Gazzetta Musicale di Milano, 1872/N. 37
Questo testo è incompleto. |
◄ | N. 36 | N. 38 | ► |
-ZVIUKTO 2C3CVII- ISF. 3 7 15 SETTEMBRE 1872 KBDATTOKH SALVATORE FARINA SI PUBBLICA. OGNI DOMENICA CARLO LUIGI HANSSENS Nato a Gand nel 1802, non deve che a sè stesso, alla buona costituzione fìsica di cui era dotato, a’suoi coscienziosi studi l’alta posizione che si è fatta nel mondo musicale. Passò molti anni in Olanda, vi divenne direttore d’orchestra del Teatro Nazionale di Amsterdam, nel 1822, ed un balletto messo in iscena nell’istesso anno e che ottenne splendido successo, segnò il suo primo passo come compositore. Questo spartito fu causa di difficoltà pecuniarie, per cui Hanssens fece ritorno nel Belgio. Fin dal 1824, dopo una brillante cantata scritta per un concerto dato a benefìzio dei Greci, fu nominato secondo direttore d’orchestra al Teatro della Monnaie a Brusselle, e tre anni dopo guadagnò al concorso il posto di professore di armonia e di composizione nell’in allora Scuola reale di Musica. Dopo il 1830, Hanssens fe’ritorno in Olanda e vi scrisse gran numero di opere, sinfonie, ouvertures. Recatosi a Parigi (1834) venne in breve tempo nominato secondo direttore d’orchestra e compositore del teatro Ventadour. Diresse in seguito, per poco, il teatro francese di La Haye, compose per l’Istituto d’Olanda un Te Deum, che questa intelligente compagnia fece stampare e pagò regalmente. Fece poscia ritorno a Parigi, ove pubblicò parecchi concerti per violino e clarinetto e alcune sinfonie in istile leggiero. Nel 1837, il governo belga si ricordò di lui e gli die’ l’incarico di comporre una messa di Requiem, opera molto ammirabile, che ebbe l’onore di parecchie interpretazioni. E qui incomincia veramente la carriera belga di Carlo Luigi Hanssens. Non vi ha cultore di musica che non conosca ciò ch’egli ha fatto successivamente e come direttore d’orchestra a Gand, e come direttore della Società reale della grande Armonia di Brusselle, e come direttore d’orchestra del Teatro reale della, Monnaie e come direttore superiore della sezione corale della Grande armonia e come direttore d’orchestra della Società degli artisti di musica di Brusselle. Egli era membro del giuri di tutti i grandi concorsi di composizione e di esecuzione e diede alla luce produzioni sinfoniche ed opere di canto d’insieme d’inestimabile valore. E fuor di dubbio che Hanssens ebbe larghissima parte nel progresso belga dal 1837 fino al giorno della sua morte. Ad uno sguardo sicuro, ad un eletto ingegno accoppiava buona erudizione ed in questo lungo tratto di tempo acquistò, si può dire, una inarrivabile esperienza. Pochi direttori d’orchestra riunivano come Hanssens, ad un grado si elevato tutte le qualità richieste per questa carica. Non si lasciò mai pigliar la mano dai suoi dipendenti esecutori, non fece mai al gusto alcuna momentanea concessione indegna d’un maestro che si rispetti, nè mai fu al disotto degli effetti a prodursi per quanto grandi ed imponenti essi fossero. Così Meyerbeer ed altri illustri compositori gli resero soventi volte giustizia, con lettere passate nel dominio del pubblico, e delle quali ogni suo compatriota ha dovuto andar fiero. Di braccio sicuro, egli aveva una straordinaria abilità nel conoscere il debole degli esecutori e e quella degli autori. Conosceva altresì ciò che qualunque direttore d’orchestra deve conoscere, il carattere delle scuole, la varietà degli stili; ed allorché, avuto riguardo alle nuove proporzioni uditive, con un personale più numeroso, in una sala più grande, era necessario rinforzare le masse, equilibrare gli effetti, sapeva supplire in modo maraviglioso gli autori. Come Costa di Londra, come Ferdinando Killer, come Gevaert, era capace di tradurre il Messia di Handel, l’Israel in Egitto od i capilavori di F. S. Bach, in orchestrazioni moderne: gli artisti di musica che conoscono le proporzioni sinfoniche e corali dell’Inghilterra e delT Alemagna e che hanno avvicinato Hanssens, non possono non convenirne. Simile ad un comandante di esercito degno di questo nome, Hanssens era severo senza essere impetuoso. Sempre padrone di sè stesso, il suo giudizio era rapido, esatto e di solito prevaleva nei giurì, dei quali era chiamato a far parte. La sua parola aveva tale impronta di franchezza e di verità, che ’tagliava netto la discussione. Ma è sopratutto quando si trovava al GAZZETTA MUSICALE DI MILANO T estero e che assisteva da semplice curioso ad un’interpretazione musicale, che si faceva palese T abilità con cui sapeva immediatamente sceverare il lollio dal buon grano e pesare ad un tempo il direttore, gli esecutori e lo stesso autore. Ducici al vivo che Hanssens non ne abbia tramandato i suoi studi sulla direzione dell’orchestra nelle modificazioni della moderna fattura istrumentale, sulle qualità e sui difetti delle numerose scuole, di cui ebbe ad interpretare gli spartiti. Questo maestro, e come compositore e come intraprenditore, ebbe pure gran parte nel progresso della sinfonia propriamente detta e del canto d’insieme nel Belgio. Vi hanno’ pagine dei suoi oratorii, che i più celebri maestri non sdegnerebbero d’aver scritto. Le sue opere religiose hanno tutte uno stile severo e grandioso. Molti dei suoi cori servirono di modello in Francia ed in Germania, e più volte egli ebbe gli onori della composizione del premio detto d’eccellenza per i concorsi delle società corali. Ora per scrivere siffatta maniera di cori non basta essere scienziati, ma bisogna anche conoscere le forze relative che possono produrre i circoli concorrenti; e siccome le vere società corali non datano che da una trentina d’anni, la materia era nuova e tutto era da creare. Hanssens al pari di Soubre, di Limnander, di Lintermans, e soprattutto di Gevaert, riuscì a formar scuola. Ed ecco, crediamo noi, numerosi titoli alla riconoscenza degli amatori dell’arte e se non volessimo essere concisi, ne troveremmo assai più. Riassumendo, Brusiscile e tutto il Belgio musicale poterono apprezzare per lunghi anni il valore di questo grande artista. I suoi spartiti rimarranno per la generazione che verrà, ma solo i suoi contemporanei potranno apprezzare i servigi che egli rese praticamente. Negli ultimi tempi della sua vita, osiamo dirlo, non si fu riconoscenti verso di lui. Non voglio qui far carico a chicchessia. Quel passato è ancora troppo a noi vicino, nè giova arrestarvici. Ma io mi lusingo d’essere di coloro che l’hanno sempre applaudito caldamente, benché fuori del terreno neutro delle arti non vedessi