Fra la favola e il romanzo/Zaccaria/IV

Zaccaria - IV

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IV.



Il sergente Roberto era figlio di un vecchio marinaio e costruttore di barche da lungo tempo domiciliato a Seyne, grosso villaggio sul mare, non molto distante da Tolone di Provenza, dove esistono ampî cantieri per la fabbricazione di ogni sorta di navi. Suo padre avealo fatto educare in un collegio militare, ed entrato giovinetto nell’esercito, in breve tempo [p. 76 modifica]erasi guadagnato il grado di basso ufficiale. Egli avea fisonomia piacente assai; biondo, con lunghi baffi cadenti sulle labbra ed un pizzo prolungatissimo; era dolce di modi, e tutti i suoi compagni d’arme lo amavano molto.

La buona dama, che possedeva alcune terre in vicinanza di Seyne, conosceva la famiglia del sergente, e dipartendosi da Roma, a lui lasciò raccomandato il suo protetto. Roberto, il quale già chiamava Zaccaria, il suo piccolo amico, promise di prenderne cura. Diffatti egli lo sorvegliava, lo consigliava, gli serbava il danaro da lui guadagnato. E perchè il suo commercio fossegli vie più proficuo, gli insegnò il modo di preparare in tante piccole scatoline una polveretta bianca per brunire i metalli e da servire ai soldati per i bottoni, le fibbie e gli altri ornamenti di ottone, e gli mostrò pure il modo di fare un certo lustro sopraffino da rendere nero e brillante il cuoio anche il più logoro. Così il piccolo venditore di sigari, aumentando il suo spaccio, aumentava anche i suoi guadagni sopra i quali veniva facendo buoni risparmî.

Egli, per vedere di frequente il suo Mentore, e perchè i più buoni avventori erano quelli del quartiere, si pose di casa nel vicolo di madama Lucrezia, che dalla via del Gesù mena alla piazza San Marco. Su in alto, sotto i tetti, erano parecchie soffitte. In una abitavano due povere vecchie di grave età; in un’altra un meschino sartorello che rattoppava roba usata e cambiava faccia ai vestiti vecchi; in una terza poi dimorava un vedovo, intagliatore di forme da fare scarpe, con un suo figlio presso a poco dell’età di Zaccaria. Attigua alla loro era un’altra piccola soffitta, nella quale l’intagliatore teneva ammucchiate forme fuori di uso [p. 77 modifica]e di legno di faggio necessario pe’ suoi lavori. Una porticciuola con cattiva serratura ne chiudeva l’uscio che dava sul corridoio fra l’abitazione del sartorello e quella dell’intagliatore.

In questa stanza, se così poteva chiamarsi, furono da costui poste una cassa, due sedie mezzo zoppe e su due panchette un piccolo stramazzo con un guanciale. L’alloggio era meschino assai: ma là dentro con poca spesa si accomodò Zaccaria; e vi stava più che contento perchè, essendo sempre in giro, servivagli solo per prendere riposo la notte. Talvolta nel corso della giornata tornava lassù per rifornire la sua bottega portatile. Se le porte delle soffitte erano socchiuse, salutava le due vecchie, dava qualche notizia al sartorello, che al primo vederlo, senza posar l’ago chiedevagli: — che v’è di nuovo, Zaccaria? — e prima di ridiscendere fermavasi a dir due parole col suo padrone di casa sempre intento al lavoro.

Questo intagliatore era un buon uomo, sebbene un po’ aspro di modi; ma il figlio Giovannino era la croce sua. Dopo la morte della madre, che lo teneva a bada, aveva preso a starsene tutto il giorno in istrada. Il padre non gli risparmiava nè digiuni, nè battiture, ma niente valeva. Orgoglioso, irruente, maligno, non si piegava per verun castigo, tantochè il povero intagliatore, il quale avea bisogno di star col capo al proprio lavoro, s’era ridotto a lasciarlo andare, sovente ripetendogli: — Ah Giovanni, Giovanni; tu finirai in galera!

Zaccaria lo sfuggiva per non entrare in domestichezza con lui, e provava per esso una certa avversione che non sapeva spiegare. Quando usciva con la sua cassetta appesa al collo, Giovannino vi gettava [p. 78 modifica]sopra uno sguardo invidioso e grifagno, come se vesse voluto trarne fuori il contenuto, e spesso maltrattavalo con isgarbo e parole di scherno. Chiamavalo mossiù pistoletta, e contraffacendo la voce di lui sguaiatamente, gridavagli dietro per le scale: — sigari, sigari, polpi, polpi sbarcati adesso.

Polpo dicono i popolani di Roma ad un uomo malfatto e piccolo; e Zaccaria, sebbene avesse molto migliorato di salute, era sempre rimasto di meschina statura con apparenza di rachitico. Quel che però mancavagli nell’aspetto era compensato da un sentimento morale sviluppatissimo, e da un criterio come di un uomo provetto: fenomeno non raro in coloro che la natura non favori fisicamente. Intendeva le cose alla prima, e dopo poche lezioni di Roberto aveva imparato i numeri, le lettere ed a compitare. Vagando per la città faceva i suoi studî sui numeri delle case, sulle cartelle delle botteghe; poi sugli avvisi degli spettacoli, ed infine sugli altri stampati che vedeva affissi pe’ muri, dimodochè da sè solo riuscì alla fine a saper leggere speditamente.