Fenomeni fisico-chimici dei corpi viventi/Lezione III
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LEZIONE III.
Endosmosi.
Dopo avervi parlato dei fenomeni della capillarità e dell’imbibizione, affine di mettervi in grado di farne applicazione alle funzioni dell’assorbimento e dell’esalazione dei corpi viventi, mi rimane a dirvi d’un altro fenomeno, che quantunque apparisca esclusivamente fisico, può dirsi appartenere di fatto ai corpi organizzati, e sembra applicarsi direttamente a queste stesse funzioni. Parlo della scoperta di Dutrochet, del fenomeno dell’endosmosi, il quale riducesi in generale, all’azione reciproca che esercitano l’uno sull’altro due liquidi diversi, separati fra loro da una membrana. Per quanto noi ignoriamo ancora la teoria di questo fenomeno, ne conosciamo il principio fisico dal quale dipende, è tuttavia della più grande importanza.
Comincierò dall’esporvi il fatto in tutta la sua semplicità.
Eccovi un tubo di vetro, la di cui estremità inferiore chiusa da un pezzo di vescica, si allarga a modo d’imbuto. Se si versa nel tubo una soluzione acquosa di gomma o di zucchero, e si immerge nell’acqua pura colla indicata estremità, si vedrà, malgrado l’eccesso di pressione della colonna liquida, l’acqua penetrare continuamente nell’interno del tubo, attraversando la membrana. La colonna del liquido contenuto nel tubo si eleverà così ad una altezza molto grande, ed escirà anche dall’apertura superiore. Allo stesso tempo, una certa quantità del liquido del tubo necessariamente molto minore di quella, scenderà attraverso la membrana, e si mescolerà all’acqua pura.
Dutrochet chiamò endosmosi il primo di questi fenomeni, exosmosi il secondo.
Le membrane producono l’endosmosi, fino a che non cominciano a putrefare. Cessa allora il fenomeno, ed il liquido che si era elevato nel tubo ridiscende, passa attraverso i pori della membrana, per il solo effetto della pressione.
Le membrane non sono le sole che producano questi fenomeni. Le lamine d’ardesia, e meglio ancora quelle di argilla cotta molto sottili, producono i medesimi fenomeni, sebbene in un grado più debole: le lamine calcaree e silicee, al contrario, non li producono.
La natura del liquido adoperato influisce grandemente sul fenomeno. L’endosmosi è tanto più sensibile, quanto più la densità del liquido del tubo è maggiore di quella del liquido esterno. Sembrerebbe anzi, essere la sua intensità proporzionale alla differenza di densità dei due liquidi, se non che l’alcool, la di cui densità è minore di quella dell’acqua, messo nell’interno del tubo produce l’endosmosi sull’acqua collocata all’esterno del medesimo.
Le soluzioni saline producono effetti molto energici di endosmosi, ma poco durevoli, attraverso una membrana. Questi liquidi sembrano alterare le membrane. L’accrescimento di temperatura aumenta la celerità della corrente di endosmosi.
Ciò che v’ha di più curioso in questo fenomeno dell’endosmosi si è, che la più piccola quantità d’acido solforico o di idrogeno solforato, basta per impedirla all’instante nei liquidi i più atti a produrla, mentre che gli altri acidi, come l’acido idroclorico, il nitrico la favoriscono.
Tutti i liquidi animali producono l’endosmosi con energia, per rapporto all’acqua, ad eccezione dei liquidi contenuti nell’intestino crasso, i quali ne sono privi, forse per l’idrogeno solforato che contengono.
Questo gas è talmente contrario al fenomeno dell’endosmosi che questo non si manifesta tra due liquidi, d’altronde attissimi a manifestarlo, se si fa uso d’una membrana appena imbevuta di quel gas. Noi abbiamo più volte verificato questa importante osservazione.
