Gazzetta Musicale di Milano, 1872/N. 29

N. 29 - 21 luglio 1872

../N. 28 ../N. 30 IncludiIntestazione 22 dicembre 2021 25% Da definire

N. 28 N. 30

[p. 239 modifica]redattole: SALVATORE FARINA SI PUBBLICA OGNI DOMENICA ^listato xxvu. ir. 2 9 21 LUGLIO 1872 Al presente numero è unito il N. 14 della Rivista Minima. COSE ROMANE La questione Aida-Jacovacci non è ancora esaurita, ma lo sarà per noi, dopo queste ultime parole che dirigiamo ad uno scrittore del giornale La Nuova Roma. È sempre poco dignitoso che la stampa s’immischii nelle faccende dei privati, e raccolga dicerie e pettegolezzi, e si faccia eco di ire e di dispettuzzi, ma non è raro. La Nuova Roma, facendo tutto ciò, ha trovato modo di far di più perchè vi adopera un linguaggio cosi lontano dall’urbanità e dalla cortesia, cosi arrogante, cosi altezzosamente puerile, che il riprodurre per intero l’accusa nei termini che viene fatta al Ricordi, ei pare la sua migliore difesa. Ecco testualmente le parole eloquenti del periodico romano:» I nostri lettori ricorderanno benissimo che mesi addietro quando il Ricordi, invitato dall’appendicista dell’Opinione, marchese D’Arcais, pubblicò la sua lettera al Jacovacci nella quale rifiutavagli lo spartito àeWAida, noi pubblicammo le lettere dello stesso Jacovacci che avevano prodotto quella del Ricordi e dall’esame di queste lettere deducemmo che sotto il pretesto e degli artisti non buoni e dell’impossibilità d’una perfetta esecuzione in Roma della nuova opera di Verdi il Ricordi nascondeva le vere cause del suo rifiuto. «Oggi siamo lieti di constatare che il nostro giudizio d’allora non fu erroneo e difatti domandiamo noi se una compagnia di canto composta delle signore Sass, Viziak, Contarmi, dai tenori Lefranc, Gay arre, e Vazan, dal baritono Aldighieri e dal basso David non offra tali sicurezze da affidargli l’esecuzione di un qualunque spartito: e se a questo si aggiunge l’ultima lettera del nostro ff. di Sindaco, nella quale si assicura il Ricordi che la Commissione teatrale è disposta a far tutto purché VAida venga data nella veniente stagione di carnevale e quaresima, non sarà difficile scorgere quanto insussistenti siano le ragioni che adduce il Ricordi per mantenere il suo rifiuto. «Non vogliamo certo supporre che solamente gli artisti che cantarono alla Scala di Milano VAida, sieno quelli che possano cantarla. A che dunque venir fuori con tanti sofismi ed arzigogoli? Crede forse il signor Ricordi che il pubblico romano sia privo di raziocinio? Confessi francamente die esso è impegnato con l’impresario signor Musella acciò F Aida venga data nelle future stagioni solo a Napoli e tutto sarà posto in chiaro. «Nella quaresima, quando il signor Ricordi sani, libero de’ suoi impegni, cesseranno tutte le difficoltà, ed il teatro Apollo sarà grande abbastanza, si potranno accettare le offerte del Municipio, e Jacovacci tornerà un abile impresario. Bisognerà vedere però se allora il pubblico sarà disposto ad ascoltarla.» Oh la logica degli affari! „ Non rispondiamo all’elenco degli artisti, sciorinato pomposamente dalla Nuova Roma; alcuni di essi sono veramente valenti, e in ogni modo meritano il riguardo di non essere discussi pubblicamente come una derrata; quanto all’impegno supposto di non dare l’Aida che a Napoli, osserviamo che prima di asserire cosa che non si sa, e che non è, si usa presso la gente che conosce, non dirò il galateo della pubblicità, ma i rudimenti del mestiere, di informarsi scrupolosamente; poiché la mancanza di queste attenzioni può non soltanto essere indecorosa ma inonesta. Quanto alla minaccia che il pubblico romano, oggi desideroso dell’Aida, non voglia più saperne più tardi, confessiamo candidamente che ei ha fatto ridere. Questa voglia di conoscere un lavoro d’arte che viene e passa a tempo fìsso è la cosa più balorda che sia uscita dalla penna del cronista della Nuova Roma, il quale fa un assai brutto complimento ai suoi concittadini paragonandoli a quei bimbi capricciosi che gridano e strepitano per un balocco e poi non lo vogliono più. Noi di Milano crediamo di giudicare il pubblico romano con maggior rispetto, ostinandoci a pensare che in qualunque tempo accoglierà un capolavoro come deve essere accolto un capolavoro, senza il beneplacito del cronista della Nuova Roma, e andiamo fino a credere che ei sarà riconoscente di non aver permesso innanzi ai suoi occhi una profanazione. Ciò avviene, naturalmente, perchè noi siamo interessati nella questione, ma un po’anche perchè della Roma nuova non ei formiamo un criterio modellandoci sulla Nuova Roma. RUBRICA AMENA Un giornale di Berlino ricevette non ha guari la seguente lettera comica: «Lauenburg, 18 marzo 1872. «Colla presente vi annunzio che da alcune settimane terminai una nuova opera intitolata: Frei^hùtz, parimenti romantica e in tre atti, come quella di Ca^n Maria di Weber. Se lo trovate d’interesse pel mondo musicale, fate conoscere per mezzo del Stettiner Wochenblatt, come cosa degna di nota ai tempi che corrono, che in una serie di 20 anni io non pubblicai nulla e tengo in lavoro 35 opere teatrali. Col suddetto ultimo lavoro intendo di procurarmi una terra signorile, quando venissi incaricato di darne la partitura. Il mio manoscritto per pianoforte e canto, di pagine 169, lo conservo io stesso, e non dò la partitura che dietro il corrispettivo di una terra signorile. Per l’inserzione non spendo danaro, ma notifico solo il mio annunzio: «Novità! Freischütz, opera romantica in Itre atti, musica e poesia di Fr. Th. Eggert a Lauenburg. L’opera è ostensibile presso me, a disposizione di chi la desidera. Sono persuaso che l’opera farà furore. Ho presentato il mio lavoro ai signori C. e W., e ambidue, librai e negozianti di musica, mi fecero i loro complimenti». Queste due righe vorrei farle inserire nel Stettiner Wochenblatt, ma a chi devo pagare le spese d’inserzione?!... Io credo di aver fatto il mio dovere, a far conoscere me e l’opera mia. Pieno di stima Federico Teodoro Eggert, professore di musica, poeta e compositore.» [p. 240 modifica]GAZZETTA M U SI C A L E D I MIL A NO 242 Rivista Milanese APPENDICE (Continuazione, Vedansi i A’. 25, 26, 27 e 28/ VL ISABELLA Df BORBONE. 11 Sabato, 20 luglio. La settimana passata ebbe luogo il primo saggio finale degli allievi del conservatorio. Si noti il battesimo modesto di questi esperimenti, perchè la novità del nome risponde alla novità della cosa; negli anni passati dopo gli esami pubblici aveva luogo la prova generale pubblica della prima accademia finale, poi la prima accademia finale, poi la prova generale pubblica della seconda accademia e finalmente la seconda accademia. Queste accademie, lo ha osservato l’egregio Filippi in una recente appendice, erano una splendida concessione alla vanità degli allievi migliori; gl’inviti venivano prodigati così generosamente, che un terzo del pubblico era costretto a starsene nei corridoi e un altro terzo se ne tornava a casa dopo aver provato invano tutti gli apriti Sesamo consigliati dalla teorica e dalla pratica per far spalancare le roccie di una folla compatta. Le sedie erano riservate, con cavalleria, alle signore, e ei erano sempre due bravi paladini, degni di un evo meno moderno, incaricati di far rispettare questa gentil regola di cavalleria; chi era venuto un’ora prima per buscarsi un cantuccio doveva cederlo ritrosamente ad una bella o ad una brutta, e se non gli accomodava star in piedi pigliava la via dell’uscita quasi altrettanto difficile di quella dell’entrata; cosicché di solito alle prime battute della sinfonia dell’alunno tal di tali, il pubblico si trovava leggiadramente, ma poco dottamente, composto di dame col ventaglio e di cavalieri colFocchialetto. Quanto ai danni scolastici di questo sistema si riassumono così: perdita di tempo per preparare le accademie, spese inutili, e infine nessun profitto vero agli allievi. Il Mazzucato ha posto la quistione degli esami