Fra la favola e il romanzo/Zaccaria/III

Zaccaria - III

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III.



Per due giorni il fanciullo non comparve: solo al terzo, il servo, nell’aprire la porta di casa, trovò seduto sul primo gradino della scala il poveretto col suo solito sacco, e con un mazzo di viole mammole in mano. [p. 71 modifica]

— Per la signora — egli disse con voce stentata, consegnando i fiori al servo, il quale, sebbene la padrona fosse assente, lo condusse nella cucina e diedegli da mangiare.

Come la buona dama ebbe fatto ritorno in casa, Virginia le presentò le viole, e le narrò del piccolo mendicante, il quale, riconfortato dal cibo, e senza la soggezione ispiratagli dalla presenza della signora, avea dato a stento qualche notizia di sè alle replicate domande dei due servi. Egli avea nome Zaccaria ed era nativo dei monti tiburtini; non avea padre, non avea madre; e, pagando un soldo per notte, dormiva con altri ragazzi in una specie di pollaio da una vecchia, cui egli chiamava nonna, nelle vicinanze di Santa Maria Maggiore. Dacchè era nato, diceva egli, aveva avuto sempre la febbre. Le viole le avea colte sotto la siepe d’una vigna per portarle in dono alla signora, e non era venuto prima per essere stato due giorni vie più malato.

Il pensiero di quelle viole era tanto gentile che la dama ne fu commossa; e risolse di prendere sotto la sua protezione quell’abbandonato e misero fanciullo. Quando era libero dalla febbre egli traeva a quella sua benefattrice recandole di bel nuovo le fresche ed odorose viole, ed in ricambio ne aveva da rifocillarsi copiosamente, e qualche moneta. Ma il male spesso lo impediva; laonde venne in mente alla caritatevole signora di farlo osservare dal proprio medico. Il quale, pratico ed esperto come egli era, disse subito che il fanciullo stava molto giù di salute, affranto da inveterate febbri di palude e con la milza siffattamente ingrossata per ostruzione, da lasciare poca speranza di guarimento. Per la qual ragione consigliò di porlo [p. 72 modifica]all’ospedale collo scopo di sottometterlo a cura regolare ed a rimedi energici. La buona signora ottenne di collocarlo a proprie spese nell’ospedale dei Fate-bene-fratelli e volle pagare a quei Religiosi una somma, sebbene l’ospedale sia gratuito, perchè ella desiderò che fosse curato a parte, e come meglio si potesse.

Ecco dunque una mattina il derelitto Zaccaria dallo star tra i polli in mezzo ad altri piccoli mendicanti, passato in un buon letto in camera separata dell’ospedale. Egli non credeva agli occhi suoi, e si guardava spesso dattorno più stupido che mai. Ma con le cure premurose e continue la sua salute a poco a poco venne a migliorare, e come il ventre diminuiva e la febbre facevasi più rara e fiacca, la sua intelligenza schiarivasi, ed il volto perdeva quella specie di abbrutimento.

In capo a tre mesi può dirsi che Zaccaria stesse bene, ed uscì dallo spedale. Pareva un altro ragazzo. Era sempre di meschina statura, ma le gambe aveano acquistato solidità, le braccia s’erano arrotondate, il ventre era sparito, il capo sembrava meno grosso, il volto meno ebete e la voce somigliava a quella degli altri esseri umani.

La signora, che avea chiamato in suo aiuto qualche benefattore, avealo provveduto delle vesti più necessarie, e, fra le altre, di una tunichetta di cotonina di color turchino solita a indossarsi dagli operai. Ella lo teneva il giorno in sua casa per dar mano a qualche piccolo servigio, lo faceva pranzare coi suoi familiari, e per la notte aveagli fatto accomodare un po’ di letto in una cameretta attigua alla sala d’ingresso. Ed essendo venuta la state, lo inviò [p. 73 modifica]a Civitavecchia per farlo viemmeglio rinvigorire coi bagni di mare.