La celerità colla quale un liquido può penetrare, in virtù dell’endosmosi, dall’esterno all’interno del tubo, è poco considerevole. Così, per esempio, se l’estremità inferiore del tubo sia allargata in modo, che la membrana abbia un pollice e mezzo di diametro, e il tubo stesso 2 mm. di diametro, si vedrà con una soluzione di zucchero, la cui densità sia 1,145, il liquido elevarsi di 53 divisioni in un’ora e mezzo, ciascuna divisione essendo d’un decimo di pollice.
È però a notarsi, che questa celerità dell’endosmosi sembra direttamente proporzionale all’eccesso di densità dei liquidi interni, sulla densità dell’acqua adoperata all’esterno.
Confrontando fra loro soluzioni di diverse sostanze, prese tutte alla stessa densità, e sempre messe in confronto coll’acqua separata da esse per un pezzo di vescica, Dutrochet ha trovato, che i rapporti in cui l’endosmosi si faceva, potevano esprimersi coi numeri che sieguono:
Acqua | gelatinosa | 5 |
» | gommata | 5,17 |
» | zuccherata | 11 |
» | albuminosa | 12 |
Vedesi da questo quadro, che di tutte le sostanze organiche solubili nell’acqua, l’albumina è quella che produce il maggiore endosmosi.
Tra i fatti i più curiosi che Dutrochet ha scoperto studiando l’endosmosi, v’è quello del cambiamento di direzione, che avviene nella corrente dell’endosmosi fra certe soluzioni acidi e l’acqua, secondo il loro grado di densità e secondo la temperatura. La soluzione d’acido idroclorico è quella, che più d’ogni altra soluzione acida presenta questo fenomeno. Così coll’acido idroclorico alla densità di 1,02 presentasi l’endosmosi dall’acqua verso l’acido, e alla densità di 1,015 l’endosmosi è diretto dall’acido verso l’acqua: con quest’ultima soluzione ad una temperatura più elevata di oltre + 20° l’endomosi si mostra nuovamente diretto verso l’acido.
Conveniva cercare la forza colla quale il liquido esterno penetra nell’endosmometro, che così è chiamato il tubo che v’ho descritto. In una parola conveniva cercare la forza della corrente chiamata d’endosmosi. A questo fine Dutrochet imaginò di adoperare quell’apparecchio che Hales, e Mirbel in questi ultimi tempi, usarono per misurare la forza ascensionale del sugo nei vegetabili. Su questo apparecchio una tal misura è data dall’altezza d’una colonna di mercurio, sollevata dal liquido.
Studiando l’endosmosi sotto quest’aspetto, Dutrochet ha provato, che la forza con cui la corrente d’endosmosi si opera, lasciando tutto costante, meno la densità del liquido interno, era proporzionale alle quantità che esprimono, nelle diverse sperienze di confronto, gli eccessi della densità dei liquidi interni su quella dell’acqua, per cui tanto la forza, quanto la velocità dell’endosmosi sembrano soggetti alla stessa legge. Ne verrebbe, che supposto che la legge si verificasse in ogni caso, lo sciroppo alla densità di 1,3 produrrebbe un endosmosi capace di sollevare una colonna di 127 pollici di mercurio, o ciò che torna lo stesso il peso enorme di quattro atmosfere e mezzo.