alla sua maniera. Inoltre ero di quelli che non gli dovevano nulla ed avevo da questa parte una libertà... che altri non saprebbe vantare. Hanssens morì cristianamente. Il mio amico, il cavaliere de Burbure de NVeezembéeck, gli consacrò una bella notizia nei fascicoli dell’Accademia Reale del Belgio. CAV. y AN ÏJlLWYCK. Sabato, 14 settembre. Anche a nascere pazienti e rassegnati come una seconda edizione di Giobbe, e colle migliori disposizioni possibili a lasciarsi menare per il naso, a volte per non perdere la pazienza e la rassegnazione si è costretti a ribadire le due virtù con quattro buoni sacramenti, appunto come faceva Giobbe buon’anima sua. Dica chi legge se il teatro al Foro Bonaparte, colle sue varietà di nomi, col suo annunziare e differire di giorno in giorno l’apertura infallibile, e fallita sempre, non gli ha posto sulla coscienza un paio di accidenti inviati all’indirizzo di gente che non sa che farsene e che non se li merita. Perchè, dopo tutto, APPENDICE LA SORELLA DI VELAZQUEZ LEGGENDA STORICA DI MARIA DEL PILAR SINUÉS DE MARCO VERSIONE DALLO SPAGNUOLO DI DAN IELE RUBBI (Cont. e fine. Vedansi i N. 25, 2p, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35 e 36). Enrico era inflessibile; io m’inchinai soffocando nel cuore il pianto che quella durezza gli strappava, e lo sposo mio scomparve senza stringermi la mano. Ma Duyweque dormiva già il sonno degli angeli, e io tornai ad Anversa per vegliare su Anna. Tuttavia, il palazzo di mio marito mi soffocava; mi sentiva sollevare vicina alla tomba della figlia, frutto del mio santo amore; d’altra parte io amava molto Enrico, e l’idea di soddisfare un suo desiderio a vivere in Gand, e vedere ogni giorno il sepolcro della figliuola, era una consolazione per lo straziato mio cuore. Stabilitami quindi in Gand, fu colà, Don Diego, che venne la vostra lettera a rendermi quella gioia che aveva provata sedici anni or sono. Anna era in salvo e sarebbe stata felice perchè la fama della vostra nobiltà era giunta fino a noi. Ma ahi! che non fu cosi; l’infelice fanciulla, priva di ogni affetto in sulla terra, concepì per il benefattore, una passione cosi violenta, che troncò la sua vita quantunque vi credesse fratello. Povero giglio schiantato dalla bufera di una passione che neppur essa potè comprendere! Tacque di nuovo la contessa e bagnò d’amaro pianto i gelidi piedi della figlia. — La coscienza, proseguì dopo lunga pausa, la coscienza alzò alfine, nell’anima di Rubens, il suo grido... Cercò la figlia e la trovò agonizzante già... Maledette!... maledette siano le passioni degli uomini!... Ora, aggiunse alzandosi, ritorno alla mìa casa di Gand, costruita al piede del monumento dove riposa Duyweque... Quando ricevetti la lettera colla quale Rubens mi avvertiva di venire a raccogliere l’ultimo anelito di Anna, ordinai di preparare la tomba che sta per ospitare la sua salma, e che quanto prima racchiuderà la mia; ma sino a quell’ora voglio aver meco il ritratto della figliuola mia moribonda. Nel dire queste parole, la contessa avvicinossi ad una finestra e fece un segnale. Due servi, vestiti di nero, portarono un sarcofago di velluto bianco; vi collocarono il corpo di Anna e scesero a lento passo. La contessa staccò la tela dal cavalletto senza che nessuno si opponesse, la piegò sotto il braccio, e dopo, stretta la fredda mano di Velâzquez, scomparve. Scorso un istante udissi il pesante passo dei due servi che portavano in una lettiga abbrunata il cadavere di Anna. GAZZETTA M U S I C A L E D I M I L A N 0 307 olii lia il maggior interesse ad aprire il nuovo teatro è appunto l’impresa, la quale se ha menato il can per l’aia l’ha fatto colle intenzioni più oneste, pigliando il suo desiderio e la sua buona volontà per un’onnipotenza che non era nelle sue mani. Oggi — siano lodati i cieli! — il nuovo teatro si apre, e la quistione del battesimo è risoluta. Gl’impresarii erano in grave imbarazzo per la scelta di un nome grazioso. Teatro Bonaparte non diceva nulla, Teatro Nuovo non diceva abbastanza, Teatro al Foro avrebbe fatto fino alla consumazione de’ secoli la fortuna degli Airaghi delle future generazioni; Teatro nuovo al Foro Bonaparte diceva evidentemente troppo; rimaneva il battesimo proposto di Donizetti, ma sarebbe stato far troppe cose bene; dunque? dunque il teatro s’intitolerà Dal Verme, dal nome del proprietario. M’inchino alla sapienza dei padrini. ed arrossisco per me e per i miei confratelli che non ei avevamo pensato. L’apertura di questo teatro il quale, non ostante la melanconia del battesimo, è assolutamente bello, avviene cogli Ugonotti’, l’ingresso per questa sera costa cinque lire, nè più nè meno; i palchi si sono pagati a prezzi favolosi, e il vasto ricinto non basterà a contenere la folla. L’impresa se lo merita, perchè vuol fare le cose bene ed ha scritturato valentissimi artisti, fra i quali vo’ solo citare i nomi delle signore Galletti-Gianoli, Pozzoni Anastasi, Barlani-Dini, dei tenori Tiberini ed Anastasi, e del baritono Giraldoni. Sono promesse, oltre gli Ugonotti, le seguenti opere: Favorita. Corinna del maestro Rebora, i Promessi Sposi del Ponchielli, Le allegre comari di Vindsor di Nicolai, e due balli, il primo dei quali, del coreografo Magni, s’intitola: Il sogno d’un visir. Le rappresentazioni del Freischütz alla Scala procedono molto regolarmente; la musica è sempre meglio gustata, ma il caldo fa la guerra al trionfo pecuniario, e non ei è pericolo di vedere la folla aspettare ansiosamente l’apertura della porta per rovesciarsi i n teatro come una di quelle benefiche valanghe umane che popolano i sogni d’ogni onesto impresario. No, non ei è proprio pericolo, ed è un peccato perchè anche l’esecuzione migliora, e la Mariani e Maini fanno sempre miracoli. Oh! se -il termometro volesse umiliarsi un pochino! Intanto l’impresa non sta colle mani alla cintola, ed ha scritturato due nuovi tenori per la stagione di carnevale-quaresima; essi sono i signori Pasquale Brignoli e Michelangelo Bonfratelli. Alla mezza dozzina di opere nuove cento volte annunziate per quella stagione, bisogna aggiungere una, Viola, del bravo maestro Perelli, il quale ebbe la ventura di trovare il talismano che apre le porte del palcoscenico, in forma di 8 biglietti da mille della Banca Nazionale. Il maliardo che ha fornito al Perelli lo irresistibile argomento è il barone Eugenio Cantoni. Al Carcano si tira innanzi bene, in virtù di Bottero primo ed unico, che regna e governa sopra un popolo di ammiratori. Ci duole però che quel