in altri termini; ha ristretto il numero degli inviti, ha dato in mano degli allievi le redini del saggio finale, volendo che anche l’orLA SORELLA DI VELAZQUEZ LEGGENDA STORICA DI MARIA DEL FILAR SINITÉS DE MARCO VERSIONE DALLO SPAGNUOLO DI Riassumiamo, diceva fra sè l’Olivares, intanto che lentamente s’incamminava alla camera della Regina, riassumiamo: il Re è interamente abbindolato da me, e gli.sembra d’aver fatto nulla per provarmi la sua gratitudine, anche dopo d’avermi dato un tesoro con questo anello; la Regina mi deve servire per rapire la fanciulla senza ch’io c’entri punto e in questa maniera ottengo di conservare pura la povera Anna che tanto ama il mio caro Velâzquez, e di liberarmi dal mio rivale, il duca delTlnfantado, che vuole proteggere la fiamminga. I miei affari vanno a gonfie vele. Nel dire queste parole, giungeva alla porta della camera della Regina, dove si fece annunziare da. un usciere e nella quale per certo non gli era tanto facile penetrare come in quella del Re. Quando il conte-duca entrò nella camera della Regina saranno state le dieci di sera; la stanza, poco illuminata, aveva i due balconi aperti, dai quali scendevano due raggi di luna chestra sia composta di soli alunni, fa poche concessioni o nessuna al gusto del pubblico nella scelta dei pezzi del programma, riduce le due accademie finali e gli annessi e connessi a tre esperimenti e li intitola saggi degli esami. E appunto dal primo deduciamo che la innovazione gli riuscì ’ splendidamente; senza grandi effetti ed apparati, questo trattenimento parve generalmente meglio riuscito degli anni scorsi; l’orchestra diretta dall’allievo Cerquetelli fece benino assai il suo compito, e i singoli allievi cantarono e suonarono senza soverchie trepidanza infinitamente meglio Il trattenimento si aprì colla sinfonia dell’allievo Rossi: è lavoro in cui non manca una certa spigliatezza di forme e un certo magistero strumentale; vi manca l’originalità, ma all’età del Rossi si può essere tutto fuorché sè stessi. Fra i pezzi strumentali i meglio accolti furono la bella prima sinfonia per due violini di Viotti eseguita assai bene dagli alunni Marcocchia e Bianchi, il Concert Stück di Weber, eseguito da una pianista di quattordici anni, la signorina Gallone, con una sicurezza veramente rara alla sua etcì e il duetto di Amici per due contrabassi sui Puritani, pezzo in cui gli alunni Carini e Pinetti fecero miracoli di agilità e superarono enormi difficoltà colla sicurezza di maestri. Un duetto per due arpe sulla Luisa Miller valse meritati applausi alle signorine Cavalieri e Vietti, e così il duetto per due pianoforti di Fumagalli alle alunne Mantegazza e Barone. Rimangono due terzetti, uno per flauto, oboe e clarinetto di Cavallini, l’altro di Kuhlaü per tre flauti; nel primo lavoro, ricco di belle cose, ebbero applausi gli allievi Rampezzotti, Pozzi, Tamborini; nel secondo meritarono lode i signori Rampezzotti, Carcano e Gillone. La parte cantabile non ha di solito se non rappresentanti del sesso debole. La signorina Bignami cantò con molto sentimento una specie di preghiera di Stradella, la signorina Bardelli nella cavatina del Tancredi sfoggiò bella voce e buona scuola; assai bene la signora Blenio nella melodia Rachele a Neftali di Meyerbeer; benissimo l’alunna Malvezzi nella scena e romanza del Roberto il Diavolo. Questo primo saggio ha lasciato desiderio del secondo che avrà luogo, crediamo, lunedi. sul letto dell’Infanta Maria Teresa, messo nel centro della camera in causa del grande calore. Il letto era vuoto; la reale ammalata, che contava qualche anno, era occupata a fare un castello di carte sopra una sedia vicina alla Regina, che la contemplava con affetto. Isabella di Borbone aveva appena compiti i ventitré anni; il suo volto, dolcemente ovale, era, più che belio, aggradevole e simpatico; i suoi occhi neri, molto grandi, lasciavano vedere quel leggiero cangiante azzurro che somiglia all’ardesia, e che tanto fascino dà alio sguardo che io possiede; i capegli alzati, acconciati alla Fuoco, parevano di seta, e spiccavano per foltezza e pel bellissimo colore castagno. Non si potevano chiamare perfetti nè il suo naso, nè la sua bocca, la quale era di un’estrema piccolezza; ma la fresca pallidezza di quel sembiante, la graziosa linea della fronte e il dolce sorriso le davano una inesplicabile parvenza assai più seducente di quella che proviene da una bellezza perfetta. Portava un vestito bianco, liscio, e il colletto di battista, pure liscio, faceva risaltare il colore lievemente bruno del suo volto. L’Infanta Maria Teresa era il fedele ritratto della madre sua; gli occhi erano però di un azzurro più chiaro e trasparente, la sua tinta più bianca e i capegli più ricci avevano lo smagliante colore dell’oro; quella cara, affabile e vispa piccina fu poscia la sventurata consorte di Luigi XIV di Francia.. Quando questa vide il conte-duca fece un gesto come di disgusto, alzando le sue bianche e delicate spallucce, e gli gridò: — Non ti avvicinare veli!... siccome sei tanto lungo, coll’aria che muovi nel camminare mi fai cadere il mio castello. Ma codesto avviso arrivò tardi; il movimento che fece il favorito per baciare la mano alla ragazzina, agitò un soffio di vento contro le carte, e l’edificio cadde al suolo. — Hai visto ora che dove tu sei non ei possono essere dei palazzi! esclamò Maria Teresa ritirando con rabbia la mano: andrò a farli sul tavolo di marmo del mio babbo, e guardati bene dal venir là; guardati, veli! Nel sentire la frase di sua figlia «hai visto che dove tu sei non ei possono essere dei palazzi», un mesto sorriso sfiorò le [p. 241 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 243 Anche questa settimana fu povera di spettacoli teatrali; abbiamo avuto in compenso una novità, un’opera copiica in tre atti del maestro Rasori al teatro Fossati. Il maestro Rasori è un giovinetto che s’avvia baldanzoso verso la ventina o l’ha di poco passata. Dirige l’orchestra del teatro Fossati con abilità, ha già scritto un paio di sinfonie. Da questo a scrivere un’opera ei corre, ma chi è oggi che non iscriva un’opera? Il Don Marzio, a cui ho assistitito ieri, ebbe nell’insieme esito barcollante, incominciò con applausi, andò innanzi tra gli applausi e le disapprovazioni e fini tra le disapprovazioni. Classifichi chi legge. Giova per altro dire che l’esecuzione fu pessima, l’orchestra slombata e sgangherata affaticava a tener dietro al direttore dando uno spettacolo veramente compassionevole, i cori stonavano invariabilmente, gli artisti erano impacciati e paurosi, il buffo cantò tutta sera in chiave di raffreddore; si salvarono la signora Lamberti, che ha un filo di voce gradevolissimo e molta abilità, e il baritono Carpi, disinvolto ed intonato. Anche il beniamino del pubblico, il tenore ZanardiLandi, che ha talvolta dei cattivi momenti, ne ebbe uno che durò tutta sera. Con questa specie di esecuzione si strozza anche un capolavoro. Ma il Don Marzio non è un capolavoro. Ci sono qua e là delle buone intenzioni, arte non ve ne manca, e lo strumentale è trattato piuttosto bene; abbondano i canti, talvolta belli, ma l’originalità manca sempre; il ventenne maestro ei fa sapere che egli ammira Rossini, Cimarosa e Verdi e Petrella ed Offenbach; lo stile è a volte fiorito, a volte liscio e severo, a volte smorfioso come quello di Offenbach; il più bel motivo dell’opera è un’aria del baritono nel Rigoletto; ei sono altre belle cose, parecchie di Rossini e di Cimarosa, che il Rasori crede sue in buona fede. Non ne ha colpa; quando si hanno i suoi anni si crede sempre la stessa cosa, e si scrivono le opere alla maniera del Don Marzio, quando non si scrivono peggio. E per esempio, fatta la parte al biasimo, mi congratulo col giovine autore delle buone disposizioni che ha dimostrato. Ci è un sestetto nel secondo atto che mi pare uno spiraglio d’un avvenire molto luminoso. Coraggio, adunque, signor Rasori, e sopratutto, quando farete un’altra opera, fatela eseguire meglio. 