Gazzetta Musicale di Milano, 1872/N. 40

N. 40 - 6 ottobre 1872

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[p. 327 modifica]FRANCESCO FÉTIS (Continuazione e fine. Vedasi il N. 39). Al presente numero è unito il N. 19 della Hivista minima. Il signor Fétis persuaso che fosse giunto il momento di procacciarsi una posizione a Parigi (1), lasciò Douai nel 1818, nel qual anno pubblicò poi a Parigi fantasie, preludii, suonate per piano e riprese i suoi lavori sulla letteratura, sulla teorica e sull’istoria della musica. Negli anni successivi scrisse per il teatro delle opere serie e comiche, che più tardi disapprovò Morto Eler nel 1821, fu nominato professore di composizione al Conservatorio di Parigi. Non erano trascorsi otto mesi dalla sua nomina, che Cherubini, presidente del Comitato d’insegnamento, gli diceva in presenza de’ suoi allievi: «Signore, voi avete trovato mezzo di far cantare, nella composizione, tutte le parti in maniera elegante e naturale. Questo é far rivivere l’arte difficile, sì ben conosciuta dagli antichi maestri, arte che oggidì è in decadenza. «Alcuni anni di poi, continua il signor Fétis, lo stesso maestro proclamava alla accademia che il mio Trattato di contrappunto e di fuga era la sola opera nella quale le regole di questi scientifici componimenti fossero esposti con metodo e con chiarezza.» La Rivista musicale comparve definitivamente in febbraio del 1827 e fu continuata senza interruzione fino al 1835. Le cinque prime annate, ad eccezione di una dozzina di articoli, furono redatte interamente dall’autore e comprendono 8000 pagine in 8.° ordinario. Questa rivista costrinse l’autore per molti anni ad assistere a tutte le prime rappresentazioni, a tutti i concerti importanti, ai debutti di tutti gli artisti e contribuì potentemente a sviluppare la sua erudizione, a rettificare il suo giudizio ed a dargli l’arte di riassumere rapidamente per iscritto le sue opinioni. Del (1) Riproduciamo qui testualmente le parole di Fétis. Biog. Univ. voi. 3, 2.a edizione, pag. 231. OGNI resto tutti sanno che, anche dal lato puramente letterario, il signor Fétis è uno dei migliori scrittori del nostro tempo. Nel 1829 pubblicò, a richiesta d’un editore di Parigi, la Musica alla portata di tutti. Quest’opera, che ebbe parecchie edizioni, non mi è mai parsa giustificare il suo titolo; poiché è un libro pei musicisti ed è anzi necessario di essere versato nella nostr’arte per tirarne vero profitto. È verso il 1828, salvo errore, ch’egli ottenne il 2.° premio al concorso aperto dall’istituto reale dei Paesi Bassi sulla quistione della musica fiamminga nei XIV, XV e XVI secoli. Il signor Kiesewetter, sapiente musicologo alemanno, vinse il nostro compatriota in questa lotta. Fin dal 1832 Fétis cominciò a Parigi i suoi celebri Concerti storici, nei quali, dopo una discussione sapiente e ad un tempo piena di grazia, faceva sentire le bellezze musicali dei maestri, dei quali aveva preventivamente definito i meriti. Rinnovò a Brusselle, non son trascorsi vent’anni, queste belle sedute nella sala del gran concerto, via Ducale. Assistemmo a tutte e riproducemmo ad uno ad uno fino all’ultimo particolare di queste discussioni; e, quantunque abbiamo udito nel corso della nostra vita molte dotte lezioni universitarie, nel Belgio, in Francia ed in Alemagna, dobbiamo confessare di non averne mai sentite di più interessanti. Tentò altresì nel mese di luglio del 1832, a Parigi, un corso gratuito di Filosofia dell’arte musicale. La parola estetica musicale non era ancora conosciuta. È in questo corso che sviluppò il suo sistema generale di generazione armonica, incominciato nel 1816 e condotto a termine nella sua introduzione filosofica alla prima edizione della Biografia. Munitonia, X^pluritonia e V omnitonia divennero le basi d’una divisione classica definitivamente adottata, in Francia sovratutto, da centinaia d’autori. Si possono non condividere le opinioni a questo riguardo, si può credere, e mi pare che il sig. Gevaert l’abbia vittoriosamente dimostrato, che la pluritonia non è invenzione di Monteverde: ma è impossibile negare che questo sistema non abbia dell’ingegnoso, e non sia affascinante. È d’uopo riconoscere che le teoriche [p. 328 modifica]330 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO di Fétis sulle solfe antiche, sulle tonalità d’Oriente, sulla necessità virtuale dell’rmitonia pel canto pieno, sull’origine del dramma teatrale e dell’accento delle passioni in seguito all’ammissione della nota sensibile, dell’accordo della settima e della falsa quinta si giustamente chiamata Diabolus in musica, bisogna riconoscere, dico, che tutte queste proposizioni sono di massimo interesse artistico, toccano all’essenza stessa della nostra arte ed hanno recato la rivoluzione nel mondo dei musicologi, si che parecchi scrittori devono loro attualmente tutta la loro dote di erudizione. La sintesi di tali dottrine doveva un giorno trovare il suo sviluppo in una Storia generale della musica, della quale non fu dato all’instancabile autore il pubblicare gli otto volumi. Fu nel pieno splendore della sua grandezza, quando cioè parecchie delle sue opere e sovratutto II Borghese di Rheims (1824, scritto per la consacrazione di Carlo X) e La vecchia (1826) che rimase per trent’anni nel repertorio, l’avevano collocato nel novero dei buoni compositori; è quando finalmente, come erudito, come professore, come critico, egli si era acquistato una riputazione europea, che il governo belga lo chiamò all’ufficio di maestro di cappella del re, e gli diede l’incarico di creare a Brusselle il reale Conservatorio di musica. Per circa quarant’anni (dal 1832 al 1871 ) questa istituzione visse delle sue inspirazioni, della sua intelligente direzione e del suo paterno affetto. Il Belgio deve a Fétis gli onori della sua scuola nazionale. E necessario passare in rassegna ciò che questo maestro fece a Brusselle? Il nuovo indirizzo che diede al gusto pubblico, i professori eminenti che scelse, il numero straordinario di segnalati allievi che formò col suo insegnamento, le opere didattiche, storiche, critiche, filosofiche, i rapporti e le pubblicazioni d’ogni genere che uscirono dalla sua penna? Lo crediamo inutile; poiché è ancora troppo fresca la memoria della profonda commozione cagionata dalla sua morte, avvenuta pochi giorni dopo lo splendido concerto del Conservatorio, che doveva por fine ad una carriera di ottantasei anni. Il re, le autorità pubbliche, il mondo artistico e tutti quelli che sentono una fibra di spirito nazionale nell’animo furono colpiti come da una perdita personale, e la sua morte fu un lutto generale per la patria. Fétis rese la sua anima a Dio da perfetto cristiano. La sua vita sarà il modello degli uomini sublimi, degli intrepidi lavoratori, di coloro che non vogliono dipartirsi dalla terra, senza rimaner vivi ed immortali nei loro scritti e nei loro discepoli. Ora il Belgio è divenuto proprietario della sua biblioteca e delle sue collezioni. Questo prezioso tesoro, quasi unico nel suo genere, fu raccolto, pazientemente, nel corso di tre quarti di secolo. Il suo proprietario ebbe la fortuna di poterlo fare in un tempo nel quale la rivoluzione aveva disperso le biblioteche ed i conventi. Soltanto quello ch’egli possedeva sui nostri vecchi maestri fiamminghi costituiva di già una importante raccolta. Il signor Gavaert, suo successore, compilò un bel rapporto sulla necessità di conservare al paese questa biblioteca ed il degno ministro dell’interno, signor Delcour, si fece premura di proporre a tal uopo un progetto di legge che il corpo legislativo belga votò senza discussione. Ecco a gran tratti, rapidamente abbozzata, la carriera del più grande artista belga di questo secolo, e senza scrupolo diciamo anche del più gran musicologo dell’Europa moderna. Allorché Meyerbeer morì, si trovò nel suo testamento la formale condizione d’incaricare Fétis della correzione de’suoi manoscritti, della messa in iscena della sua opera postuma, V Africana, che egli aveva composto in doppio, e della quale il nostro maestro di cappella ebbe a scegliere ogni scena e parecchi pezzi d’insieme. Mi pare che questa raccomandazione testamentaria, fatta dall’uomo più abile e più prudente del nostro secolo, dal più rinomato compositore, sia più eloquente di quanto potremmo dire sull’uomo eminente che il Belgio ha perduto nel 1871. /(. CAV. YAN ÌJbEWYCK. Il Pungolo, in uno degli ultimi numeri annunciò che in seguito ad alcune difficoltà sopravvenute, l’impresa della Scala aveva pensato di cambiare il repertorio già stabilito pel prossimo carnevale sostituendo alle opere fissate la Regina di Saba di Gounod, ed il Simon Boccanegra di Verdi, espressamente modificato e messo in scena dall’autore. Per quanto riguarda queste due opere, e specialmente il Simon Boccanegra, possiamo assicurare il Pungolo ch’esso fu malissimo informato, non essendovi ombra di vero in tutto quanto ha annunziato in proposito, e però, dove tali informazioni venissero dall’Impresa stessa della Scala, mettiamo in guardia il nostro egregio confratello perchè un’altra volta le ponga in quarantena; in caso diverso a noi pare che il Pungolo faccia la figura di servire inscientemente gli interessi dell’impresa, la quale fa rappresentare con molta disinvoltura a Verdi e Gounod la parte di spauracchi onde forse ottenere alcune condizioni più propizie ai suoi interessi. Oltre che tale modo d’agire manca d’ogni delicatezza in faccia agli illustri autori citati a sproposito, è bene che l’impresa della Scala sappia che nessuno si lascia prendere a simili ballons d’essai, e che in conclusione tali furberie della vecchia scuola e non della scuola àeW avvenire sono davvero le Furberie d’Arlecchino imbrogliato fra due padroni. JiA DIRE^IONR. Dialogo fra un critico ed un maestro • — Buon Dio, non stare a seccarmi col tuo Mozart, sempre col tuo Mozart! concedo che egli abbia i suoi meriti, ma non è compositore così grande come tu dici. — Io ti dico che Mozart... — Non me ne parlare. Che cosa ha egli fatto, gran Dio? ha composto il Freischütz, ecco tutto! — E ti chiami critico! Poveretto, il Freischütz è di Weber. — Di Weber?! Ebbene, che vieni dunque a cianciare di Mozart?... Non ha nemmeno composto il Freischütz! ¥ A Cincinnati si è formata, dicono, una società filarmonica curiosissima, col titolo di Società musicale dei gobbi. Nessuno può farne parte, secondo lo statuto, se non comprovi di avere almeno una gobba. Un rigoroso esame alla spina dorsale dei candidati precede l’iniziazione. ¥ [p. 329 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 331 Un americano, che non sa come meglio spendere il suo tempo, pretende di aver fatto il calcolo esatto che le bocche dei 25,000 cantanti che presero parte alla festa musicale di Boston — quando erano spalancate — potevano coprire una superficie di 736 piedi quadrati!

