Gazzetta Musicale di Milano, 1872/N. 36

N. 36 - 8 settembre 1872

../N. 35 ../N. 37 IncludiIntestazione 22 dicembre 2021 25% Da definire

N. 35 N. 37

[p. 295 modifica]Aisrisro xxvii. isr. 3 6 8 SETTEMBRE 1872 13 ERETTORE GIULIO RICORDI REDATTOBE SALVATORE FARINA SI BCTBBLICA OGNI DOMENICA ÀI presente numero è unito il N. 17 della Rivista Minima. ETIENNE SOUBRE* Nacque a Liegi nel 1813, di padre che attendeva al commercio della musica, e mori improvvisamente nella forza dell’età, il passato anno, quando appena aveva gettato le fondamenta del riordinamento del Conservatorio, alla cui direzione era stato chiamato con decreto reale del 1862. Il suo principale maestro fu il suo predecessore, il signor Daussoigne Mëhul, il quale lo spinse così bene che nel 1841 guadagnò a Bruxelles il primo premio del concorso di Roma. Dopo questo splendido successo, viaggiò in Francia, in Italia ed in Germania, e ne scrisse i risultati nei rapporti che a tèrmini della legge doveva fornire al governo belga. Fissò sua dimora in Bruxelles, dove rimase fino a tanto che fu nominato direttore del regio Conservatorio della sua città natale. A Bruxelles attese specialmente all’insegnamento del canto, della composizione vocale ed istrumentale e alla direzione d’importanti società corali. Un Inno a Godefroid de Bouillon, un paio d’opere, una Messa da Requiem a grand’orchestra, eseguita alle feste di settembre 1860, gran numero di magnifici motetti da chiesa, un eccellente Metodo di solfeggio, che unisce la melodia semplice a una scienza scevra da pedanterie, ammirabili cori per voci maschili, fra i quali si può citare qualche vero capolavoro, - ecco in succinto ciò che produsse a Bruxelles questo artista, la cui modestia eguagliò la dottrina. Nei suoi cori per voci d’uomo Soubre sposò all’ispirazione fresca e scorrevole come da sorgente, una (1) Il nostro collaboratore cav. Van Elewyck dettò una breve serie di biografie dei musicisti del Belgio morti nel passato anno; sono quattro bei nomi: Carlo de Beriot, Carlo Luigi Hanssens, Francesco Fétis ed Etienne Soubre. Incominciamo da quest’ultima, ma pubblicheremo le altre in seguito. La. Redazione. specie di forma sinfonica, piena di colorito e creò un genere che fu di poi seguito da sommi maestri. Era nato per prendere un giorno la direzione d’un grande Istituto Scientifico. Le tendenze del suo ingegno erano ecclettiche. Ammetteva tutto ciò che vi ha di buono in tutte le scuole, e nulla lo interessava cosi vivamente come un progresso vero ottenuto da chicchessia. Gli è che egli aveva anima dolce per natura, incapace d’invidia, piena d’entusiasmo per il bello ed il buono. Era l’incarnazione del vecchio proverbio: «Il merito è modesto.» Conosceva del resto tutte le parti che toccano l’arte sua. La storia, l’estetica, la scienza armonica, i sistemi e le scuole, la parte istrumentale, i grandi effetti d’insieme, la musica sacra, la musica profana, lo stato presente dell’arte nostra, in Francia, in Germania, in Italia, egli aveva studiato ogni cosa di per sè e con gran cura, così che quando giunse alla direzione del Conservatorio di Liegi, si può dire che fosse maturo per la sua missione. Però egli agi subito col senno d’uomo esperimentato. Comprese che suo principale scopo doveva essere quello di svolgere l’organizzazione creata dal suo maestro Daussoigne Mëhul; e si tenne assai lontano da quegli spiriti avventurosi i quali suppongono nulla avere esistito di buono prima d’essi, e si credono incaricati d’una missione quasi rivoluzionaria nell’arte. Bizzarra cosa: se per poco si prende a studiare da vicino siffatti rinnovatori, non se ne incontra uno il quale sappia fare altro che demolire un bel monumento per sostituirvi un castello di carte. Al contrario, con direttori quali sono Ambroise Thomas dopo Auber, Gevaert dopo Fétis, Soubre dopo Daussoigne Mëhul, un paese procede innanzi spedito nella via dei- solidi progressi. Questi artisti, pratici quanto eruditi, comprendono che ogni ora ha la sua fatica, ogni compositore la sua parte, e sotto il loro impulso l’arte cammina a meraviglia, mostrando quanta strada percorra e quanto rapidamente. Gli è che essi non solo sanno costrurre, ma anche ingrandire e fortificare ciò che esiste, nè rovesciano se non le cose condannate dall’esperienza o dalla scoperta di nuovi progressi. Soubre aumentò assai il personale insegnante del [p. 296 modifica]298 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO suo conservatorio, e la morte lo colse appunto quando preparava nuovi miglioramenti. Io ebbi l’onore di apprendere dalle sue labbra ciò che intendeva proporre al ministro dell’interno. Era un magnifico disegno d’insieme, ad effettuare il quale non mancava altro se non un sussidio che la sua memoria giustificava pienamente. Nel mese d’agosto del 1871 io faceva parte del giurì di musica religiosa al conservatorio di Liegi. Quei concorsi furono i più interessanti a cui io abbia mai assistito, in qualità di giudice. E a Soubre che il Belgio deve il ritorno del celebre violinista belga, Léonard, nel suo paese. Riguadagnare alla patria uno dei creatori della scuola nazionale di violino, era un renderle immenso servigio; già noi vediamo ritornare a Liegi, alla scuola di Léonard (come a Bruxelles alla scuola di Vieuxtemps), gli allievi stranieri per i quali il nostro insegnamento non sembrava più esistere. Tolto nel fiore dell’età, e d’un subito, da una malattia di cuore, Etienne Soubre lascia una numerosa famiglia, degna per ogni rispetto dell’affezione e della stima profonda che il suo capo aveva meritato nel paese. Uav. vam JJlewyck. VARIETÀ Quando, il 29 marzo 1827, ebbero luogo a Vienna i funerali di Beethoven, ed artisti d’ogni paese erano accorsi per assistervi, uno straniero che si trovava colà dimandò ad una fruttivendola: «che significa questa folla e tutti questi militari schierati?» La Tuona donna lo guardò dapprima con stupore, poi con riso sarcastico gridò: «Si vede proprio che capita a Vienna oggi per la prima volta, altrimenti dovrebbe sapere che si