3. Parecchi giornali hanno annunciato la rappresentazione d’nn^ opera nuova del maestro Cagnoni a Firenze col titolo Giraldo,. Quei giornali sono in errore. La Gir aida del maestro Cagnoni non conta.meno di venti anni, di vita, e fu rappresentata appunto in Milano nel 1852, al teatro Santa Radegonda con lieto esito. Il più curioso è che alcuni hanno rimproverato a quest’opera alcune reminiscenze del Papà Martin, ultima opera di Cagnoni. È probabilmente il contrario che è avvenuto. V" Liszt lasciò la città di Kassel, che gli fece bellissima accoglienza, e ritornò a Weimar, ove, secondo il Giornale di Colonia, si occuperà di una grande composizione per una serie di feste musicali che avranno luogo nel prossimo settembre al Wartburg. 4 E d’appaltarsi il teatro di Sassari per autunno e carnevale 1872-73 o anche per più anni. — Preferibilmente si accetteranno progetti di spettacolo d’opera in musica. W Per l’autunno venturo è d" appaltarsi il teatro Alfieri d’Asti, con una dote di 14,000 lire., Si esigono due opere serie e due balli grandi. Dirigere i progetti al Sindaco. Terminate le rappresentazioni dell’opera italiana al Covent Garden di Londra, un Impresario francese, Dion-Boucicault, ne prenderà possesso per farvi rappresentare una gran féerie, dal titolo Sans-souci, con musica di Hervé. -R Dal Marocco sta per arrivare in Europa una compagnia di Mori, che hanno formato un’orchestra di nuovo conio. I loro strumenti non sono altro che stoviglie (gulabes) sulle quali battono con un legno (arazug), ottenendo effetti mirabili. Ultimamente essi si sono fatti udire a Tripoli, suonando fra gli altri pezzi la sinfonia della Semiramide e il rataplan delPAsse^zo di Leida di Petrella. Così il Trovatore. L Imperatore di Russia ha assistito non è molto alla rappresentazione dell’Orfeo_di Gluck, che fu interpretato dagli allievi del Conservatorio di Mosca. Lo Czar, ammirato, accordò subito una sovvvenzione a quell’istituto, che annovera fra’ suoi professori un italiano, l’ex-tenore Galvani. Si dice definitivamente scritturato alla Scala per la ventura stagione, il tenore Genevois. Giorni or sono, nell’istituto dei ciechi di Parigi ei fu uri interessante accademia musicale. Tutti gli esecutori, compreso il direttore d’orchestra, erano ciechi-, la meraviglia fu grande quando si udì il raro accordo e la precisione con cui suonarono quegli infelici! A. Rubinstein ebbe dal poeta Mosenthal il testo d’un’opera col titolo Lea, argomento tolto alla storia dei Maccabei. Il compositore promette di farne presto la musica. labbra della Regina. La povera Isabella doveva tutte le sue angoscio all’influenza fatale che il conte-duca esercitava sull’animo del marito. La Infanta raccolse le sue carte, e preceduta e seguita da due dame, si avviò alla camera del padre. L’indisposizione della Principessa era tanto leggiera, o per meglio dire, cosi abituale, che la Regina non si oppose a che si recasse nell’appartamento del Re, contenta che si procurasse qualche distrazione. — Ho da parlare a V. M. di una cosa riservata, signora, disse il conte-duca volgendosi imperiosamente verso le dame, le quali senza aspettare un segnale dalla Regina ritiraronsi nell’anticamera: decisamente il vero Re era don Gaspare de Guzman. — Vi ascolto, disse Isabella sedendo e appoggiando la mano sulla guancia con aria malinconica. — Sono venuto, incominciò l’Olivares, sono venuto a pregare V. M. perchè mi aiuti a salvare un’infelice fanciulla dall’amore del Re. Nel sentire quelle crudeli parole Isabella impallidì; portò le sue mani al cuore come se ivi avesse ricevuto una profonda ferita, e tosto due grosse e calde lagrime irrigarono le sue guancie. — Cosa posso io fare? susurro con tanto abbattimento che il cuore del favorito, suo malgrado si commosse. — Questa giovane si salverà se V. M. mi permette di condurla questa notte in questo appartamento. — Giammai! esclamò con veemenza la Regina; credo di operare con maggiore decoro mostrando di ignorare le sregolatezze del Re, di quello d’oppormi ad esse con inutili scandali. — Qui non vi può essere scandalo alcuno; io mi son visto obbligato d’offrire al Re che l’avrei avuta stanotte in mio potere, ma in pari tempo voglio salvare l’onore di quella infelice creatura, e liberare Don Diego Velâzquez da un’angoscia che gli costerebbe la vita, perchè ama codesta giovane con tutta l’anima sua. — E chi vi obbligava a pascere in tal guisa la passione licenziosa del Re per questa fanciulla? esclamò Isabella di Borbone alzandosi sdegnata e altera: chi se non la vostra infame ambizione ha colpa dei traviamenti del padre de’miei figli? Chi è la causa di tutte le mie afflizioni? Chi impoverisce e perde il regno? Voi.... sì! solo voi, favorito venale di un Re eccessivamente credulo.... E volete che io vi presti mano nelle vostre inique trame? Volete che io sia il docile istromento dei vostri ambiziosi piani, per raggiungere lo scopo che vi siete proposto di farmi perdere sull’animo del Re qualunque influenza? Non lo sperate giammai! — V. M. si rifiuta? chiese il favorito, il quale, ad onta delle violenti apostrofi della Regina, la guardava- con calma provocante. — Mi rifiuto, sì. — Andrò, dunque, ad avvisare Velâzquez. Un impeto di collera coprì di porpora il dolce e poetico sembiante della Regina. Si alzò essa dal luogo in cui era seduta, e avvicinossi lentamente, in tono austero e minaccioso, al conte-duca. — Se fate ciò, gli disse a bassa voce ma in tono altero, e accentuando le parole; se fate ciò, io sarò quella che vi getterà per sempre in un abisso.senza fondo; fate bene attenzione, don Gasparo di Guzman! Se vi esce di bocca il nome del Re, Isabella di Borbone, ve lo giura sul suo reale nome, sarà quella che scoprirà a Filippo IV la proposta che siete venuto a farle stanotte! Partite! La Regina indicò la porta all’Olivares con piglio severo; e questi, malgrado il patito oltraggio, usci posatamente, rammaricandosi d’essere stato colto per la prima volta in sua vita nei suoi proprii lacci. Quando si trovò nella seconda anticamera, la rabbia succedette al rammarico, e battè il pugno furioso sulla sua fronte. — Viva Dio, disse fra i denti, è proprio inutile che io cerchi di essere buono! La prima volta dacché vivo che mi avviene di attenuare una cattiva azione con un’altra buona, sono stato vergognosamente respinto!... Avanti dunque! La fiamminga sarà del Re; e Velâzquez... Velâzquez l’ho già ricompensato a dovizia del mio magnifico ritratto che mi ha fatto colla somma che per esso gli ho data... Ah! andiamo a vedere ora chi è che vince, signor duca dell’Infantado. [p. 242 modifica]244 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO

  • Al teatro Comunale di Ferrara riuscirono benissimo due esperimenti

annuali degli allievi dell’istituto Musicale. Un programma vario fu esaurito fra gli applausi; i giornali lodano, fra gli altri allievi, il sig. Luigi Borgatti, che da poco dedito allo studio dell’oboe, diede splendido saggio della sua abilità. ¥ Il nostro collaboratore marchese D’Arcais fu nominato ad unanimità presidente dell’Accademia di S. Cecilia di Roma. L’Esposizione Nazionale di Lione fu inaugurata solennemente il 7 corcorente; concerti musicali rallegrarono la festa dell’industria. V- La città di Hannover ha aperto un concorso per un monumento da erigere a Marschner. Si tratta d’una statua di bronzo maggiore del vero, che sarà collocata presso al teatro. La città di Colonia ha accettato il disegno dJun nuovo conservatorio, e sono già incominciati i lavori. Il nuovo edilìzio, oltre i locali necessairi alle scuole, avrà sale di riunione e di concerto. Noi possediamo opere di tutti i-colori, scrive l’Etoile’, abbiamo: la Dame Bianche, il Domino noir, il Chaperon rouge, i Chaperons blancs, il Domino rose, la Barbe-Bleue, la Beine topaze, e in fine la Princesse jaune’, senza contare il Trou vert!!