— «Ebbene figlio mio, come ti sei divertito in teatro, come ti piacque la nuova opera?» — «Alcune cose mi piacquero moltissimo, papà, altre no.» — Per esempio che cosa non t’è piaciuto?» — «La musica.» L’Orchestra, gazzetta musicale che pubblicasi a Londra, dà il seguente prospetto degli strumenti componenti le tre bande musicali che presero parte alle feste di Boston e Nuova-York: la banda dei Grenadier Guards, la Garde Républicaine, la Kaiser Franz Grenadiere: Francesi Tedeschi Clarinetti 9 14 Flauti 2 2 Oboi 4 2 Saxophons 6 — Pistoni 2 — Corni ricurvi 3 — Trombe 3 4 Corni.... 2 4 Bombardini 2 2 Bassi 4 3 Contrabassi 3 — Genis 4 2 Tromboni 4 4 Piccoli corni ricurvi, 1 — Tamburelli 1 1 Tamburi 2 2 Gran cassa 1 1 Cornette — 3 Fagotti — 2 Contrafagotti ’— 2 16 4 1 2 4 2 6 4 4 1 2 1 6 5 Rivista Milanese Sabato, 5 ottobre. È comparso finalmente al teatro dal Verme il secondo spettacolo - il Ballo in maschera, e bastò l’annunzio per chiamar la folla in teatro. Disgraziatamente il meglio che seppe far l’impresa fu appunto l’annunzio, per modo che, dopo un’indigestione di Ugonotti, il pubblico incredulo nella Favorita, implorava ancora gli Ugonotti, e li ebbe per l’ultima volta, a patto di star buono e di credere nei miracoli... e nella Galletti. Quell’ultima rappresentazione del capolavoro di Meyerbeer fu una festa per i coniugi Pozzoni-Anastasi i quali davano l’addio al pubblico. Si sa come il pubblico toglie commiato da quelli che ama; e il pubblico del teatro dal Verme è solo un po’ più chiassoso degli altri pubblici. Gli applausi devono essersi uditi molto lontano. Per oggi è annunziata la Favorita; siccome stamane mi sono svegliato del mio solito umore e non ho sognato cloisonné, e non sento scampanare a festa, può darsi che il miracolo non sia avvenuto, e mi propongo di fare il San Tomaso fino all’ultimo. Del Ballo in maschera dirò... dirò, per essere sincero, che mi era passata in capo la tentazione di dimenticarmene, ma ciò che sarebbe carità per gli uni, diventerebbe ingiustizia per gli altri. Per la signora Saar, per esempio, alla quale parte del pubblico ebbe il torto di far il viso dell’armi; non dirò che sia un’Amelia eccellente; l’e rimane ancora un po’ dell’impaccio che le fu rimproverato quando apparve alla Scala colle vesti di Agata nel Freischütz, e incespica quasi come allora nella pronuncia della lingua non sua, ma è sempre artista eletta per modi correttissimi di canto ed ha la stessa voce soave, pastosa ed intonata, che la mandò assolta in faccia ad un giudice il quale ha diritto di essere più severo di quello del foro Bonaparte. Il tenore Boetti, che pure ha nome di buon tenore, parve debolissimo in fatto di voce e non pose anima nella sua parte piena di passione. Quei che lo conoscono da vicino lo accusano di colpa nera, di aver cioè preso moglie e d’esserne ancora innamorato, non ostante che siano passate parecchie settimane. Il pubblico simili peccati, quando sono accompagnati da stonature, non li perdona, e il tenore Boetti disgraziatamente stonò più d’una volta. Alla seconda sera non parve molto più franco; chi sa che alla terza non sia guarito, e che canti in modo da far parere bugiarde le maldicenze degli amici scapoli. La signora Rizzarelli, il paggio degli Ugonotti, non ha cambiato mestiere ed è diventato il paggio del Ballo in maschera. Il mutar di padrone non le ha molto giovato; la spensieratezza biricchina, frivola, leggiera di Oscar parve porla a disagio più che la vereconda e timida passione di Urbano. Volle essere gioconda e cadde nel convenzionale e nel manierato. Peccato, perchè se la sua voce non è robustissima, ha in compenso maniere di canto eccellenti e vocalizza con ottima scuola. Il pubblico che, a torto od ha ragione volle, tenere il broncio alla Saar ed a Boetti, colla Rizzarelli fu prodigo di applausi e volle perfino la replica della ballata (ahi! troppo ballata) dell’ultimo atto. Oh! chi potesse convincere la signora Rizzarelli che vi hanno applausi che ammazzano! Nel baritono Faentini Galassi ho fatto la conoscenza di un artista che ha voce robusta, pastosa, intonata, pieghevole a tutte le sfumature della tenerezza e della passione; il pubblico con lui non ebbe scrupoli e lo applaudì in tutti i pezzi e in special modo, nelle due romanze che cantò davvero squisitamente. I cori, si capisce che sono quelli degli Ugonotti; avvezzi all’orgia ed al massacro, stonarono ciò che i monelli cantano per le vie con sicurezza; in orchestra ei furono qua e là delle scuciture e qualche strumento fece le sue scappatelle, ma il direttore sig. Kuhon non ne ha colpa, ed ha mostrato che potrebbe essere un buon capitano se tutti i suoi soldati rispettassero il regolamento di disciplina dell’intonazione. Perchè non ei sono i corpi franchi anche per i professori d’orchestra! La Maria di Rohan, un gioiello di Donizetti, ha servito ad inaugurare la stagione d’autunno al Carcano. Vi abbiamo udito un baritono che ha bella e robusta voce, (il sig. Valle), un tenore esordiente che ha voce estesa, calda e canta con passione, (il sig. Ferrari), un contralto mediocre, assai mediocre, un soprano men che mediocre, assai men che mediocre. Per colpa del sesso femminino Doperà di Donizetti che è molto seria, riesci molto amena, ed il silenzio diventa una delle virtù cardinali di chi fa la cronaca. — L’Impresa di quel teatro promette il Faust e YEbrea. Speriamo che Gounod ed Halevy saranno trattati meglio di Donizetti. Al teatro Santa Radegonda non piacque una commedia nuova in un atto di Lazzaro Doti, La morale in pratica. Il lavoretto, che è ben scritto e mostra un giovine d’ingegno nell’autore, cadde per assoluta mancanza di artifizii scenici e per povertà di movimento. P. S. La Favorita non si dà nemmeno stassera; credereste che la Galletti sia costipata?... Calunnie! Essa è sanissima e vorrebbe cantare, chi ne dubita? ma è il baritono Barrè che è ammalato! Disgraziatamente non sarà guarito nemmeno domani, perchè è annunziata la terza rappresentazione del Ballo in Maschera col nuovo tenore Jaulain; Boetti è ammalato! Ha molto da fare il medico in quel teatro! Se la dura ancora un poco, chi curerà poi... l’impresa? 3. p. [p. 330 modifica]332 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO» ALLA RINFUSA