Dutrochet ha cercato di dare la spiegazione dei fenomeni dell’endosmosi; Poisson e Bequerel hanno pure imaginato altre spiegazioni. Così si è attribuito l’endosmosi all’azione della corrente elettrica, la quale generandosi nel contatto dei due liquidi diversi, produceva, come nella nota sperienza di Porret, il movimento dell’acqua attraverso la membrana dal polo positivo al negativo. Perchè però questa spiegazione avesse qualche probabilità sarebbe mestieri, che fosse prima provato, ciò che non è, svilupparsi elettricità fra il contatto dell’acqua coll’alcool, coll’acqua zuccherata ec. . Poisson ha pensato, che il liquido meno denso penetrava per i tubi capillari della membrana, per cui ne veniva che il filetto capillare, essendo attirato in basso dall’azione dell’acqua pura, e in alto da quella d’un liquido più denso, l’eccesso dell’attrazione molecolare superiore determinava l’ascensione. Ma anche questa spiegazione non è più ammissibile se si considera, che l’alcool, meno denso dell’acqua, produce l’endosmosi; che una piccola traccia d’idrogeno solforato lo arresta; che certe pietre calcaree e silicee, prese nelle stesse condizioni delle membrane e degli strati d’argilla non operano il fenomeno. Non abbiamo nulla, conviene confessarlo, di soddisfacente nella teoria dell’endosmosi, sappiamo bensì le condizioni generali del fenomeno esser queste: 1.° che i due liquidi, od uno almeno, abbia affinità per la sostanza dello strato intermedio: 2.° che i due liquidi abbiano affinità, e possano mescolarsi fra loro. Se manca una di queste condizioni, anche l’endosmosi manca. La corrente d’endosmosi non è dovuta, come le sperienze lo provano, nè al liquido il meno denso, ne al meno viscoso, ne a quello che ha più forza ascendente nei tubi capillari: questa corrente appartiene generalmente al liquido che ha maggiore affinità, che imbeve più facilmente, la sostanza dello strato interposto.
Le cose dette sull’endosmosi bastano a provarvi con tutta l’evidenza, esser forse questo il fatto fisico il più importante nelle sue applicazioni alle funzioni dei corpi viventi. L’osservazione microscopica ha oggi messo fuor di dubbio, che in ogni tessuto vegetabile o animale, nel seno di quei liquidi che si generano nell’alterarsi dei corpi organizzati e viventi vi si trovano sempre, ad una certa epoca del loro sviluppo, corpuscoli microscopici di una forma particolare e caratteristica, e che furono chiamati cellule elementari o primitive. Consistono quei corpuscoli in una membrana finissima di forma sferica, che racchiude un liquido, e sulla cui parete interna si trova un corpicciuolo che fu detto nucleo o cistoblaste. Le cellule poi nuotano dapprima in un liquido, che Schwann chiamò cistoblasteme, e finiscono per esservi comprese e quasi impastate, allorchè questo liquido è divenuto più o meno denso. Secondo i diversi tessuti, le cellule elementari sono più o meno ravvicinate l’una all’altra, e il cistoblasteme o sostanza intercellulare, è in ogni caso il mezzo d’unione tra una cellula e l’altra. Torneremo forse altrove, sopra questo soggetto importante, che non abbiamo qui citato se non che, per rendere anche più palese tutta l’importanza del fatto dell’endosmosi. La vita delle cellule elementari forma di certo la più gran parte dello sviluppo e della conservazione dei tessuti dei corpi viventi, e poichè queste cellule si trovano nelle condizioni dell’endosmosi, non v’è ragione perchè l’endosmosi non debba accadervi. Una vescichetta, che contiene un liquido, che è attorniata da un altro liquido, non può agire al di fuori, non può ricevere questo, nè emettere quello, se non se operando in un modo analogo all’endosmosi.
Convien però confessare, che assai poco furono finora estesi gli studj dell’endosmosi, onde poterne fare alla Fisiologia tutta l’applicazione di cui apparisce suscettibile. Conveniva variare i liquidi, fra cui l’endosmosi deve operarsi, scegliere membrane diverse, ravvicinandosi sempre più alle condizioni, nelle quali avvenir possono nei corpi viventi i fenomeni che hanno analogia coll’endosmosi.
È perciò che io credo di qualche interesse l’esporvi le poche esperienze che abbiamo potuto tentare dietro queste viste, e i di cui risultati son sufficienti a provare, che il fenomeno dell’endosmosi non è tanto semplice, quanto si era creduto, allorchè si pensò d’interpretarlo col soccorso dell’analisi.