  • Tre opere nuove sono aspettate a Pietroburgo; Pskowidianka. (La fanciulla

di Pskow) di Rimski-Korsakoff; Boris Godounoff di Mussorgski; l’0pritschik di Tschaikowski. ROMA, 16 luglio. L’Aida all’Accademia Filarmonica — A’ Accademia di Santa Cecilia, e il futuro Liceo Musicale — Sopettacoli in fieri. Ho un sacco di notizie tutte interessanti e prelibate e mi dispongo a comunicarvele, colla speranza che i vostri e miei lettori me ne sapranno grado. In primo luogo, continuano i concerti in piazza Colonna e in piazza Navona. E vero che in quest’ultima sono qualche volta disturbati dalle lotte fra i neri e i liberali, e lo scoppio delle bombe e i colpi di revolver accompagnano le dolci melodie, ma gl’imperterriti bandisti proseguono a dar flato alle trombe come se nulla fosse, ed io faccio come loro. Le musiche militari ei danno Y Aida e vi lascio immaginare che idea i romani possano formarsi della nuova opera di Verdi ruinata a quel modo. A proposito teW’Aida già vi scrissi che il gran finale dell’atto secondo doveva essere eseguito in uno dei privati esercizi della nostra Accademia filarmonica, sotto la direzione del maestro Alessandro Orsini. E questo esperimento ebbe luogo in condizioni tali che io non posso rallegrarmene. E possibile d’immaginare il finale delFAzcfo ridotto alla sola parte vocale con accompagnamento di.pianoforte, senza il potente ed efficace suo strumentale, senza la scena e la decorazione? I cori della Filarmonica, composti in massima parte di dilettanti, sono ottimi; però voi converrete meco che i cori non bastano a riprodurre esattamente gli effetti di questo grandioso finale di cui vi parlo. Le prime parti, di gran lunga inferiori ai cori, hanno fatto’ciò che hanno potuto e dice il proverbio che la più bella donna del mondo non ’può dare che quello che ha. Aggiungete un grave inconveniente avvenuto durante il concerto. La signora Palletta che era incaricata di una delle parti principali ed avea fatto tutte le prove, punta da non so quale offesa alle sue convenienze artistiche e dilettantesche, abbandonò improvvisamente la sala, e fu necessario sostituirle la signora Fidi, che non conosceva quel pezzo. La signora Fidi si trasse d’impegno onorevolmente; tuttavia, in mezzo ad un cumulo di tante circostanze sfavorevoli, ben pochi abbiamo potuto apprezzare la musica che veniva eseguita (*). In generale i concerti dell’Accademia filarmonica non possono esercitare alcuna salutare influenza sull’incremento dell’arte nella nostra Roma. Vi predilige la musica teatrale, quella stessa che il pubblico ha campo di udire tutto Fanno all’Apollo, all’Argentina, al Politeama. È ben raro il caso che vi si eseguisca qualcuno di quei componimenti musicali che di rado si possano udire nei teatri. Pochi mesi or sono fu cantata la Norma di Bellini in frac e cravatta bianca; l’altra sera abbiamo avuto VAida in crinolino; un’altra volta ei daranno forse il Trovatore o il Ballo in maschera. Per questo riguardo stiamo addietro da Firenze e da Milano, e notate che gli elementi vocali della nostra Accademia sono ottimi, come vi dissi più volte, ed una intelligente Direzione se ne potrebbe giovare per far udire anche a Roma molti capolavori italiani e stranieri che qui ben pochi conoscono. Forse coll’andar del tempo vedremo compiersi anche nella capitale la trasformazione ch’è avvenuta in altre città. Il gusto del pubblico non si forma da sè; conviene dirigerlo e guidarlo, e sovratutto è necessario che l’Accademia e il (*) Nel mentre in questi giorni alcuni giornali trovarono troppo severa la legge sulla Proprietà letteraria, noi al contrario deploriamo che la legge stessa non sia sufficientemente restrittiva in modo d’impedire ora e sempre sfregi di tale natura, che sono una vera profanazione dell’arte. La Direzione. vn. IL RATTO. Era la mezzanotte del 25 giugno, e Diego Velâzquez de Silva, assieme alla bella Anna, trovavasi nel suo studio, assorto, pareva, in profonda meditazione. La fanciulla, seduta alla finestra aperta, accarezzava colla bianca mano il capo di un grosso alano dal lungo pelo nero; anch’essa era pensierosa e mesta, come se il suo candido volto fosse stato lo specchio di quello di Velâzquez. Quantunque don Diego abbia già fatto il ritratto di Anna, mentre parlava nel bosco col duca dell’Infantado, mi proverò io pure a farlo al lettore. Questa gentile creatura toccava appena i diciasette anni; i suoi occhi azzurri, coperti da larghissime sopracciglia bionde, erano grandi, ben fatti e sereni, e la dolcezza di quegli sguardi armonizzava col candore dell’animo suo. Le scendevano i capegli in lunghe anella poggianti sugli omeri, spandendosi a guisa di una cascata d’oro sulle bianche spalle; il volto di forma ovale prolungata, leggermente dimagrito verso le tempie e la parte inferiore delle gote, presentava i segni infallibili di quella terribile malattia di consunzione, che s’impadronisce di tante fanciulle all’uscire dall’adolescenza, e che le getta nel sepolcro prima di vedere coloriti i loro sogni della fanciullezza. Quei desolanti sintomi davano alla figura di Anna il maggiore fascino che possedesse, imprimendole un triplice carattere di melanconia, di sofferenza e di innocenza, che avrebbe profondamente commosso il cuore più. insensibile. La sua veste bianca di pizzo, a maniche aperte alla fiamminga, disegnava i contorni perfetti, ma poco sviluppati della sua persona; erano le sue forme di cosi grande delicatezza, che conservavano, nonostante la loro morbidezza, un’impronta tuttora infantile. Il grosso cane Medoro, a’ suoi piedi, poggiato sulle gambe posteriori, alzava l’enorme capo sotto la dolce pressione della mano leggiera che sopra esso si posava accarezzandolo, e fissava i suoi intelligenti occhioni sul volto di Anna. Velâzquez era pallido, e i suoi neri occhi, circondati da un largo e scuro cerchio, apparivano mesti; davano a conoscere facilmente che da molte ore non li chiudeva al sonno. Infatti, la notte precedente non aveva avuto un istante di riposo, tormentato dal divoratore pensiero che gli inspirava la sorte di Anna. Quella creatura era per lui l’unico bene, e sapeva fin troppo ciò di che era capace il Re Filippo IL, quando si vedeva contrariato in qualcuno dei suoi amorosi capricci. A parte questa convinzione, Velâzquez non incolpava delle sregolatezze del Re il Re • stesso; ad onta dell’amicizia che il conte-duca gli dimostrava dopo fatto il celebre e magnifico ritratto, il cuore leale di Velâzquez non aveva creduto alla sincerità dell’affetto che gli ostentava il favorito. L’aito ingegno e il savio criterio dell’artista avevano indovinato quanto di falso e maligno esistesse nel carattere di don Gaspare de Guzman; aveva compreso che F ambizione era la passione dominante in quell’anima; sapeva che non intralasciava alcun mezzo per fomentare le passioni del Re e che era capace di tutto per soddisfarle, quando in tal guisa poteva innalzare alquanto il piedestallo della sua fortuna. Per questo gli inspirava tanti timori la sorte di Anna e tremava al pensiero che si potesse risvegliare nel suo cuore un diverso amore, che egli giudicava interamente sconosciuto al cuore puro di quella fanciulla. — Ama me soltanto come un fratello, diceva fra sè stesso, e questo amore, che fa parte della sua esistenza cosi^ abbandonata e solitaria fin dal giorno che mi conobbe, basta per farla felice... Ma se il Re giunge a parlarle e a scuotere il suo cuore, questo cuore innocente che se ne sta assopito per la mia abnegazione... oh! allora ella amerà Filippo IV.. Si, lo amerà... e... da quel giorno... il mio genio, la mia gloria d’artista si sprofonderanno nel sepolcro!... (Continua). [p. 243 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 245 teatro siano due istituzioni ben distinte e consacrate a diversi generi di musica. La Reale Accademia di Santa Cecilia ha già incominciato a tenere le sue adunanze per la riforma degli statuti, e per l’approvazione del regolamento per un Liceo musicale in fieri. Il vostro corrispondente ha avuto l’insigne ed inaspettato onore di essere ’ eletto a presiedere queste riunioni. Io non posso contraccambiare questa dimostrazione di stima che facendo fervidi voti affinchè i voti della illustre Accademia siano soddisfatti. Voi sapete che l’Accademia di Santa Cecilia è sorta nel secolo decimosesto, e conta fra i suoi soci non solamente tutti gli artisti romani, ma le principali illustrazioni musicali di tutto il mondo. Mutato il governo, la riforma degli statuti era diventata una necessità. Essa non muta le basi dell’Accademia stessa, e si riferisce piuttosto a particolari che credo inutile di riferire. L’idea di instituire un Liceo sorgeva pure spontanea, perchè è veramente strano che in una città come Roma non esista alcun Istituto d’insegnamento musicale. Da qualche tempo l’Accademia ha aperto due scuole gratuite di pianoforte e violino, alle quali