Fenomeni fisico-chimici dei corpi viventi/Lezione II

Lezione II

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Lezione I Lezione III

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LEZIONE II.

Attrazione molecolare — Capillarità — Imbibizione.


Sa ognuno che l’esistenza d’un corpo vivente qualunque non può conservarsi, senza che in esso siano continuamente introdotte sostanze estranee, e senza che continuamente ne siano rigettate. Queste sostanze, spesso solide, vengono per mezzo degli organi dei corpi viventi, trasformate e ridotte allo stato liquido, nel quale stato poi penetrano entro cavità particolari, dalle quali escono di nuovo, dopo aver subito altre trasformazioni. Abbiamo visto nella prima lezione che la porosità dei tessuti dei corpi viventi faceva sì, che questi potessero venire imbevuti, penetrati da liquidi con cui erano messi a contatto. Non potremo dunque cercare di renderci una soddisfacente spiegazione dei fenomeni dell’assorbimento e dell’esalazione, senza tenere a calcolo qual parte aver vi possano i fenomeni della capillarità, dell’imbibizione, dell’endosmosi che noi sappiamo accadere nel seno dei corpi inorganici.

È tanta l’importanza che ha lo studio delle due citate funzioni dei corpi viventi, che mi credo in dovere di [p. 16 modifica] destinare per intiero questa lezione allo studio dei fenomeni, puramente fisici della capillarità, della imbibizione, dell’endosmosi, affine di potervi preparare, colle cognizioni che in queste esporremo, ad intendere qual parte aver possano nelle funzioni dell’assorbimento e dell’esalazione.

Per limitarmi alla semplice esposizione dei fatti, riporterò qui, sotto alcuni titoli generali, i principali risultamenti dell’osservazione dei fenomeni capillari.

1.° Allorchè un corpo è immerso in un liquido, quest’ultimo s’inalza o si abbassa intorno al primo, e il liquido è terminato, nel suo contatto col solido, da una superficie concava o convessa, secondo che s’è elevato o depresso. Nel primo caso il solido si dice bagnato, e questo è il caso del vetro e dell’acqua: l’altro caso si osserva tra il vetro e il mercurio.

2.° Se s’immergono in un liquido due corpi accade, che il liquido s’inalza o si abbassa tra di loro, secondo che sono o no bagnati, allorchè sono tanto ravvicinati, da venire a contatto le due superficie curve che si sono formate nel liquido, intorno ad ognuno di loro. La quantità d’inalzamento o d’abbassamento, rispetto alla superficie esterna del liquido, è in ragione inversa della distanza dei due corpi.

3.° Immergendo in un liquido un tubo di vetro aperto alle due estremità, il liquido s’inalza o s’abbassa entro questo tubo, e tanto più, quanto più è piccolo il suo diametro. Confrontando l’inalzamento o la depressione in un tubo cilindrico, coll’inalzamento e colla depressione che avviene fra due lastre, che sono ad una distanza eguale al diametro del tubo, si trova che l’inalzamento o la depressione hanno un valore doppio per il tubo.

4.° La superficie concava del liquido sollevato e la convessa del liquido depresso, appartengono ad una mezza sfera, il cui diametro è uguale a quello del tubo. [p. 17 modifica]

Allorchè questi tubi sono sottilissimi, o come si dicono capillari, questo inalzamento o questo abbassamento è molto sensibile. Così in un tubetto di un millimetro di diametro l’acqua s’innalza fino a 30 millimetri, sopra il livello del liquido esteriore, mentre il mercurio si mantiene sotto al medesimo di 13 millimetri all’incirca.

5.° Una goccia d’acqua in un tubo conico di vetro si vede muovere, verso la parte più stretta del medesimo. Avviene il contrario, quando s’introduce una goccia di mercurio: questa si porta verso la parte più larga del tubo.

6.° I fenomeni di cui si è finora parlato, sono interamente indipendenti dalla grossezza del corpo solido, che s’immerge nel liquido, e per conseguenza sono anche indipendenti dallo spessore delle pareti del tubo capillare, entro il quale si fanno vedere.

7.° Questi fenomeni si osservano identici, nell’aria alla ordinaria pressione, nell’aria condensata o rarefatta, nel vuoto ed in qualunque altro mezzo gasoso.

8.° I corpi tutti, qualunque sia la natura loro, purchè suscettibili d’esser bagnati, presentano gli stessi risultamenti, se prima d’essere immersi in un liquido, vengono coperti da un strato del liquido stesso.

9.° Dato lo stesso liquido e lo stesso tubo, l’altezza o la depressione della colonna liquida interna diminuiscono, in ragione della temperatura del liquido.