  • Il governo di Melbourne (Australia) intendeva erigere un gran teatro

per rappresentazioni d’opera in musica, ma vi ha rinunziato per l’opposizione che gli veniva fatta dalla Società per la propagazione della morale!! 5^- A Shanghaï (China) alcuni inglesi posero le basi d’una società musicale col titolo: Amateur glee Society of Shanghaï.

  • L’Accademia di Dusseldorf, distrutta dalle fiamme, risorgerà presto con

un altro disegno acconcio agli interessi dell’arte ed a quelli degli artisti. Il Guide Musical di Bruxelles annunzia che un Requiem di Gevaert fu eseguito a Santa Gudula, in occasione della solennità del 23 settembre, con esito splendido.

  • La villa Salviati, a Firenze, già proprietà del celebre tenore Mario, fu

venduta al barone danese Hagermann per 690,000 lire, colle fattorie annesse e cogli oggetti d’arte che contiene. Mario, venti anni sono, l’aveva pagata 400,000 lire.

  • Nel Gran Teatro di Lille furono collocati apparecchi estintori in ogni

piano e ai due lati del teatro, per guisa che dovunque scoppi l’incendio, i pompieri trovano pronti tutti i mezzi di combatterlo prima che si sviluppi. L’Associazione francese degli artisti drammatici ha pubblicato il suo trentunesimo annuario, da cui risulta che le sue rendite sono di L. 76,500, ciò che rappresenta il capitale di un milione e cinquecento mila franchi. E dire che la messa di fondi fu in origine di lire 500! Che non si trovino in Italia 500 lire pei’ tentare la stessa fortuna!

  • Si tratta di ricostruire, con eleganza, l’Arena Nazionale di Firenze; 1 idea

è ottima, perchè il nuovo teatro è in posizione centrale.

  • Anche a Genova è comparso un nuovo giornale teatrale bimensile, che

ha per titolo: L’Unione artistica.

  • È arrivato in Milano il pianista francese D. Magnus il quale forse darà

un concerto. ¥ È noto che in Nuova Jork fu eretta una statua a Shakespeare; ora si tratta di erigerne una anche a Walter Scott.

  • Un principe, dilettante di musica, il duca di Edimburgo, della famiglia

reale d’Inghilterra, ha fatto eseguire per la prima volta nel Rovai Albert Hall di Londra, da cinque bande militari riunite, un valzer intitolato: Galatea. Q Fu trasportato a Vienna l’organo colossale che deve servire per la gran sala dei Concerti del Conservatorio. Lo straordinario strumento era contenuto in 475 casse voluminose; esso è composto di 3,200 canne, e costa 50,000 franchi, più 5,000 per metterlo in opera.

  • Si legge nella Nouvelle Piume di Bruyes:» Ecco una stravaganza che esiste nell’insegnamento musicale all’Ateneo

di Bruges. Il professore di violino della scuola di musica, incapace di fare una semplice scala sopra un pianoforte, o di emettere il menomo suono vocale secondo un metodo qualunque, è incaricato dell’insegnamento del pianoforte e del canto nel regio Istituto.» > Camillo Sivori prese parte ad un concerto a Baden-Baden suonando la sua fantasia sulla Lucia. L’esimio artista, per aderire al desiderio espresso con entusiasmo, dovette eseguire un altro pezzo. ¥ Il deficit alla festa musicale di Boston, cui molti non vogliono credere, esiste davvero e secondo gli ultimi calcoli è di dollari 150,000. Fra i danneggiati contasi anche la Compagnia delle ferrovie di Boston e Albany, che aveva sottoscritto con dollari 10,000 per il fondo di garanzia.

  • Il nuovo Re di Svezia è appassionato dilettante di musica e protegge

in special modo il Conservatorio di Stockolma. Suo padre, Carlo XV, che morì testé a Malmoé, amava pure le arti e le lettere, e pubblicò un libro di versi quasi esclusivamente ispirati dalle leggende e dalla mitologia scandinava. In pittura preferiva il paesaggio. I luoghi accidentati della Norvegia avevano per lui un’attrattiva speciale, ed egli era riuscito a riprodurre con poetica energia le bizzarrie della natura e i furori degli elementi. In una delle ultime esposizioni francesi fu molto ammirato un Chiaro di Luna di sua fattura, che egli regalò al principe Napoleone. Quando nel 1862 si fondò a Parigi la Società dei pittori-incisori ad acquafòrte, il Re di Svezia domandò l’onore di essere ammesso a farne parte, ed ottenne, e diventò valente nell’arte.

  • Teofilo Gautier ha condotto a fine il libretto di un ballo che sarà posto

in musica dal sig. Massenet. Il titolo è Le preneur de rats, titolo bizzarro, che si intende benissimo, dice un giornale francese, da chi conosce la passione dell’autore di Fortunio... per i gatti.