attendono con singolare solerzia e grande disinteresse i benemeriti professori Sgambati e Pinelli. Il progetto che venne preparato da apposita Commissione e che ora si sta discutendo, è assai grandioso. Esso comprende un completo corso di studi musicali, coll’indispensabile corredo di studi letterari. Ma chi somministrerà i fondi per una istituzione di questo fatto? L’Accademia non ha altra rendita che le tenui quote dei soci. Dal governo temo che vi sia da sperar poco o nulla. Quanto al Municipio, permettetemi innanzi tutto di rettificare un grave errore tipografico che vi è sfuggito nella mia precedente corrispondenza. Mi avete fatto dire che il Municipio era assai poco disposto a favorire il nuovo Liceo. Io vi scrissi precisamente il contrario; il Municipio è cosi ben disposto in favore dell’Accademia e dei suoi progetti, che le ha concesso l’uso dell’Aula massima capitolina (quella stessa in cui si riunisce il Consiglio municipale) per tenervi le sue adunanze. Vedremo ora se a queste buone intenzioni corrisponderanno i fatti, e se la Provincia vorrà, alla sua volta, coadiuvare il Municipio. L’Accademia deve inoltre discutere ed approvare il progetto per la Cassa di mutuo soccorso, ma credo che domani terminerà i suoi lavori, che verranno poi sottoposti alla sanzione governativa. Al Politeama si prepara il Marco "Visconti del Petrella, con una compagnia superiore alle esigenze di quel teatro popolare. Le prime donne Ciuti e Colarieti, il tenore Culli ed il baritono Ciapini assicurano a quello spettacolo un gran successo. L’egregio autore, colla solita sua compiacenza, è venuto a posta da Albano, dove trovasi in villeggiatura, per assistere alle prove dell’opera ed alla prima rappresentazione. L’impresario Jacovacci ha definitivamente conchiuso il contratto col maestro Libani per mettere in scena, all’Apollo, nella stagione d’autunno, la nuova opera: Il Conte verde, con libretto del D’Ormeville. Le compagnie drammatiche fanno discreti affari, sovratutto quella diretta da Cesare Rossi, che recita al Corea e che ora ha preso il partito di dare delle rappresentazioni notturne. Allo Sferisterio la Compagnia Pezzana e Dondini piace anch’essa. Vi è poi il Quirino dove si va per fare del chiasso, ma questo non è spettacolo di cui possa decentemente occuparsi la critica. A... NAPOLI, 17 luglio. Risposta all’Omnibus di Napoli — La Repetto-Suardi — Notizie. Quando assumesi la difesa d’un impresario come il Musella od altri ejusdem farinae, si deve ricorrere il più delle volte alle ali del pensiero, impennarle e librar voli su’campi dell’ideale, chè in quella del reale corresi pur troppo il rischio di incespicare ad ogni piè sospinto; ogni passo un pericolo. L’Omnibus infatti, l’enfant terrible del presente impresario del Massiino, taccia di poca precisione la Gazzetta, o chi per essa, vai quanto dire l’umile sottoscritto, perchè accusò il Musella di negligenza non preparandosi desso a sostituire al nostro diapason il normale, adottato già a Parigi, a Londra ed a Milano "L’Omnibus dice che io avrei dovuto sapere che questo è un obbligo assunto dal Municipio e non adempito. Duoimi che V Omnibus, non ostante i molti suoi anni, sia molto leggiero, mentre si fa lecito condannare d’imprecisione altri che coi fatti addimostra di saper quel che si dice. Al direttore dell’Omm&ws non è mai saltato in mente, ed avrebbe dovuto farlo quando assunse il compito di perorare in prò’ del Musella, di leggere il capitolato di appalto. Avrebbe altrimenti saputo in che guisa nell’articolo 44.° trattasi la questione del diapason. Lo trascrivo testualmente affinchè lo leggiate e vediate poi quanto sia preciso VOmnibus nelle sue notizie e, come per confutare trovi validi documenti! «L’impresario si obbliga ad adottare per la grande stagione dell’anno ven» turo, cioè dal ventisei dicembre del Milleottocentosettantuno al martedì» Santo del Milleottocentosettantadue, il diapason col nuovo Corista normale» abbassato secondo l’uso de’teatri di Parigi, Londra, e Milano, ed a concor«rervi per la metà della spesa, rimanendo l’altra metà a carico del Muni» cipio. Per l’effetto, l’impresario presenterà, non più tardi della fine di agosto» del venturo anno, la tabella di tutti gl’istrumenti da modificare, con una» specifica della spesa. La Giunta la esaminerà e delibererà sulla accetta” zione o modifica del detto progetto, essendo in sua facoltà di poter direttamente» far provvedere a tale fornimento di nuovi istrumenti, per maggiore econo«mia e certezza di riuscita. La metà della spesa ricadente all’impresario ” sarà ritenuta in tante rate uguali per ogni rata di convenzione. I professori «sovvenzionati avranno l’obbligo di suonare con i nuovi istrumenti. e di sot» toporsi alle disposizioni, che il Municipio stimerà di emettere pel rimborso ” a rate di tutto o parte, non meno però della metà del prezzo dell’istru«mento che rimarrà di loro proprietà Questo rimborso degli Artisti sarà» diviso a parti uguali tra il Municipio e l’impresario. «Per tutti gli altri artisti non sovvenzionati l’impresario stipulerà nelle ” relative scritture un obbligo simile, ed il rimborso sarà fatto sulle loro» paghe, e diviso nella stessa proporzione.» Mancando l’impresario di far trovare impiantato il detto cambiamento di ” corista, almeno due mesi prima della grande stagione, il Municipio sarà ” nel dritto di farlo a tutta spesa dell’impresario, invece della metà, a titolo» di penale.» Rispondo adesso pe’ Cori; io so che per le masse vocali al S. Carlo ce ne vogliono molte, io non attingo le mie notizie da fonte sospetta, non rispondo mai con le parole che potrebbero mettermi in bocca gl’interressati, ma da per me so additare i mali dopo averli scoperti. Ignoro se i compilatori HeìVOmnibus sieno persone capaci di dare giudizi! speciali, ma quando leggo entro quelle colonne che pei coristi ei vogliono poche riforme, e maggiori per le donne, son persuaso che sono digiuni affatto di conoscenze musicali. Non vo’ intrattenermi qui molto, e sarebbe scrivere senz’alcun prò, se dicessi che di coriste che cantino a S. Carlo se ne possono contare cinque, e quindici fra tenori e bassi. Or credete voi che si possa trarre belli effetti da questi nostri Cori? Mettetevi ne’ panni d’un povero compositore che avesse scritto un Coro disponendolo per sei voci: soprani, contralti, tenori primi e secondi, baritoni e bassi e fosse tentato di far rappresentare la sua opera al S. Carlo; pensate un no’ come sarebbe contento. E che ciò sia vero varrà a provarlo un esempio recente: dovea rappresentarsi V Africana; provossi varie volte il celebre coro: o grande S. Domenico e non destava nessuna impressione, ma quando il Trisolini scritturò trenta altri coristi, fra i quali venti bassi, l’esecuzione di quel gran pezzo di concerto commosse per modo il pubblico che ogni sera ne chiedeva la replica. E a S. Carlo, sei sappia V Omnibus, bisogna un corpo di coristi che ascenda a 120 persone; che se il Musella avesse applicato un altro articolo del contratto e fondato la scuola corale già da due anni, non si sarebbe spaventato nel sentire che per VAida c’è da impiegare trenta bravi bassi di coro, nè avrebbe pregato il suo organo ufficiale di scrivere che tanti bassi è uno sciupio inutile di voci, nè si trovano in corrispondenza delle altre se non elevando almeno a centoventi il numero de’ coristi. Non ritorno sulla quistione Aldighieri che per fare una dimanda all’Omnibus. È egli possibile che un impresario cui fa conceduto un teatro dell’importanza del S. Carlo per cinque anni debba ridursi a concludere i contratti con gli artisti pochi giorni prima che cominci la stagione? L’Aldighieri dava la preferenza all’impresario Jacovacci perchè scritturava anche la sig.a Spezia, e bene sta, ma saprebbe poi l’Omnibus allegare le ragioni che indussero il Musella e non designare subito l’artista che dovea surrogare l’Aldighieri e a stringere contratto con esso lui? Credeva, di grazia, V Omnibus, cel dica, che i baritoni di grande valentia, pel S. Carlo insomma, passeggino dinanzi al Caffè di Fiori e sieno pronti ad ogni cenno del Musella, come pur troppo avveniva quando egli dirigeva il teatro Nuovo? Pertanto se fino ad oggi il baritono non fu scritturato, il Musella, VOmnibus cosi dice, seconderà plausibilmente anche l’illustre maestro o il Ricordi. — Utinam, rispondo io. — Il Musella fece padrone, sempre secondo V Omnibus, l’illustre Verdi di accomodare le cose a piacer suo. Ma circa le promesse del Musella non ho mai mosso dubbiezze o sospetti; è il modo suo di mantenere i patti che mi fa impensierire. Rispondo ora alla taccia di parziale che VOmnibus mi scaglia addosso, quando asserisce che io abbasso il Musella per alzare il Trisolini. Il vecchio giornale è in un grave errore; non credo siavi alcuno che aspiri al vanto di abbassare il Musella che con le sue gesta è sceso tanto giù nell’estimazione della