teatro non possa mantenere la promessa di ridare meglio eseguita la Follia a, Roma del Ricci, non essendo riuscito all’impresa di migliorare T orchestra. Vi è chi dice che avremo invece Gli Avventurieri del Braga; e lo speriamo anche noi. La compagnia che recita al teatro S. Radegonda, fa buoni negozi; ha buoni artisti e repertorio ricco di novità. Al teatro Re di porta Ticinese, ei furono alcune rappresentazioni melanconiche del Don Pasquale; non già che l’opera non fosse ben eseguita, ma il pubblico intervenne cosi scarso, cosi scarso, che tanto varrebbe cantare a porte chiuse. Gli è ciò che intendono di fare, o press’a poco, gli artisti dopo essere stati abbandonati dall’impresario, ed aver tentato senza miglior fortuna la speculazione per conto proprio. Potesse una parola di lode confortare quei quattro disgraziati, ed io direi che la signorina Lamberti è un’esordiente che ha vocina dolcissima ed eccellente metodo di canto, che il tenore Gropello canta con garbo e bella voce, che il buffo Sabbatini è uno dei pochi buffi composti e diligenti, e che il baritono Viannini sta bene sulla scena ed ha momenti assai buoni. Ma potrà una parola di lode confortare quei quattro disgraziati? p. p. La contessa seguiva, cupa è ravvolta, nel suo ampio velo nero, la funerea bara. La sventurata figlia del grande Rubens aveva per unico accompagnamento all’ultima dimora la sua povera e desolata madre! XVI. LÀ DOPPIA TOMBA. Non mi fermerò a parlare del basso favoritismo che continuò a godere per molti anni ancora il conte-duca sovra il debole e volubile cuore di Filippo IV. Neppure dirò delle glorie di Rubens, il quale, essendogli morta alcuni anni dopo la sua prima moglie, si sposò con Elena Froment, celebre per la sua bellezza. Come neanche narrerò la morte tragica di Giovanni de Pareja, accaduta molto tempo dopo, per salvare da una pugnalata il marito della figlia di Velâzquez, il paesista Giovanni del Mazo. Tutti questi fatti sono tanto palesi, che non c’è quasi persona che non li conosca. Voglio condurre il lettore, un anno dopo la morte di Anna, al pittoresco cimitero di Gand, e dietro il grandioso sepolcro dei conti di Egmont. Colà avvi una tomba con due lapidi; una di marmo bianco; l’altra di diaspro nero. Ambedue hanno scritto in cima il semplice nome di Anna. La bianca è circondata da rosai pure bianchi: un albero di arancio le dà fiori ed ombra, e alcuni vasi di porfido, pieni di gelsomini, attorniano la nivea lapide. Sovr’essi posansi alcune farfalle, e gli augelletti gareggiano cantando sull’arancio e sui roseti come per salutare gli ultimi giorni dell’estate. La pietra nera è circondata da alloro e le dà ombra un cipresso, il cui tronco è circondato dall’edera. Quell’affettuosa erbetta ama, pare, consolare quella oscura tomba colle sue umili foglie e coi suoi fiori celesti. Era il tramonto di un giorno di settembre. Un cavaliere, ancora giovane e rigorosamente vestito di lutto, giunse accompagnato da un bel giovinetto che mostrava diciasette anni, e venti meno del padre; giacché non era a dubitarsi che il cavaliere che l’accompagnava fosse il padre suo. Aveva, com’esso, occhi neri e belli, ricchi e neri i capegli e bruno il volto. Deposero una corona bianca di rose, che il giovinetto portava tra mano, sopra il monumento, e ambedue pregarono lungo tempo, baciando poscia il freddo marmo. — Povera Duyweque mia! esclamò il giovane con fervore; quanto ti amavo!... E due lagrime irrigarono le sue gote. — Tua sorella morì perchè le mancò sua madre che vegliasse alla sua delicata complessione, disse malinconicamente il cavaliere. — La mamma mia morì prima di essa, babbo? — Molto prima, figlio mio! — Babbo, ma se io credo d’averla veduta due mesi or sono un mattino nello svegliarmi... Sì!... Sì!... mi abbracciava piangendo!... — Sognavi, caro mio!.,, tua madre morì quando tu non avevi ancora un anno. — Può darsi che sognassi, soggiunse il giovinetto già quasi convinto; ma è certo, babbo, che scomparve come un sogno. 308 GAZZETTA MUSI Ci scrivono da Udine: Nelle sale dell’Associazione P. Zorutti ebbe teste luogo un bel trattenimento musicale, a cui presero parte il prof. Paderni, valente clarinettista, la signora Gallizia ed altri; l’esito fu lietissimo. Giorni sono fu inaugurato il gran Salone annesso al Politeama di Firenze con un concerto, a cui presero parte le signore Tagliana e De Fanti e il buffo Baldelli. Applausi a tutti.
- Il maestro Drizzi fu nominato Cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro.
Leggiamo nel Trovatore: Il maestro pianista Eriberto Predari, che vicino alla propria abitazione non ha nè caffè, nè osterie, nè trattorie, ha inventato una macchina-colazione, la quale, nello spazio di tre minuti e col consumo di un cucchiaio di spirito, cuoce un paio d’uova e prepara una tazza di caffè o di thè coll’occorrente dose di latte. La macchina, essendo semplice, poco costosa, e potendo servire per scaldare qualsiasi bevanda in breve tempo e per ogni sorta di decozioni, ha creduto bene di domandarne il privilegio e metterne in commercio un certo numero. Una Società ha già presentato al Municipio di Palermo un progetto per la costruzione, tanto indispensabile per quella grande città, di un nuovo Teatro che dovrebbe costare due milioni e 250,000 lire! Il Trovatore annunzia che sta per formarsi una Società, allo scopo di prendere l’appalto di tutti i Teatri principali d’Italia, cioè la Scala di Milano, la Fenice di Venezia, il Regio di Torino, il Carlo Felice di Genova, il Regio di Parma, il Comunale di Bologna, La Pergola di Firenze, l’Apollo di Roma e il San Carlo di Napoli. Se questa Società non è un mito, ed ha gl’intendimenti buoni, l’utile che può dare è per lo meno pari a quello che può ritrarre essa stessa. ¥ Si legge nell’American Zegitzer: «Un architetto della Nuova Orleans reclama l’invenzione dell’orchestra invisibile di cui Wagner si attribuisce il merito, e che sarà, per quel che si dice, una delle più curiose novità del teatro modello in costruzione a Bayreuth. L’esimio violinista G. Papini diede a Ginevra un concerto, nella sala del Conservatorio, con esito lusinghiero. Applausi fragorosi lo salutarono ad ogni pezzo; i giornali sono unanimi nel lodare la purezza della sua maniera d’esecuzione.
- Il signor Vachot direttore del teatro di Bruges propose al comune
l’acquisto di 72 spartiti completi che servissero di base alla creazione di una biblioteca musicale, chiedendo 200 lire per ogni spartito. La sua proposta fu rinviata alla Commissione dell’istruzione.