  • Nel nuovo teatro dell’Opéra di Parigi, il vapore sostituirà gran parte

del lavoro dei macchinisti; a Vienna, nel teatro delFOpera, tale sistema è in vigore da un pezzo con ottimo successo. Quel teatro non ha costato che 5,989,800 fiorini, e quel di Parigi, quando sarà finito, avrà costato quattro volte tal somma. ★ A Parigi si aprirà quanto prima una scuola di pianoforte e canto destinata a far rumore. Il programma dei signori Louis Lacombe e m.e Lacombe dice che M.me Lacombe a des moyens sûrs pour créer une voix aux personnes qui n’en ont pas et pour doubler en peu de temps la puissance des voix remar qziables. Questa miracolosa signora non domanda ai suoi allievi che un petto sano e buona volontà (!!!) Leggiamo nella Nuova Roma del 2: Ieri sera ebbe luogo la solenne apertura del teatro Metastasio tutto ridotto a nuovo. Questo teatro che venne costruito dall’architetto signor Carnevali è d’una forma delle più eleganti. I nuovi restauri, consistono nell’aver imbiancato tutta la sala e nell’aver adornato i prospetti dei banchetti con eleganti disegni in oro. Il soffitto è stato dipinto dai signori Mosella e Bianchi. — Il Mosella ha dipinto gli ornati, il Bianchi le sei figure che rappresentano la Commedia, la Tragedia, la Farsa, Metastasio, Gozzi, Alfieri. L’illuminazione a gas è disposta all’intorno dei palchetti e non già nel centro della sala come costumasi negli altri teatri. Un’altra miglioria introdotta in questo teatro sono i posti distinti ai quali si accede pel primo ordine. CORRISPONDENZE ROMA, 3 ottobre. Spettacoli all’Apollo — Ruy-Blas ed Ariella. Dice un proverbio fiorentino che «per via si aggiustano le some.» E questo si potrebbe dire dello spettacolo con cui venne inaugurata la stagione del teatro Apollo. La prima sera parve che la stagione incominciasse sotto cattivi auspici; alla seconda rappresentazione, le cose andarono un po’meglio. Mi studierò di esser imparziale e di esporre tutto il male e tutto il bene che penso di quanto il signor Jacovacci è venuto preparando per gloria e divertimento del pubblico romano. Lo e del volta città. spettacolo è composto del Ruy Blas del maestro Marchetti ballo Ariella del coreografo Pallerini. È questa la seconda che il Ruy Blas è rappresentato sulle scene della nostra Il Marchetti si può dire romano, giacché da molti anni ha qui stabilita la propria dimora. La prima volta che il suo spartito fu eseguito sulle nostre scene gli si volle ricordare il nemo prophela in patria. Io non era ancora a Roma e non udii quella esecuzione, ma mi dicono che fosse tale nel peggior significato della parola. Avantieri a sera, pertanto, si facevano sinceri voti per una risurrezione. Giudicando dall’esito della prima sera, non si può dire che il Ruy Blas si sia interamente rialzato, ma io non dubito che col progredire delle rappresentazioni esso riuscirà ad innoltrarsi sempre più nel favore del pubblico. Infatti iersera (ch’era la seconda rappresentazione) la musica ha guadagnato terreno, gli applausi furono più frequenti e l’esito incerto della prima sera si potè dir mutato in un vorevole successo. Nella compagnia di canto è fuor di dubbio che il buono pera il mediocre. Il re della festa, cosi la prima come la fasu- seconda sera, è stato il baritono Maurel. Voi l’avete conosciuto a Milano ne’primordi della sua carriera. Ora è diventato un artista distintissimo, e non so davvero quale baritono, eccettuato il Cotogni, lo vinca. Aspetto simpatico, modi eleganti, voce bella, pastosa ed estesa, arte squisita, ecco le qualità che si trovano riunite in questo egregio cantante, ch’è pure un valente attore. Bene accolto nella sua romanza del primo atto, continuò ad essere applaudito con entusiasmo in tutto il corso dell’opera. Dopo di lui viene, per ordine di applausi, la signora Flora Mariani che fu un’ottima Casilda. Ha voce di mezzo soprano, un po’ tremula ma simpatica; canta con grazia e promette di camminare sulle orme della sorella che tanto applaudiste a Milano, la scorsa stagione, nel Freischütz. La signora Giovannoni trovasi un po’ a disagio in quest’opera. Le nuoce, in primo luogo, l’aspetto troppo matronale per una giovine regina infelice ed innamorata. Si richiederebbe eziandio un po’ più di passione vera e sentita. In complesso è anch’essa una pregevole cantante, ma avrebbe dovuto esordire in altr’opera. Che vi dirò del tenore Ballerini? La prima sera era indisposto; la seconda stava assai meglio e piacque maggiormente. Neanche a lui, per altro, il Ruy Blas conviene perfettamente, nè io intendo giudicarlo in questo spartito. Mi pare che abbia una spiacevole tendenza a crescere. E questo non è effetto della indisposizione, giacché ricordo di aver notato in lui il medesimo difetto quando cantava a Firenze. Più che da qualunque altra ragione dipende dal modo di emettere la voce. Del resto lo si osserva più o meno, secondo le sere, e questa mancanza d’esattezza nella [p. 331 modifica]333 seguito. È in del 10. non ha non queau- lato GAZZETTA. MUSICALE DI MILANO intonazione toglie pregio alle buone qualità del Bulterini, il quale ha bellissime sovratutto le note acute. Il basso Morroto piaceva assai al Politeama; all’Apollo, come si dice in gergo teatrale, si difende. I cori vanno senza scandali; l’orchestra, diretta dal Terziani fa sfoggio di colori. Vorrei eseguito più delicatamente il terzetto dell’atto secondo, a cui si dà qui un carattere troppo drammatico. Ma in generale è un’interpretazione vivace ed animata. L’opera è posta in scena senza sfarzo straordinario; però decorosamente. Tirata la somma la parte musicale dello spettacolo non è cattiva. Assai peggio va il ballo Ariella del Ballerini composto già da alcuni anni ed eseguito dalla Boschetti che mi dicono fosse nel medesimo insuperabile. La signora Bosè non dispiace, ma non riesce a dar vita a questo componimento coreografico, che si regge più sulla mimica che sulle danze. Il pubblico lo ha trattato severamente. Anche l’esecuzione lascia a desiderare. Il corpo di ballo è mediocre, i ballabili sono eseguiti con poca precisione, le scene sono belle, e la musica del Giorza non è fra le migliori del suo autore. Eccovi fatto in poche parole il bilancio del ballo, che è caduto per non più rialzarsi. La Deputazione teatrale volle la prima sera che il ballo fosse eseguito dopo il secondo atto dell’opera. Il pubblico e la stampa protestano contro questo barbaro costume, ed ora, siccome il ballo non piace è assai probabile che si farà l’opera tutta di prova la Mignon, ma non potrà andare in scena prima L’impresario, convien rendergli giustizia, quest’anno lesinato, ed è stato più disgraziato che colpevole. Il concorso del pubblico fu considerevole la prima sera, scarso la seconda. Al teatro Valle si sta provando V Attila. Altri spettacoli musicali non abbiamo in questo momento. E non abbiamo neppure, per ora, una buona compagnia drammatica. Alamanno Morelli ha levato le tende chiudendo il breve corso delle sue recite col Ridicolo, nuova commedia di Paolo Ferrari. Non ve ne parlo perchè fra breve sarà rappresentato anche a Milano. Prendo soltanto atto del successo favorevole indipendente da qualunque discussione si possa fare sul merito del lavoro. NAPOLI, 2 ottobre. Il maestro Musone ed il suo Camoens — Altri spettacoli — Il Pipelet al Rossini — Lucrezia Borgia al Politeama — I due forzati del maestro Aspa al teatro Goldoni — Le due scuole