porta alla sepoltura il generale dei musicanti.» V In uno dei passati numeri abbiamo dato la notizia dell’invenzione attribuita all’inglese signor Withe d’un flauto, che, senza chiavi di sorta, si presta all’esecuzione d’ogni difficoltà meglio dei flauti costrutti secondo il sistema Boehm. La cosa ei parve incredibile, e cosi parve anche alla Espana musical, la quale, avendo amici a Liverpool, (dove i giornali dicevano abitasse il signor Withe), chiese loro informazioni, e ne ebbe le seguenti: «Il signor Withe è uomo che rasenta la quarantina. Biondo, come la maggior parte dei figli d’Albione, ha gli occhi quasi neri e sguardo penetrante come quello dei figli del Mezzodì. La sua fronte è larga, la testa calva. Quando entrammo nella sua abitazione, chiuse un manoscritto di musica che io presi per uno spartito; poi, dopo averci offerto da sedere, ei interrogò circa l’oggetto della nostra visita. Come gli fu manifesto, trasse da un cassetto un flauto d’ebano non molto ben pulito, senza chiave alcuna e alquanto più largo dei flauti ordinari. — Ecco, ei disse, il nuovo strumento, la cui invenzione ha cagionato qualche rumore nel mondo musicale, e che farà una vera rivoluzione, se pure mi riesce di vincere una difficoltà, piccola secondo i miei amici, grave a parer mio. — Se non vi desse incomodo, dissi io, vi pregheremmo di farci udire questo strumento. — Con molto piacere. Però permettetemi di collocarmi un po’ in distanza, perchè possiate apprezzare meglio i suoni. Il signor Withe non fu abbastanza franco con noi; ciò che egli desiderava era che non potessimo conoscere il meccanismo del suo strumento. Si trasse in disparte e ei fece udire un pezzo, che ei disse di poi essere di sua composizione. Come ebbe finito, salutammo il signor Withe con un evviva entusiastico. Egli ei salutò col capo e senza dir parola ripose nel cassetto il suo flauto. Stavo per dirigergli la parola, ma comprese la mia intenzione e mi prevenne. APPENDICE =-">ì=@=5<3<=— — ■ LA SORELLA DI VELAZQUEZ LEGGENDA STORICA DI MARIA DEL PILAR SINUÉS DE MARCO VERSIONE DALLO SPAGNUOLO DI DANIELE RUBBI, (Cont. Vedansi i N. 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34 e 35J. Da lungo tempo regnava il silenzio in quella camera. All’improvviso aprissi una porta, e una donna vestita di velluto nero e coperta da un gran velo, pure nero, entrò nella stanza. Chinatasi sul letto di Anna, baciò replicate volte la sua fronte e i suoi capegli, senza che la fanciulla si svegliasse. — Grazie!... disse poscia quella dama prendendo la mano di Rubens; grazie, Pietro Paolo, d’avermi mandata a cercare per raccogliere l’ultimo anelito della figliuola mia. Gli occhi di Anna si aprirono in quell’istante. Sembrava più diafano e bello l’azzurro delle sue gote, ma i lineamenti alteraronsi tosto. — Diego! fu la sua prima parola. L’artista stava per avvicinarsi, quando la nuova venuta trasse dal seno una lettera e gliela mostrò, stringendogli la mano. Era quella che Diego Velâzquez aveva scritto alla madre di Anna, partecipandole che partiva per la Spagna con la figlia. — Diego! tornò a bisbigliare Anna con lenta e debile voce; Diego!... Babbo!... Venite.... perchè muoio. I due pittori avvicinaronsi; Giovanni asciugossi il pianto che gli scorreva sulle guancie, e si sedette innanzi al cavalletto per darvi le ultime pennellate. L’incognita inginocchiossi ai piedi del letto, nascondendo il capo fra le coltri e singhiozzando amaramente. — Diego, aggiunse Anna con una voce tanto fioca che quasi non si udiva; Diego.... l’amore ch’ebbi per te ha troncato la mia vita!... Quando in quella lettera fatale mi dissero che non eri mio fratello.... e che avevi una sposa.... e una figlia da amare.... la disperazione si impossessò di me... Quando seppi che era un inganno.... mi trovava già ferita.... a morte.... Tacque Anna,’e per alcuni istanti udironsi solo i singhiozzi dei genitori e i gemiti di Velâzquez. Il mulatto aveva terminato il suo quadro e piangeva in silenzio. Di repente Anna alzossi su un braccio, e guardò attentamente il capo chino di quella donna. — Madre!... gridò protendendo le braccia e riconoscendo con quella strana intuizione che possedono i moribondi, che essa poteva essere soltanto quella che le aveva data la vita. — Figliuola mia! gridò l’altra correndo verso T ammalata e stringendola fra le braccia. Anna alzò il velo dell’incognita, e apparve un volto ch’era la copia fedele del suo. Quella donna aveva i capegli d’uguale colore, la tinta degli occhi di Anna pareva fòsse stata tolta a’ suoi, e la stessa somiglianza riscontravasi in tutto il resto della persona. [p. 297 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 299 — Voi desiderereste qualche spiegazione intorno a questo strumento? — Certo. — Non posso darne alcuna. Non ho ancora potuto correggere il difetto del fa e del si b acuto e sovracuto che escono alquanto stonati; e fino a tanto che non mi riesca di vincerla, il pubblico non saprà nulla del mio flauto. Chè se non mi riuscisse, le fiamme consumeranno la mia fatica, il cui segreto, dovuto a dieci anni di esperimenti non interrotti, morrà meco. La mia determinazione è irrevocabile.»

Non è molto abbiamo annunziato la morte del decano degli organisti, il signor Enjalbert, che fini la vita a 92 anni. Questo esempio di longevità ha fatto fare ad un giornale le seguenti riflessioni: Osserviamo, dice la Presse, di passaggio quanti esempi di longevità ha dato la musica negli ultimi tempi. Auber l’immortale autore della Muta, è morto a 87 anni; Fétis, il dotto archeologo musicale, a 86. Avrebbe ella, la musica, che ha un potere consolatore, quello di prolungare la vita umana? Od è un’illusione per la nostr’arte divina? Noi incliniamo a credere che la passione della musica sia soventi volte un brevetto di longevità. Le passioni del giuoco, delle donne, dei cavalli, della caccia, non convengono che alla gioventù; la musica al contrario è d’ogni tempo, d’ogni età, e le commozióni che ispira ringiovaniscono. Siate adunque musicisti se volete vivere lungamente.

