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a Civitavecchia per farlo viemmeglio rinvigorire coi bagni di mare.
Quando proprio lo vide ben risanato, siccome essa non avrebbe potuto tenerlo sempre in casa, pensò di tentare s’egli avesse saputo procurarsi da vivere coll’opera propria. Ne parlò ad un amico, e fu deciso di farne un venditore ambulante di sigari. Fu fatta costruire una leggiera cassetta di legno con varie divisioni nell’interno per i sigari, per i fiammiferi, ed un’altra per il denaro con un coperchietto che lo tenesse nascosto e sicuro. La cassetta era verniciata color turchino, ed all’intorno vi si leggeva scritto a lettere maiuscole — Incoraggiate il piccolo commercio — Una tracolla sorreggeva tutto.
Un bel mattino di estate adunque si vede Zaccaria lindo e pulito, slanciato per le vie di Roma con la sua cassetta provveduta del necessario, ed offrendo sigari a chi passava col miglior garbo del mondo. Pareva che egli sentisse la dignità della sua nuova condizione. I fumatori prendevan diletto a comperar sigari dal piccolo venditore, ed a capo della sera egli ne aveva smerciato parecchi mazzi.
Vendi oggi, vendi domani, e nulla spendendo, in un mese s’era già formato un discreto peculio.
Il secondo mese andò pure a vele gonfie; perchè il piccolo sigaraio aveva avuto l’abilità di farsi molti compratori in un reggimento di fanteria francese acquartierato nella casa posteriore alla chiesa del Gesù. Dai soldati sapeva quando e dove avean luogo gli esercizî, o da che parte fosse diretta la passeggiata militare: ed egli ritrovavasi sul posto con la cassetta ricolma, che ritornando era vuota, ma col guadagno di qualche franco.