di pianoforte al Conservatorio — Trasformazione del Conservatorio-Convitto in Liceo Musicale. Quali siano i precedenti del Musone non saprei dirvi, perchè qui sono variamente narrati; altri vuole che, nato da un pizzicagnolo di Casapulla, piccolo paesello in Terra di Lavoro, cominciasse dapprima coll’acconciarsi a bottega di un calzaiuolo, e quindi avesse studiato il modo di adoperare la lesina e le bullette. Poscia entrato come allievo nella banda nazionale del suo comune apprendesse a suonare il quartino, e, che fatti rapidi progressi, corresse qui in Napoli dove fu adoperato fra i secondi strumenti della musica della prima legione della guardia nazionale. Stretta amicizia col figlio del suo direttore, il giovane maestro Napoleone Gatti, che avea testé compiuti gli studii con l’egregio maestro Conti, ebbe cosi qualche lezione di armonia; per pratica cominciò a ridurle per banda e fu poco di poi capo musica in un reggimento di fanteria. Altri vuole che il Musone facesse suoi studii prima con un prete, poi con un di Libero già direttore di una banda musicale nell’esercito borbonico. Ad ogni modo il Musone ha fatto pochi ed imperfetti studii, e lo ingannano gli amici che gli parlano della sua profonda scienza; saranno certamente mossi da intenzioni rette, da lodevoli sentimenti, ma non è a questo modo che si coopera all’incremento di un giovane ingegno. Il Musone ha mestieri di lunghi e forti studi per secondare i doni della natura; egli ha poche ed imperfette conoscenze di una scienza che i più soglion trattare con leggerezza e parlarne quasi con dispregio, forse perchè mai non l’impararono, il contrappunto. E pure il contrappunto è nella musica ciò che l’impasto de’ colori in pittura. Or che si direbbe di colui che si accostasse al cavalletto senza essersi prima esercitato a ben maneggiare i pennelli, a ben conoscere le varie tinte che può dargli la sua tavolozza. Il Musone ha pur bisogno di studiare la disposizione delle voci, che ben spesso trascura, e lo strumentale; perchè nel suo Camoens indovini subito che egli è abituato a scrivere per banda. Ei confonde i generi inserendo talora ne’punti più drammatici de’passi appartenenti allo stile giocoso o medio. Il notare tutte queste pecche quasi quasi mi risparmia una generale disamina, se non che parmi dover ancora notare, ciò che conferma un giudizio emesso testé, che i cori sono poverissimi, e al secondo atto v’ha un finale che altro non è se non un pensiero di cadenze, le quali cadenze fanno spesso capolino quando il giovane autore non sa condurre a termine una frase accennata appena. Non toccherò nè punto nè poco dell’originalità di pensieri; un giovane che comincia non può aver idee proprie e l’imitazione è pur troppo un bisogno della natura umana. Pertanto non mi pare che l’imitazione del Musone sia sterile e fallace, egli si attacca alle note di quell’opera che vuol riprodurre, e sto è pel critico un buon segno; tanto più che il nostro tore lesse abbastanza musica e ne fece prò solamente dal inventivo. Cosi egli vi riproduce i procedimenti melodici del Gounod, del Verdi e fin del Wagner con la sua favella impacciata e balbettante. Del Wagner sì, perchè è sua T idea di far udire sempre lo stesso preludio all’apparire del personaggio medesimo, e il Musone ripete le stesse mosse orchestrali quante volte presentansi in iscena il Camoens ed il duca di Soria che sono i principali interlocutori del dramma del Golisciani. Ed ora un po’ sui particolari: il primo e secondo atto sono al disotto del mediocre. E qui non posso fare di meno di ricordare al Musone che è passata la stagione in cui il dramma per musica scrivevasi con lo scopo di metter in bella mostra l’abilità dei cantanti. E però fece male introducendo nel primo atto un’aria di soprano con un diluvio di note le quali soffocano una bella immagine oppure non pervengono mai a figurarle in tutta la sua purezza. Nel primo atto v’era un grazioso accenno d’una ballata su le parole: Gli altri si sperdono Nella marina Come i fantasmi D’un primo amor ma poi l’autore perdesi nel campo del barocchismo e l’idea primitiva che cominciava col farvi piacere vi turba invece. Il terzo atto è migliore dei due primi ed il quarto ancora più del terzo. Gli assoli del Camoens sono quasi sempre affettuosi: e per finirla permettetemi che io esprima con una sintesi tutto ciò che sento. Il Camoens rivela nel suo autore un giovine di belle speranze, ma non ancora un compositore, non un maestro. Intanto il Fondo ha chiuso le sue porte e dicesi voglia il Trisolini continuare ancora un poco a dare spettacoli, trasportando i penati nel teatro dei fratelli Grégoire, ma non mi rendo mallevadore delle verità dell’asserto. Intanto di spettacoli musicali qui abbiamo abbondanza: al Rossini, al Politeama, al piccolo Goldoni, che ora chiamasi dei buffi napoletani, e fra breve anche al Teatro Nuovo. Dopo il Furioso al Rossini abbiamo avuto il Pipelet nella quale opera ha esordito la signora Ida Valburga-Melloni, che ha voce discreta e canta benino; presa da gran panico sulle prime tremava come una foglia, ma incoraggiata andò innanzi benissimo, fu applaudita assai e le fecero ripetere il bolero. Il tenore è lo stesso che cantò il Furioso, il Cosmi, ma non sapeva quel che facesse, credo abbia soltanto adesso imparato la parte di Carlo; abbastanza brio addimostrò il Gizzi (Cabrion) ma non ha molta voce; eccellente protagonista fu il buffo Apolloni. Al Politeama abbiamo avuto una Borgia un pochino maltrattata. La Pirola che il manifesto battezzò prima donna di car [p. 332 modifica]334 GAZZETTA MUSICALE DI MILANOfello, lia una voce potente; peccato che spesso sconfina e canta costantemente falso. ìNon disse a modo un recitativo solo, ma l’aria finale fu cantata da lei egregiamente. Il tenore Parisotti accentò bene molte frasi, segnatamente la celebre del terzetto nel secondo atto. Gli {altri avrebbero ben volentieri mandato tutto a soqquadro. A questo teatro parlasi ora di dare I Lombardi; verrebbe, secondo quel che dicono il Bancardi, ciò che mi meraviglia molto perchè l’ex tenore cantò da baritono per una sola sera e poi non potè andare innanzi. 1 due Forzati all’ex teatro Goldoni sono andati benino; la musica è del maestro Mario Aspa, fecondo, ma poco originale compositore dell’epoca che le opere improvvisavansi. Ora questo spartito è ricoperto tutto di patina, direbbe un pittore, e non è pei tempi che corrono. Immaginate che il punto più drammatico dell’opera è accompagnato con certi scherzetti di violini! Fra gli esecutori v’è una prima donna Rosa. La rosa è la regina d’ogni fiore, ma la Rosa non è la regina delle prime donne, e per dippiù cantò m ’chiave non sua, chè ha voce di mezzo-soprano, e la tessitura della sua parte è di soprano sfogato. Il tenore del Giudice ha mezzi ingrati, ma dimostra molto zelo, e il buffo Francesco Savoja è una cattiva copia di un buon originale, l’egregio suo genitore Pasquale. Qui sarebbe finita questa corrispondenza, ma poiché qualche amico ch’io stimo molto interrogavami per conoscere se, nell’ultimo mio corriere parlando delle scuole di pianoforte, avessi avuto deliberato proposito di confondere in un solo fascio le due esistenti nel nostro Conservatorio, debbo ancora scrivere perchè non vorrei che questo dubbio balenasse per la mente di molti. Gli è perciò che a dileguarlo replico che io volli intendere solamente di fare un