Vi ha uno strumento d’uso universale, di cui s’ignora comunemente l’origine — la campana. Or bene, è ai Chinesi che questo rumoroso strumento deve la sua origine. Convien risalire a molti secoli prima dell’era cristiana per trovare la prima campana. Un imperatore chinese fece fondere nel 2260 innanzi Cristo dodici campane, i cui suoni graduati esprimevano cinque note della musica. Un altro imperatore, nell’anno 1776 prima della stessa èra, ordinò la fusione d’una gran campana che fu collocata alla porta del suo palazzo. Le campane erano in uso dalla più remota antichità presso i popoli dell’india, presso gli Egiziani, presso gli Ebrei, i Greci ed i Romani; sono menzionate in Tibullo, in Giovenale, Plinio, Plutarco e Strabene. L’usocominciò in Francia ed in Italia nel sesto e settimo secolo. La più antica campana di Parigi è quella che fu fusa per la Sorbona nel 1350. Il campanone di Notre-Dame, di cui si parla molto per le sue dimensioni, è lungi dall’eguagliare certi strumenti di questo genere che esistono a Pekino ed a Mosca. Si cita fra le più grandi la campana della cattedrale di Vienna. A Rouen ve n’era una enorme detta la Rigault, la quale per essere suonata richiedeva tale fatica che i campanari avevano il privilegio di bere nel campanile un gallone di vino spillato nelle cantine dell’arcivescovo; d’onde venne un vecchio proverbio francese: boire à tire la Rigault.

Poiché parliamo di campane, ecco un curioso documento pub blicato dal giornale la Piume, circa il ricevimento del carillon, di Gand nel 1661. Lo riproduciamo tal quale per non togliere alcun pregio al suo cattivo francese: «Par devant moy Francois de Rop, notaire publicq. admis «par le Conseil privé de sa ma‘e, résident en la ville de Gand «et en presence des tesmoings souscripts, comparut en per«sonne sire Pierre Schoulfort prestre et chapelain dans «lesglise de S‘ Jean en ceste ville et cy devant mestre de chan «et organiste dans lade esglise, lequel comparant estant requis «de la part de Mro Pierre Hemonj-, fondeur de cloches, de «dire la vérité, a dict declairé et affirme estre véritable que «passé environ huict ou noeuf mois il at esté requis avecq «monsieur Villain, de la part de messieurs les eschevins de «la Keure de ceste de ville, pour juger et donner leur tesmoi «gnaige du son, ton, notte.et accordt des cloches, faict par «led. M. Pierre, a la reqte desds messieurs les eschevins, pen«dant alors et nombre de quarante cloches sur le tour du «Belfroy en lade ville, lesquelles cloches le comparant avecq «led1 monsieur Villain ont jugé estre fort bonnes et d’accordt «comme le comparant encoires a présent juge lese cloches estre «bonnes et d’accordt, réservé que la troisiesme cloche est a «. présent un peu trop bas pour ce qu’on l’at rabassé depuis la «premiere visitation: finissant ainsy sa déclaration avecq pre«sentation selon droict Faict et passé en ladite ville de Gand «le XXIII, de décembre 1681 en presence de Pierre van Can «et Adrien de Longhe respective procureurs desd eschevins, — Addio... madre mia... padre... Diego, addio, disse Anna; il giudice supremo mi chiama a sè nel cielo, e mi mostra la gloria... Giovanni, vi prego di non abbandonare giammai Diego. Anna cadde rovescia sul letto, e le sue labbra lasciarono sfuggire l’ultimo respiro. Le quattro persone che circondavano il letto caddero in ginocchio, e in quella dimora tornaronsi ad udire impetuosi e disperati singhiozzi. La madre di Anna alzò per la prima il capo, rizzossi in piedi e si coperse col velo. — Don Diego, disse dirigendosi a Velâzquez con voce alterata, ma con fermo accento, vi scongiuro di lasciarmi questo quadro che porta l’imagine della figlia mia e che il vostro amico ha ora finito. A quella domanda, il pittore di camera di Filippo IV si ritrasse. — Signora! disse tutto tremante. — Me lo negate? chiese la donna con acerba amarezza. — r Signora, rispose Velâzquez, ho fatto già il doloroso sacrifìcio di cederlo al padre di Anna... chiedetelo a lui... Il pianto troncò le parole all’infelice Don Diego, che andò a prostrarsi ai piedi del letto. In quanto alla dama, alzossi altiera e guardò fieramente l’inchinata e malinconica faccia di Rubens. — Io, che sono sua madre, disse lentamente, ho diritto a questo quadro, e sfido Rubens a strapparmelo se crede d’avere qualche ragione su di esso. Il Re della pittura, tutto mesto, tacque. — Prima di lasciarvi per sempre, Don Diego, aggiunse la madre di Anna, voglio giustificare innanzi a voi e in presenza del cadavere della mia disgraziata figliuola la mia condotta. Nulla rispose Diego, ed essa prosegui in tal guisa: — Mi chiamo Anna, e sono figlia del nobile e valoroso conte di Egmont, della ricca e numerosa famiglia di questo nome; a quindici anni mi maritai con un cugino mio che ereditò il titolo di mio padre per la morte di questo. Enrico era bello, giovane, buono e mi adorava. Io l’amava pure, e due anni dopo il mio matrimonio, gli aveva dato due figli; allora avvenne che il mio sposo andasse a pregare Pietro Paolo Rubens perchè mi facesse il ritratto. Amo passare sotto silenzio i primordi! della mia seduzione, e parlerò soltanto del giorno in cui Enrico, avvedendosi del mio stato, mi chiamò nel suo gabinetti — Anna, mi disse, gettandomi le braccia al collo; per la terza volta stai per procurarmi la fortuna d’essere padre, e nulla mi hai detto!... Abbassai gli occhi; la mia fronte coprissi di rossore, e scoppiai in lagrime. Giammai seppi mentire. Il volto d’Enrico, sempre sereno, rannuvolossi. — Anna, mi hai tradito? mi chiese pigliandomi affettuosamente le mani. In allora mi gettai ai suoi piedi e gli narrai tutti i particolari del fallo mio, meno il nome del mio complice. — Chi è il padre del figlio che porti “nel seno? mi chiese allora. — Uccidimi, Enrico, uccidimi, esclamai, ma non mi fare una domanda alla quale non posso rispondere — Dunque lo ami molto? — Oh, no, Enrico! dissi con tale accento di verità, che ne rimase quasi convinto; non lo amo, no... la mia colpa è stata la conseguenza di una vertigine... ma non voglio dire il suo nome, perchè ti batteresti con lui, e potrebbe ucciderti! [p. 298 modifica]300 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO «tesmoings a ce requis, lesquels ont avecq le comparant et raoy «notaire signé la présente. P. SCHOULFORT pbre 1661 My pnt A. de Langhen My pnt