maggiore e più cara parte della nostra cittadinanza. Io non parteggio per alcuno, lo dico e ripeto altamente qui. io tengo a serbar la più grande indipendenza, pago il mio viglietto quando ho necessità di assistere allo spettacolo, nè mendico un palchetto per isdraiarmivi entro e sedere a scranna col piglio d’un giudice delle peccata, e per iscrivere poi a ritroso delle mie convinzioni. Ho lodato il Trisolini e con ragione; nè l’ironia dell’Omnibus farà ricredermi. Quando al S. Carlo fu rappresentata VAfricana, la non era data in tutto il mondo, la Contessa d’Amalfi del [p. 244 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 246 Petrella, comunque lavoro assai fiacco, mai non fu eseguita a Napoli, comunque scritta nel 1864, prima che lo stesso Trisolini concepisse il disegno di darla. L’Omnibus dice altresì d’essere indifferente pe’meriti Museifisti e Trisoliniani. Il credere è cortesia, diciam noi altri, e io mi permetto essere scortese con V Omnibus non aggiustando fede a questa sua asserzione. Come mai può essersi indifferenti pe’ meriti Musellisti e Trisoliniani, quando dal capo di uno degli scrittori dell’Omnibus usci, non armata come Minerva dal cervello di Giove, una Muselleide,,che non è altro se non che un’apologia deH’ormai famoso impresario, mentre poi in ogni numero del giornale, in parola si mostra avversità personale, e si muove guerra ingiusta, e sempre accanita contro il Trisolini? Convengo con l’Omnibus esser cosa ben diversa condurre un quasi casotto, come esso Omnibus chiama il Fondo, e l’immenso San Carlo. Ma se l’Omnibus stesso, come tutt’i vecchi, non ha memoria affatto labile, non dovrebbe aver dimenticato che il Trisolini per sei mesi condusse il San Carlo e nel tempo determinato dal Cartellone dette agli abbonati 96 recite e 32 appalti sospesi al pubblico, che mantenne esattamente tutti gl’impegni assunti. anzi dette un’opera di più non promessa, fece scrivere appositamente il Serrao, non rimandò il pubblico dopo aver diramato molti inviti per far udire la prova generale di un’opera nuova, perchè non aveva pagato il nolo dello spartito, non lasciò di pagare un quartale a qualche prima donna, nè profittò dell’orchestra per un mese senza pagarla, nè di ballerini, nè di coristi, ma adempiè esattamente agli obblighi assunti, non udì urla del pubblico, nè proteste della Commissione teatrale che per ben sei volte fu obbligata a far troncare lo spetmcolo per gli schiamazzi dell’uditorio, Il Fondo è ridotto un casotto, potrebbe essere pur vero, ma se VOmnibus è cosi competente in fatto di casotti, mi dica in quale di questi casotti mai ha desso uditi cantatrici del valore della Repetto-Suardi e tenori che possano paragonarsi al Montanaro; un’orchestra poi numerosa costituita di migliori professori onde va superba la nostra capitale, chè i suonatori sono stati scelti fra i primi del S. Carlo? Nei casotti ha mai diretto orchestra numerosa e ben disciplinata il primo professore di contrappunto del primo collegio di musica d’Italia? Oh le polemiche ad usum delphini! Grazie all’Omnibus cui è quasi tutto dedicata la presente corrispondenza restami ben poco a dire delle novità di qui. Me ne sbrigo in due parole. La Repetto-Suardi al Mercadante si è presentata nelle Educande lo scorso sabato, ed ebbe un’ovazione vera, strepitosa. La Repetto è una simpatica donnina, che ha svelta persona, e voce estesa, omogenea se non molto voluminosa; va senza sforzo al re acuto e lo aggiugne pure; l’intonazione è sicurissima, inappuntabile; canta bene, e i grandi suoi effetti stanno nelle volate, nei gorgheggi arditi; talvolta ne abusa, ma li condisce di precisione e di brio. La Repetto è giovane, mette i primi □assi nella carriera, ma è già una cantatrice provetta, sa modulare con arte veramente squisita la sua voce, e quando alla maestria nel vocalizzo accoppierà un gusto più eletto, sarà, nel suo genere, un’artista di prim’ordine. E dopo la Suardi non posso parlarvi degli altri esecutori dell’Educande stanno da lei a troppo grande distanza; buoni comici m’apparvero, ma tutti mezzo svociati. Intanto il Trisolini apre una delicata parentesi nel repertorio finora buffo ad oltranza, e darà presto la Sonnambula con la Repetto ed il Montanaro, ma prima farà eseguire il Don Procopio ed una nuova opera del cav. Delfico, dilettante egregio, di poi. Intitolasi quest’altra la Fiera ed è stata ricavata dalla commedia del Nota, da quel brillante ingegno del nostro Rosati uno dei migliori nostri scrittori umoristici. Il Battista è tutto intento a scrivere una nuova opera che dovrà rappresentarsi al S. Carlo nell’inverno vegnente. lùtitolasi Enrico V. E un’ottima scelta; dopo l’Aida, l’Enrico V.; con l’autore del Don Carlo, dell’Aida e di tanti capolavori scriverà l’autore delFAZùa d’oro. Gran testa quel Musella! È nato, fatto per condurre l’immenso S. Carlo! Acuto. TORINO, 18 luglio La Contessa d’Amalfi al teatro Alfieri — Futuri spettacoli al Gerbino — La messa funebre in onore di Carlo Alberto — La futura stagione del teatro Regio, Il teatro Alfieri s’è aperto sabbato, così come era stato annunziato e promesso, coll’opera La Contessa d’Amalfi e il ballo Eulichio e Sinforosa e malgrado un calore quasi insopportabile la folla trovò applausi per il tenore Franchini, per la prima donna Capozzi, trovò incoraggiamento per T esordiente signora Gambola, Gilde, allieva del nostro Liceo Musicale, trovò da ridere e da divertirsi nelle avventure del pauroso poeta e della gelosissima sua consorte, rappresentati da quei capi ameni di Burgis e di Rustagno con molta vis comica e trovò la coppia danzante degna di fragorose ovazioni. Cosa straordinaria poi per quelle scene, fu trovato ricchissimo il vestiario, laonde avendo il Marchelli cominciato bene è sperabile proseguirà in meglio e non vorrà trascurare quell’elemento di successo d’ogni impresa che è la novità e la varietà di repertorio. L’inaugurazione della stagione estiva al Gerbino è fissata per la sera di dopodomani, sabbato, in cui udremo l’opera classica, come dice il cartellone, Così fan tutte di Mozart, affidata ai coniugi Paoletti, alla signorina Cottino, allieva pure del detto Liceo, al baritono Graziosi, al basso Augusto Fiorini e a numerosa orchestra, sotto la direzione del maestro concertatore signor Francesco Della-Ferrera, accademico filarmonico di Santa Cecilia di Roma, dice il cartellone, e membro onorario del Liceo Rossini di Bologna; un giornale politico poi di stamane lo onora di altri lusinghieri appellativi e da parte dell’impresa promette un allestimento di scena non più visto e fra le altre meraviglie un giardino al naturale. Sabato dunque udiremo, vedremo ed applaudiremo, se ce ne sarà; in seguito poi l’opera, di cui si parlava senza conoscerne nè il titolo nè l’autore, sarà Le nozze di Michelina del maestro Edoardo Montaubry, già tenore sotto il nome di Mariani. Nè le novità si fermeranno qui, poiché si buccina che anche un giovane maestro, che ha fatto due prove al Circolo degli Artisti, voglia tentare l’esperimento delle scene con uno spartito ch’egli sarebbe intento ad ultimare. Tutto il buono è dunque per l’avvenire e chi vivrà... godrà. Un avvenimento musicale di qualche importanza è quest’anno la Messa funebre in musica di Carlo Alberto, a comporre e dirigere la quale il Ministero dell’Interno ha scelto il maestro De Sanctis, da Roma, altro accademico filarmonico della detta Santa Cecilia, il quale è a Torino fin dalla scorsa settimana e va provvedendo a che il suo lavoro, dettato, a quanto pare sulle orme dei migliori nel genere religioso e severo, abbia una conveniente esecuzione, mancando quivi i soprani e contralti (uomini) ed essendo scarsi e poco istruiti i ragazzi educati al canto sacro. Questa pia e nazionale commemorazione avrà luogo il 29 corrente e come al solito il vasto tempio di S. Giovanni sarà affollato di curiosi, di devoti e di autorità politiche, militari ed amministrative, sicché il maestro, se saprà farsi onore, come si spera, avrà l’ammirazione di tutta Torino. Finalmente la compagnia lirica primaria per le nostre massime scene è compiuta coll’acquisto della Lotti della Santa (1): la buona interpretazione dell’opera di Verdi, nuova per noi, La Forza del Destino è assicurata, e così cadono tutte le dicerie, o meglio le corbellerie spacciate dai giornali teatrali e peggio ancora da quelli politici, che non dovrebbero loro tener bordone, come fanno senza sapere quel che fanno e quel che dicono. Per seconda opera, fra le nuove s’intende, avremo forse il Guarany e per terza si parla con qualche insistenza della Contessa d’Astemberg del maestro Rossi da Parma, che è una di quelle cui nello scorso anno arrise assai splendida la fortuna. Il maestro Rossi ha molti meriti e non sarebbe male che scene primarie si dessero modo di farli valere. VENEZIA., 18 luglio. Il Ballo in maschera al Malibran. L’altro ieri avemmo al Malibran