- Il teatro reale di Stoccolma fa tradurre la Mignon di Ambrogio Thomas
in svedese. Quest’opera, cosi come Y Amleto dello stesso autore, fu già tradotta e cantata in ungherese, in czeco, in tedesco ed in italiano. — Andiamo a pregare sulla sua tomba. Entrambi inginocchiaronsi innanzi alla tomba nera, e pregarono a lungo. Nel levarsi, il figlio colse un fiore d’alloro, baciollo e lo nascose nel suo petto. — Padre mio, disse dopo guardando il sepolcro bianco, chi riposa qui? Il conte tacque confuso. — Mia sorella! rispose alle sue spalle una voce maschia, ma d’un timbro soave e melanconico. Enrico ed il figlio si volsero, e un cavaliere, vestito alla spagnuola, in lutto, stava ritto dietro essi. Aveva nella mano il cappello, e la ricciuta capigliatura nera era tutta molle dalla rugiada della sera. — Com’è, dunque, che riposa vicino a mia madre? chiese Yans con infantile curiosità. — Giovinetto, rispose il cavaliere, non vi affannate giammai per comprendere ciò che vi si presenta di oscuro nella vostra vita; tutti i misteri, persino quelli della scienza, induriscono il cuore e corrompono l’anima; sotto questa tomba bianca sta rinchiuso un dramma che tutti ignorano sia occorso nella mia vita, ma che Dio solo sa di quanta angoscia abbia amareggiati i giorni che mi rimangono a vivere. — Vuoi, padre mio, che preghi anche su questo sepolcro? chiese Yans. * — Prega figlio mio, rispose nobilmente Enrico; tutti i giovinetti sono fratelli innanzi a Dio. CALE DI MILANO Alle feste musicali di Ginevra ebbe il primo gran premio, consistente in una corona d’argento dorata del valore di 1200 lire, la Società Filarmonica di Vienna (Isère). Offenbach ha in pronto una nuova operetta in un atto, intitolata Pomme d’Api; sarà eseguita al teatro dei Bouffes. v Il giovine contrabassista Ercole Gavazza diede giorni sono nel teatro - Goldoni di Modena due concerti, che riuscirono splendidi per numero di applausi, meschini per numero di spettatori. V A Versailles furono eseguite da una Società di fanciulli due operette in un atto di G. Gariboldi, Azi clair de la lune e la Jeunesse de Hoche. Molti applausi. II signor Alary si presenta come candidato all’istituto. Sebbene nato a Milano (nel 1814), egli si può avere in conto di compositore francese. I suoi titoli sono: parecchie opere, due volumi di vocalizzi, gran numero di romanze e di duettini. A Berlino, presso gli editori Botte e Bock, fu pubblicato testé un Musiker calender o calendario dei musicisti pel 1873, contenente notizie molto minuziose intorno alla vita musicale ed al personale artistico di oltre ottanta città di Europa. Amsterdam quest’anno non avrà spettacolo d’opera, dovendo il gran teatro della Ville essere quasi ricostruito. INTÆT’OLÏ, 10 settembre. Il Trovatore e la Lucia di Lammermoor al Politeama — Cose del teatro Mercadante — Il Canarino di Vincenzo Cirillo — Accademie al Collegio di Musica — Dicerie e risposte — Sir Michael Costa. Se, come dice Voltaire, è forza il confessare che senza grandi attori un lavoro teatrale è privo di vita, quale non avrebbe dovuto essere la sorte del Trovatore dopo lo esperimento cui fu sottoposto la sera del l.° del corrente settembre al Politeama? Pertanto -se, malgrado la esecuzione, l’opera sostennesi all’altezza dei grandi successi, sempre e dovunque ottenuti, ciò è da attribuire interamente al merito della composizione, che rimase salda nel favore del pubblico, appunto come le pareti del nostro Politeama diedero valida prova della loro solidità, nel reInginocchiossi Yans e congiunse le mani. I due cavalieri piegarono le ginocchia al suo fianco. — Oh, Anna mia! esclamarono a un tempo. Chiedo a Dio che liberi questo fanciullo dal fare il primo passo sulla china delle passioni che a te hanno cagionata la morte! — Come vi chiamate? chiese il conte al cavaliere spagnuolo. — Diego Velâzquez de Silva, pittore di camera del Re Filippo IV di Spagna. Il conte d’Egmont chinossi con un’aria piena di deferenza e di cortesia. — Il mio nome è... — So il vostro nome, signor conte, rispose Velâzquez sorridendo mestamente. E baciando di nuovo, inginocchiato, i due sepolcri, aggiunse quand’era già sulla soglia del cimitero: — Se per caso il figliuolo vostro si allontana dal sentiero della virtù,venite qui a cercarmi nell’anniversario di questo giorno ed io gli racconterò la mia storia e quella di mia sorella, vicino a questi due sepolcri. Velâzquez allontanossi lentamente e il conte e suo figlio abbandonarono pure il cimitero. La luna era già apparsa al pari di una sovrana nel palazzo trasparente e azzurro del firmamento, e gli augelletti cantavano un inno d’addio alla doppia e solitaria tomba. GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 309 sistere alle smodate ed assordanti grida che per ben tre ore le batterono in breccia. La Rocchi, che cantò già al Rossini, ritorna da Salerno ove in certe opere piacque, ma con una voce esile, non uguale e non iscompagnata da un certo ronzio che si direbbe stanchezza; di rado in tutta la sera addimostrò aggiustatezza di intonazione e di esecuzione. Il baritono Corti cantò quasi sempre fra il silenzio generale, e a dir vero, io non so perchè un artista fornito di voce omogenea aspiri ad esser chiamato X Alcide de’ baritoni. Egli cantò tutto, e fìnanco i recitativi, con voce sì piena ed aperta e con tale una forza di azione da trovarsi varie volte lanciato lungi dalla intonazione. La Basso, contralto, e il basso Giorgi fecero il peggio che potevano, e l’orchestra assai malamente diretta dal Donadio, e i cori compirono l’opera demolitrice dei cantanti. Una sola eccezione può farsi: il tenore Parisotti andò alquanto bene, ed io vo’ congratularmi con esso lui e per la buona volontà che guidollo e per la giustezza di esecuzione. E dopo il Trovatore, alla distanza di solo otto di, avemmo quella Lucia di Lammermoor ch’è pur sempre piena di attrattive e per la divina melodia che contiene e pel sublime colorito generale. I capilavori restano; ma gli artisti grandi dileguansi ogni di più, e le vesti di Lucia e di Edgardo non possono essere facilmente indossate da tutti. Io non pretendo che ogni Lucia sia una Tacchinardi-Persiani, ma un’artista coscienziosa deùe misurare i propri mezzi, le proprie forze, e scrupolosamente pesare se la natura e l’arte porganle la probabilità di avvicinarsi, per quanto è possibile, a quella perfezione che la primitiva esecuzione rese proverbiale. Quando l’artista riconosca non aver mezzi idonei a rappresentare degnamente e con probabilità di buon successo una parte qualunque, non dee piegarsi ad eseguirla, e renderà un servizio segnalato all’arte, salvando in pari tempo l’onore proprio, la propria fama. La Sainz Laura, prima donna che ora ha cantato in tutt’i nostri teatri, tranne al S. Carlo e al Rossini, volle presentarsi al Politeama nel capolavoro del Donizetti comunque i suoi mezzi vocali fossero in opposizione con la parte di Lucia. In questo capolavoro del Donizetti tutti i canti affidati alla donna richieggono delicatezza di esecuzione ed agilità, e la Sainz non è destinata a questo genere di canto, nel quale deve necessariamente rendersi più sensibile la sua tendenza a calare. Questo difetto fu noto maggiormente nel larghetto dell’aria, ove i clarinetti ed i flauti, procedendo in terza, e talvolta in sesta con la voce, rendono ancora più autentiche le sue inesattezze d’intonazione, e ciò ebbi anco a notare sulla frase maggiore del largo del duetto finale del l.