P. Van Can 1661 1661 De Rop, not. pub. D. v. d. C. Giunta fra le quinte, essa vide la signora X... che cantava il finale del primo atto della Lucìa. «Eccola» pensò. Ravensvood e la sua fidanzata stavano per attaccare la stretta appassionata. La serva entra bruscamente, depone la zuppiera sulla zolla in faccia alla fontana; poi levando il coperchio e piantando un cucchiaio nel mezzo fumante come un Vesuvio: «Quando il signore e la signora avranno finito, la zuppa è in tavola!...» Si raccconta la seguente disavventura che afflisse la signora X... nella parte poetica della fidanzata di Lammermoor. La signora X, adora la zuppa di lenticchie. Esaù aveva lo stesso culto. E poi tutti i gusti sono in natura. Ogni volta che la signora X.. canta, si fa portare nel camerino una zuppiera di questa vivanda deliziosa. Alla sera del suo debutto in una città di provincia, s’informò dove le si potesse cucinare il suo.piatto favorito. Le fu indicata una piccola osteria vicina al teatro. Vi si recò e comandò in persona la zuppa. In fatti alle nove l’oste chiamò la serva e ponendole in mano un’enorme zuppiera, le disse: — Tu la porterai alla signora X... sulla scena. Sono dati gli ordini per lasciarti passare... Ma riconoscerai poi la signora?... — Siate tranquillo. La zuppa della prima donna soprano era squisita, coscienziosa, solida, ed esalava profumi appetitosi. La serva la portava come un santo sacramento. Tutte le porte si aprirono innanzi a lei. Sabato, 7 settembre. Ritornai con vero piacere a riudire il Freischütz; quest’opera era stata così poco eseguita l’anno passato, che serbava ancora un certo prestigio di novità; quel paio di rappresentazioni d’allora non avevano fatto che mettere in appetito per il desinare d’oggi. In fatti se il capolavoro di Weber alla sua seconda apparizione non ha la fortuna di suscitare l’entusiasmo d’un pubblico composto in massima parte di forestieri, non è più, io credo, neppur uno di quelli che Tanno passato confessarono d’essersi annoiati che ora non dichiari apertamente che quest’opera è un gioiello dalla prima all’ultima nota. Del rimanente l’accoglienza quasi silenziosa ai pezzi più irresistibili, come al valzer del primo atto, alla cantata di Gasparo, al coro dei cacciatori, è naturalissima se si pensa alla qualità del pubblico d’oggi. Arrestate — Va bene, disse Enrico con calma; da oggi in avanti, signora, abiterete la parte del palazzo opposta a quella che abito io coi miei figli, e non cercherete mai di vedere nè essi nè me. Questo è il vostro castigo. Tacqui; la mia alterigia non sapeva piegarsi alla preghiera. Da quell’istante vissi appartata, senz’altra compagnia che una donna di servizio, la quale ogni giorno andava a ricevere gli alimenti dal cuciniere del palazzo. Quando diedi alla luce Anna, la feci battezzare col mio nome e la mandai a Rubens colla cameriera Gisella; quantunque rejetta da mio marito, non tentai profanare la sua casa ricoverando in essa il frutto del disonore. Rubens non volle però offendere il decoro della moglie sua e de’ figli colla presenza della disgraziata creatura, e la depositò nella casa dove la vedeste, colla nutrice e la signora vecchia che conoscete. Giammai pensò ad essa; acciecato dagli onori e dalle cariche, la gloria offuscò l’anima sua; io, per lo contrario, andava, sola e velata, tutte le notti a imprimere un bacio sulla fronte di mia figlia. Quando il lume della sua ragione mi fece supporre che essa potesse, continuando a vedermi, riconoscermi, aspettavo che il sonno chiudesse i suoi occhi per vederla. In tal guisa passarono alcuni anni. Un giorno seppi da Gisella che mia figlia Duyweque (1), che contava quindici anni, era ammalata di petto, e che mio marito voleva condurla a Gand. Spiai il giorno della sua partenza, e saputolo nel precedente, mandai Gisella affinchè facesse allestire un cocchio assai modesto e scrissi una lettera. Nella notte andai a vedere Anna e le misi / 1) In fiammingo significa Colomba. fra le mani una lettera, nella quale l’incaricava che la consegnasse al primo uomo che le parlasse d’amore. Poscia l’abbracciai e partii. Seguii colla mia carrozza quella che portava Enrico e Duyweque ammalata, e nel giungere a Gand alloggiai nell’albergo di San Paolo, che era quello stesso scelto da essi. Passai un mese ascoltando alla parete della stanza dove soffriva la figliuola mia. Una notte udii grida dolorose che sfuggivano dalla bocca di mio marito. — Muore! gridava; muore! soccorso!... Balzai nella camera... Duyweque agonizzava giàGli occhi di mio marito fissaronsi su di me ad onta del suo dolore; una lagrima spuntò su suoi occhi, e inginocchiossi al mio fianco vicino al letto di nostra figlia, senza dirmi parola. Duyweque aprì gli occhi e gridò: — Mamma mia! Indi, come se Iddio l’avesse, in quell’istante inspirata, pose la mia mano in quelle del suo babbo... e spirò!!... Qui i singulti violenti tolsero la parola alla contessa, che pianse per alcuni istanti. I tre che udivano quella lagrimevole storia piangevano pure. La contessa così continuò: — Tre giorni dopo, e fatti i funerali della figlia, Enrico entrò nel mio appartamento. — Anna, mi disse; voglio che Duyweque riposi nel monumento di famiglia, il quale, come sapete, è posto in questa città. La giovane contessa d’Egmont deve riposare vicino a’ suoi avi. Chinai il capo in segno d’assentimento, ed Enrico aggiunse: — Vivete vicina alla sua tomba se volete; in tal guisa vedrete ogni anno il vostro figlio Yans quando andrà a portare una corona di fiori sulla tomba di sua sorella. (Continua) [p. 299 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 301 l’occhio su quel cumulo di fisionomie della platea e vedrete che appartengono tutte a brava gente che si diverte; ma non ei è verso che battano le mani, perchè pensano che non tocca ad essi, sanno di essere forestieri, e per poco non danno a credere a sè stessi di essere come gli invitati d’una festa. E poi hanno il cannocchiale in una mano, il libretto nell’altra, e il cappello sulle ginocchia; come si ha da fare ad applaudire? E che importa l’applaudire quando non si ha il carattere di giudici? Il fenomeno è curioso, ma è vero, ed importa darsene conto, perchè altrimenti si dovrebbe venire a questa conclusione assurda: che l’opera di Weber passa quest’anno più fredda dell’altra volta. E non solo non è così, ma non può