Comincierò dal descrivervi un primo fatto, il quale prova essere la direzione dell’endosmosi dipendente, in certi casi almeno, dalla struttura particolare della membrana. Adoprando in un endosmometro ordinario, invece della vescica urinaria di bue o di majale (la quale si è comunemente adoperata in queste sperienze) il gozzo fresco d’un pollo, si trova coll’alcool e l’acqua, che l’endosmosi è in direzione contraria a quella che presenta la vescica urinaria, servendosi di questi stessi liquidi. Se l’alcool è dentro lo strumento, e l’acqua fuori, si vede l’alcool discendere nel tubo, mentre in vece sale l’acqua disponendo i liquidi inversamente. Coll’acqua zuccherata e coll’acqua pura si vedono attraverso lo stesso gozzo di pollo appena sensibili i segni d’endosmosi, nella solita direzione dall’acqua pura all’acqua zuccherata. Disponendo due endosmometri col gozzo al solito di pollo, in uno dei quali la faccia mucosa del gozzo era volta verso l’interno dell’istromento, mentre nell’altra questa faccia si trovava all’esterno, ho veduto coll’alcool fuori e l’acqua dentro, l’endosmosi essere, nelle prime ore dello sperimento, più rapido colla prima che colla seconda disposizione della membrana. L’alcool adoperato era di circa 28° Baumé, la temperatura + 8° C. Nello spazio di sei ore la colonna liquida s’inalzò di 30 mm. nel primo endosmometro, e di 24 mm. nel secondo. Dopo sedici ore l’elevazione nel primo era 60 mm. e 58 mm. nel secondo. Adoperando invece albumina e alcool, l’endosmosi è diretto al modo solito, dall’acqua cioè all’albumina, quando la faccia mucosa del gozzo è in contatto dell’albumina, ma se la membrana è disposta al rovescio, l’endosmosi non avviene, o assai debolmente. Mettendo l’albumina fuori, e l’acqua dentro l’istromento, questa si vede discendere, ma la differenza è quasi della metà, secondo che la faccia esterna del gozzo o la sua faccia interna sono in contatto dell’albumina. Ho confrontato un gozzo fresco con un altro tenuto alcuni giorni nell’acqua. Adoperando alcool e acqua l’endosmosi era diretto, come si è detto dall’alcool all’acqua, ma era d’un terzo più rapido col gozzo fresco.
In un altra serie d’esperienze ho adoperato la sola membrana mucosa del rumine o primo stomaco d’un agnello. Se si volge in un caso la faccia interna o stomacale di questa membrana verso l’interno dell’istromento, e in un altro caso si dispone al contrario, si vede, mettendo alcool dentro e acqua fuori, che nel primo v’è endosmosi al solito, mentre nel secondo l’alcool discende. Usando acqua zuccherata e acqua pura, l’endosmosi è al solito da questa a quella, qualunque sia la disposizione della faccia della membrana. Mettendo nell’interno dell’istromento una soluzione leggiera di potassa, e al di fuori l’acqua, v’è endosmosi dall’acqua all’alcali, ma del doppio quasi, quando la faccia stomacale della membrana è a contatto dell’alcali.
Ho pur tentato di variare gli sperimenti adoperando la vescica urinaria di majale, or secca da qualche tempo, ora fresca. Colla prima si scorgono manifestamente le differenze, secondo la disposizione delle sue faccie. Se la superficie esterna si volge in un caso verso l’interno dell’endosmometro in contatto dell’alcool, e se in un altro caso si rovescia la disposizione della membrana, mettendo invece verso l’interno la faccia mucosa, si vede esser l’endosmosi nel primo di 29 mm, nel secondo di 35 mm. Tenendo invece l’alcool al di fuori e l’acqua dentro, la discesa dell’acqua è doppia, quando la faccia mucosa è al di fuori dello stromento di quello che sia quando è così disposta la faccia esterna della vescica. La corrente dell’endosmosi risulta così sempre maggiore, quando questa, per la disposizione dei liquidi deve traversare la membrana dalla faccia esterna della vescica alla sua faccia interna o mucosa.