confronto fra la scuola del Coop e quella del Russo, perciocché quella finora non è stata fruttifera in bene, ed in cinque o sei anni non produsse alcun allievo segnalato, mentre questa mise fuori eccellenti artisti, fra’ quali il Palumbo, il Cutola che mori, il Simonetti, e, se mal non m’appongo, il De-Crescenzo. E se quel parallelo feci fu solamente perchè la scuola del Russo fu trattata in modo indegno da uno che ignora di cose musicali, e tanto più rimpiangeva quel procedere in quanto che per fare lode sperticata ad una scuola si era voluto malmenarne un’altra, e scrivere quelle lodi a proposito di un saggio fatto a porte chiuse, alla presenza solamente de’ componenti il consiglio direttivo del Collegio. Era ben fatto ciò? Mi dorrebbe pertanto se le mie parole non fossero state precise interpreti del mio concetto, quindi mi vedo costretto a dichiarare che non devo essere confusa la scuola del Coop con quella del Cesi, le due del nostro Conservatorio. Questa seconda è stata sempre produttiva di egregi pianisti fra’ quali il Caracciolo, il Gonzales, il Colelli ed altri artisti sicuri del fatto loro, e qui molto stimati. Ed a proposito del Collegio nostro, ho una nuova da darvi; trattasi di convertirlo da convitto in liceo. Ne son lietissimo, tanto più che io fui uno de’ più ardenti fautori di questa riforma, e nel Congresso musicale che si tenne qui, visto che taluni, e pochi, osteggiavano questo disegno, ebbi a sciamare poco parlamentarmente è vero, che potevano misconoscere i vantaggi di questo mutamento soltanto coloro che avevano interesse a mandare innanzi il convitto o chi non vedea più in là del proprio naso. La ragione perchè il Ressi non si diede prima pensiero di questa giusta riforma, voi la sapete già, chè non era in vigore, il nuovo regolamento. Ora l’illustre Direttore diede facoltà all’avvocato Persico di leggere tutte le disposizioni ereditarie, e salvo in una, non si trovò nelle altre il precetto di dar da mangiare, da vestire e l’alloggio agli allievi. Ora anche posto che gli eredi ultimi di chi dispose l’assegno annuo di L. 42 50, pari a ducati dieci, purché in certi determinati di dell’anno si desse un piatto ai poveri allievi, revocassero quel donativo, il Collegio non si chiuderebbe per questo. Chè, sappiatelo pure, una delle ragioni che i fautori del Convitto facevano valere, era appunto questa, che il Collegio non poteva più tenersi in piedi, tosto che gli allievi fossero esterni. Noi dalla diligente operosità del Comm. Rossi tutto ora attendiamo di bene, e speriamo che tosto il desiderio de’più caldi amici dell’arte possa essere un fatto compiuto (1). ^.CUTO. GENOVA, 2 ottobre. Teatro Doria — Roberto di Normandia — Teatro Paganini — Ripresa del F aust di Gounod. Le novità si succedono e si rassomigliano, e quasi quasi volendo parlare dei cosidetti artisti del teatro Doria che sabbato sera ( 28 settembre ) rappresentarono l’opera Roberto di Normandia dei maestri Denina e Cordiali, potrei dire alterando il verso del sommo poeta: «Diversi urli, orribili stonate, eco., èco.» Povero, mingherlino e sragionato è il libretto di un certo Toussaint, il quale deve molto ringraziare tutti i santi se il suo parto ebbe l’onore della stampa. Quantunque l’autore in una prefazione chieda scusa d’aver trattato l’argomento stesso che il Meyerbeer musicò così felicemente, pur si condanna da sè, nel conchiudere che egli lasciando il fantastico volle attenersi al vero, quasiché vero ei fosse. Della musica di questo dramma in quattro atti e otto quadri meglio sarebbe il tacere, chè troppo avrei a dire per compensarmi delle continue offese acustiche sofferte per quattro ore. V’ha semplicità, e forse troppa; melodia plateale e infantile, controsensi fonetici e scorgesi persino la nessuna conoscenza degli effetti scenici, perocché l’orchestra è sempre fragorosa quando cantano soprano o tenore, ed il contrario avviene nei corali e nei pezzi d’assieme. L’esecuzione fu infelice e il pubblico, paziente durante tutta l’opera, alla fine fece giustizia. Con tutto ciò si ripetè e si ripeterà ancora questo ridicolo Roberto di Normandia, il quale appare ancor più deforme e sconcio, dopo la riproduzione, per quanto meschina, della povera Norma. Ad ogni modo i buonissimi frequentatori del Doria, contenti come una pasqua, si assoggetteranno ad assistere alle ulteriori parodie della Traviata e del Trovatore, già annunciate, e continueranno ad andare in visibilio alle danze grottesche, ma abbastanza bene eseguite, della Barbisan. Deposto lo scudiscio e il broncio contro i profanatori dell’arte, il critico riprende la sua serenità per dire del Faust di Gounod, andato in iscena domenica sera (29 settembre) a quell’elegante e vasto ritrovo che è il Paganini. Non vi parlerò dello spartito chè su queste stesse colonne ne ho già discorso più volte, e perciò non accennerò che alla esecuzione, quantunque sulla musica del Faust e sulla maniera di Gounod inesauribile sarebbe l’argomento. Mi perdoni il mio amico maestro Grimaldi, che concertò lo spartito, se gli faccio carico d’aver precipitato un poco troppo, di non aver curato abbastanza i tempi, studiando più attento e la situazione drammatica e l’intenzione dell’autore. Da questa precipitazione derivò che l’orchestra non potè cosi marcare quei chiari e scuri, quegli effetti armonici, quella riproduzione degli umani sentimenti che altre volte nella stessa sala abbiamo potuto ammirare quando la bacchetta di Mariani magnetizzava professori e cantanti. Nè per questo ritengo che il direttore d’orchestra maestro Corradi mi farà perciò il broncio, ma conviene che egli confessi che ho ragione, e che l’abitudine di dirigere balli, reca talvolta nocumento nella direzione del? orchestra in drammi musicali. Chi tiene la bacchetta della direzione deve occuparsi di tutti gli elementi che ha sotto di sè, affinchè lutti concorrano allo scopo della felice riproduzione dello spartito, e non guardare solamente le carte musicali che sono sul leggìo. Tenendo fìsso lo sguardo sulle note, non si può esser pronti ad aiutare l’artista sul palcoscenico, quando per una combinazione qualunque tentenni. (1) Contrariamente all’opinione del nostro egregio corrispondente, crediamo che l’abolizione del convitto sarà cosa nocevolissima. La Direzione. [p. 333 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 335 Premesso ciò, il Faust come venne riprodotto al Paganini, piacque ad un affollatissimo uditorio; la Spaark-Maresi cantò ed agi nella scena dei gioielli molto bene, e riprodusse con grande verità il carattere ingenuo della tedesca contadina quale il Goethe la dipinse. Faust rappresentato dal tenore Karl, è deboluccio e freddo, la sua voce non è sempre certa, quantunque tal volta ascenda abbastanza per strappare applausi. Mefìstofele è il baritono Brandini abbastanza noto per essere uno dei migliori interpreti di questo difficile carattere, e non ismentì la fama. Brandini non ha gran voce, non è gran cantante, ma è un bravo attore, non cadde nel triviale ed anzi fu sempre verosimile nella raffigurazione dell’ideale genio del male; nella scena delle croci fu applauditissimo. Caravatti (Valentino) e la Stoika (Siebel) fecero abbastanza bene — Marta svisa la parte, atteggiandosi più a compiacente amica d’woa cocotte che alla severa parente della rigida Margreth. Cori debolucci, mise en scene economica, ballabili di cattivo gusto