10.° Gli inalzamenti e le depressioni, di cui finora si è tenuto discorso, sono indipendenti dalla densità dei liquidi; così rappresentando con 100 il sollevamento dell’acqua per un dato tubo, quello dell’alcool è 40, quello dell’olio di lavanda 37, quello d’una soluzione satura di sal marino 88.

11.° Due corpi galleggianti su d’un liquido, portati a certo grado di avvicinamento, si vedono aderire fra di loro, se ambi sono tali da lasciarsi bagnare dal liquido, od [p. 18 modifica] ambi non lo sono. Si vedono respingersi se uno è bagnato e l’altro nò. Il portarsi dei corpicciuoli leggieri galleggianti alla superficie delle acque, verso le pareti della vasca che le contiene, si spiega dietro questo principio.

12.° Qualunque sia l’altezza, cui si eleva un liquido, giammai si vede il medesimo sortire al difuori dall’apertura superiore del tubo capillare. È questa una conseguenza necessaria dei resultati già esposti. Basterà infatti riflettere, che la superficie della colonna liquida elevata nel tubo capillare, è sempre concava verso l’infuori; per cui, se in un tubo capillare ricurvo si va aggiungendo acqua da una parte, tanto che si riesca a far terminare la colonna prima in superficie piana, poi in superficie convessa all’infuori, si vedrà l’altra colonna rimasta concava, sollevarsi sempre più al disopra dell’altra. Si genera dunque per capillarità, una forza di depressione, allorchè la superficie si fa convessa. Non si creda perciò che l’acqua, che scola da uno stuppino di cotone immersovi, e ripiegato in basso esca per capillarità; basterà infatti di tenerlo orizzontale, perchè cessi lo scolo.

Non posso diffondermi a proposito di questi fenomeni, sino a darvene la teoria, che è interamente del dominio dell’analisi matematica la più sublime. I citati risultamenti dell’osservazione bastano a provarvi, che questi fenomeni dipendono da quella forza che chiamiamo attrazione molecolare, la quale si esercita fra le molecole dei corpi, e che cessa di agire alle più piccole distanze.

Onde evitare ogni falsa applicazione dei fenomeni capillari all’economia animale, è d’uopo che abbiate sempre presente, che uno spazio qualunque, pieno totalmente di liquido, non è capace di esercitare nessuna azione capillare, che l’azione d’un tubo capillare su i liquidi è dovuta, piuttosto che alla natura diversa del tubo stesso, a quella del liquido di cui si trova spalmata la sua interna parete, che finalmente non è mai per effetto di capillarità [p. 19 modifica] che i liquidi possano traboccare dall’apertura superiore dei tubi in cui da essa sono sollevati.

Sono fenomeni in generale della stessa natura, e dipendenti dalle stesse forze quelli denominati dell’imbibizione, dell’igroscopicità ec. Un pezzo di zucchero in pane, uno stuppino di cotone, un cilindro di sabbia, di cenere, di segatura di legno a contatto dell’acqua o d’un altro liquido che li bagni, non tardano a sollevare il liquido per tutta la loro massa, ad imbeversene in una parola; è così che avviene di certi tessuti, cartilagini, tendini, che disseccati e poi immersi nell’acqua si veggono, dopo poche ore riprendere tutte le proprietà che hanno allo stato di vita, e ciò per l’acqua assorbita; così accade pure nella famosa esperienza del rottifero il quale riprende vita e movimento, al contatto d* una goccia d’acqua, che lo bagni. Questi fenomeni d’imbibizione intervengono pure nella filtrazione dei liquidi, e perciò, allorchè questi liquidi hanno particelle solide in sospensione le vediamo separarsene, mentre il liquido imbeve la sostanza del feltro. Una goccia di cioccolato, d’inchiostro che cadano sopra un panno o sopra una carta asciugante, si convertono in una macchia nera centrale, circondata da una zona d’un liquido meno colorato. Così accade del sangue, allorchè si versa nel tessuto cellulare sottocutaneo; se ne vede il siero portato al di fuori e separato dalla sostanza colorante.

V’è in questi fenomeni d’imbibizione da considerare, da prima la forza di adesione fra il liquido e le superfici delle particelle solide che vi si mettono in contatto, indi l’azione della capillarità propriamente detta, in quanto che nello zucchero, nelle masse di sabbia, di cenere ec., e nei tessuti organici non possono non vedersi cavità estremamente piccole che devono più o meno tortuosamente continuarsi nel loro interno.