° atto, ove la voce del soprano avvicendasi e si unisce con quella del tenore. La signora Sainz attengasi al genere semiserio e comico e potrà non infruttuosamente aspirare ad un posto segnalato. Gli altri andarono malissimo; il tenore Castelli ha voce priva di ogni grazia, perchè emessa senz’arte, e la sua pronunzia non è nè chiara, nè corretta, e la sua azione è impacciata. Il baritono Corti fece profonde amputazioni alla sua parte riducendola alle semplici proporzioni di un’aria che nè pure cantò bene. Insomma questi spettacoli dati al Politeama non soddisfano alcuno, e quel che è più, bisogna ben pagare, perchè i biglietti di poltrona costano tre lire e una lira e mezzo i posti di platea. Pagasi altrettanto al Mercadante, ma là si odono valorosissimi artisti, v’è una orchestra di primo ordine, e numerosi e ben disciplinate masse vocali. A proposito del Mercadante la Linda più non si eseguirà. Il Trisolini sperava di potere giovarsi dell’opera del Colonnese, ma questi non credè accettare la parte di Antonio. E poiché trovomi a parlare del Mercadante permettete che facciami a dileguare un dubbio. Fui il primo che scrissi sopra un cattivo componimento del Cirillo intitolato II Canarino, e, nel palesare le impressioni ricevutene, dissi che l’aveva ascoltato altra volta, e, se la memoria non mi tradiva, in una delle tornate del Circolo Bonamici. Or avendo letto su qualche giornale di costà che questo Canarino fosse lavoro recente del Cirillo e scritto appositamente per la famosa Carlotta Patti, sono nell’obbligo di sgannare que’troppo creduli compilatori. Il Canarino è lavoro scritto nel 1865: trascrivo, vedete, dal programma della Tornata VI dell’anno III del Circolo Bonamici, tenutasi qui il giorno 15 giugno 1865: «Il Canarino: Polka cantabile di Vincenzo Cirillo, eseguito dalla signorina Norina d’Ovidio, ed accompagnata al pianoforte dal suo maestro Gaetano Valenza.» (Vedasi il Monitore del Circolo Bonamici, Anno I, N. 24). Al Collegio di Musica sonosi date tre o quattro accademie di quegli allievi per farle ascoltare solamente ai nuovi componenti il governo del regio Stabilimento. Ignoro (pali fossero le ragioni che guidarono il preside degli studi, l’egregio com. Rossi, a dannare all’ostracismo e il pubblico ed i rappresentanti della stampa. Non posso fare di meno di deplorare le dicerie cui diedero luogo. Quello che sembrami più strano è che mentre nessuno potè penetrare nelle aule di S. Pietro a Maiella, spifferaronsi i più strani giudizii sulle gazzette politiche. Un cronista rimpiange la decadenza della scuola di composizione e tutt’i danni addebita al Serrao, che accusa di ignoranza completa di pedagogia, un altro trova che la scuola di canto non esiste, un ultimo che l’ideale della scuola, quella che oggi basta solamente ad illustrare il collegio nostro, che fu altravolta gloria italiana, è la scuola di pianoforte, però solamente quella del Coop, e ti spiffera che questo insegnante ha dovuto rifare il mondo, perchè prima di lui nel Collegio esisteva una oscena scuola di pianoforte, e questa erasi abbarbicata dopo la morte del Lanza. Se chi è a capo del Collegio di musica avesse ordinato che i saggi degli alunni, anziché dati alla presenza della Commissione, fossero eseguiti pubblicamente, quegli articoletti non si sarebbero scritti, e il direttor Rossi si sarebbe tolta la briga di rispondere al compilatore del giornale di Napoli dichiarando che idonee e corrispondenti al progresso dei tempi sono tutte le classi d’insegnamento del nostro musicale istituto, e non già alcuna solamente. E però, siccome le mie parole, dice il Rossi, non avrebbero nessun valore senza prove di fatto, mi lusingo perciò che col nuovo anno scolastico saranno offerti al pubblico periodici saggi tecnici, i quali offriranno il mezzo di giudicare su dati positivi il valore degl’insegnanti e il progresso degl’insegnati. Ecco pertanto una lettera che quasi avvalora un dubbio; in- fatti ognuno può dire benissimo: promettendo un lieto avvenire, viene il Rossi ad affermare che il presente sia lieto del pari? Un nome, come il Rossi, dotto musicista, esperimentato insegnante, da ventun’anno dirigente un istituto musicale, se crede combattere le asserzioni d’un cronista, o deve provare che le innovazioni, che questi dice apportate alla scuola di contrappunto, non sieno criteri affatto particolari del Serrao, o se pilr fossero, avrebbe dovuto dimostrare che il metodo adottato dal Serrao, contrario a quello dei valenti maestri che nel passato diressero e sostennero un insegnamento siffatto, è all’altezza dei tempi e perchè. Ad ogni modo io non avrei scritto questa lettera che, mel permetta l’egregio direttore, non fa che quasi confermare le dicerie sparse sul paese. A me pare proprio curioso che il cronista d’un giornale politico debba mettersi in cattedra e parlar di scuola di contrappunto, di canto e di pianoforte; qua nessun direttore intende affidare a persone competenti la parte musicale ed il nostro paese., che pur vuole, perpetuando, mi duole il dirlo, una tradizione ora del tutto insistente, dirsi musicale per eccellenza, continua a confondere l’orpello coll’oro, e primi a far traviare il gusto sono i giornali politici. Leggete prodigiose certe meschine esecuzioni, splendide mattinate periodiche, alquante infelici accademiuzze promosse da certi trovatori di scolari, pessima la scuola di contrappunto del Serrao, oscena quella che fece seguito alla scuola del Lanza. Ma è serio tuttociò? a me fa venire, ve lo confesso, i rossori sul volto. Ma che diamine! pur queste asserzioni mostrano chiaramente che i nostri cronisti scrivono sotto dettato o d’un qual 310 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO che ciarlatano che intende perdere un artista, o di qualche falso sacerdote dell’arte che vuole poter salire in cima al Parnaso, propalando fole che fanno ridere i polli, e rivoltano gli onesti. Ed io che non intendo tacere quando trattasi di difendere il giusto e l’onesto, mi permetterò gridare un po’ contro il direttore della Patria che ha un cronista che