eseguiti da ballerine sulle quali gli studenti di clinica medica potrebbero fare a meraviglia i loro studi d’osteologia. JV p. p. P-AJRIGrl., 2 ottobre. Apertura del teatro Italiano: la Traviata — L’Ateneo: Z’Alibi — Un melodramma al teatro del Vaudeville. Non ho già interrotte, per qualche settimana, le mie lettere ebdomadarie per negligenza o per bisogno di andar a respirar l’aria libera della campagna, ma per assoluta penuria d’argomento. Non volendo scrivervi che non aveva nulla a scrivervi, ho preferito astenermi. Il settembre è il mese meno musicale di tutto l’anno a Parigi. Ma ottobre è arrivato, e i teatri lirici cominciano ad aprirsi l’un dopo l’altro. Ieri il teatro Italiano ha dato l’esempio; fra tre giorni l’Ateneo schiuderà di nuovo le sue porte, con una novella direzione e sarà tutt’altro di quello che è stato fino ad ora. L’antico direttore volle tener alto e fermo il vessillo dell’arte e questo lodevole sforzo lo condusse ad un bel fallimento. Il novello non sarà cosi scrupoloso; sembra risoluto a mantenersi negli stretti limiti dell’opera comica e dell’operetta. Nè ha torto; la sala è così angusta, che tornerebbe ben difficile il farvi rappresentare le opere che abbisognano di numeroso personale di cori. I Masnadieri di Verdi, benché il successo ne fosse stato felicissimo, si risentivano delle esili proporzioni della sala. Il teatro Italiano ha dunque inaugurato, iersera, la novella stagione musicale, ed ha dato la Traviata, con due nuovi artisti, nuovi per Parigi beninteso: la Torriani ed il tenore Ugolini; il baritono era una nostra antica e gradevole conoscenza, Napoleone Verger, fratello dell’impresario. Molto bella la sala, a questa prima rappresentazione il pubblico era eletto ed elegantissimo. Da ciò vedo che Parigi non domanderebbe meglio che continuare ad andare al suo bel teatro Italiano; che è stato sempre il più splendido in questa capitale. Vi si va come ad una festa da ballo; la più parte delle donne vi si mostra coi fiori nei capelli e coi diamanti al collo. Ma bisogna profittare il più che si può di questo buon volere del pubblico, cercando di non farlo pentire’ d’avere speso il suo danaro, sopratutto quando si pensa che il prezzo dei palchetti o delle scranne di tribuna e d’orchestra è abbastanza alto. Convien dire ancora che il pubblico è divenuto più esigente e più difficile ad esser soddisfatto, e ciò dopo aver inteso su quella stessa scena artisti di primo ordine. Per esempio, la parte di Violetta, affidata altravolta ad Adelina Patti, diviene una difficoltà per una novella artista, qualunque sia, ed in ispecie per una esordiente. La signora Torriani ne è uscita onorevolmente; ed è tutto quello che posso dire di lei. Non già che non sia stata ben accolta; al contrario, a quando a quando ha meritato ed ottenuto il plauso, in un teatro ove la claque è fortunatamente ancora ignota. Essa ha assai ben cantato, benché in vari punti con una certa mollezza che neutralizzava le simpatie del pubblico; ed ha agito assai meglio di tutte o quasi tutte quelle che l’avevano preceduta nella parte di Violetta. Ma qui ove l’abilità dell’artista drammatica è valutata quasi allo stesso modo che quella dalla cantante, le qualità spiegate dalla Torriani come attrice sono state abbastanza pregiate ed han fatto appesantir un po’ meno i più restii su quelle che essa avrebbe potuto mostrar come cantatrice. Se non fo errore, questa nuova cantante non è nuova costà. Mi si assicura essere un’alemanna, signora Tornguist, ed aver esordito al Carcano. Poco importa; ora è qui ed ha potuto essere scritturata al Teatro Italiano. Il successo di stima ottenuto ieri sarà bastevole per lei? Non so; ma, a meno che questo successo vada crescendo in altra opera, non sarebbe bastante pel pubblico del Teatro Italiano. Il tenore Ugolini, di cui anche prima d’averlo inteso sulla scena, si esaltava la bella voce, non ha fatto avverare le speranze che la direzione aveva fondato su lui. Comincio dal dire che ha avuto il torto di esordir nella parte d’Alfredo della Traviata, parte che esige una certa eleganza della persona ed una distinzione nelle forme. Qui si tien molto più conto che altrove di quel che chiamasi le physique de l’emploi, e veramente il tenore Ugolini, che forse sarà molto migliore in altre opere, non giustificava che mediocremente la sventurata passione di Violetta. Aggiungete che aveva una bella paura del pubblico, e comprenderete il perchè l’accoglienza fattagli, senza essere affatto sgradevole, è restata ad una temperatura di cerchio polare. Il baritono Verger ha trovato il mezzo di far salire il termometro della sala ch’era rimaso al di sotto dello zero. È stato caldamente applaudito. L’avverbio è di opportunità. Per ritornare all’Ateneo, dirò che l’opera annunziata pel 5 corrente (serata d’apertura), e che probabilmente sarà ancora ritardata ha per titolo T Alibi; è in tre atti; parole di Moineaux, musica di Nibelle. Per una convenzione fatta tra il direttore dell’Ateneo da una parte, ed il signor Avrillon del teatro di Brusselle, T opera del Nibelle dovrà essere rappresentata la stessa sera a Parigi e nella capitale belga. Il nuovo impresario dell’Ateneo, il sig. Ruelle, lo stesso che ha tradotto i Masnadieri del Verdi in francese, ha scritturato espressamente Mad.a Girard, già artista del Teatro Lirico e poi deM OperaComique. Finora è il solo nome ben noto e di qualche valore che sia sul cartello; ma non si può giudicar degli altri prima d’averli intesi. Non è tutto. Il teatro del Vaudeville alla cui direzione prende attualmente parte l’ex direttore del Lirico, il signor Carvalho, ha tentato di fare un’innovazione, vale a dire di dar un lavoro drammatico al quale la musica darebbe maggior attrattiva. Non è nè un vaudeville come quelli sinora rappresentati, nè un’operacomica o altro simile. Gl’intermezzi degli atti sono riempiti da pezzi d’orchestra, come altrettante piccole sinfonie o ouverturesche indicano il più possibile il carattere dell’azione che succederà. Inoltre vi sono varii cori, cantati nelle quinte. Per ultimo, nei momenti più drammatici o più patetici, l’orchestra accompagna sottovoce la declamazione degli attori. V’era già qualche cosa di simigliante nei drammi dei teatri di genere. Questa volta l’importanza data alla musica è maggiore. Il dramma (o melodramma, come si usa chiamarlo qui), è intitolato YArlesienne; esso è di Alfonso Daudet, la musica è del maestro Bizet, autore di quella tal Princesse jaune di cui vi ho già parlato in una mia precedente lettera, e che fu data con un tal qual successo di noia Opéra-Comique. Mi affretto a dire che, essendosi limitato ad un preludio, agl’intermezzi degli atti ed a tre o quattro cori, è stato assai più felice. Non potendo consolarsi di non esser più direttore d’un teatro di musica, il Carvalho ha voluto far alla musica una parte più generosa, foss’anco in un teatro di prosa; ecco perchè si è diretto ad un compositore per fargli scrivere il preludio, gl’intermezzi ed i cori dell’Artesiana. Sventuratamente il dramma del Daudet scritto con molta grazia e molta delicatezza, è piuttosto una miniatura che un quadro a tocchi arditi, come lo esige il teatro. Si è dunque renduto giustizia all’ingegno dell’autore, ma non credo che la sua Arlesiana avrà lunga vita; e non con [p. 334 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 336 siglio alcuno dei poeti italiani