Adoperando la vescica urinaria fresca i risultamenti sono estremamente varii ed incerti. Ho variato in mille modi le sperienze, e gl’effetti i più costanti sono i seguenti: non v’è endosmosi dall’acqua all’alcool colla vescica fresca, se non che quando la mucosa è in contatto dell’alcool il quale è nell’interno dell’istromento: se invece la mucosa è al difuori in contatto dell’acqua, allora o l’alcool rimane stazionario, o più generalmente, si abbassa. Mi è accaduto, benchè assai raramente, di vedere abbassarsi l’alcool, anche quando era in contatto della mucosa, ma l’abbassamento fu sempre minore che in tutti gli altri casi.
In una esperienza si adoperò, come membrana intermedia la pelle di rana, disponendola in modo che all’interno dell’endosmometro corrispondesse, ora la sua faccia esterna, ora la sua faccia interna; i liquidi adoperati erano acqua pura e alcool, acqua pura e albume d’ovo sciolto nell’acqua. Si osservò costantemente, e indipendentemente dalla natura dei liquidi adoperati, che l’endosmosi avveniva dalla faccia interna all’esterna della pelle, e quindi si vedeva abbassarsi il liquido dell’endosmometro, sempre che all’interno dell’istromento corrispondeva la faccia interna della pelle, ed elevarsi nel caso contrario.
Si adoperò in un altro caso la sola membrana mucosa dello stomaco d’un cane. Alla parte interna dello stromento corrispondeva ora la faccia stomacale della membrana, ora l’altra faccia. L’endosmometro conteneva dell’alcool, l’altro liquido era l’acqua pura al solito. Viddi operarsi l’endosmosi in ambi i casi dall’acqua all’alcool, e questo elevarsi nel tubo, ma con questa differenza, che mentre non si elevò che di 16 mm. quando all’interno dell’endosmometro corrispondeva la faccia esterna della membrana, si elevò di 40 mm. quando vi corrispondeva la faccia stomacale.
Questa maggiore intensità dell’endosmosi, dalla faccia esterna della mucosa stomacale alla sua faccia interna, l’osservai anche adoperando dell’albume d’ovo sciolto nell’acqua, e del liquido acido preparato diluendo in una certa quantità di acqua le materie, in parte digerite, trovate nello stomaco stesso, aggiungendovi qualche goccia d’acido idroclorico e filtrando. Il liquido acido era sempre a contatto della superficie stomacale della membrana. In una prima sperienza, in cui la faccia stomacale della membrana corrispondeva all’interno dello stromento che conteneva il liquido acido, questo si elevò; in un altra esperienza, in cui si rovesciò la disposizione della membrana il liquido dell’endosmometro, che era l’albume, si abbassò. Vi fu dunque endosmosi diretto costantemente nelle due esperienze dal liquido albuminoso alla soluzione acida, ossia dalla faccia esterna della mucosa alla sua faccia stomacale.
Questi fatti per quanto poco estesi e variati ci bastano per conchiudere: 1.° che nel fenomeno dell’endosmosi operato attraverso a membrane particolari, convien tener conto della struttura stessa della membrana adoperata. 2.° che l’endosmosi si opera diversamente, che la velocità della corrente è diversa, secondo la disposizione della membrana. 3.° che la direzione della corrente d’endosmosi nella esperienza fatta colla membrana mucosa dello stomaco, e nell’altra fatta colla pelle della rana s’accordano coll’analogia già stabilita ed ammessa nella struttura di questi tessuti. 4.° che il fenomeno dell’endosmosi interviene nelle funzioni di questi tessuti.
Le cose espostevi nel corso di questa Lezione bastano per farvi comprendere tutta l’importanza del fenomeno dell’endosmosi: fenomeno il quale è ben lungi per altro da potersi dire studiato completamente. S’avrebbe bisogno di nuove sperienze, e quelle che vi ho riferito non hanno che assai imperfettamente soddisfatto a codesto bisogno.