non sa quel che si dice. In caso opposto, avrebbe pur dovuto sapere, che il nostro collegio offerse mai sempre una splendida coorte di pianisti, i quali riscossero l’ammirazione di tutte le sale, di tutti gli artisti. Di questa scuola è oggi la più splendida manifestazione il Costantino Palombo, cui molte celebrità volute, e imposte in tempi tenebrosi, sarebbero a mala pena buone a voltare le carte. Questa scuola è la più corretta, la più esatta di quante qui ne esistono e ne fu sempre a capo Michelangelo Russo, artista serio, che, sortiti di natura i più bei doni d’ingegno, studiò lungamente m Germania e in Francia e quando ancora il mondo artistico era allietato dalla presenza di que’ grandi che furono lo Chopin, il Mendelssohn, il Moscheles ed il Ries, dei cui consigli altamente giovossi. E questa scuola che diede artisti segnalati e la cui mercè udiamo eseguire la musica più severa nel modo che migliore non si potrebbe, perfino dai giovinetti, si ha da chi ignora perfettamente musica, il titolo di oscena... Auguro pertanto, e pel bene del mio paese, che questa nuova e casta scuola trapiantatasi nel Collegio, ei dia tosto chi possa contendere il primato al Palumbo, al Clemente ed agli altri egregi che non appartengono alla novella gerarchia de’ casti pianisti. Avemmo qui per alquanti giorni l’illustre direttore d’orchestra a Londra, ed egregio compositore, Sir Michael Costa, nostro concittadino. Gli onori cui è fatto segno nella capitale dell’Inghilterra mai non gli fecero dimenticare il suo nido natio, ed ogni anno egli viene a visitarlo, e poi passa un mese ai bagni d’Ischia. L’affetto che lo vince per la sua patria egli ha voluto dimostrare in particolar modo, facendo all’Archivio del nostro Collegio preziosissimi doni, fra gli altri un facsimile dell’autografo del Messia dell’Haendel, che egli ottenne dalla Società sacro-armonica di Londra; più una gran collezione di musica di celebri autori, distribuita in molte decine di volumi legati con grande lusso. Il Costa donò pure molta sua musica stampata ed i suoi due famosi oratori, che ottennero tanto grande successo nel Regno Unito e nella colta Germania, cioè: Naaman ed Eli. Nè qui soffermansi le sue larghe offerte, 1 illustre maestro ha commesso all’amico Fiorimo che gli dia copia dell’elenco delle opere del Mozart, dell’Handell, dell’Haydn, del Beethoven, del Mendelssohn esistenti nella nostra Biblioteca musicale, ed egli a sue spese le completerà tutte. Atti generosi di tal maniera lodansi da per sè.... Avemmo pure a Napoli la signora Parepa ed il di lei marito, il maestro Rosa, diretti pur essi ai bagni d’Ischia. ’ Il teatro Rossini fra qualche giorno si riaprirà con un’opera antica del Donizetti, da molto tempo non rappresentata: Il Furioso all’isola di san Domingo. ^CUTO. GENOVA. 12 settembre. Il Rigoletto al Loria — Spettacoli futuri. Sabbato sera una folla di Genovesi, avida di passatempo serale, accorse al Doria per assistere alla rappresentazione della popolare e nota opera del celebre nostro Verdi, il Rigolello. Se dovessi parlarvi dello spettacolo e scrivervi le mie impressioni, sarebbe necessario che vi dicessi quello che del Macbeth a Firenze vi scrisse il mio amico e collega di Venezia. Però siccome meglio è talvolta nascondere il frasario del Baretti e prendere le cose come sono, cosi vi ripeterò le impressioni del pubblico, il quale fu contentissimo ed applaudi, persino a Sparafucile, il quale mi pareva il Falsacapà dei Briganti di Hoffenbach dal modo comico d’interpretazione. Applausi ebbe la De Montelio (Gilda), che ripetè la cavatina, battimani il Pifferi (Rigoletto), e chiamate, con qualche fischio, il Bonacich (Duca), che ha pure bella voce, ma ancora rozza. Di Maddalena, che si vede, e non si ode, dei cori e dell’orchestra per questa volta non ne discorriamo, quasi quasi non credevo a me stesso che il bravo Monleone dirigesse lo spettacolo. Dopo il primo atto v’ha un ballabile di nessun genere, per quanto lo si voglia chiamare spagnuolo, ma però si ha campo d’ammirare la prima ballerina signora Barbisan per la leggiadria de’suoi passi e per la precisione della danza. Domenica sera all’uscire dal teatro l’impresa ei fece meravi-gliare con un avviso nel quale ei promette quattro rappresentazioni sole della Norma colla distinta prima donna Fanny Scheggi; ma se vi è Norma, dove sarà Adalgisa? Al Doria dopo la Norma si daranno due nuove opere Roberto di Normandia e Manfredi. A compensare il lungo intervallo di silenzio di spettacolo di musica, verrà al l.° ottobre il Paganini, nel quale teatro si rappresenteranno il Faust, la Jone, l’Anna Rosa del M. Bignami di Genova, ed una quarta da scegliersi fra la Romeo e Giulietta del Marchetti e il Marco Visconti del Petrella. Sono pure promessi due grandi balli, il primo dei quali sarà il Shakspeare. Al 12 ottobre poi andrà in iscena al Nazionale un altro spettacolo di opera e ballo, e le opere da rappresentarsi nell’autunno saranno: Isabella d’Aragona, del Pedrotti, Zampa, d’Hèrold. Folco d’Arles, del De Giosa, ed altre da scegliersi; i balli: Il Menestrello, ed altri. Larga messe, come vedete, pel vostro corrispondente, il quale per trovare una variazione nella metodica vita, non avrà più bisogno d’andare al Belvedere, dove numerosi pellegrini accorrono al Santuario, o a S. Martino d’Albero, dove una microscopica fiera di beneficenza attira l’elegante socieià della Valle del Bisagno. p.- y f. 1
BERLINO, 5 settembre 1872. La Società Mallinger-Treu a tavola — Il terzo centenario della notte di San Bartolomeo e gli Ugonotti — Allegria in orchestra — Processo di proprietà artistica — Partenza della Lucca — Paghe americane — Cenni necrologici, La poscritta dell’ultima mia corrispondenza vi prometteva una storiella allegra riguardo ad una società amena che porta il nome di Mallinger-Treu. Eccovi tutto quel che ne so io. Poco dopo che la celebre cantatrice ebbe lasciato le nostre scene, si riunirono tutti gli entusiasti suoi ammiratori per festeggiarne l’addio e la ricordanza con una cena solennissima. La magnifica trattoria dello Killer, sotto i tigli, fu il luogo della riunione; la società era composta di più di quaranta partigiani frenetici della Mallinger, naturalmente appartenenti in massima parte a quella felice classe della borsa. Sulle ali dell’entusiasmo uno dei signori levò il bicchiere di champagne e fece un brindisi alla Mallinger, la prima cantatrice tedesca, l’unica cantante tedesca che sappia cantare veramente. A questo toast ne seguirono altri al re Luigi di Baviera, tutore dell’arte tedesca, ed a Wagner riformatore del dramma musicale. Finito il banchetto luculliano si levò una tela e furono rappresentate scene viventi, tolte dalle opere di Wagner, e per quadro finale appari la Mallinger, imitata