di servirsene per trovarvi l’argomento d’un libretto per musica. Per dirlo in poche parole, l’azione drammatica manca completamente. — Come trovate questo dramma? domandava qualcheduno uscendo dal teatro ad un suo amico. — Il dramma? Non l’ho trovato, rispose argutamente l’altro. Ed aveva ragione. Invece come lavoro letterario, è degno di ogni elogio; un vero idillio, un’egloga piuttosto, adorna di vaghe e fresche immagini e scritta con una delicatezza rara. E l’opera d’un poeta più che quella d’un drammaturgo. Rimandiamo al prossimo numero la pubblicazione della corrispondenza nuta troppo tardi. da Berlino perveFIRENZE. Al teatro Rossini trionfa II Nuovo Figaro col buffo Scheggi. Alle Logge si rappresenta da parecchie sere con ottimo successo L’Ombra di Flotow. LUCCA. La Lucrezia Forgia, eseguita dalle signore Potentini e De Sassi, dal tenore Vanzan e dal basso Cima, ebbe accoglienze entusiastiche. La tentini, Vanzan e Cima ebbero applausi senza numero. PoCo- paio TRIESTE. Ci scrivono in data del 3: — La stagione autunnale al munale fu inaugurata col Guarany del maestro Gomes, che, dopo un di rappresentazioni incerte, si può dire assicurato. A molti pezzi il pubblico applaudisce, e trova che la musica, sebbene piena di reminiscenze, ha forza e colore e che l’istrumentazione è lodevole. L’esecuzione fu assai buona, ed ha grandissima parte nel lieto successo; la Vizjak e Capponi ebbero i primi onori; bene assai Pantaleoni e Povoleri; discreto il basso Gimeno. Si preparano gli Ugonotti, in cui applaudiremo di gran cuore il Maini. ODESSA, Il 18 settembre andò in scena la seconda opera della stagione, I Caputeti e i Montecchi, in cui ebbero molti applausi e chiamate le brave signore Biancolini e Tagliana e il Cantoni. BUENOS-AYRES. Nella Semiramide, furono molto festeggiati la signora Marziali Passarmi ed il baritono Guadagnini. Buoni i cori e l’orchestra; ottima la messa in scena. LIPSIA. li Amleto di Ambrogio Thomas andò in scena al teatro di Città. La musica, scrivono i giornali tedeschi, rivela un lavoro accuratissimo, ma manca d’ispirazione e di anima I pezzi meglio riusciti furono la scena colla pantomima (finale del secondo atto) ed i ballabili. Ciò è troppo poco. OMBURGO. Al teatro Italiano l’Esmeraida del maestro Campana ebbe un altro trionfo. Esecutori erano: Adelina Patti, il tenore Corsi e il baritono Verger. Parecchi pezzi furono fatti ripetere, fra cui il quartetto, il bolero della Patti, un brindisi del tenore e una romanza del baritono. NOTIZIE ITALIANE — Bellagio. Lunedì 30 settembre, nel Salone dell’albergo della Gran Brettagna ebbe luogo uno splendido concerto a beneficio dell’asilo infantile. Furono eseguiti vari pezzi di Rossini, di Verdi, di Meyerbeer, di Campana, di Girompini, di Auber, di Flotow, di Gounod e di Wieuxtemps, e tutti ebbero applausi; citiamo fra i più applauditi una mazurka di concerto del signor Mires, eseguita dall’autore, la sinfonia della Muta di Portici, eseguita stupendamente a 4 mani dal Girompini e da un suo allievo di 13 anni appena, certo De-Simoni, un Preludio ed Ave Maria per soprano, del Girompini, VInno a S. Cecilia, di Gounod per violino, pianoforte e fisarmonica e lo Jankee Doodle, per violino, di Wieuxtemps, benissimo eseguito dal signor Mires. Grande fu il concorso dei villeggianti, ed il concerto fruttò oltre lire 500 all’asilo. — Firenze. L’accademia del Regio Istituto Musicale ne fa sapere l’esito del concorso di composizione di una fuga a tre soggetti aperto col programma del 2 gennaio 1872. Quattro composizioni furono presentate, ma siccome nissuna rispondeva alle condizioni di forma indicate dal programma, fu deliberato di non farsi luogo allo scrutinio per l’aggiudicazione del premio. — Foligno. La sera del 24 settembre, nel teatro Apollo fu data un’accademia vocale ed istrumentale a beneficio della Società Operaia e degli Istituti di beneficenza. Vi presero parte il celebre baritono Cotogni che ne fu iniziatore, le signore Caracciolo e Bianchi Montaldo, i baritoni Cresci e Quintili-Leoni, il tenore Masini, il basso Fiorini, l’arpista signora Paini e i violoncellisti Sbolci, Dini, Pontecchi e Castagnoli. Vi furono applausi entusiastici a tutti, ma il maggior trionfo toccò al Cotogni, di cui i giornali locali parlano con un lirismo sincero. NOTIZIE ESTERE — Smolensk. Allo scopo d’innalzare un monumento alla memoria del celebre compositore J. Glinka fu aperto un concorso, al quale saranno ammessi gli scultori di tutte le nazioni. — Parigi. Arban fu definitivamente nominato successore di Strauss ai balli dell’opera. — Ostenda. Vieuxtemps e Giuseppe Wieniawski hanno dato il 7 settembre un magnifico concerto nella sala del Casino. Un pubblico numerosissimo ha applaudito i due artisti eminenti con entusiasmo. — Kieu. La scuola di musica fondata nel 1869, sotto il patronato della Gran Duchessa Elena Pawlowna e sotto la direzione del consigliere aulico Pfeunig ottenne, dall’imperatore un capitale di fondazione che le assicura in avvenire l’esistenza. — Nuova York. Si legge nell’Eco d} Italia del 14 settembre: Giovedì sera la Società Filarmonica di qui offrì una brillante serenata al celebre pianista Rubinstein al Clarendon Hotel. 5,000 persone presero parte alla non comune dimostrazione e con ripetuti evviva vollero dare il benvenuto al classico compositore e concertista, il quale visibilmente commosso, ringraziò la moltitudine di tanto onore. — Lubiana. Sotto il nome di gasbena matica si è formata una Società allo scopo di promovere la letteratura musicale slava. A darà premii per composizioni, pubblicherà buone composizioni scuola e da camera, avrà cura di radunare una collezione di slavi ed aprirà scuole popolari pel canto corale; la. Società tal uopo essa da chiesa, da canti nazionali fonderà inoltre una biblioteca musicale, che col tempo dovrebbe comprendere possibilmente tutte le composizioni e metodi musicali slavi od altre opere in tutte le lingue. La Società conta pure di dare concerti-modelli. — Barcellona. Un festival avrà luogo quanto prima nella Plaza de Toros; vi prenderanno parte 450 coristi e un’orchestra di 200 professori, diretti dal maestro D. Francisco Porceli, la banda musicale del l.° reggimento d’artiglieria e i tamburi dello stesso corpo, in tutto 720 esecutori. POSTA DELLA GAZZETTA Signor A... F... — Piacenza — N. 198. Avete spiegato la Chiave Diplomatica non il Rebus. Ad Acuto — Napoli. Vi raccomandiamo di tenervi più breve; lo spazio molte volte ei manca e ei duole adoperare le forbici. Compagni di brigata assai ciarliera, Di cinque dista dal secondo il primo; Largo l’intero chi ha sudato spera. Quattro degli abbonati che spiegheranno la Sciarada, estratti a sorte, avranno in dono uno dei pezzi enumerati nella copertina della Rivista Minima, a loro scelta. SPIEGAZIONE DEL REBUS DEL NUMERO 38: Nessun medico erede a medici. Fu spiegato esattamente dai signori: Ing.e Pio Pietra, Giuseppe Onofri, Luigi Stame, Camillo Ciccaglia, avv. Baldassare Bottigella, G. Piccioli, maestro Giuseppe Falavigna, Camillo Cora, Ernestina Benda, Pietro Bonacossa, Gaetano Grilli, Pietro Zan, prof. Angelo Vecchio, Orazio Zunica duca d’Alessano, G. B. Ortelli. Estratti a sorte quattro nomi, riuscirono premiati i signori: Orazio Zunica, Gaetano Grilli, Pietro Bonacossa, Ernestina Benda. Editore-Proprietario TITO DI GIO. RICORDI. Oggioni Giuseppe^ gerente. Tipi Ricordi — Carta Jacob.