la prima rappresentazione del Ballo in maschera, e m’affretto a dirvi che l’esito fu tanto felice da dover essere chiamato un trionfo. Anche qui, come dovunque, il Ballo in maschera era stato rappresentato infinite volle con più o meno buoni elementi; anche qui, come dovunque, questo lavoro, che è fra i migliori di Verdi, pella quantità straordinaria di bellezze melodiche ed armoniche che racchiude, ottenne costantemente onori singolari, ma fu talmente festeggiato per la eccezionale interpretazione datavi ora dal Mariani, che un’opera del tutto nuova non avrebbe potuto esserlo di più. L’orecchio più intelligente ed esercitato in materia musicale, da una esecuzione cotanto perfetta scoperse ad ogni piè sospinto bellezze nuove non mai prima udite, stupendi effetti di movimento or vertiginosamente veloce or placidamente sereno, nuovi e straordinari effetti di sonorità, finitissime gradazioni di colorito, incarnazione la più vera del concetto filosofico predominante, insomma vere e nuove maraviglie.. (1) Non poniamo in dubbio questa scrittura, ma finora noi non ne sappiamo nulla. La Direzione. [p. 245 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 247 Il Mariani nella interpretazione del Ballo in maschera si è mostrato in tutta la sua potenza. Impossibile sarebbe lo accennare a tutte le bellezze cine egli fece scaturire dal verdiano lavoro. L’impronta soave al terzetto nell’atto primo (tenore, soprano e contralto), l’affascinante brio della barcarola: Di’ tu se fedele il successivo quintetto proposto dal tenore colla frase: È scherzo od è follia, il gran duo d’amore nell’atto secondo, il terzetto che lo segue, il successivo coro col quale si chiude l’atto secondo, tutto il terz’atto, particolarmente la scena a tre bassi che si risolve in quintetto, e finalmente la chiusa dell’opera; tutti questi pezzi, ripeto, e molti altri, che troppo lungo sarebbe il nominare, ebbero tale impronta speciale da sembrare in molte parti del tutto nuovi. Sovra tutto però merita menzione speciale il modo nel quale si interpretò la scena a tre bassi nell’ultimo atto ed il finale dell’opera: nella prima vi è tale un’impronta vera, straziante e nuova da far sbalordire, e al finale si prova una sensazione indescrivibile. Il canto dolcissimo di Riccardo morente, l’accompagnamento soave del coro, il canto risoluto, straziante, disperato di Amelia che, con sublime pensiero filosofico, tutto domina e signoreggia pel singolare risalto che ha saputo darvi il Mariani, fanno un assieme sovranamente bello. Detto tutto il bene possibile ed immaginabile della interpretazione ed esecuzione instrumentale, dovrei dirne altrettanto, o quasi, pella interpretazione ed esecuzione vocale, La Bianchi Montaldo, quantunque evidentemente presa da ingiustificata paura, fu un’Amelia distintissima. La Mariani (Oscar) e la Tiozzo (Lirica) fecero egregiamente. Il Villani (Riccardo) ha cantato in modo insuperabile e diede proprio a vedere che dallo stesso Verdi aveva avuti, benché indirettamente, tutti gli opportuni suggerimenti, Sottolineo V indirettamente perchè nel 1859 il Villani trovavasi a Roma allorché il Ballo in maschera veniva posto in scena per la prima volta. La parte di Riccardo era sostenuta dal Fraschini, ma il Villani appartenendo alla compagnia, potè udire tutte le prove ed apprendere dalla voce stessa dell’autore il modo di interpretazione che il Verdi desiderava: quindi nella interpretazione del Villani havvi l’intenzione del maestro accoppiata al talento artistico di que’due valorosi campioni della scena che si chiamano: Fraschini e Villani. Il Maurel (Renato) fu pure festeggiatissimo ed a tutto diritto, perchè anche in quest’opera, e infinitamente più di quanto la parte di Faraone nel Mosè (troppo bassa pelle sue corde) gli permetesse di farlo, si mostrò valentissimo e per voce e per eletti modi. Il Maurel dovette replicare la sua grand’aria, come la Mariani dovette replicare una strofa della sua ballata. Si voleva anche la replica del gran duo soprano e tenore, ma si venne al consiglio di desistere, e saviamente, da una pretesa che aveva del temerario in vista della stagione nella quale ei troviamo. I cori, per merito particolare del bravissimo Acerbi, fecero tutto il loro dovere; le seconde parti così e così. Messa in scena decorosa. Ieri sera doveva esservi una gran serenata nel gran canale, ma la pioggia la fece differire a domani; ve ne dirò qualche cosa fra otto giorni. Presto arriveranno Cotogni e Ciampi terminando i loro impegni a Londra credo col giorno 20 corrente, per cui le fila degli artisti al Malibran si ingrosseranno sempre più. F F PARIGI, 17 luglio. Ancora il Teatro Italiano — Z’Opéra-italien che non deve confondersi col ThéâtreItalien — Z’Armonia francese — La Forchetta armonica. Questa volta, salvo qualche novello mutamento, credo poter affermare che, invece d’un solo, ne avremo due - parlo del teatro Italiano. Nulla di più semplice e di più chiaro; il ragionamento è stato il seguente: la gestione d’una scena lirica italiana a Parigi è molto malagevole; è impossibile senza una forte sovvenzione di non rimetterci; ora siccome tenendo aperto un sol teatro italiano l’imprésario vi perde, tenendone aperti due, l’uno e l’altro guadagneranno. Avreste creduto il contrario, non è vero? l’avrei creduto aneli’ io, ma pare che ei siamo ingannati, e che se è difficile di cavarsela radunando i dilettanti di musica italiana in una sola sala, è più facile di ottener un buon incasso sparpagliandoli in due teatri diversi. Se ciò non tosse, il sig. Lefort non farebbe costruire una nuova sala di spettacolo, ora che il Verger ha pagato la pigione della sala Ventadour e ne ha confermato il fìtto por dieci anni. Ma il Verger non avrà la sovvenzione, che forse non sarà negata al Lefort. Che importa? si avrà sempre un noce vole dualismo, un antagonismo spiacevole, una concorrenza svantaggiosa che dovrà far male e recar pregiudizio all’uno ed all’altro dei due impresarii, e forse a tutt’a due. In questo caso chi ha buone spalle resiste; in altri termini, chi ha più quattrini è quasi sicuro di trionfar del suo concorrente. Il Verger continua a scritturar artisti ^er suo conto. Anzi, volendo dar più vita al suo teatro, s’è recato a Londra per udir la nuova opera il Guarany del maestro Gomes, sulla quale, a quanto dicesi, fonda grandi speranze per la prossima stagione teatrale; ma ha fatto i conti senza le inevitabili lentezze del teatro di Covent Garden. Invece il Lefort non si occupa che di costruire un nuovo teatro. Avremo dunque un Teatro Italiano ed un Opera italiana. Sa il cielo con quanta pena si arrivava a non perdere molto con un sol teatro; come si farà quando saranno due? Ma ciò non mi riguarda. Finché non avrò notizie più precise a darvi su questo secondo teatro italiano, non posso che astenermi. Tutto ciò che vi direi non uscirebbe dal campo delle semplici congetture. Già, del resto, la concorrenza è una vera monomania. Fate che venga a qualche speculatore un’idea felice, se ne troveranno venti che vorranno imitarlo. Uno solo avrebbe fatto fortuna, venti fanno bancarotta. Cosi anche nelle faccende che riguardano l’arte. Non v’era più Un’Accademia filarmonica. Se ne è fondata una: ed ecco che ne sorgono, sia con un titolo, sia con un altro, chi sa quante simiglianti! Se ne annunzia già una seconda ed una terza. La più recente ha preso il titolo di Armonia Francese. Questa esige nei suoi statuti che ogni membro sia francese; ed ha per esclusivo scopo l’esecuzione di opere musicali inedite o pubblicate nel corso dell’anno dai membri della società, dell’a-solo sino al nonetto inclusivamente. Beninteso che i membri suddetti debbono pagare una quota annuale di dieci franchi, se sono onorarli, e di cinque franchi, se non hanno quest’onore, vale a dire se sono membri effettivi. Auguro felice vita anche a questa novella società, ma non credo che il mio augurio possa avverarsi. La media proporzione tra i 5 ed i 10 franchi è 7 franchi e 50 centesimi. Bisogna trovar mila soscrittori per raccogliere da sette ad ottomila franchi. I soscrittori saranno naturalmente i giovani compositori che non possono far eseguire la loro musica altrove. Come membri della nuova società avran diritto a farla eseguire nel locale ad hoc. Ora, secondo il programma, i fondi delle quote annuali saranno destinati a coprire le spese, per la copisteria ed anche per la stampa dei pezzi di musica. Vi saranno venti sedute ogni anno. Calcolate un poco: abbisogna una sala con tutto l’occorrente, abbisogna egualmente tutto quello che concerne la pubblicità, affissi, programmi, ecc.; abbisogna finalmente procurar le spese per la copiatura delle parti d’orchestra. Nulla dico dell’esecuzione, che forse sarà affidata a dilettanti, perchè se lo fosse ad artisti converrebbe pagarli e bene. Tutto questo con sette od ottomila franchi, volendo supporre che mille persone abbiano la compiacenza di sottoscrivere! Quest’ultimo punto è ancora assai problematico. Mi si dirà che voglio farmi profeta di sventura. No, ma prevedo quel che avverrà. Ad ogni modo non domando meglio che ingannarmi nelle mie previsioni; ma finché non mi si proverà col fatto che ho torto, persisto a credere che la novella società sarà tutta platonica, e come diceva Voltaire delTAccademia francese: «Sarà una buona fanciulla che non farà mai parlar di sé.» In un altro ordine d’idee la società che ha per nome La Forchetta armonica pare destinata a più lunga vita e sopratutto a vita più amena e giuliva. È già decenne. La è una istituzione letteraria, musicale e gastronomica. Voglio dire che i fondatori e membri principali hanno la buona idea di riunirsi ogni mese in un modesto banchetto. Colà si comunicano a vicenda le loro idee. Lo scopo della società è di raccogliere tutto quello che riguarda la letteratura musicale, vale a dire le opere letterarie, i libri, opuscoli, ecc., che trattano di storie della musica, di biografie di compositori o d’artisti, e simili materie. Ha già dato alla circolazione più di sessanta volumi e ne tiene almeno un egual numero in serbo che aspettano la pubblicazione. Nulla dunque di meglio. Se non che (ah! v’è un se non che’.