essere, perchè l’esecuzione è senza alcun dubbio migliore. Abbiamo, è vero, una certa fiacchezza nei cori, assai meno numerosi, e ne manca la Waldmann, che aveva fatto dell’Annetta una cosi vispa creatura, ma quanti compensi invece! Le scene assai più accurate, e quella famosa e ridevole degli incantesimi ora ridotta ad apparenze più fantastiche, e le apparizioni meno puerili, e infine la signora Mariani nella parte d’Agata. Questa parte pareva peccare di monotonia, non era invece se non la monotonia corretta dell’artista che la interpretava, la quale dovendo lottare a vincere le difficoltà dell’accento della lingua non poteva curare gli accenti della musica. La scena della preghiera del secondo atto so che mi parve l’anno passato infinitamente lunga, non ostante le gran bellezze; oggi mi passò via senza avvedermene. Ma la signora Mariani ad ogni frase ha un accento nuovo, un sospiro che va al cuore, e sulla scena ei sta da padrona, e la pronunzia limpida e il canto purissimo, a chi ricorda l’asprezza delle stesse parole, sembrano opera di magia. Nella parte di Annetta abbiamo la signora Pasqua; non è la Waldmann, d’accordo, ma a chi voglia giudicare senza termini di confronto apparisce artista sommamente lodevole. È forse un’Annetta un po’impacciata, senza molta civetteria, un’Annetta un po’ più alla buona, ma canta assai bene, ha voce bella ed estesa ed interpreta musicalmente la sua parte con molto buon gusto. Maini è sempre ’ Maini; il suo vocione è sempre quello, o piuttosto non par mai quello. perchè appena si ha cessato di udirlo si finisce di credere a quel portento di voce e ad ogni volta par miracolo nuovo. Mi sembra anche meglio addentro nella sua parte, gioca con essa, taluni dicono che esageri, ma non credo, chè il carattere satanico dell’amico di Samiel permette qualche cosa di grottesco. Nella canzone Viva Bacco e nella feroce allegria finale che chiude il primo atto, Maini non può avere chi lo superi. Max dovrebbe essere un personaggio disinvolto ed appassionato, nella sua doppia qualità di cacciatore e di innamorato; il tenore Tasca de Capellio non è nè innamorato nè disinvolto; ha però bella voce, e alcune note singolarmente dolci, e se non sempre trova modo di trarre effetto dalla sua parte, nell’insieme sarebbe ingiustizia dirne male. Discrete le seconde parti; lodevolissima l’orchestra diretta dal Faccio: la sinfonia e la scena degli incantesimi sono eseguite con molta finezza. Il ballo Bianca di Nevers, dopo aver patito alcune amputazioni, si trova meglio, e i benemeriti protagonisti cornuti dureranno meno fatica a trascinarlo fino alla fine della stagione. Il Carcano ha aperto le sue porte ospitali al Politeama; finora non vi si diede altro che il Don Bucefalo, ma per avviare il pubblico da quella parte non ei era di meglio. Bùttero in quest’opera è il padrone del campo; canta, suona, improvvisa, parla, aggiunge, a modo suo, ed è sempre un portento di voce, di arte, di vis comica. Qui il multiforme suo ingegno, si mostra in tutte le faccie; è pianista, come è buffo, vale a dire eccellente e buffo anche quando siede al cembalo. A certe sue variazioni, ed a certi improvvisi-centoni fatti a somiglianza di molte opere nuove, senza una nota di suo, passando dal Barbiere al Rigoletlo, dalla Bella Gigogin al Miserere del Trovatore, non è se. non un lungo scoppio di risa sempre trattenuto che prorompe alla fine in una tempesta di applausi. La signora Trebbi non sfigura a fianco del matto colosso; ha voce bella e canta con molto garbo: benino anche il tenore Parasini; men bene gli altri; ma Bottero basta a tutto in quest’opera, e il Don Bucefalo è un trionfo. Il nuovo teatro al Foro Bonaparte non è ancora aperto; al Santa Radegonda sono incominciate le rappresentazioni della brava compagnia Biagi. Finora non diede che due novità; il Consalvo di Torelli cadde senza rimedio; il Guido di Cavallotti piacque e si ripete. A p» ¥ Antonio Rubinstein partì da Liverpool alla volta di Nuova-York, per un gran giro artistico neH’America; egli è accompagnato da Enrico Wieniawski, celebre violinista. ¥ Secondo V Athenaum, Sir Michael Costa, il noto compositore e direttore d’orchestra a Londra, intraprese un viaggio per la Francia, l’Italia, e la Germania, allo scopo di studiare in questi paesi le odierne condizioni del dramma lirico. Giovanni Strauss dirigerà 12 concerti a Madrid nel prossimo inverno. Se vuoisi prestar fede al Courrier des Etats-Unis, il corpo di musica della Guardia repubblicana di Parigi ritorna dall’America in cattive condizioni finanziarie. Non solo, dice il citato giornale, furono rubati mille dollari al suo direttore sig. Paulus, ma ciò ch’è peggio il cassiere scritturato per il giro de’concerti si è fatto invisibile dopo aver sottratto alla cassa la bella somma di 15,000 lire sterline. ¥ Il compositore spagnuolo Don Manuel Girò ha condotto a termine un’opera comica in tre atti col titolo EI gran Cacique. ¥ Nell’annunziare nel numero del 6 agosto la morte di Emilio Devrient fu scritto per errore che egli era cantante. Era invece artista drammatico di gran fama. ¥ Grandi elogi fanno i giornali di Empoli al bravo clarinettista Ferdinando Weiss-Busoni che, non è molto, diede in quella città un concerto. ¥ Un giornale di Parigi scrive sul serio che Adelina Patti non vorrà più cantare in Francia finché in questo paese la forma di governo sarà repubblicana!! ¥ I signori Franchetti e Gerstel presero in appalto il giardino Zoologico della città di Vienna, con teatro annesso, che intendono tramutare in un Café chantant, in occasione della futura esposizione. Pare che Strakosch torni a far tentativi per indurre Gounod a recarsi in America. ¥ LÌEurope artiste racconta che a Tolosa un certo Napoli, tenore e lottatore (!!), annunziò che si farebbe rompere sul ventre una pietra del peso di 250 chilogrammi e che durante questa operazione egli canterebbe un pezzo di musica! — Questo sì che si può dire un tenore di forzai ¥ La diva Patti, al teatro di Homburg, nella scena della lezione del Barbiere cantò la nuova tarantella, Forosetta, di Arditi e dovette ripeterla fra ovazioni entusiastiche e generali. Al Paganini di Genova, nella prossima stagione, verrà posta in iscena la nuova opera Anna Rosa del maestro Bignami. ¥ Il ministro della Istruzione Pubblica ha mandato la Corona d’Italia al maestro Matteo