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— Per la signora — egli disse con voce stentata, consegnando i fiori al servo, il quale, sebbene la padrona fosse assente, lo condusse nella cucina e diedegli da mangiare.

Come la buona dama ebbe fatto ritorno in casa, Virginia le presentò le viole, e le narrò del piccolo mendicante, il quale, riconfortato dal cibo, e senza la soggezione ispiratagli dalla presenza della signora, avea dato a stento qualche notizia di sè alle replicate domande dei due servi. Egli avea nome Zaccaria ed era nativo dei monti tiburtini; non avea padre, non avea madre; e, pagando un soldo per notte, dormiva con altri ragazzi in una specie di pollaio da una vecchia, cui egli chiamava nonna, nelle vicinanze di Santa Maria Maggiore. Dacchè era nato, diceva egli, aveva avuto sempre la febbre. Le viole le avea colte sotto la siepe d’una vigna per portarle in dono alla signora, e non era venuto prima per essere stato due giorni vie più malato.

Il pensiero di quelle viole era tanto gentile che la dama ne fu commossa; e risolse di prendere sotto la sua protezione quell’abbandonato e misero fanciullo. Quando era libero dalla febbre egli traeva a quella sua benefattrice recandole di bel nuovo le fresche ed odorose viole, ed in ricambio ne aveva da rifocillarsi copiosamente, e qualche moneta. Ma il male spesso lo impediva; laonde venne in mente alla caritatevole signora di farlo osservare dal proprio medico. Il quale, pratico ed esperto come egli era, disse subito che il fanciullo stava molto giù di salute, affranto da inveterate febbri di palude e con la milza siffattamente ingrossata per ostruzione, da lasciare poca speranza di guarimento. Per la qual ragione consigliò di porlo