maravigliosamente, circondata dai fiori e dalle corone, e innanzi a lei Riccardo Wagner in ginocchio, porgendole corone d’alloro. Questo fu il trionfo della sera, nessuno seppe dar più freno alla gioia. Siffatte riunioni denno aver luogo ogni sabato! Il 24 agosto fu il terzo centenario delle Nozze di sangue ossia della notte di San Bartolommeo in Parigi, argomento, come sapete, del libretto degli Ugonotti di Meyerbeer. Festeggiandosi questo giorno, l’opera suddetta fu eseguita all’Operahaus imperiale al solito, salvo che la parte di Urbano venne cantata dalla Kupfer-Berger invece della Grossi, trovandosi l’ultima, dopo i successi splendidi al Covent-Garden in Londra, ora in Ischi per motivi di salute. La Kupfer-Berger, entrata testò nello stato santo del matrimonio, completando quasi la lunga serie delle artiste maritate della scena nostra, si è in breve tempo GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 311 perfezionata molto. Il suo canto è più tranquillo, più puro, e di una finezza lodevolissima; ha pure corretto il soverchio tremolìo della voce. Aggiungete che ha aspetto vaghissimo e bellissime forme, e credo di non aver bisogno dirvi come le riuscisse questa parte del gentile paggio. Una gioia generale si sparse fra tutti i componenti l’orchestra e il coro, avendo ricevuto ogni membro una lettera dall’intendenza imperiale, contenente la novella allegra dell’aumento del salario; fu promesso un aumento da 75 a 100 talleri ai professori dell’orchestra. Così tratta il bravo conte di Huelsen i suoi subalterni, e nondimeno non mancano le calunnie maligne degli invidiosi che vorrebbero recar al suo posto l’intendente d’Hannover, Hans di Bronsart. Io non conosco un caso uguale, negli annali dell’opera nostra, a questo che un uomo abbia tenuto cosi lungo tempo un impiego tanto difficile e penoso, com’è l’intendenza del teatro imperiale di Berlino, e perciò lo Huelsen dovrebbe restar fino a tanto che le forze gli permettessero di fare il suo dovere. Un processo curioso riguardo alla proprietà artistica avrà luogo davanti al tribunale berlinese. Il poeta Batz da Wiesbaden fondatore della società mutua degli autori drammatici e compositori, ebbe pieni poteri dalla vedova del celebre compositore francese Ad. Adam in Parigi, di rappresentarla nei suoi diritti per le opere del marito defunto. Ora il Batz cerca tutti i direttori che fanno eseguire 11 postiglione di Longjumeau, ossia Le brasseur de Preston, Le roi d’Yoetot, ecc. Costoro, non potendo certificare d’aver pagato il compenso dovuto all’autore, debbono pagargli un tanto per ogni rappresentazione delle dette opere. Il primo a dare nella rete, fu il direttore Engel, proprietario del teatro Kroll, ma egli assicura di non dover pagare compenso di sorta per quest’opera (Il postiglione), e sarà dunque molto interessante la decisione del tribunale. Della Lucca si disse avesse dato avviso all’impresario Maretzek di non poter partire per causa di malattia. Ora ciascuno sa che la Lucca parti il 31 agosto collo steamer Cuba in America, accompagnata dalla sua bambina e dai genitori. Essa canterà durante la stagione in New-York (30 settembre - 12 dicembre) quattro volte per settimana, ricevendo per ogni volta la rispettabile somma di steriini 200(5334 % lire) oltre un tanto sull’introito. Durante il suo soggiorno nel nuovo mondo, l’impresario deve alla prima donna assoluta (contratto) una casa fashiondble, delle serve quante ne vuole, équipage e femme de ménage. Avendo finito la stagione in New-York l’impresario colla compagnia si recherà nelle citta grandi dell’Unione fino al giugno; A O kJ O O 7 tutto sommato l’artista si beccherà in pochi mesi un tesoro di più di 170,000 talleri ossia 680,000 lire! Due tipi originali berlinesi sono spariti dalla gran scena della vita; l’uno è il bravo maestro Generalmusikdirector Wieprecht, e l’altro, non musicista ma legato strettamente colla vita musicale berlinese, il poeta e primo fondatore dell’illustre Kladeradatsch, D. Kalisch. All’ultimo dedico le belle parole del nostro Schiller «Dem Mimen fichi die Nachwelt beine Kraenze» (Al poeta la posterità non intreccia corone), ma del primó vo’ dire due parole. Chi ha conosciuto il piccolo uomo rosso, gonfio di salute, chi l’ha visto diriger la sua cappella coll’entusiasmo musicale, chi l’ha veduto gesticolare nei punti più salienti del pezzo eseguito, e poi abbracciar con gioia frenetica tutta la sua cappella, dopo un successo lieto, non lo scorderà mai. Con lui mori il vero riformatore della musica militare, almeno nella Germania, e tutta la sua vita non era dedicata che alla perfezione del suo ideale. byARO. FOLIGNO. Riceviamo in data del 14 il seguente telegramma: Forza del Destino, sublimemente interpretata Maestro Usiglio. Accolta da frenetici applausi. Ottimi gli esecutori; orchestra, cori, artisti: Bianchi Montaldo, Caracciolo, Masini, Quintini Leoni, Cresci. Fiorini, Sallemeno. Ripetuta sinfonia, ballata Caracciolo, rataplan stretta, duetto ultimo atto Masini, Quintili Leoni. Messa in scena, scene Recanatini meravigliose. Insomma un trionfo. SIENA. Al teatro della Lizza si rappresenta La Favorita di Donizetti e il Ballo Irma o 1 Idolo Indiano del Sales. Il pubblico, a Quanto pare, è molto contento, poiché nelle tre rappresentazioni, che ebbero luogo fin qui, il teatro fu sempre popolatissimo. La signora Boldrini e i signori Borella ed Errani sono molto applauditi. Le altre parti si disimpegnano a meraviglia e in ispecie il basso Bailini. Le masse, incerte nella prima sera, ora funzionano discretamente e l’orchestra abbastanza bene. S. BENEDETTO DEL TRONTO. La stagione dei bagni ebbe qui termine lietamente. Si è data la sempre bella opera di Verdi, Emani, della quale furono interpreti principali la signora Tamburini, il tenore Misseri ed il baritono Paoli. Vi furono nientemeno che sei beneficiate, quattro degli artisti di canto, e due delle ballerine, e queste beneficiate tutte splendide, tutte gaie. Nella beneficiata del tenore si esegui dalla Tamburini e dal tenore Misseri il duetto del Ballo in Maschera, pezzo che venne replicato. - S. Benedetto del Tronto ha nei passati giorni accolto la migliore società, e i molti intelligenti che andarono al teatro rimasero poi sorpresi del modo con cui l’opera era concertata, e degli effetti che dalle piccole masse, e da una modesta orchestra, sapeva ritrarre l’egregio maestro concertatore e direttore d’orchestra sig. Guglielmo Branca, il quale, nel fiore degli anni, non solo si è già appalesato per un eccellente compositore, ma mostra anche di essere un direttore di primissimo rango. Il Branca è allievo del Liceo Rossini di Bologna, e noi registriamo queste notizie colla più viva compiacenza. (L* Arpa) SAVONA. Ottimo esito il Don