Questo fenomeno dell’imbibizione meriterebbe di certo uno studio più lungo di quello, non si è fatto fin ora. [p. 20 modifica] Hales volle misurare quella che egli chiamava forza di assorbimento delle polveri, disponendo l’esperienza nel modo che vedete. È un grosso tubo chiuso in alto, pieno di cenere finissima e calcata, a cui è unito nella parte aperta, un lungo tubo più stretto, di vetro. Si empie questo tubo di acqua e rapidamente si rovescia sotto il mercurio, quasi come se ne facesse un barometro. A poco a poco la cenere succhia l’acqua del tubo, ed il mercurio si solleva, ed Hales lo ha visto innalzarsi fino ad altezze considerevoli, non mai però ad un’altezza maggiore di 76 centimetri. Questa sperienza in verità non prova altro, che la pressione atmosferica. Difatti l’apparecchio di Hales non è che un barometro ad acqua e a mercurio, nel quale quest’ultimo si solleva, a misura che l’acqua si disperde per imbibizione nella cenere. L’aria frammessa e aderente alla cenere stessa fa equilibrio, in questa esperienza, ad una gran parte della pressione atmosferica. È chiaro che la colonna di mercurio cessa di sollevarsi, allorchè tutta la massa della cenere si è imbevuta, e se si immaginasse che, per una altra cagione, la cenere andasse perdendo superiormente l’acqua di cui è imbevuta, ne verrebbe un nuovo sollevamento nella colonna, sempre che però questo potesse accadere senza che, sulla cenere stessa si facesse sentire la pressione dell’atmosfera. E questo risultamento ha ottenuto Magnus chiudendo l’orificio superiore e largo di un imbuto, con un pezzo di vescica, empiendo il tubo d’acqua e rovesciandolo al solito colla estremità stretta, nel mercurio. Questo fatto è tanto più importante, in quanto che prova, che mentre per la membrana inzuppata d’acqua passa il vapore acqueo, la pressione dell’atmosfera non si esercita sull’interno della colonna liquida.

Potrebbe dimandarsi se per l’azione dell’imbibizione un liquido giungerà a sollevarsi ad un altezza qualunque. Sembrerebbe da prima che una colonna di sabbia, di cenere o d’altro immersa con una sua estremità in una massa liquida, [p. 21 modifica] mantenuta sempre ad una stessa altezza, dovesse portare il liquido per inbibizione a una altezza qualunque, tanta da imbeverne tutta la colonna. Difatti, se si consideri isolatamente l’azione di ognuno degli strati che costituiscono la colonna, ne verrà che allorchè le particelle del primo strato in contatto del liquido si saranno, per l’adesione bagnate, le particelle dello strato immediatamente superiore toglieranno alle prime una parte del liquido, e queste ultime riprenderanno la parte perduta alla massa liquida con cui sono a contatto, e ripetendo questo ragionamento per tutti gli strati successivi della colonna ne viene, che ognuno dovrà prendere la stessa quantità di liquido, ed agendo isolatamente e supponendo costante la massa liquida, la colonna, per quanto lunga, dovrà imbeversi tutta intiera. Non è però così che vien provato dall’esperienza. L’altezza alla quale un dato liquido si solleva in una colonna d’una data sostanza, ridotta in polvere, per effetto di imbibizione è limitata: e questo non avviene già perchè per l’evaporazione, una porzione di liquido esca per lo strato superiore. Ho visto sollevarsi l’acqua in una colonna di sabbia esattamente alla stessa altezza, in uno spazio saturo di vapore acqueo, come nell’aria asciutta. Non posso spiegarvi questo limite nel sollevamento per imbibizione, senza ammettere che delle cavità continuate lungo la colonna di polvere, operino nell’imbibizione, e che per conseguenza, oltre la semplice adesione del liquido nella superficie della particella della sabbia, intervenga anche l’azione capillare.

V’esporrò qui i risultamenti di alcune esperienze tentate sopra questo soggetto, insieme al Dott. Cima, e che provano anche meglio la proposizione precedente. Alcuni tubi di vetro, di circa due centimetri di diametro, furono empiti di sabbia bianchissima e passata per setaccio fino. L’estremità dei tubi che doveva essere immersa nell’acqua, era chiusa con una tela legata intorno al tubo. [p. 22 modifica] La sabbia era asciugata prima a bagno maria e poi si introduceva versandola, dall’estremità superiore del tubo, e si aveva cura di non dar urti al tubo così ripieno, perchè la sabbia non avesse a comprimersi inegualmente. Sei tubi così preparati furono immersi nello stesso tempo, in sei liquidi diversi alla temperatura di + 12° C. I liquidi continuarono a salire per imbibizione, per circa dieci ore, mostrando tutti lo stesso fenomeno singolare, che cioè l’imbibizione, rapida nei primi istanti, si faceva sempre più lenta, a misura che si avvicinava al limite. Tutti i tubi erano immersi nel rispettivo liquido, per circa 1/2 centimetro, e si aveva cura di versar nuovo liquido nei bicchierini, perchè l’altezza dell’immersione non variasse durante l’esperimento. Ecco nell’unito quadro le altezze massime, a cui i diversi liquidi si sono sollevati. Tutte le soluzioni saline avevano la stessa densità, cioè 10° di Baumé.