Luigi Fischetti. ¥ Nel venturo carnovale avrà spettacolo d’opera, per la prima volta, PortoSai d (Egitto). ¥ Il Sémaphore di Marsiglia annunzia che il sig. Deidier, capo di gabinetto del maire e antico allievo del Conservatorio di Parigi, fu nominato amministratore della nuova Scuola di musica marsigliese. [p. 300 modifica]GAZZETTA. MUSICALE DI MILANO V- Del maestro Enrico Pepe sarà eseguita quanto prima al teatro Rossini di Napoli una nuova opera, col titolo: L’amore in fresco. Il giornale musicale la Banda, che vedeva la luce a Padova, ha cessato le sue pubblicazioni. Del governo di S. Marino furono nominati ufficiali dell’Ordine della Repubblica il nostro Antonio Ghislanzoni, e il maestro Agostino Mercuri. Ghislanzoni è inconsolabile. È in Milano il riputato maestro Schira, proveniente da Londra, dove ha dimora e fama da molti anni. Il sig. Gilmore, a cui si deve il troppo famoso festival di Boston, ha in mente,.per quel che si dice, di prepararne altri in alcune gran città degli Stati Uniti d’America. ¥ Nella sua appendice del l.° agosto, il cronista scientifico del Journal des Débats, Enrico de Parville, rammenta le curiose esperienze di Tyndall sopra le fiamme sensibili al suono e sulle fiamme cantanti. E a questo proposito vediamo annunziato nei giornali l’invenzione d’un nuovo strumento, il cui principio si collega al fenomeno appunto delle fiamme cantanti. Con questo strumento si riesce, pare, a regolare in maniera rigorosa la durata e l’intensità sonora delle fiamme — problema che nessuno mai aveva potuto risolvere. Leggiamo nell’Eco d’Italia di Nuova York: Quantunque i lavori perla ricostruzione del Niblo’s Garden siano spinti con grande attività, nondimeno non potranno essere ultimati che pel mese di novembre prossimo. jaa Lo Stadt Theatre e il Terrace Garden Theatre della stessa città saranno riccamente abbelliti ed addobbati, l’uno per l’opera, l’altro per le rappresentazioni drammatiche alemanne, di cui si fa mecenate il popolare mae: tro ’Neuendorff. Il repertorio di musica sarà di genere leggiero. FIRENZE, 5 settembre. Tutti in maschera di Pedrotti al Politeama — Machbet al Pagliano — Altre notizie. Senza intendere menomamente di invadere il campo del vostro egregio corrispondente di qui, ma solo per farvi vedere che anche lontano dalla mia sede mi rammento con piacere e di voi e della vostra Gazzetta Musicale nella quale da alcuni anni ho l’onore di collaborare, permettetemi che vi faccia un breve carteggio da questa gentilissima Città. Fui sere or sono al Politeama Fiorentino ed ho udito l’opera Tutti in Maschera del Pedrotti, e l’esecuzione, presa nel suo complesso, fu commendevole II soprano E. Tagliana, artista giovanissima, ha una bella voce, estesa a sufficienza e molto robusta: peccato che il carattere della voce, forse un po’ troppo cruda, non giunga del troppo a soddisfare. Il baritono A. Parolini ha voce molta, ma ha bisogno di educarla un po’ meglio ed il tenore Paladini non si può dire che guasti. La signora De-Fanti, contralto, a me non piace come non piacque a Venezia allorché la si volle a tout prix presentare alla Fenice nella parte di Olimene nella -Saffo or sono due anni. Il ballo Brahma furoreggiava in ispecialità pella bellissima musica, del Dall’Argine. Domenica primo corr. doveva esservi a questo teatro la recita d’addio, ma quantunque tutto il giorno fossero stati esposti i manifesti che promettevano due balli, il Brahma ed il Colombo, oltre alcuni pezzi staccati vocali tolti al Tutti in Maschera ed ai due Orsi, il teatro non apri le sue porte e lasciò buona pezza il pubblico in aspettativa. Finalmente si venne a sapere che per una questione d’ordine...... finanziario, già ei intehdiamo Tultima recita era andata in fumo e tutti brontolando tra i denti e fuori dei denti andarono pe’ loro fatti. Questa sera andrà in iscena al Pagliano il Machbet e domani vi manderò notizie sull’esito che favorirete porre ai piedi della presente. Al teatro delle Logge avremo in autunno un corso d’opere leggiere coi seguenti artisti: Maria Derivis, Emma Somigli, Giacomo Piazza, Filippo Graziosi. Al Nicolini, sempre in autunno, la indebitamente celebrata compagnia dei signori Grégoire, che fanno bene a girare il mondo in famiglia a loro reciproca maggior garanzia. All’Arena Nazionale il Bellotti fece qualche cosa col Rabagas di Sordòu che non ho potuto udire, e ora stenta la vita. Al Principe Umberto la compagnia equestre del Guillaume fa discreti negozi. Non mi resterebbe a parlarvi che del giuoco del pallone pel quale i fiorentini vanno pazzi, ma mi riservo di trattare questo argomento in un giornale politico: è campo molto più opportuno. F F 6 settembre. La fu proprio una birbonata! Un Macbeth come quello del Pagliano di ieri sera non l’ho per mia fortuna, mai udito. Taccio per misericordia il nome degli artisti tranne quello della signora Lucia Papini, che fece mediocremente. I cori benissimo. Il baritono ed il basso profondo erano esordienti, ma non potevano, particolarmente il baritono, scegliere per un debutto uno spartito di responsabilità minore? Ma sa codesto signor baritono che per esordire col Macbeth ei vuole un coraggio che rasenti la temerità?! Oggi e domani riposo... Domenica 8 settembre Macbeth di nuovo! Alla recita di ieri sera assisteva la signora Barbieri-Nini pella quale il Verdi scrisse il Macbeth. Come dev’essersi divertita! All’Arena Nazionale avremo in settembre Alessandro Salvini. Per compiere la litania dei teatri debbo soggiungere che all’Arena Goldoni c’è la drammatica compagnia italiana, e al Rossini avremo in autunno un corso d’opere buffe, la prima delle quali sarà il Nuovo Figaro. Seconda opera al Pagliano sarà I Vespri Siciliani. F F PARIGI, 4 settembre. Riapertura dei teatri lirici — L’Opéra-Comique ed i Bouffes Parisiens — Quel che si dice del Teatro Italiano, ecc. «Il settembre innanzi viene» e se le rondinelle vanno via, i cantanti ritornano al loro posto. V’era ben tempo; più d’una volta sono stato costretto di passar per neghittoso ed infingardo; non avendo nulla da scrivervi, ho lasciato correre la settimana senza spedirvi il menomo rigo. Ma come fare? tutti i teatri di musica, salvo LOpéra, restavan chiusi; e dell’Opéra ve ne ho parlato anche più del dovere. Ecco finalmente che la stagione autunnale già prossima fa dischiudere lentamente ed a poco