Quando proprio lo vide ben risanato, siccome essa non avrebbe potuto tenerlo sempre in casa, pensò di tentare s’egli avesse saputo procurarsi da vivere coll’opera propria. Ne parlò ad un amico, e fu deciso di farne un venditore ambulante di sigari. Fu fatta costruire una leggiera cassetta di legno con varie divisioni nell’interno per i sigari, per i fiammiferi, ed un’altra per il denaro con un coperchietto che lo tenesse nascosto e sicuro. La cassetta era verniciata color turchino, ed all’intorno vi si leggeva scritto a lettere maiuscole — Incoraggiate il piccolo commercio — Una tracolla sorreggeva tutto.

Un bel mattino di estate adunque si vede Zaccaria lindo e pulito, slanciato per le vie di Roma con la sua cassetta provveduta del necessario, ed offrendo sigari a chi passava col miglior garbo del mondo. Pareva che egli sentisse la dignità della sua nuova condizione. I fumatori prendevan diletto a comperar sigari dal piccolo venditore, ed a capo della sera egli ne aveva smerciato parecchi mazzi.

Vendi oggi, vendi domani, e nulla spendendo, in un mese s’era già formato un discreto peculio.

Il secondo mese andò pure a vele gonfie; perchè il piccolo sigaraio aveva avuto l’abilità di farsi molti compratori in un reggimento di fanteria francese acquartierato nella casa posteriore alla chiesa del Gesù. Dai soldati sapeva quando e dove avean luogo gli esercizî, o da che parte fosse diretta la passeggiata militare: ed egli ritrovavasi sul posto con la cassetta ricolma, che ritornando era vuota, ma col guadagno di qualche franco. [p. 74 modifica]

Stando le cose a questo modo, la signora per sue faccende dovette allontanarsi da Roma e chiuder casa. Prima di partire però chiamò a sè Zaccaria, che ora vedeva non tanto di frequente, perchè egli mettevasi in moto all’alba e tornava talvolta a sera avanzata.

— Figliuolo, ella gli disse, or ora fa l’anno che io t’ho veduto la prima volta. Tu allora eri malato che appena rammenterai in quale miserabile condizione tu ti trovassi.

Il fanciullo alzò gli occhi al cielo sospirando quasi dir volesse: — sì che lo ricordo!

— La Provvidenza volle servirsi di me perchè tu fossi tolto da una morte certa, ed ora vedi che tu non solo sei sano e salvo, ma puoi da te stesso provvedere alla tua esistenza. —

Fece un poco di pausa, poi riprese: — Io debbo andarmene, Zaccaria: parto. — A questa parola il fanciullo, il quale non avea mai pensato che avrebbe potuto esser privo della sua benefattrice, ebbe in un subito gli occhi pieni di lagrime.

— Sì, parto: ma non resterai solo. So che hai molti protettori in un reggimento francese; conosco il sergente Roberto, che spesso tu hai nominato; lo farò chiamare, e gli farò speciale commendatizia in tuo favore. Tu però, Zaccaria, ricordati sempre di esser timorato di Dio. Evita il male perchè è male, e pratica il bene perchè è tuo dovere di farlo. Ne avrai la ricompensa in te stesso. Sii sempre onesto, non appropriarti mai ciò che non è tuo, e non lasciarti vincere dal troppo amor del guadagno. Se esso è illecito, se ne va rapidamente com’è venuto. Non dimenticare un proverbio che dice: La farina del diavolo [p. 75 modifica]se ne va in crusca. Cerca d’imparare un’arte, con essa avvantaggerai la tua condizione. L’uomo che vive delle proprie fatiche è nobile quanto un principe; è stimato da ognuno e si mette in grado anche di giovare al prossimo. Sii compassionevole, caritatevole, come gli altri furono verso di te, e ringrazia ogni giorno la Provvidenza che ti volle salvato. Ora, addio, Zaccaria, e prega qualche volta per me.

Il fanciullo singhiozzando si gettò sulle mani della signora replicatamente baciandole, e dagli occhi di lei due o tre lagrime caddero sul capo del suo piccolo beneficato. Ella poi gli donò qualche moneta in un borsellino ch’essa stessa avea lavorato, gli pose al collo una crocetta d’argento, e lo congedò.