuaderli, che quando si cantano bene due cori si può anche cantarne bene quattro, e chi sa che non si riesca un’altra volta a farne cantare bene... tre. Nell’orchestra poi bisogna essere molto severi, e condannare i corni a pane ed acqua; e quando si abbia fatto tutto ciò, allora la critica potrà sciogliere il volo al lirismo ed intonare il gloriai Per questa, volta io non mi ei metto neppure, e dirò le cose alla buona come le penso, ma se mi si accontenta in tutto, ricorderò anch’io la mia vecchia rettorica e la porrò intera al servizio gratuito dell’impresa. Quando un flautista suona il suo strumento a dovere, si suol dire che lo fa cantare, in modo da farlo parere una voce umana, ed è il massimo elogio; quando una prima donna od un tenore canta a dovere si dice che pare un flauto, ed è pure il massimo elogio; io vorrei che si mettesse in chiaro per sempre se sia meglio essere un flauto od una prima donna di cartello, perchè della Galletti appunto tutti hanno detto, ed io pure ho avuto la tentazione di dire, che a volte non è più una donna ma un flauto. Cito il paragone per dare un’idea del successo, ma confesso che non dice nulla. Il canto della Galletti è del timbro più dolce che si possa immaginare, ha una limpidezza cristallina, un accento e un’espressione più che umana; se le sirene hanno cantato mai, devono aver cantato cosi, tanto è vero che il pubblico non avendo preso la precauzione di farsi legare, come Ulisse, non finiva di battere le mani. Quanto all’arte di questa valentissima, consiste tutta nel non farla parere; canta colla facilità con cui parlerebbe, e nelle situazioni più drammatiche., traduce la passione colla maggior parsimonia possibile, a volte con un gesto, con uno sguardo solo. Non faccio l’enumerazione dei pezzi in cui fu applaudita, per non dire le litanie e perchè fu applaudita sempre, con entusiasmo eguale, dalla prima aifi ultima scena. Il baritono Barrè in quest’opera piace anche più che negli Ugonotti; corretto egli pure nei modi, nel canto, nell’intonazione, ha, con un tesoro inestimabile di voce, la rara virtù di non ricercare effetti violenti di emissioni di voce, ma di domandare tutto alla dolcezza, alla passione; a volte questo scrupolo par perfino una maniera, un difetto, ma è un difetto che pochi sanno avere. Per poco che questo artista si rinfranchi nella pronuncia della nostra lingua, non avrà molti rivali e nessuno forse superiore nelle parti che non richiedono impeti e violenze. Il tenore Aramburo, di cui abbiamo apprezzato al Carcano or è un anno il materiale greggio, si è dirozzato, si è lisciato, ha percorso in pochi mesi una lunga strada. Il suo vocione robusto e prepotente si è addimesticato e fatto docile; il suo canto è ora dolce, caldo, appassionato. Naturalmente quest’arte che egli ha acquistato in così breve tempo non è tutta figlia del cielo, non è proprio immacolata; volendo infrenare la foga selvaggia, caracolla un po’artifìziosamente a cavallo della sua Magnifica voce; ha imparato a cantare a mezza voce, a smorzare benissimo, a passare da una nota all’altra con singolare dolcezza, a sospirare con effetto sicuro, ed a rinforzare un sospiro grado a grado fin che pigli tutta l’estensione di una splendida nota di petto; colo- ’ risce in somma a meraviglia, ma non è ancora sicurissimo nell’intonazione, e precipita spesso i tempi che sono il disegno della musica. Ha 1 arte eccezionale, artifiziosa, la virtuosità (si perdoni la barbarie) del grande artista, ma appena le fondamenta d’un tenore discreto. Benino il basso Vecchi; bene, lo ripeto, alcune volte, i cori; bene quasi sempre l’orchestra. Al teatro Carcano stasera ha luogo la prima rappresentazione della Traviata colla signora Demi, col baritono Viganotti e col tenore Villa; nel programma della stagione vediamo annunziate due novità: la Reginetta di Braga e il Davide Rizzio del maestro Canepa. Le novità italiane drammatiche del teatro Santa Radegonda non sono molto fortunate. Le due strade di Dominici, L’Eroe del mondo galante di Alberti, Bacio di bocca sempre il cuor non tocca di Pollano, annoiarono il pubblico o all’incirca. Me