a poco le porte degli altri teatri lirici. Tra i primi contarmi OpéraComique ed il teatro dei Bouffes Parisiens. Nè credete che abbiano inaugurata là novella stagione teatrale con opere nuove. Il primo di questi teatri ha dato il Dominò nero, che non è nato ieri, ed il secondo le Timbale d’argent ch’era già alla centesima rappresentazione quando la canicola fece serrar le porte di quel bel teatrino. Nullameno l’tino e l’altro apparecchiansia dare varie opere nuove, delle quali vi terrò informato mano mano che appariranno sul cartello. Intanto il teatro Italiano che non perde il suo tempo, si affatica a lottare contro la concorrenza, della quale era stato minacciato. Vi dirò per altro che essa sembra dover restare allo stato di semplice minaccia. Il sig. Lefort che s’era fatto forte di costruire un nuovo teatro, e del quale i giornali indicavano già il sito, non fa più parlar di sè. S’ignora anche se abbia o no acquistato il terreno sul quale doveva sorgere il novello teatro ed esser pronto pel primo ottobre. Siamo al quattro settembre... Capirete bene che la costruzione della nuova sala diviene affatto ipotetica. V’ha anche qualche scettico che parla del sig. Lefort come d’un personaggio favoloso, d’un mito! [p. 301 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 303 Dal suo canto il Verger scrittura ogni dì nuovi artisti ed artisti nuovi. Fra questi ve n’ha uno, o piuttosto una, della quale si parla già come d’una celebrità — e non ha ancora esordito. È l’Albani. I suoi ritratti sono in tutti i negozii di musica, cominciano ad essere pubblicate le sue biografie. Si legge qua e là che il suo vero nome non è già l’Albani ma Mademoiselle la Jeunesse (grazioso nome!), che è un’americana, che ha studiato in Francia sotto Duprez, che ha esordito in Inghilterra con molto successo e che canterà a Parigi sul teatro Italiano. Andate un po’ a raccapezzarvi con tutto questo guazzabuglio di nazionalità. Checché ne sia, l’Albani è già presentata come une étoile (costà si direbbe una prima donna assoluta di cartello) V’è anche chi avventura un paragone tra essa e la Patti! Mi direte che tutta questa prevenzione può nuocere all’artista. Niente affatto. Il pubblico parigino è assuefatto a giudicar gli artisti di canto a seconda della rinomanza che loro è fatta. La reclame ha più valore che il vero merito, quando il vero merito è ancora sconosciuto, voglio dire quando l’artista è un esordiente. Fate precedere quest’esordiente dal suono delle mille trombe della fama, sarà accolta favorevolissimamente, quand’anche non si trovasse in voce tutti l’applaudiranno e ne parleranno come d’una celebrità; se quest’istessa artista esordisse senza farsi precedere da nessuna reclame, finirebbe presto o tardi per riuscire, ma dovrebbe faticar molto per raggiungere lo scopo. Vi parrà strano, eppure è cosi — salvo qualche rara, rarissima eccezione. Credo superfluo il dire che il Verger è assalito da una quantità di editori di mùsica e di compositori che vorrebbero veder le opere di cui hanno la proprietà o le opere da loro composte, secondo che sono editori o compositori, messe in iscena per la prossima stagione; parlo tanto delle opere originali di maestri italiani che di opere di maestri francesi tradotte in italiano. Compiango il povero impresario, costretto a ricusare novantanove su cento opere che gli vengono offerte, e credo che abbia l’intenzione di far rappresentare esclusivamente quelle del repertorio, aggiungendovene una o due, se non nuove del tutto, nuove almeno per Parigi. Per ciò che riguarda --il disegno da lui vagheggiato di far alternare le opere drammatiche con le opere liriche, per ora nulla ancora è risoluto definitivamente. Ed a mio avviso, se il Verger si risolve ad adottare questa novella combinazione, si vedrà ben presto in grande impaccio. Il pubblico di qui non è avvezzo a recarsi in questo teatro Italiano per assistere a rappresentazioni drammatiche in francese. La forza dell’abitudine è assai possente in questa benedetta Parigi, dopo un anno o due finirebbe per assuefarsi; ma bisognerebbe passar queste due prime annate e là è il pericolo. Voglia il cielo che il povero teatro Italiano ritorni all’antico splendore. Lo auguro senza osaré sperarlo. La compagnia scritturata dal Verger, salvo pochi buoni artisti, ed il cui nome è favorevolmente conosciuto, ne ha molti altri dei quali non ho mai inteso parlare. Ma sarei in contraddizione a me stesso, se dicessi che non valgono, solo perchè il loro nome non è ancora noto. Bisogna vederli all’opra; vale a dire sperimentarli alla rappresentazione. Il Direttore dell’Accademia di musica è ben lieto del successo ottenuto con la ripresa della Juive. Finora egli dirigeva a.malincuore VOpéra, temendo sempre che non gli si gettasse in volto il rimprovero d’essere un direttore di provincia. Il giornalismo infatti gli era alquanto ostile. Ma dopo la Juive, la sua causa è vinta, tutti gli hanno fatto lode, e questa lode era meritata. Si è veduto che quando vorrà mettere in iscena un’opera nuova potrà farlo con tutto il lusso e lo sfarzo che convengono al teatro detto «Accademia di musica» e che si vanta d’essere la prima scena musicale del mondo. Per me sono ormai sicuro che se Y Aida del Verdi sarà data all’Opéra, il sig. Halanzier non risparmierà per metterla bene in iscena, nè zelo, nè cure, nè moneta. Così gli artisti fossero gagliardi come l’impresario è fedele! fi. ROMA. Scrivono al Trovatore: — Ieri sera (24) ha avuto luogo al Politeama la prima rappresentazione del Rigoletto, interpretato ottimamente dalla Ciuti, dalla.ramanti, da Gulli e da Giapini, ai quali faceva buona compagnia il Morroto, Sparafucile. Splendida, come sempre, la messa in scena per vestiari e scenari; alcuni di questi, incontrando l’approvazione generale, valsero applausi allo scenografo. Inappuntabile l’orchestra; F esito fu quale da tutti era preveduto. LUCCA. Esito lietissimo ebbero al teatro del Giglio I Vespri Siciliani. L’esecuzione fu buona per parte dell’orchestra e dei cori, eccellente anche per parte degli artisti principali, i quali sono: la Potentini, il basso RossiGalli, il tenore Vanzan e il baritono Cima; ebbero tutti applausi innumerevoli; la signora Potentini dovette ripetere il bolero. LUGO. Ottimo esito il Ballo in maschera, eseguito dalle signore Contarmi, Giovanelli e