} la società è un v^ro cenacolo. Ad eccezione d’una dozzina di membri (quelli cioè che si radunano ogni mese a questo modesto e fraterno convitto) gli altri scrittori di opere letterario-musicali sono messi da banda. I soli membri del cenacolo sono citati, di essi soltanto si fa menzione; gli altri non esistono, sono i profani. Avete letto le Camaraderie di Scribe; essa vi darà un’idea di quel che è la Forchetta armonica. Peccato! perchè se volesse esser veramente quel che dovrebbe, potrebbe divenir veramente utile all’arte. [p. 246 modifica]248 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO TjOZN’DIKÆ, 15 luglio Il Guarany del maestro Gomes al Covent Garden — L’Elisir d’amore — Spettacoli del Drury Lane — Arrivo d’una Società corale belga — I concorsi al palazzo di cristallo. Il Guarany venne finalmente rappresentato l’altra sera e non senza successo. Gli onori della direzione appartengono al Bevignani, il quale erasi consacrato anima e corpo al successo dell’opera affidatagli: quelli della messa in scena appartengono al signor Harris. La distribuzione delle parti è la seguente - Emilia, mad. Sessi - Gonzales, signor Cotogni - il Carico, M.r Faure - Don Antonio de Mariz, sig. Bagagiolo - Don Alvaro, sig. Manfredi - Alonzo, sig. Raguer - Pery, sig. Nicolini. Tanto il Nicolini, che il Cotogni, e il Faure e la Sessi cantarono e agirono la loro parte egregiamente, e v’ebbero frequenti applausi. Il Cotogni in mezzo a grida entusiastiche dovè ripetere la canzone degli avventurieri, Senza tetto, senza cuna. È questa una melodia che non morrà presto nei circoli musicali inglesi. La ballata, C’era una volta un principe, che par scritta sul modello di quella del re di Thule nel Fausto, fu cantata dalla Sessi egregiamente, e fu calorosamente applaudita. E calorosamente applaudito il duetto dell’atto terzo, Perchè di meste lacrime. Che altro posso dirvi dopo una sola rappresentazione? L’assieme dell’opera ha certo incontrato, e le reminiscenze, di cui è piena, sono generosamente perdonate alla gioventù dell’autore, il quale dicesi che non abbia compiuto il suo 24 anno, e dal quale aspettansi cose migliori. Lontano da me il pensiero di mettere in dubbio la giovanissima età attribuita al bravo maestro brasiliano; ma se non erro i giornali inglesi gli fanno un regalo di gioventù di sei anni almeno. Voi conoscete il libretto meglio di me; e però m’astengo dal farvene parola. Quanto alla messa in scena aggiungerò che, a dispetto del vantato sfarzo del Covent Garden, è riuscita di gran lunga inferiore a quella della Scala. Il Guarany verrà ripetuto domani giovedì sera. Sabato prossimo avrà luogo l’ultima recita della stagione. Contro l’aspettativa di molti la Smeroski ha ottenuto un vero successo nell’Elisir di amore. Essa ha una voce di mezzo-soprano, piuttosto che di soprano, ma estremamente gradevole, facile e abbastanza forte. Sta bene sulla scena; e se studia e se non si lascia guastare dalle lodi, delle quali è assediata, vi ha ogni probabilità che divenga uno dei luminari del nostro massimo teatro. Al teatro di Drury-Lane nulla di rimarchevole. Il signor Mapleson trova che si ponno fare teatri pieni con opere vecchie, e però non si cura di mettere in scena nuove opere. L’opera dei Diamanti della Corona o la Caterina, come par che sia per essere battezzata in italiano., è però in corso di prova; e il pubblico sarà invitato a gustarla forse non prima dell ultima settimana della stagione, cioè nella settimana entrante. La produzione delle novità agli ultimi momenti della stagione è significante in modo singolare. Le novità non attraggono, come le cose vecchie e conosciute; e gli impresarj che, se hanno altri difetti, non hanno quello di non conoscere il loro pubblico, le riservano ai momenti, in cui buona parte di Londra è già andata in campagna. Voi mi domanderete perchè dunque si annunziano novità nei programmi? E la risposta è semplicissima — perchè nei programmi le novità suonano bene; e per questa ragione principalmente sono necessarie. E giunta da jeri in Londra tutta una società corale belga, alla quale sono riservati onori straordinarj, fra i quali un ricevimento del principe di Galles. Questo ricevimento ha avuto luogo oggi. H Lord Mayor T ha invitata a una colazione a Maurian House, dove gli illustri stranieri non mancheranno certo di andare mercoledì prossimo. Quest’oggi hanno cantato al Royal Albert Hate: dopo domani sera prenderanno parte a un gran concerto che sarà dato nel Covent Garden; giovedì canteranno al palazzo di cristallo, e venerdì a St. James s Hale. I concorsi musicali del palazzo di cristallo sono ‘riusciti un fiasco completo per mancanza di concorrenti. Dalle provincie si è presentata al concorso una sola società corale, e questa dal principato di Galles, che era una delizia a vedere. Questi concorsi non ostante il fiasco positivo di quest’anno voglionsi fare annuali. La compagnia del Teatro di St. James ha sostenuto una grave perdita nella persona del suo intraprendente direttore, Raffaele Felix, il quale mori martedì, ancora giovine d’anni. Esso era fratello alla celebre tragica Madama Rachele, Rimandiamo al prossimo numero la pubblicazione della corrispondenza di Biebrich presso Wiesbaden per mancanza di spazio. oALERNO. Giorni sono fu eseguita la nuova opera I Normanni a Salerno del maestro Marzano. L’esito fu lieto; la musica abbonda di melodie e d’ispirazione, è scritta con arte e strumentata con molto effetto. Così apparisce dalle relazioni dei giornali. L’esecuzione, affidata alla signora Guadagnini, ed ai signori Morghen, Contedino e Bignardi, fu buona. Applausi speciali ebbero la Guadagnini e Bignardi. Buona l’orchestra, appena mediocri i cori, bella la messa in scena. Il maestro, è inutile aggiungerlo, ebbe applausi e chiamate numerose, POITIERS. Una primizia: Carlotta la Sirena, di Augusto Bridiers. La musica contiene pezzi bellissimi. PESTH. Si fanno gran preparativi per la riapertura del teatro Nazionale. In fatto di novità vediamo promesse: Almos, opera del defunto Mosonji, anckovics ultima opera di Erkel e il Vascello Fantasma di Wagner. NOTIZIE ESTERE Vervies. Il concorso internazionale di canto riuscì benissimo; vi emersero le società G-li amici riuniti di Jupille, che ottennero il primo premio, 1 Orfeonista di Bruxelles che ebbe il secondo e sopra tutti la celebre Legia che vinse il concorso superiore d’onore. — Londra. Andrew Nimmo noto in Inghilterra come agente teatrale e organizzatore di concerti. — La signora Rice, nata Eyles, cantante di concerti. — Bruxelles. Teofilo Augusto Fallon, presidente della Commissione amministrativa del Conservatorio e presidente della corte dei Conti, morì il 4 corrente a 81 anni. Aveva composto alcune belle romanze, suonava il violino e passava a Namur, sua patria, per un piacevole cantante da camera. — Blasewitz. Edoardo Maria Oettinger, bibliografo, giornalista e romanziere, morì il 26 giugno a 64 anni. Era autore di un opera Rossini; l’uomo e Cartista, che ebbe l’onore di due edizioni tedesche e fu voltata in francese. — Bruges. Alessandrina Hollander, nata Hubert, pianista valente, morì il 6 corrente a 35 anni. REBUS CA pe RR Quattro degli abbonati che spiegheranno il Rebus, estratti a sorte, avranno in dono uno dei pezzi enumerati nella copertina della Rivista Minima, a loro scelta. SPIEGAZIONE DEL REBUS DEL NUMERO 27: Troppo diviso è niente. Ne mandarono l’esatta spiegazione i signori: maestro Salvatore Botta, Giuseppe Onofri, prof. Angelo Vecchio, ai quali spetta il premio. Editore-Proprietario TITO DI GIO. RICORDI. Oggioni Giuseppe., gerente. Tipi Ricordi — Carta Jacob.