Soluzione di carbonato di soda mm.r 85
Id. di solfato di rame 75
Id. di carbonato di ammoniaca 62
Acqua distillata 60
Soluzione di sal marino 58
Bianco d’uovo col suo volume di acqua 35
Latte 55
Siero 70

Ho creduto interessante di paragonare fra loro l’alcool a 36° Baumé e l’acqua distillata, adoprando tubi pieni di sabbia, di vetro pesto finissimamente, e di segatura di legno. Eccovi i sollevamenti ottenuti:


Tubo con sabbia. Id. con vetro pesto. Id. con segat. di legno.
Alcool mm.r 175 175 125
Acqua 85 182  60


Esaminando questo quadro si vede chiaramente, che [p. 23 modifica] mentre l’alcool sale maggiormente per imbibizione, a contatto della sabbia, sale meno dell’acqua in contatto del vetro pesto. Il che è d’accordo con ciò, che sappiamo accadere nei tubi capillari. Ho provato ancora ad immergere nello stesso liquido due tubi preparati con vetro pesto, in uno dei quali la quantità del vetro introdotto era doppia di quella dell’altro. Il liquido adoperato era l’acqua. I risultamenti ottenuti furono i seguenti.

Nel primo tubo il liquido s’innalzò di 170 mm, nel secondo di 107 mm.

Non è così facile di rendersi esattamente spiegazione del rapporto trovato fra le elevazioni per imbibizione in questi due tubi. Era però naturale che maggiormente si elevasse nel tubo, in cui la quantità di materia era doppia, se si rifletta alla maggior superficie solida che attira il liquido, e al minor diametro delle cavità capillari.

Ho cercato finalmente se vi era differenza in questi fenomeni di imbibizione, secondo la diversa temperatura a cui si operava. Due tubi preparati con sabbia furono immersi, egualmente nell’acqua, ma l’uno era alla temperatura di circa + 55° C, l’altro a + 15° C.

Ecco i risultamenti ottenuti:


Innalzamento dopo secondi 70 Id. dopo minuti 11
Tubo a + 55° C mm.r 10 175
Id. a + 15° C 6 12


L’influenza della temperatura appare assai grande, sopra il grado dell’imbibizione.

Non lascierò affatto questo soggetto, senza parlarvi delle ricerche fatte, onde pervenire, col solo giuoco delle forze capillari e dell’attrazione molecolare, a degli effetti proprii dell’affinità chimica. Se si riflette che un dato liquido si solleva costantemente alla stessa altezza, in un certo tubo capillare, che v’è sviluppo di calore più o [p. 24 modifica]meno grande, come lo hanno provato le sperienze di Pouillet, in ogni imbibizione, e che vi sarebbe anche, secondo Becquerel, svolgimento di elettricità, e che d’altronde l’attrazione capillare non si esercita che a piccolissime distanze e fra le molecole ultime dei corpi, si troverebbero in questa forzai principali caratteri dell’affinità chimica. È noto il bel fatto di Doebeireiner che consiste nel trovare che un miscuglio d’acqua e di alcool, contenuto in una vescica e lasciato all’aria, si va sempre più spogliando di. acqua. In questo caso l’acqua più dell’alcool imbeve la membrana, e si disperde per evaporazione. Un altro fatto, che più direttamente risponde al nostro scopo, è quello che cita Berzelius, che l’acqua salata cioè, passando per un lunghissimo tubo di sabbia scola priva di sale. Ho confermato questo fatto adoprando un tubo di sabbia, lungo circa otto metri, ed ho trovato infatti che la densità dell’acqua salata che si versava nell’alto del tubo, stava a quella dell’acqua che esciva, come 1 : 0,91. Una tale differenza di densità non si mantiene però costante. Dopo qualche tempo infatti la soluzione salina ha, al sortire dal tubo la stessa densità, come aveva all’introdursi in esso. Ciò prova, che la decomposizione della soluzione salina avvenne nella prima azione di contatto, tra la medesima e le particelle della sabbia.

Ho ottenuto un risultato inverso al primo, adoprando una soluzione di carbonato di. soda, che faceva passare per un tubo pieno di sabbia e lungo tre metri circa. La densità della soluzione, dopo aver traversato quello strato di sabbia, stava a quella della medesima, prima di traversarla come 1,005 : 1.

Questi ultimi fatti sono importanti in quanto che, potrebbero avere un giorno una qualche applicazione ad alcuni fenomeni dei corpi viventi, i quali non potrebbero giammai essere completamente spiegati, colla sola azione della capillarità e dell’attrazione molecolare.