Corolla-Crovero, da Belardi e da Bertolasi. Applauditi tutti, specialmente la Contarini, Bertolasi e Belardi, i quali ebbero molte chiamate al proscenio. ì BOLOGNA. Al teatro Brunetti fu rappresentata con ottimo esito una vecr chia opera di Mozart, un capolavoro del passato secolo, Così fan tutte. La. musica piacque, sebbene invecchiata, al pubblico bolognese, il quale chiese la replica del magnifico quintetto che chiude la prima parte. I primi onori nell’esecuzione spettarono ai coniugi Paoletti. BERGAMO. La nuova opera del maestro Pontoglio da Bergamo, intitolata La notte del Natale ebbe ottimo successo al teatro Riccardi. Molte ovazioni furono fatte al maestro ed agli artisti. SAN SEBASTIANO. Succedette con ottimo successo alla Favorita, il Barbiere, e a questo la Dinorah che ebbe ad interpreti la signora Spitzer, Baragli e Farvaro. L’esito fu entusiastico. La Lucia ebbe esito lieto, ma la parte di protagonista non conviene molto alla signora Spitzer. Fu in quella vece un trionfo il Don Pasquale; tutti i pezzi furono applauditi e tutti gli artisti, i quali sono: la signora Lianes, Baragli, Farvaro e Capriles. BARCELLONA. Nel teatro des Novedades fu inaugurata una stagione d’opera italiana col Ballo in maschera, interpretato dalle signore D’Este e Stoika, dal tenore Vicentelli e dal baritono Butti. L’esito fu buono; la Stoika, Vicentelli e Butti lodevolissimi. — Leggiamo nella Respana Musical: «Abbiamo assistito alla prima rappresentazione del Ruy-Blas del sig. Filippo Marchetti. - Ganti poco inspirati generalmente, però svolti con garbo; orchestrazione elegante e segnalata, sebbene un po’ monotona per’certo abuso di strumenti a corda; novità di stile nessuna; pezzi originali due: il terzetto finale nel secondo atto e la canzone del contralto nel quarto». L’esecuzione fu magnifica. La Carozzi, Vicentelli e Goula furono applauditissimi. Cori ed orchestra lodevoli. PESCIA. Il Ballo in maschera, eseguito assai bene, ebbe accoglienza feT stosa, e valse molti applausi alle signore Monti (Amelia), De Steliini (Paggio) e Donati (Ulrica), al tenore Parmisini e al baritono Belardi. Buoni i cori e F orchestra. [p. 302 modifica]■ i j 1 Editore-Proprietario TITO DI GIO. RICORDI. Oggioni Giuseppe, gerente. Tipi Ricordi — Carta Jacob. — Vienna. L’erezione d’una statua a Beethoven è risoluta, e non è difficile che l’inaugurazione possa aver luogo durante l’esposizione universale Certo è che Vienna aveva quasi altrettanto diritto di Bonn a possedere l’imSignor S. B. — Sessa Aurunca — N. 486. Lire 6, 50. Bulow, cedendo agli inviti del re di Baviera, prolunsuo soggiorno in Monaco. — Monaco. Hans de gherà di alcuni mesi il Ne mandarono la spiegazione esatta i signori: capitano Cesare Cavallotti, maestro Luigi Stame, Gaetano Grilli, Talia Bianchi Giovini, Giuseppe Onofri, Orazio Zunica. Estratti a sorte quattro nomi, riuscirono premiati i signori: Luigi Stame, Giuseppe Onofri, Talia Bianchi-Giovini e Cesare Cavallotti. SPIEGAZIONE DEL LA SCIARADA DEL NUMERO 34: CANTA — TA 304 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO OMBURGO. Ci scrivono: Esito pari alle opere che lo precedettero ebbe il Rigoletto. Che Gilda Adelina Patti! Benissimo Stagno e Verger, e bene pure la Scalchi e Capponi nelle loro parti. Del quartetto si voleva la replica. Stagno ripetè la canzone, ei furono applausi infiniti, chiamate, e che so io.... ma che Gilda, Adelina Patti! BUENOS-AYRES. Al nuovo teatro dell’Opera Italiana fu rappresentata la Lucrezia Borgia, con esito straordinario. Ottimamente la Marziali-Passerini, il tenore Perotti e il basso Ruiz, i quali ebbero applausi entusiastici, e furono chiamati al proscenio alla fine d’ogni atto. — Milano. La Prima Scuola Magistrale Italiana di Canto Corale diede Martedì passato il IV esperimento, col concorso della seconda sezione del Giardino infantile. I bambini di questo Giardino cantarono assai bene alcune melodie; ma il trionfo fu per le allieve della Scuola Professionale, le quali con mirabile accordo e con molta espressione ei fecero udire alcuni cori bellissimi, fra cui quello delle Filatrici nel "Vascello Fantasma di Wagner. Ci piacque il Te Deum del Popolo Italiano, composizione del maestro Varisco, al cui zelo infaticabile si devono gli ottimi risultati della scuola corale. — Firenze. Il maestro Domenico Bertini ha formulato il progetto di un gran Consorzio musicale da costituirsi in questa città. Scopo del Consorzio, dice il progetto, è quello di rivendicare il primato dell’arte del canto. Per Ottener.ciò il Consorzio formerebbe, coi propri allievi interni ed esterni, delle Compagnie di canto permanenti per opere serie, per opere semiserie e per opere buffe. Gli alunni convittori verrebbero in seguito stipendiati dal Consorzio oltre all’intiero mantenimento. Il Consorzio, formate le compagnie, le cederebbe naturalmente ai respettivi teatri. Il Bertini calcola la spesa annua, tutto compreso, ad un milione e mezzo di lire circa! (Boccherini) — Ginevra. Leggiamo nei giornali francesi: Ginevra è in festa; le case e gli edifici pubblici sono pavesati, illuminati; le società corali fanno echeggiar l’aria delle loro armonie più o meno celesti. Non mai a Ginevra si aveva visto simile concorso di orfeonisti. Gli stranieri non sanno dove alloggiare. — Bruxelles. Due innovazioni che porteranno i migliori resultati furono introdotte da Geveart nel Conservatorio: da una parte la creazione delle classi d’insieme vocale e strumentale, dirette da Warnots e Colyns; dall’altra l’obbligo imposto agli alunni che ottennero un primo premio al concorso d’istrumenti, di fare un nuovo corso di un anno che consisterà nello studio e nell’analisi dei maestri in ogni genere, come chi dicesse la letteratura del proprio strumento. magine dell’illustre maestro; perocché Beethoven, lasciato in età giovanissima il paese natale, terminò i suoi studii a Vienna, e quivi visse, qui vi produsse le sue opere immortali e quivi morì. — Berlino. Davide Kalisch, poeta, creatore del moderno vaudeville berlinese, morì il 21 agosto. Nacque il 23 febbraio 1820 a Breslavia. — Orange (New-Yersey). Il maestro Lovel Mason, autore di pregevoli composizioni di musica. POSTA DELLA GAZZETTA Quattro degli abbonati che spiegheranno il Rebus, estratti a lorte, avranno in dono uno dei pezzi enumerati nella copertina della Rivista Minima, a loro scelta.