Procopio; del terzetto dei tre bassi si volle la replica; bene la signora Roussel, Braghi, il buffo Prette e Maccani. BRUXELLES. Il Teatro la Monnaie abbellito in parte fu riaperto il giorno 4 col Guglielmo Teli. Gran successo pei- l’orchestra, per i cori e per il tenore Warot. BARCELLONA. Il Ballo in Maschera riapparve con ottimo esito. Si segnalò la Carozzi-Zucchi (Amelia), che ebbe applausi ad ogni pezzo e specialmente nel terzetto dell’atto secondo, nell’aria del terzo atto, nell’adagio del quarto e più di tutto nel gran duetto col tenore Vincentelli. Costui fu pure accolto con gran feste. Bene la sig.a Fité-Goula (Paggio) e la sig.a Stoicka (Ulrica). OMBURGO. I trionfi precedenti furono superati da quello dei Puritani, opera in cui la Patti è veramente lontana da ogni confronto. Dovette ripetere la polonese, ed a dar retta al pubblico avrebbe dovuto ripetere anche la cavatina del secondo atto, il duetto col tenore, e tutta la parte! Le rapprepresentazioni continuano ad essere eccellenti, la Compagnia del sig. Franchi non corregge l’ottimo col mediocre e tutti gli artisti sono al loro posto. Il pubblico accorre in folla contendendosi i posti, ed il teatro di Omburgo è fatto ogni sera una succursale dell’almanacco di Gotha per il numero delle altezze imperiali, reali, e serenissime che vi convengono. MESSICO. Scrivono al Trovatore: L’apertura della stagione d’opera italiana, al gran Teatro Nazionale, fu ritardata, causa la morte di Juarez, ed ebbe lùogo il 26 agosto colla Favorita. In quest’opera la Galassi, Davanzo, Storti e Zucchetti ottennero ottimo successo, applausi in gran copia e parecchie chiamate; alla seconda rappresentazione fu regalato alla Galassi un bellissimo mazzo di fiori. Alla Favorita succedette la Jone e il Ballo in Maschera, in cui si presentarono gli altri artisti: la Castelli, la Verini, la Boluda, Pozzo, Bertolini e Giannoli, tutti ebbero accoglienze assai liete e a volte ovazioni entusiastiche dal pubblico che accorre numeroso al Teatro. E aspettata con impazienza la ricomparsa dell’eminente cantatrice Angelica Peralta, la quale si farà udire, quanto prima, nella Dinorah, che sarà messa in iscena con molto sfarzo. GAZZETTA MUSICALE DI MILANO SPIEGAZIONE DEL REBUS DEL NUMERO 35: In parente s’incontra sempre l’interesse. Editore-Proprietario TITO DI GIO. RICORDI. Tipi Ricordi — Carta Jacob. Oggioni Giuseppe, gerente. Maria con coro, finale ed ha un lima scuola non di composizione del detto maestro Bozzelli. È musica oricarattere religioso che va al cuore. Peccato che codesta otsia frequentata da maggior numero di allievi. Buoni furono Brescia. Ci scrivono: Al concerto datosi sabbato 7 corrente da questa Società Filarmonica si segnalò e fu applauditissima la signorina Isabella Brusii nella celebre aria di Agata del Freischuts e nell Ave Maria di Gounod. Essa si mostrò dotata di una bella e simpatica voce educata ad ottima scuola. Benché poco adatto all’ampiezza della sala destò vivissimo interesse il settimino di Kummel mirabilmente eseguito dalla giovane pianista signora Quintilla Consolini e dagli altri strumentisti. Bene abbastanza il diffìcile Coro dei Pellegrini nel Tannhaüser di Wagner, ma piacque molto più l’altro dei Cacciatoti nel Freischütz. - Benissimo l’orchestra nella stupenda Sinfonia del Freischuts egregiamente diretta dal maestro Consolini. — Bergamo. Giovedì 5 corrente ebbe luogo l’esame finale degli allievi dell’istituto Musicale. Furono eseguiti 19 pezzi, e tutti meritarono sinceri applausi ai giovani alunni. La scuola di composizione ei diede due buoni saggi cogli allievi Logheder e Bernasconi, i quali, sebbene da un solo anno alla scuola del maestro Nini, presentarono il primo una Ballata, ed il secondo n Duettino degni d’incoraggiamento. La scuola di canto affidata allo zelo intelligente del bravo maestro Bozzelli, ei fé udire alcune vocette assai ben disciplinate. Nei vari pezzi eseguiti il plauso fu unanime, ma più in un Ave anche i saggi della scuola di violino, diretta dall’egregio prof. Bonesi, ottimi quelli della scuola di pianoforte del maestro Bertoletti. — Madrid. Si è testé formata una Società Bach per lo studio e 1 esecuzione delle opere di questo maestro immortale. Madrid possiede di già una eccellente Società di quartetti, fondata e diretta, com’è noto, dall’eminente violinista Jesus Monasterio. — Spa. Gounod diede innanzi ad un uditorio più numeroso e più splendido di quello delle sere precedenti l’ultima de’ suoi concerti, con esito straordinario. L’autore del Faust diresse l’esecuzione di alcuni frammenti di sue opere istrumentali, fra cui V ouverture di Mireille Ciney. Non è molto ebbe luogo un festival che riuscì meravigliosamente. Vi concorsero diciasette società, sette delle quali d’armonia, quattro di fanfara e sei corali. Ebbero la palma la società d’armonia di Ciney, che entrò in lizza con un pot-pourri sopra motivi dell’Attila e Les jeunes ouvriers (fanfara) di Dinam che interpretarono con molta precisione una fantasia sopra motivi di opere verdiane. — Ruhla (Turingia).’ Il bravo violinista Martin Roeder e il pianista Buths diedero col concorso della signora Maria Kùmmritz tre concerti, che riuscirono splendidi pel concorso, per’la scelta dei pezzi e per la maniera con cui furono eseguiti. — Nuova Jork. Apprendiamo dall Eco d Italia che il sig. W. A. Martin, droghiere in Courtland St., comperò per $ 120,000 lo Stadt Theatre, d’opera alemanna, il quale verrà ridotto ad un grande opifìcio. Gli Alemanni, che già da qualche tempo vagheggiavano l’idea d’un gran teatro per l’Opera Alemanna, quanto prima ne costruiranno uno colossale in una delle principali vie della città ed intanto si sono accaparrato il piccolo ed elegante teatro della Tammany Hall. — Nuova17Orleans. Eugenio Prévost, musicista di gran talento, morì dopo una vita tutta consacrata all’arte. Quando ottenne il gran premio di Roma, era fra i concorrenti Ambrogio Thomas. Fu autore di parecchie opere applaudite all’Opéra Comique. Quarta è la prima, e prima è invece 1 altra, Conteso è il terzo all’uomo, E dato al lidio da una fola scaltra. Quattro degli abbonati che spiegheranno la Sciarada, estratti a sorte, avranno in dono uno dei pezzi enumerati nella copertina della Rivista Minima, a loro scelta. Ne mandarono la spiegazione esatta i signori: Alfonso Fantoni, Ernestina Benda, Moveno Enrico, Orazio Zunica, luogotenente G. Orrù, maestro Salvatore Botta, G. Piccioli, Tarsis conte Francesco, Vincenzo Picasso, Camillo Ciccaglia, G. B. Ortelli, prof. zVngelo Vecchio, capitano Cesare Cavallotti, Giuseppe Onofri, Giuseppe Falavigna, maestro Antonio Biscaro e Roberto Gill. Estratti a sorte quattro nomi, riuscirono premiati i signori: Tarsis conte Francesco, G. B. Ortelli, Orazio Zunica, G. Piccioli.